ACHEROPITA
L'aggettivo ἀχειροποίητος pare sia stato usato solo a decorrere dall'èra cristiana (mentre χειροποίητος apparteneva già alla lingua classica). Il più antico impiego di tale vocabolo si trova nella II ai Corinzî, v, 1; il suo significato, cosa non fatta da mani umane, cioè che appartiene al mondo dello spirito e che pertanto è superiore, deriva dalle concezioni platoniche. Questo concetto, a dire il vero, non è esclusivamente cristiano, tanto che lo si trova espresso, per esempio, in Cicerone (De natura deorum, i, 8, 20), senza che vi appaia il termine acheropita. San Paolo definisce a. la dimora celeste (ii. Cor., v, 1). San Marco, per bocca d'un testimone interrogato dal Sinedrio, fa dire a Gesù ch'egli in tre giorni avrebbe ricostruito il tempio, il quale sarebbe stato a. (Marco, xiv, 58). Questa stessa espressione è ancora usata da San Paolo a proposito della "circoncisione" cristiana (cioè il battesimo) in contrapposizione a quella ebraica, eseguita dalla mano umana: tale concezione assolutamente spiritualista mette bene in rilievo la tendenza paolina tutta impregnata di dottrina platonica e contrastante con la tradizione ebraica. I Padri della Chiesa usarono il termine a. conformemente all'uso evangelico (per esempio, S. Giovanni Crisostomo nel Salmo 105: Migne, Patr. Gr., vol. lv, p. 662).
Questi brevi cenni filologici sono indispensabili per comprendere quale parte hanno avuto questo vocabolo e il suo significato nell'ambito dell'arte paleocristiana; infatti, è soprattutto in riferimento alle immagini che questo termine si rivela di particolare importanza. Presso gli antichi erano ritenute di origine divina alcune effigi di dèi, che venivano definite con epiteti sinonimi di a. (Διοπετής per esempio, o ἀχειρόγραϕος); tale proprietà aumentava ai loro occhi il potere delle effigi stesse. Questo accadde prima di tutto col Palladion, la miracolosa statua di Atena conservata a Troia, ma poi anche con statue meno belle, ma quasi altrettanto celebri, di dèi: l'Artemide di Efeso, il Serapide di Alessandria, il Palladion di Roma, e così via. Questa concezione fu ripresa dai cristiani, e si impose verso l'epoca di Giustiniano, sebbene probabilmente, nonostante una certa diffidenza della Chiesa, avesse già avuto qualche applicazione pratica in tempi anteriori. Le immagini a. di Cristo, della Vergine o dei Santi furono considerate, per alcune ragioni spiritualistiche giustificate da quanto abbiamo detto, più venerabili di tutte le altre, e più efficaci come intermediarie e arrivarono talvolta ad essere oggetto d'una fama eccezionale (come quelle di Kamulia, e soprattutto quella di Edessa). L'immagine a. di Cristo a Kamulia in Cappadocia è menzionata per la prima volta nel penultimo quarto del VI sec.; fu scoperta da una donna pagana, e si riprodusse subito miracolosamente in altre due copie, fece altri prodigi e fu trasportata a Costantinopoli nel 754 (Giorgio Cedreno, I, 685). Nell'800 scomparve, dopo aver protetto la città in varî frangenti, a guisa di un palladion, come spesso accadde con le a.; circa verso quella stessa epoca apparve l'immagine di Cristo miracolosamente impressa su un velo, a Edessa (Acta Thaddaei, C 4. C. Tischendorf, Acta Apost. Apocrypha, Lipsia 1811, p. 262). Anche l'immagine di Cristo in trono, della cappella del Sancta Sanctorum del Laterano, il cui prototipo è attribuito all'epoca del Papa Ilario (461-468), passava per a., secondo una leggenda che risale invece al sec. IX (C. Cecchelli, Il Tesoro del Vaticano, in Dedalo, vii, 1926, p. 43 ss.). Le immagini a. della Madonna e dei Santi incominciarono a moltiplicarsi solo dopo quelle di Cristo, e cioè a partire dal VII sec. Oltre a Costantinopoli, Salonicco, Edessa, Roma, alcune piccole città come Hyrtakion, Piedigrotta, Rossano, ecc., si vantarono di possedere immagini miracolose. Tra la leggenda delle a. e quella del velo di Santa Veronica, di Santo Stefano, nell'Africa del Nord, e quella già citata di Edessa, c'è uno stretto legame, e i veli dipinti miracolosamente possono essere considerati come una seconda categoria di a. (Kitzinger). Con l'inizio della lotta iconoclastica, molte immagini miracolose furono attribuite all'opera di San Luca.
Bibl: E. V. Dobschütz, Christusbilder, in Texte u. Untersuchungen z. Gesch. d. altchristl. Literatur, XVIII, Lipsia 1899; E. Kitzinger, The Cult of Images in the Age before Iconoclasm, in Dumbarton Oaks Papers, VIII, 1954, p. 83 ss.