TERRACCIANO, Achille. – N
acque a Muro Lucano (Potenza) il 5 ottobre 1861, primogenito dei numerosi figli di Nicola (v. la voce in questo Dizionario) e di Enrichetta Cataldi.
Dopo gli studi liceali a Maddaloni e una parentesi nei ranghi militari nel 19° reggimento di fanteria, si iscrisse all’Università di Napoli nella facoltà di medicina. Superato il primo biennio passò alla facoltà di scienze naturali, dove conseguì la laurea nel 1884.
Dava così seguito a una tradizione familiare di particolare levatura: il padre Nicola, esploratore e descrittore della flora dell’Italia meridionale e ‘botanico della Real Casa’, era direttore del giardino botanico reale all’inglese della Reggia di Caserta. Mantenne tale incarico per oltre quarant’anni (1861-1903) apportando numerose migliorie nella sistematica e varietà dei settori dell’orto oltre a significative modifiche e ampliamenti strutturali.
Dopo la laurea Terracciano maturò nel corso di un decennio esperienze diverse nell’insegnamento, nella cura delle collezioni e degli orti in varie città italiane. Dapprima fu assistente presso l’orto botanico di Napoli (1885-86); in seguito, fino al 1894, ricoprì il ruolo di conservatore all’Istituto botanico dell’Università di Roma. Svolse infine un periodo di insegnamento nelle scuole tecniche di Padova e di Caserta.
Le necessità lavorative e il vivo spirito di osservazione lo spinsero in questi anni allo studio sistematico della flora di diversi ambiti territoriali, sviluppando un distintivo approccio morfogeografico volto a integrare e contestualizzare le caratteristiche strutturali delle piante con l’ambiente in cui vivono. Videro così la luce significativi contributi sulla flora della Basilicata, del Polesine, delle isole Ponziane e Tremiti, dell’isola minore del Trasimeno, della Campagna romana, dedicati soprattutto alle Fanerogame, con l’importante eccezione dello studio dei muschi dell’isola d’Ischia.
Nel periodo romano Terracciano fu collaboratore di Romualdo Pirotta, che lo nominò curatore del nascente Erbario coloniale, allora considerato uno strumento di importanza strategica ed economica per gli interessi nazionali. Si recò due volte nella Colonia Eritrea per studiarne la flora ed effettuare cospicue raccolte, che confluirono nell’erbario romano e diedero luogo alle pubblicazioni sulla flora di quella regione africana, sulla florula della baia di Anfilah e, sulla base di materiali di altri raccoglitori (Giuseppe Candeo ed Enrico Baudi di Vesme), sulla Somalia. Con il piglio del viaggiatore curioso e sagace scrisse per il Bollettino della Società geografica italiana un resoconto nel quale, accanto a dati botanici e fitogeografici, si tratteggiava un quadro sulla situazione geopolitica dell’Eritrea e sugli incerti destini di quella terra.
Nel vivace ambiente dell’istituto botanico romano, appoggiandosi ai ricchi erbari e alle notevoli risorse bibliografiche, iniziò un altro filone caratteristico della sua produzione scientifica: lo studio critico, spesso monografico, di alcuni generi della flora italiana, come Scirpus della sezione isolepidum, le viole italiane della sezione melanium, Allium rollii e specie affini, i gerani italiani, il genere Lycium e la celebre monografia sulla famiglia delle Resedacee italiane.
Nel 1896 fu chiamato come assistente all’orto botanico di Palermo. Qui, sotto la guida dell’insigne ecologo Antonino Borzì, poté dedicarsi alle sperimentazioni agronomiche sulle colture subtropicali e tropicali e alla cura del primo abbozzo del giardino coloniale. Pubblicò alcune brevi monografie: sulle potenzialità della coltivazione del banano e della noce di pecan, sulle palme dell’orto, su Agave sisalana.
Il decennio siciliano fu intenso e profondamente formativo, soprattutto nell’ambito biologico, come dimostrano le pubblicazioni su I nettari estranuziali delle Bombacee, sulla propagazione agamica nelle Fanerogame, sulle radici transitorie nelle Monocotiledoni, sulla biologia di Aeschynomene indica, di Jacaranda ovalifolia, di Leea coccinea. Nello stesso arco di tempo diede alle stampe alcune monografie – tra cui la più rilevante è quella sul genere Nigella – e iniziò la monumentale opera sul genere Gagea, che sarebbe rimasta in gran parte inedita. A Palermo conseguì la libera docenza e tenne come incaricato l’insegnamento universitario della botanica per la facoltà di farmacia, continuando anche l’attività di docente nell’istituto tecnico della stessa città, fino al 1906. Grazie alla lunga pratica nelle scuole superiori e a una propensione personale, collaborò per il suo ambito a opere scientifiche a carattere divulgativo e alla redazione e traduzione di manuali scolastici.
Nel 1906 ottenne per concorso il posto di straordinario di botanica bandito dall’Università di Sassari, assumendo la direzione dell’istituto e dell’orto. Si impegnò, attraverso attività di acquisti, scambi e doni, ma soprattutto ricognizioni territoriali, a incrementare l’erbario sardo. Le ricerche erano finalizzate anche alla preparazione di un’opera onnicomprensiva sulla vegetazione sarda. Di questo progetto furono pubblicati solo alcuni stralci sul Dominio floristico sardo e le sue zone di vegetazione, su alcuni elementi alpini e sulle orchidee isolane.
In Sardegna svolse un approfondito lavoro di recupero e rielaborazione di conoscenze e materiali prodotti dai suoi predecessori, raccogliendone l’eredità e ponendo le basi per una rinnovata tradizione degli studi botanici sassaresi con la nascita del Bullettino dell’Istituto botanico della R. Università di Sassari (1909). Ritrovò il manoscritto settecentesco – conservato a Torino – sulla Flora sardoa di Michele Antonio Plazza, precursore della floristica sarda, e lo pubblicò dopo averlo integrato. Riuscì inoltre ad acquisire copia dell’Herbarium Moris, frutto di raccolte effettuate in Sardegna a partire dal 1815 da Giuseppe Giacinto Moris, docente all’Università di Cagliari e autore della fondamentale opera Flora sardoa.
Il maggiore impegno di Terracciano a Sassari fu profuso per l’istituto e soprattutto per l’orto botanico, fondato appena tre anni prima. Grazie all’esperienza maturata in tanti orti italiani e in particolare a Palermo, e a un carattere esuberante e generoso (Béguinot, 1922), progettò l’articolazione dell’orto nei settori sistematico, biologico e geografico, impiantando immediatamente il primo con serre per piante tropicali, orchidee e felci, vasche di irrigazione, un acquario e un laghetto. Ricevette sementi e piante da numerosi orti italiani ed esteri, oltre che dagli enti locali, destinando alcuni settori alla flora sarda, alla macchia e alla flora xerofila mediterranea, e alle ricerche biologiche e biogenetiche. L’attività fu così intensa e produttiva che già nel 1908 riuscì a pubblicare il primo Delectus seminum, che contava 478 specie.
Nel 1917 venne chiamato a dirigere l’Istituto botanico di Siena. Tuttavia, prima ancora di raggiungere la nuova sede, venne colpito da una grave malattia. Morì l’8 agosto a Caserta, assistito dalla moglie Maria Manganelli e disponendo il lascito dei suoi erbari personali e di parte dei suoi averi agli istituti botanici di Napoli e Sassari.
Opere. Specie rare o critiche di Geranii italiani, in Malpighia, IV (1890), pp. 193-238; Contributo alla storia del genere Lycium, ibid., pp. 472-540; Escursioni botaniche nelle terre e nelle isole della Colonia Eritrea, in Bollettino della Società geografica italiana di Roma, V (1892), pp. 434-436, 774-786, 987-991; Monografia delle Resedacee spettanti alla flora italiana, Firenze 1892, inserita nella Flora italiana di F. Parlatore continuata da T. Caruel, X, Firenze 1894, pp. 145-186; Prodromo della Flora lucana, Caserta 1893; Florula di Anfilah, in Annali del R. Istituto ed orto botanico di Roma, IV (1894), pp. 89-121; Revisione monografica del genere Nigella, in Bollettino del R. orto botanico di Palermo, I (1897), pp. 122-153, II (1898), pp. 19-42; I nettari extranuziali nelle Bombaceae, in Contribuzioni alla biologia vegetale, 1898, vol. 2, pp. 136-191; La biologia e la struttura fiorale della Jacaranda ovalifolia R. Br. in rapporto con le altre Bignoniaceae, ibid., pp. 281-315; Contributo alla conoscenza della propagazione agamica nelle piante fanerogame, ibid., 1902, vol. 3, pp. 1-64; Lo sviluppo delle forme ed i rapporti sociali nella vita delle piante, Palermo 1903; Gagearum novarum diagnoses, in Bollettino società orticola di mutuo soccorso di Palermo, I (1904), pp. 33-37; Les espèces du genre Gagea dans la flore de l’Afrique boréale, in Bulletin de la Société botanique de France, 2° mémoire, LII (1905), pp. 1-26; Revisione monografica delle Gagea nella Flora spagnuola, in Boletín de la Sociedad aragonesa de ciencias naturales, V (1905), pp. 188-254; Il dominio floristico sardo e le sue zone di vegetazione, in Bullettino dell’Istituto botanico della R. Università di Sassari, 1909, vol. 1, n. 1, pp. 1-41; Specimen bryologiae et hepaticologiae sardoae, ibid., n. 4, pp. 3-84; La Flora sardoa di Michele Antonio Plazza da Villafranca redatta con i suoi manoscritti, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. 2, 1914, t. 64, pp. 1-54 (parte I), 1916, t. 65, pp. 1-53 (parte II), 1930, t. 67, pp. 1-78 (parte III).
Fonti e Bibl.: A. Nannetti, Bullettino della Società botanica italiana, XXV (1917), p. 87; F. Cavara, A. T., in Bullettino dell’Orto botanico della R. Università di Napoli, 1918, t. 5, p. 325; Id., A. T. Necrologio, in Bullettino della Società dei naturalisti di Napoli, 1918, vol. 31, pp. 49-60; A. Béguinot, A. T. e la sua opera floristica, in Bullettino dell’Istituto botanico della R. Università di Sassari, 1922, vol. 2, memoria V, pp. 1-15; S. Bagella, A. T., in Storia dell’Università di Sassari, II, Nuoro 2010, pp. 32 s.