CASTIGLIONI, Achille
Nacque a Milano il 16 febbraio 1918 da Giannino e da Livia Bolla.
Il padre, formatosi come artista all’Accademia di Brera, dopo essersi occupato del disegno di medaglie e monete commemorative presso la fonderia Johnson, si dedicò attivamente alla scultura, con opere realistiche di tipo monumentale. I fratelli Livio (16 gennaio 1911) e Pier Giacomo (22 aprile 1913), entrambi architetti, ebbero una notevole influenza sulla sua formazione, introducendolo al mondo del design e al progetto della luce artificiale e degli allestimenti.
Iscritto inizialmente al liceo classico Giuseppe Parini di Milano, Castiglioni si trasferì successivamente al liceo artistico di Brera; nel 1937, poi, si immatricolò alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Durante la guerra fu assegnato, come ufficiale di artiglieria, inizialmente sul fronte greco e poi alle truppe di stanza in Sicilia. Rientrato a Milano prima dello sbarco alleato, per sfuggire ai bombardamenti della città, si rifugiò con la famiglia a Lierna, sul lago di Como, dove il padre possedeva una casa-studio.
Laureatosi in architettura nel marzo del 1944, iniziò, nel dopoguerra, la collaborazione con i fratelli nello studio attiguo al laboratorio del padre, in corso di Porta Nuova a Milano. Dal 1954, quando Livio – il maggiore dei fratelli – avviò un’autonoma attività nell’ambito del design illuminotecnico e acustico, lo studio Castiglioni venne diretto da Pier Giacomo e Achille i quali, pur con personalità e contributi intellettuali differenti, instaurarono un rapporto di forte interdipendenza creativa, tale da meritarsi la definizione di «due corpi, una testa sola» (Buzzati, 1968, p. 3). Per questa ragione, sul piano filologico, i progetti realizzati dallo studio fino al 1968 (anno della scomparsa di Pier Giacomo), sono attribuiti, indistintamente, a entrambi i fratelli.
La partecipazione alla VII Triennale del 1940 (Mostra dell’apparecchio radio) e la collaborazione di Livio Castiglioni con l’azienda Phonola avevano orientato la ricerca progettuale dello studio sugli apparecchi di radiodiffusione. Da queste esperienze e dal successivo rapporto di consulenza con l’Associazione nazionale delle industrie elettrotecniche nacquero, nel dopoguerra, i primi progetti di allestimento per le mostre nazionali della radio, che rappresentarono l’esordio di Achille Castiglioni nel design espositivo. Fatta eccezione per l’importante mostra del RIMA (Riunione Italiana Mostre Arredamento) – alla quale partecipò, assieme al fratello Pier Giacomo, con mobili in compensato curvato – e per il disegno di alcuni oggetti, tra cui le lampade Tubino (1949) e Luminator (1955) e l’aspirapolvere Spalter (1956), nel decennio compreso fra il 1947 e il 1957 l’attività di Achille Castiglioni si svolse principalmente nell’ambito del design espositivo, con interventi a Milano presso la Fiera e il Palazzo dell’Arte della Triennale. I progetti di allestimento realizzati, a cadenza annuale, per la Mostra nazionale della radio (e dal 1949 anche della televisione), per gli stand della RAI Radiotelevisione italiana o per le società Montecatini e Agip-ENI, erano volti alla promozione di aziende che rappresentavano attività innovative nell’Italia del dopoguerra, quali la chimica, l’energia, la comunicazione radiotelevisiva. Gli allestimenti realizzati in occasione delle mostre sul disegno industriale (1951, 1954, 1957) alla Triennale ebbero invece come obiettivo la divulgazione della nascente cultura del design. Il carattere transitorio del progetto espositivo permise ai Castiglioni una maggiore libertà d’invenzione rispetto al progetto architettonico. In particolare, gli allestimenti per la RAI e la Montecatini, avendo come caratteristica l’assenza dell’oggetto – cioè la comunicazione di programmi, servizi e prodotti per mezzo di immagini e dispositivi scenici – portarono Castiglioni a realizzazioni altamente sperimentali. In esse il percorso espositivo, la comunicazione visiva, l’illusione percettiva prodotta da specchi o diaframmi vetrati e l’illuminazione, generavano un 'effetto ambiente' che coinvolgeva il visitatore in un artificio comunicativo globale. Fu questa una sintesi originale tra la ricerca espositiva razionalista di Giuseppe Pagano, Edoardo Persico, Marcello Nizzoli e Franco Albini e gli artifici scenici del futurismo di Fortunato Depero.
Alla sua efficacia concorsero principalmente due fattori: da un lato, il coinvolgimento nel progetto di illustri grafici (tra i quali Bruno Munari, Max Huber, Michele Provinciali, Giancarlo Iliprandi) che permise interventi integrati (e non sovrapposti) con la struttura dell’allestimento; dall’altro, il notevole rilievo conferito alla componente illuminotecnica, tramite l’invenzione di sistemi luminosi appositi per ogni allestimento quale 'componente principale di progettazione' (Ferrari, 1984; Polano, 2001).
Esempi ragguardevoli di tale capacità di integrazione grafica e spaziale con effetti di moltiplicazione dell’immagine e trasparenza furono lo stand RAI alla XVII Mostra nazionale della radio e della televisione del 1950, il padiglione RAI alla Fiera di Milano del 1951, del 1953 e del 1956, la sala degli antiparassitari per l’agricoltura e la sala delle vernici nel padiglione Montecatini alla Fiera di Milano, rispettivamente del 1955 e del 1959. Con l’allestimento della sezione Illuminazione alla IX Triennale del 1951, Castiglioni riprese la collaborazione con l’ente milanese iniziata dai fratelli fin dal 1936. Nel 1954 (X Triennale) Achille progetta – con il fratello Pier Giacomo – l’allestimento della sezione Industrial design, caratterizzata da grandi diffusori luminosi circolari, e nel 1957 (XI Triennale) la mostra Relazione fra le arti, con un’articolata reinterpretazione dello spazio-percorso del Palazzo dell’arte e la collocazione 'in sospensione' degli oggetti sullo schermo della grande parete vetrata.
Altrettanto importante, in questo periodo, sempre assieme al fratello Pier Giacomo, fu l’attività di progettazione e realizzazione architettonica a Milano: il palazzo della Permanente (1952-53), il nuovo padiglione RAI alla fiera (1953), la chiesa parrocchiale S. Gabriele Arcangelo in Mater Dei (1956), la sede della Camera di commercio (1958), rappresentano esempi eloquenti di una sensibilità progettuale attenta alla lezione di Ernesto Nathan Rogers, del quale il fratello Pier Giacomo era assistente al Politecnico di Milano.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, il mutamento delle condizioni socioeconomiche del Paese e il ruolo centrale che Milano vi assunse favorirono la progressiva centralità, nel lavoro di Castiglioni, del disegno industriale. Questa attività lo portò Questa attività lo portò – in associazione con il fratello Pier Giacomo – a occuparsi della progettazione di prodotti di svariate tipologie (mobili, apparecchi d’illuminazione, elettrodomestici ecc.), fu sollecitata da alcuni fattori: la nascita, nel 1956, dell’Associazione per il disegno industriale (ADI); la mostra Oggetti e forme nella casa d’oggi a Villa Olmo (Como) nel 1957; l’incontro, nel 1958, con l’imprenditore Dino Gavina.
L’ADI, della quale Castiglioni fu socio fondatore, stimolò, fin dalla sua nascita, iniziative volte a promuovere la formazione e lo statuto professionale del designer e assunse l’organizzazione del premio Compasso d’oro, il più prestigioso riconoscimento italiano nell’ambito del design, istituito nel 1954 da un’idea di Gio Ponti in collaborazione con La Rinascente. All’interno dell’ADI Castiglioni fu impegnato in vari ruoli: nel comitato direttivo (1963-64), nel comitato di ordinamento e allestimento della mostra delCompasso d’oro (1964), nel comitato mostre, di cui fu presidente nel 1965 e membro di giuria nel 1970, nell’assemblea dell’International Council of societies of industrial design (ICSID) a Barcellona (1971).
Nel 1957, a Villa Olmo, l’invito a presentare, in una mostra collettiva, una proposta d’arredo per un living fu l’occasione per realizzare un allestimento che permise ai Castiglioni di precisare la propria metodologia di progetto nell’ambito del disegno industriale. Nel piccolo ambiente a pianta trapezoidale, il soggiorno-studio venne arredato mescolando tra loro mobili e oggetti di serie di uso comune ad altri appositamente disegnati. Lo sgabello Mezzadro, realizzato con un sedile traforato da trattore, il sedile basculante Sella, nato da una sella di bicicletta, la poltrona in gommapiuma Cubo, la libreria Pensile, le lampade Luminator (già premio Compasso d’oro 1955) e Bulbo, apparivano, a prima vista, indistinguibili dagli oggetti ordinari. L’operazione di mimesi dichiarava la predilezione dei Castiglioni per una cultura materiale in cui si era sedimentata, in forma di tradizione anonima, un’autentica sapienza progettuale e costruttiva, che proponevano come modello.
Alla fine degli anni Cinquanta, la collaborazione con le aziende Kartell e Gavina e con l’azienda di illuminazione Flos aprì ad Achille e al fratello concrete possibilità per le produzioni di serie. Kartell realizzò, nel 1959, quattro lampade disegnate da Castiglioni interpretando l’uso di nuove materie plastiche. Per Gavina i Castiglioni progettarono nel 1960 la poltrona Sanluca, elegante sintesi fra la tradizione Frau e l’estetica futurista delle sculture di Umberto Boccioni, e per Flos, nata su iniziativa di Gavina e Cesare Cassina, disegnarono, tra il 1960 e il 1962, una serie di oggetti che sovvertì sul piano tipologico, formale e materiale, gli abituali concetti di lampada domestica. Esempi eloquenti di quel felice momento creativo furono: la Viscontea e la Taraxacum (1960), realizzate con il cocoon, un innovativo materiale plastico applicato a spruzzo; l’Arco (1962), lampada da terra con base-zavorra in marmo e l’ampia asta curva telescopica; la Toio (1962), spiazzante assemblaggio di oggetti inusitati; la Taccia (1962), formata da una calotta semisferica in vetro e da un piatto concavo bianco che ruotano sopra una base cilindrica alettata; la Ventosa (1962), lampadina dotata di ventosa in gomma che la rende adattabile a vari luoghi.
Nello stesso torno di anni, dagli oggetti progettati nel 1960 per gli ambienti interni della birreria Splügen Braü a Milano nacquero altri prodotti di serie come la lampada Splügen, in doppia calotta d’acciaio ondulato, la spinatrice di birra Spinamatic (premio Compasso d’oro 1964), lo sgabello Spluga, il Servofumo e il Servopluvio: rispettivamente portacenere e portaombrelli da terra. L’elemento base dei 'servi', una zavorra con asta, fu poi utilizzato dai Castiglioni, fino al 1987, per una serie di complementi d’arredo prodotti da Zanotta, con molteplici accessori e funzioni. Nel progetto di ciascuno di questi oggetti, risultano evidenti le posizioni che saranno una costante del suo lavoro di designer: il rifiuto del problem solving e dello styling a favore dell’integrazione fra la componente tecnologica e l’aspetto formale; la riduzione dell’oggetto a una forma minima indispensabile vicina alla «radicalità dell’utensile» (V. Gregotti, in Ferrari 1984, p. 13); l’abbandono delle geometrie e della spazialità razionaliste a favore della fisicità dell’oggetto, espressa dalla sua consistenza materica e dalla sua componente plastica; l’aspetto ludico e ironico come generatore di affezione.
Ad allestimenti e interni di carattere minimalista, come quelli del 1960 per lo show-room Gavina a Milano e del 1963 per la mostra Vie d’acqua da Milano al mare a Palazzo Reale (con il percorso-paesaggio monomaterico in tavole di legno grezzo), si alternarono, nello stesso periodo, la fantasmagorica serie di allestimenti dei padiglioni RAI alla Fiera di Milano, di cui vanno ricordati quelli degli anni 1965, 1966 e 1968: il primo caratterizzato da mirabolanti sistemi ottici a cannocchiale-periscopio innestati su un tunnel sospeso, il secondo dalle gigantografie sagomate dei divi TV, il terzo dai dischi cinetici elaborati graficamente da Iliprandi. Per la RAI Achille e Pier Giacomo Castiglioni progettarono, nel 1967, anche la tensostruttura luminosa per una mostra itinerante, i cui effetti elettro-acustico-luminosi interni furono realizzati dal fratello Livio insieme a Davide Boriani.
Nel 1965, a Firenze, la mostra La casa abitata ripropose il tema dell’allestimento dello spazio domestico e fu occasione di messa a punto di un’altra serie di oggetti, tra i quali: la lampada con doppia illuminazione diffusa e concentrata Black & White, il mobile a gradoni Rampa, il servizio di bicchieri e caraffa Orseggi, l’orologio da parete Firenze, la sedia pieghevole Tric. Dello stesso anno è un caposaldo del design italiano: il radiofonografo rr126 (1965) prodotto da Brionvega, dove un piedistallo in profili d’acciaio che sorregge una serie di cubi (contenitori delle parti elettroniche e degli altoparlanti) variamente configurabili riproponeva la separazione funzionale delle parti del radio-ricevitore intrapresa dai Castiglioni fin dalla Triennale del 1940. Allo stesso periodo risalgono altri due oggetti elettrici: la cuffia per traduzioni simultanee (premio Compasso d’oro 1967) e l’interruttore rompitratta (1968), che i Castiglioni consideravano una delle loro creazioni più significative, in virtù del carattere anonimo dell’oggetto dal design minimo di grande serie. La lampada da tavolo a luce regolabile dalla sagoma evocativa Snoopy (1967) e il negozio Omega (1968) in piazza Duomo a Milano furono gli ultimi lavori nati della collaborazione con il fratello Pier Giacomo, che morì nel 1968.
L’attività dello studio (trasferitosi fin dal 1961 nella sede di piazza Castello) fu portata avanti, dopo la scomparsa di Pier Giacomo, da Achille in forma autonoma, coadiuvato da assistenti e collaboratori. Nel 1969, la libera docenza in progettazione artistica per l’industria costituì l’inizio di una carriera accademica che lo portò a insegnare presso la facoltà di architettura del Politecnico di Torino dove, nel 1977, vinse il concorso per la cattedra di composizione architettonica. Lì insegnò architettura degli interni e arredamento fino al 1980 quando, divenuto professore ordinario, si trasferì presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano, dove concluse la sua carriera di docente universitario. Sebbene non caratterizzata da una intensa produzione teorica, l’esperienza accademica di Castiglioni fu significativa sul piano didattico, grazie alla sua attitudine alla critica antropologica del design, proposta attraverso l’analisi di oggetti d’uso comune delle più svariate tipologie, da lui raccolti e collezionati.
Negli anni Settanta l’attività di Castiglioni proseguì con numerosi progetti di allestimento per show-rooms, mostre e stand fieristici, nello stesso tempo in cui una variegata e originale ideazione di prodotti confermava la sua rilevanza (assieme ad architetti e designer milanesi come Marco Zanuso, Vico Magistretti ed Ettore Sottsass) nel panorama del design non solo italiano. Nel 1972, a New York, alla mostra Italy: the new domestic landscape, che celebrò il design italiano in America, furono esposte sei sue creazioni. Tra queste, il sedile Mezzadro (1957), che Zanotta produsse a partire dal 1971, e la lampada Toio (1962) – disegnate con Pier Giacomo –, i quali, per il carattere ludico dell’assemblaggio di elementi, vennero accomunati agli oggetti più provocatori dei gruppi del cosiddetto radical-design. L’aspetto giocoso e il montaggio imprevedibile di parti che li caratterizzano, sono stati associati sia al riutilizzo di oggetti tratti dal quotidiano, noto come ready-made (Ferrari, 1984; Casciani, 1984), sia alla pratica del bricoleur, che riassembla pezzi di cose diverse dando loro una nuova funzione (Maldonado, 2001). Nella ricerca progettuale dei Castiglioni, l’ironia esplicita e pop di oggetti come il sedile a tre gambe per esterni Allunaggio (1966), il tavolo Cacciavite (1966), con le gambe esagonali svitabili, o il sedile ergonomico Primate (1971), la cui forma allude a una gigantesca impronta primordiale, si alternò costantemente a un puntuale e sofisticato redesign di oggetti esistenti, di cui uno degli esempi più significativi fu il tavolino Cumano (1977), reinterpretazione, con nuove soluzioni tecniche e funzionali, del classico tavolino da bar.
Con la serie di sanitari Acquatonda (1971) e Linda (1973) per Ideal Standard, Castiglioni dimostrò la propria versatilità come industrial designer nell’affrontare i più diversi temi di progetto. La prova della sua attitudine a lavorare in team su temi sperimentali di elevata complessità, fu la collaborazione con Giancarlo Pozzi e il traumatologo Ernesto Zerbi, con i quali lavorò nel 1973 ad nuovo tipo di letto d’ospedale per Omsa e ad un prototipo di sedile automobilistico per la Lancia, realizzato presso il centro ricerche B&B Italia; la collaborazione proseguì negli anni Ottanta dando luogo al podoscopio Ptf (1982) e al letto Itititi (1986) per Interflex.
Gli allestimenti più significativi degli anni Settanta riguardarono gli stand Telecom, realizzati per le aziende italiane di telecomunicazione che partecipavano ai Congressi internazionali di Ginevra nel 1971, 1975 e 1979. In questi progetti Castiglioni risolse, con una struttura modulare e un sistema di diaframmi, il complesso problema di separare, unificandone l’immagine, l’esposizione delle 33 aziende partecipanti. Un altro tema espositivo affrontato in periodi temporali diversi, fu quello degli show-rooms Flos, che progettò, a partire dal primo punto vendita milanese nel 1968, fino al 1990. Con l’intenzione di valorizzarne la luce, mise in mostra le lampade accese e ideò varie forme di alloggiamento, variamente aggregabili, per esporre i singoli pezzi o le famiglie di oggetti: i parallelepipedi aperti montati su ruote del 1968, i triedri del 1976, le sagome curve del 1984. Per Flos, nel corso degli anni Settanta, disegnò una serie di lampade, molto diverse tra loro, che rappresentarono altrettante lezioni sul design della luce e la dimostrazione di una filosofia progettuale nella quale l’apertura alla ricerca impediva il ricorso a concezioni stilistiche a priori. La Parentesi (1971), nata da un’idea di Pio Manzù, composta da un saliscendi su cavo, con la lampada orientabile in tutte le direzioni, la Lampadina (1972), la cui base è un rocchetto raccogli-filo con avvitata una lampadina a calotta smerigliata, la Noce (1972), l’Ipotenusa (1975), la lampada da soffitto Frisbi (1978) in grado di produrre, contemporaneamente, effetti di luce concentrata, riflessa e diffusa, la lampada da comodino Gibigiana (1980), pensata per poter leggere senza disturbare il vicino di letto, sono tutti apparecchi ideati per produrre uno specifico, particolare e studiato effetto d’illuminazione.
Nel 1979, Castiglioni divenne membro del Comitato scientifico del Centro studi e archivio della comunicazione (CSAC) di Parma, a cui fece dono di parte del materiale del suo archivio di Milano.
Nell'aprile dello stesso anno morì, per i postumi di un investimento, il fratello maggiore Livio.
Nel corso degli anni Ottanta e Novanta la sua fama si estese a livello internazionale e il suo lavoro fu celebrato da diverse mostre personali, tra le quali Achille Castiglioni designer (1984-1986), che lui stesso allestì con mirabolanti aggregazioni di suoi oggetti, e à la Castiglioni (1995-1998), entrambe itineranti.
Accompagnata da inevitabili «invenzioni autoreferenziali» (Polano, 2001, p. 22), la vita professionale di Castiglioni, negli ultimi anni di attività, fu caratterizzata da una variegata e intensa serie di progetti, che andarono dagli allestimenti per mostre tematiche a quelli per gli show-rooms delle aziende Driade, Flos, De Padova e Cassina. Qui egli giocò con lo spazio e la luce nella messa in scena di oggetti, dagli stand per B-Ticino (con la collaborazione per la parte grafica di Italo Lupi), nella sequenza dei quali (1985, 1987, 1989) recuperò la ricchezza d’invenzione delle mostre RAI, alla ristrutturazione di numerosi uffici e appartamenti.
Per quanto riguarda le esposizioni vanno ricordate: la mostra di pittura L’altra metà dell’avanguardia a Palazzo Reale a Milano (1980), caratterizzata dagli ampi velari tesati concepiti come un sistema di illuminazione a luce indiretta; le mostre dedicate al design, come Exhibition of Italian design a Tokyo (1984), dove ripropose la sua capacità di ideare ambienti assemblando objects trouvèes; le mostre dedicate all’architettura, tra cui Venti progetti per il futuro del Lingotto a Torino (1984); Le Corbusier pittore e scultore a Venezia (1986); l’allestimento generale della XVII Triennale di Milano sul tema Le città del mondo e il futuro delle metropoli (1988); le due mostre alla Galleria d’arte moderna di Bologna su I musei di James Stirling, M. Wilford & Associates (1990) e I musei di Louis I. Kahn (1991); Ignazio Gardella progetti e architetture 1933-1990, al PAC di Milano (1991); Alvar Aalto 1898-1976, a Palazzo Te a Mantova (1998).
L’ideazione di oggetti, soprattutto negli anni Novanta espresse, più che in altri periodi, la continua e difficile ricerca di Castiglioni della messa a punto di 'tipi' originali e 'senza tempo'. Oltre alla rielaborazione e riattualizzazione di proposte formulate nel passato, come le posate Dry (1982) per Alessi e la maniglia 5C (1983) per Fusital, vanno ricordati, nell’ambito degli oggetti d’arredo: la poltrona Sancarlo (1982), per Driade, il mobile di servizio Basello (1987), poi riformulato nel Joy (1990), il porta oggetti Comodo (1989), il sistema di mobili per ufficio Sangirolamo (1991) disegnato con Michele De Lucchi, i divani a curve di livello Hilly (1992) per Cassina, il tavolo libreria cangiabile Scalandrino (1994) e l’evoluzione del sistema dei Servi per Zanotta. Per quanto riguarda l’illuminazione: il lampadario a moduli triangolari componibili e lampadine nude Taraxacum (1988), la lampada da soffitto Brera (1992), ispirata all’uovo del celebre ritratto di Piero della Francesca, la lampada a sospensione in vetro Fucsia (1996), tutte per Flos; infine, per Alessi, l’orologio da polso Record (1989), disegnato con Max Huber e la serie di piatti Bavero (1997).
Achille Castiglioni morì a Milano il 2 dicembre 2002.
Dal 2006, in collaborazione con la Triennale di Milano, gli eredi hanno reso visitabile al pubblico lo studio. Nel 2011 i figli Carlo, Monica e Giovanna e la moglie Irma Barni Castiglioni hanno dato vita alla Fondazione Achille Castiglioni, che – oltre a gestire lo Studio Museo di piazza Castello 27 – cura la conservazione e la catalogazione dei materiali d’archivio e promuove iniziative volte a diffondere la conoscenza delle opere e della figura di Achille Castiglioni e del mondo del design. Oltre ai nove Compassi d’oro ottenuti tra il 1955 e il 1989, ebbe due lauree ad honorem: la prima nel 1987 dal Royal College of art di Londra e la seconda nel 2001 dal Politecnico di Milano in disegno industriale.
Una descrizione dell’archivio di A. C. – depositato a Milano presso lo Studio Museo Achille Castiglioni – relativo ai progetti di architettura, di allestimenti, di industrial desing e altro per il periodo 1938-2002 è reperibile all’indirizzo http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=comparc&Chiave=360517 (23 dicembre 2014); dell'archivio esiste un inventario analitico, curato da D. Gobbato - A. Gornati. Si veda anche il sito della fondazione http://www.achillecastiglioni.it (23 dicembre 2014).
Tra i saggi storico-critici sulla sua opera vanno ricordati una selezione del lavoro sul design e gli allestimenti in P. Ferrari, A. C., Milano 1984, con un saggio introduttivo, Traviamenti interpretativi, di Vittorio Gregotti; una rassegna complessiva delle opere di allestimento, design e architettura è in S. Polano, A. C. Tutte le opere, 1938-2000, Milano 2001, con il saggio introduttivo dello stesso, Passacaglia dei Castiglioni, e l'Atlante delle opere, a cura di F. Bulegato; un saggio critico significativo è quello di T. Maldonado, Castiglioni: l’ironia opposta alla sfrontatezza, in Casabella, LXV (2001), 692, pp. 87 s. Sulla filosofia progettuale: A. e P.G. Castiglioni, in Sei domande a otto designer, in Edilizia moderna, 1965, n. 85, pp. 8, 12-14. Antologia di testi 1953-1999, a cura di F. Bulegato, in S. Polano, A. C. Tutte le opere, 1938-2000, cit., pp. 447-460. Sul periodo degli esordi dello studio Castiglioni (anni Trenta e Quaranta) e il rapporto con il lavoro sulla luce di Livio Castiglioni: D. Scodeller, Livio e Piero Castiglioni. Il progetto della luce, Milano 2003. Per il design delle lampade: P. Castiglioni - C. Baldacci - G. Biondo, Lux. Italia 1930-1990. L'architettura della luce, Milano 1991, pp. 82-91; A. Bassi, La luce italiana. Design delle lampade 1945-2000, Milano 2003, pp. 102-121. Interviste approfondite a Castiglioni sono in: S. Giacomoni - A. Marcolli, Designer italiani, Milano 1988, pp. 120-153; F. Raggi, Purché il design si veda poco, in Flare, 1992, n. 7, pp. 48-65; A. C., la curiosità del fare, in Maestri del design. Castiglioni, Magistretti, Mangiarotti, Mendini, Sottsass, conversazioni a cura di D. Duva et al., Milano 2005, pp. 2-33. Sullo studio in piazza Castello, in rapporto alla metodologia progettuale, si veda: C. De Carli, Gli ambienti dove Achille e Pier Giacomo Castiglioni preparano i loro disegni per l’industria, in Interni, 1967, n. 3, pp. 13-24; D. Scodeller, A. C. Milano, Piazza Castello 27. Il favoloso studio di Achille (e Pier Giacomo) Castiglioni fotografato da Guido Guidi, in Casabella, LXVII (2003), 716, pp. 24-31. Per il design dell’arredo: S. Casciani, Mobili come architetture. Il disegno della produzione Zanotta, Milano 1984. Per l’attività didattica: La voce del maestro. A. C., i modi della didattica, a cura di E. Bettinelli, Mantova 2014; sulla figura del fratello Pier Giacomo: D. Buzzati, La scomparsa di Pier Giacomo Castiglioni. Un grande “designer”, in Corriere della sera, 3 dicembre 1968.