DOGLIOTTI, Achille Mario
Nacque a Torino il 25 sett. 1897 da Luigi, medico e sindaco di Alba, che morirà in giovane età, e da Clotilde Ferrara Bardile.
Seguendo la vocazione paterna nel 1914 si iscrisse alla facoltà di medicina di Torino. Entrata in guerra l'Italia, il D. si arruolò volontario, e fu dapprima sergente di sanità, quindi aspirante ufficiale medico. Ripresi quindi gli studi, conseguì la laurea nel 1920 e subito divenne medico interno dell'isfituto di patologia chirurgica, allora diretto da O. Uffreduzzi. Nel 1923 vinse il concorso per esami al posto di assistente effettivo nell'istituto di patologia chirurgica e nel 1926 conseguì la libera docenza in patologia speciale chirurgica. Per ampliare le proprie conoscenze, fu più volte all'estero, ove frequentò le più importanti cliniche: nel 1925 e nel 1927 in Francia, a Lione e a Parigi, nel 1929 negli Stati Uniti, nei più prestigiosi centri chirurgici.
Durante questi primi anni di attività condusse una serie di lavori sperimentali sul processo di guarigione delle ferite dell'intestino e del cervello, sullo shock traumatico, sulla vascolarizzazione del rene, sull'occlusione intestinale, sulla trasfusione di sangue per la cui esecuzione ideò un nuovo apparecchio. Intuì inoltre l'importanza di far pervenire sostanze medicamentose ad alta concentrazione nell'intima compagine dei tessuti seguendo la via arteriosa, e su tale premessa teorica basò i suoi primi tentativi di cura dei tumori maligni mediante incannulazione dell'arteria regionale e iniezione, prolungata per giorni, di arsenobenzoli e altri farmaci. I modesti risultati allora ottenuti possono tuttavia essere interpretati come un primo passo verso quella circolazione d'organo che oggi appare la più moderna via di terapia oncologica. Questi studi rappresentarono comunque la premessa delle ricerche che il D. condusse trent'anni dopo, quando ottenne in numerosi casi il blocco del processo espansivo tumorale mediante un'unica iniezione di radioisotopi granulari nelle arterie loco-regionali. Successivamente il suo interesse fu attratto per alcuni anni dal sintomo dolore quale elemento dominante di tanti processi morbosi, e per attuarne una efficace terapia ideò e perfezionò alcuni metodi originali: conseguentemente il suo nome godette di una prima ondata di notorietà, che si estese anche fuori dell'Italia. Il blocco alcolico sottoaracnoideo delle radici posteriori per il trattamento delle algie ribelli e il metodo di anestesia peridurale segmentaria, superati i controlli internazionali, si diffusero ovunque e trovano tuttora larghe indicazioni. Ma sono ancora da ricordare, in tale settore, i suoi metodi di alcolizzazione del ganglio di Gasser, di rachianestesia con soluzioni ipobariche, di blocco peridurale antalgico selettivo, validi contributi alla terapia del dolore. La sua statistica di nevralgie del trigemino felicemente trattate, per la massima parte con l'alcolizzazione, superò i seimila casi, divenendo la maggiore del mondo.
La visita compiuta ai famosi centri neurochirurgici di Rochester, Boston, Filadelfia e Baltimora stimolò l'interesse del D. verso particolari aspetti della neurochirurgia: ebbero così origine le sue originali proposte sulla lobotomia frontale per via transorbitaria, sulla ventricolo-puntura per via transorbitale, sul drenaggio permanente del liquido cefalo-rachidiano, sulla sezione della via spinotalamica del dolore a livello del tronco encefalico. Il D. elaborò, inoltre, le tecniche per l'esecuzione della lemniscotomia pontina e degli interventi per la rigenerazione nervosa. Nel campo della terapia del dolore e dell'anestesiologia merita di essere ricordato il suo Trattatodi anestesia (Torino 1935, 2 ed. in coll. con F. Ciocatto, ibid. 1952).
Nel 1935, superato il relativo concorso, assunse la direzione dell'istituto di patologia chirurgica dell'università di Modena, continuando in questa sede le sue ricerche in campo neurochirurgico. Vincitore nel 1937 del concorso per la cattedra di clinica chirurgica dell'università di Catania, si trasferì con la sua giovane scuola in quella città, ove risolse rapidamente il non facile compito di ultimare la nuova clinica chirurgica. Gli anni di Catania furono caratterizzati da una crescente attività di ricerca, così che, accanto alla chirurgia classica, poté affrontare settori di estrema avanguardia quale quello dell'exeresi dei tumori laringei (era suo vanto la statistica di venticinque laringectomie totali consecutive, senza decessi, eseguite prima dell'era antibiotica).
Il D. partecipò anche al secondo conflitto mondiale, guadagnandosi due croci di guerra. Nel 1942 chiese di essere inviato quale consulente chirurgo di armata al seguito del corpo di spedizione italiano in Russia. Organizzò il grande centro chirurgico italiano di Vorošilovgrad ove, nonostante la mancanza di mezzi, furono egualmente compiuti interventi d'alta chirurgia. Creò un mirabile nucleo chirurgico mobile destinato al pronto soccorso in guerra e in pace, adottato dall'esercito italiano e ancora oggi impiegato in occasione dei più recenti disastri sismici.
Rientrato in Italia nell'estate del 1943, assunse la direzione della prestigiosa clinica chirurgica dell'università di Torino, che in realtà in quel momento gli eventi bellici avevano portato in rovina. In quegli anni, impedita qualsiasi possibilità di ricerca scientifica, il D. portò a compimento il primo volume del Trattato di tecnica operativa (Torino 1948): la grande opera, che costituisce una delle più complete trattazioni del genere edite nell'immediato dopoguerra, doveva poi essere completata in tempo relativamente breve con la revisione e il rifacimento dello stesso I volume (ibid. 1955) e con la pubblicazione delle tre parti del II volume (ibid. 1955-56).
Con il ritorno alla normalità il D. dedicò ogni sua energia alla ricostruzione della clinica chirurgica di Torino, portandovi innovazioni e ampliamenti tali da farne esempio tra le più importanti d'Europa. Egli, tra l'altro, realizzò nel suo istituto la prima sala operatoria antibiotica a sterilizzazione totale.
Invitato negli Stati Uniti per un ciclo di conferenze nel 1946, ebbe modo di assistere ad alcuni dei primi interventi sul cuore operati da A. Blalock. Ebbe così inizio il suo interesse per la cardiochirurgia, alla quale dedicò in seguito tanta parte del suo tempo e del suo ingegno, con un duro cammino che lo portò a essere considerato uno dei creatori della cardiochirurgia degli anni '50. Ideando nuovi strumenti e apparecchiature (apparecchio per la circolazione extracorporea, valvulotomo ad anello, angiostato per anastomosi vasali), proponendo nuovi procedimenti tecnici (per la valvulotomia a cuore chiuso e a cuore aperto nella stenosi mitralica, per la plastica nella insufficienza mitralica, per la correzione a cuore chiuso delle comunicazioni interatriali), legò il suo nome a numerosi e importanti capitoli della chirurgia cardiaca. Nel 1951 fondò a Torino il Centro cardiochirurgico A. Blalock, che in breve tempo acquisì fama internazionale e registrò un tale successo da accumulare casistiche la cui ampiezza non era eguagliata da alcun altro servizio cardiochirurgico, nemmeno da quelli americani. Nell'agosto dello stesso anno il D., per la prima volta nel mondo, poté eseguire sull'uomo un intervento in circolazione extracorporea.
Per quanto la circolazione extracorporea fosse da anni oggetto di ricerche sperimentali, che avevano ormai aperto la via a possibili realizzazioni cliniche, questa felice prima applicazione del D. sull'uomo segnò una data storicamente importante. Essa rappresentava il giusto coronamento dei suoi studi sull'argomento, che gli consentirono poi di associare alla circolazione extracorporea l'ipotermia, dando così origine a una nuova tecnica ancor oggi largamente seguita negli interventi sul cuore.
Il D. estese la sua attività anche in altri settori, tra l'altro creando il primo Centro italiano di endocrinochirurgia (assai noto in questo campo fu il suo metodo di ipofisectomia radiobiologica) e ideando nuove tecniche per la ricostruzione delle vie biliari, quali l'intraepatodottogastrostomia e la doppia intracpatodottodigiunostomia, ancora oggi ricordate nel mondo intero con il suo nome. Particolare cura dedicò pure alla ricostruzione dell'esofago e la tecnica da lui sistematizzata di colon-esofagoplastica ha permesso di restituire alla normalità con minimo rischio un alto numero di operati.
Il D. si distinse pure nella chirurgia dell'ipertensione portale, legando il suo nome alla tecnica dell'anastomosi onfalo-cava latero-laterale. In questo settore della clinica chirurgica un suo allievo, G. Abeatici, mise a punto l'importante, prezioso procedimento diagnostico della splenoportografia (La visualizzazione radiologica della porta per via splenica, in Minerva medica, XLII [1951], pp. 593 s., in coll. con L. Campi).
E ancora, primo in Italia, sostenne fin dal 1930 la necessità di dare forma e vita a un servizio indipendente di anestesiologia. Il suo Trattato di anestesia (Torino 1946) ebbe il raro onore per un testo italiano di una traduzione integrale negli Stati Uniti d'America, ove fu largamente adottato come manuale di insegnamento.
Scienziato e clinico di indiscusso valore, il D. recò in ogni settore della chirurgia originali e importantissimi contributi. Autore di un gran numero di pubblicazioni scientifiche, di lui si ricordano qui, oltre a quelli precedentemente citati, due altri trattati di rilevante importanza: Semeiotica e diagnostica chirurgica, I-II, Torino 1948-49; La chirurgia delle vie biliari (in coll. con E. Fogliati), ibid. 1958.
Tra le sue benemerenze in campo didattico merita particolare rilievo l'accordo personalmente trattato con il governo della Liberia per la fondazione della Monrovia-Torino Medical School. Questa scuola, sotto Pegida della facoltà medica di Torino, ha provveduto alla formazione di medici locali creando un centro di propulsione della cultura medica italiana in tutta l'Africa equatoriale. Dopo la sua morte, il governo della Liberia ha denominato questa università Dogliotti Medical School.
Il D. ebbe numerosi riconoscimenti e onorificenze, appartenne a varie società scientifiche italiane e straniere, ricoprì importanti incarichi. Fu, tra l'altro, presidente mondiale dell'International College of Surgeons. Dal 1948 alla morte ordinò e diresse in veste di presidente le Riunioni medico-chirurgiche internazionali di Torino, che con ritmo triennale conobbero successo crescente. Fu anche conferenziere e articolista per il grande pubblico, contribuendo alla divulgazione medica con conferenze, molte delle quali radiotelevisive, e articoli sui più grandi quotidiani italiani ed esteri.
Nominato presidente del comitato ordinatore delle celebrazioni del centenario dell'Unità d'Italia, preparò il programma che doveva realizzarsi nel 1961 per celebrare in misura imponente la grande solennità nazionale in Torino, rinnovando i fasti dell'Esposizione internazionale del 1911.
Il D. morì a Torino il 2 giugno 1966.
Bibl.: L'opera di A. M. D., Torino 1963 (con l'elenco di tutte le pubblicazioni del D.); G. Agostoni, A. M. D., in Cardiol. pratica, XVII (1966), pp. 111-17; L. Biancalana, A. M. D., in Università degli studi di Torino. Annuario per l'anno accademico 1965-66..., Torino 1966, pp. 505-08.