Achitûb ben Ischaq (trascritto anche Isaak)
Rabbino e medico di Palermo (sec. XIII-XIV); al suo tempo ebbe qualche notorietà come scienziato e filosofo (tradusse dall'arabo in ebraico la Logica di Maimonide); è ricordato nella storia letteraria per la sua opera Machbéret haténe'. Il termine machbéret (plur. machberôt e meno bene mechabberôt), che propriamente significa " raccolta ", fu preso a corrispondente dell'arabo maqāma (plur. maqāmāt), nome di un genere di composizione mista di tratti in versi e in prosa rimata in stile fiorito. Nel titolo dell'opera di A. il termine ha i due sensi: " Raccolta (di composizioni varie )" e " Maqāma del canestro ".
L'opera di A. si può valutare come direttamente, anche se non molto largamente, ispirata dal poema dantesco per la struttura e il procedimento didattico-allegorico. In essa l'autore racconta un viaggio da lui compiuto nel cielo tra i beati, per imparare come vivere bene; di ritorno sulla terra porta con sé un po' dell'acqua del paradiso, che mescola con l'acqua del suo giardino. Le primizie dei frutti, di singolare bontà, che gli alberi irrigati con quell'acqua producono, messi in un canestro (téne'), sono da lui offerti nella sua machbéret a chi voglia gustarli. I frutti sono tredici, come i tredici articoli della fede giudaica, che essi rappresentano.
Bibl. - L'opera di A., nella tradizione manoscritta andata unita con scritti di Mosé ben Jekuntiel de-Rossi - questi parzialmente pubblicati - attende ancora un editore e uno studio critico conveniente. Si vedano U. Cassuto, Achitûb ben Isaak, in Enc. Judaica, I, Berlino 1928, col. 735-736; e in particolare sulla machbéret-maqāma: U. Cassuto, Ebrei: Letteratura postbiblica, in Enc. Ital. XIII (1932) 364.