NUCLEICI, ACIDI
(App. IV, II, p. 620)
Negli ultimi dieci anni numerose sono state le scoperte nel campo della struttura, della biosintesi e della funzione degli a. nucleici. Tra i risultati più importanti vanno certo ricordati la possibilità di sequenziare e di amplificare molecole di acido desossiribonucleico DNA, utilizzando nuove e potenti tecniche d'indagine, la scoperta dei geni ''interrotti'' negli eucarioti, il chiarimento di numerosi processi enzimatici coinvolti nella biosintesi degli a. n. e delle proteine, l'isolamento degli enzimi di restrizione e il loro impiego in numerosi processi. Hanno così ricevuto grande impulso gli studi di analisi, di costruzione e di modifica di geni, che hanno permesso ai ricercatori di manipolare il materiale genetico, con la conseguenza − non solo teorica − di poter modificare il patrimonio genetico di un determinato organismo.
Struttura tridimensionale del DNA. - Il DNA-B, corrispondente alla ben nota struttura a doppia elica di Crick e Watson, rappresenta la struttura di gran lunga più frequente in vivo, con 10,4 coppie di basi, parallele tra loro, per giro di doppia elica, una distanza tra queste coppie di 0,34 nm, e un'inclinazione di solo 1° rispetto all'asse dell'elica; tuttavia, studi di diffrazione ai raggi X a elevata risoluzione su fibre di DNA o di oligonucleotidi sintetici a sequenza nota, hanno permesso di dimostrare una certa variabilità nel DNA-B che dipende dalla sequenza e che può portare a una curvatura della doppia elica fino a un ripiegamento, senza modifiche sulla struttura locale. Queste ripiegature sono importanti dal punto di vista biologico perché favoriscono la compattazione del DNA all'interno della cellula. Nel caso del DNA circolare (che è presente nei mitocondri, nei cloroplasti, nei batteri e in alcuni virus) si hanno dei veri e propri superavvolgimenti che possono essere positivi (nello stesso verso destrorso della doppia elica) oppure negativi (nel verso opposto); tali superavvolgimenti possono venire favoriti o sfavoriti dall'azione di alcuni enzimi chiamati topoisomerasi, che hanno un ruolo importante nella replicazione del DNA. In seguito a disidratazione, quando l'umidità delle fibre è inferiore al 75%, la struttura del DNA-B si modifica in quella del DNA-A. Nella doppia elica A, anch'essa destrorsa, ma più larga e più corta della doppia elica B, le coppie di basi, sempre parallele tra loro, sono più inclinate (di circa 20°) rispetto all'asse dell'elica. Una struttura dello stesso tipo è presente nell'RNA ripiegato che forma strutture a doppia elica nella stessa catena e negli ibridi DNA-RNA (doppie eliche costituite da un filamento di DNA e uno di RNA). Un altro tipo di struttura è stato scoperto da A. Rich, il DNA-Z, sulla base della struttura ai raggi X di oligonucleotidi sintetici contenenti solo la base purinica guanina e la base pirimidinica citosina. Nel DNA-Z la doppia elica è sinistrorsa, più allungata delle eliche A e B, con i gruppi fosforici disposti a zigzag e con le coppie di basi inclinate rispetto all'asse della doppia elica di circa 9°, un angolo intermedio rispetto a quello osservato nelle strutture A e B. Anche se non si hanno prove certe dell'esistenza di un siffatto DNA in vivo, non se ne può escludere un eventuale e rilevante ruolo biologico. Nella figura sono rappresentate schematicamente le strutture del DNA-A, del DNA-B e del DNA-Z.
Determinazione della sequenza del DNA. - La scoperta degli enzimi di restrizione, o endonucleasi di restrizione, ha enormemente favorito lo sviluppo di tecniche per determinare la sequenza del DNA. Questi enzimi, presenti nei procarioti, hanno il ruolo di degradare il DNA estraneo che non è metilato in siti specifici, come il DNA proprio della cellula. Si tratta di enzimi altamente specifici che ''tagliano'' il DNA a doppia elica a livello di una sequenza particolare, detta palindromo, che risulta cioè uguale se letta da sinistra verso destra o, dopo rotazione di 180°, da destra verso sinistra, e contiene quindi un asse di simmetria. Sono stati finora scoperti più di cento enzimi di restrizione in vari batteri, ciascuno in grado di scindere specificamente la doppia elica a livello di una determinata sequenza lunga da quattro a otto coppie di basi. L'uso di questi enzimi ha permesso di ottenere frammenti di DNA di lunghezza limitata, con sequenza iniziale nota, e adatti a essere studiati e sequenziati.
I principali metodi di sequenza sono due: 1) metodo di Maxam e Gilbert e 2) metodo di Sanger. Il primo si basa sulla marcatura del frammento di DNA all'estremità 5′ con fosforo-32; successivamente questo materiale viene fatto reagire, in miscele di reazione separate, con quattro reagenti chimici, ciascuno in grado di modificare una sola base purinica o pirimidinica e quindi di provocare la scissione del legame fosfodiestereo a livello di quella base. Utilizzando opportune concentrazioni di reagenti, è possibile ottenere in ciascuna miscela di reazione, per es. quella in cui la scissione avviene a livello della guanosina, tanti frammenti di DNA marcati in 5′, di lunghezza diversa, ma tutti terminanti immediatamente prima della guanina. L'analisi delle quattro miscele di reazione in elettroforesi su gel di poliacrilammide e la successiva autoradiografia per evidenziare i piccoli frammenti marcati di lunghezza crescente, permettono poi di ottenere la sequenza del frammento iniziale di DNA. Il metodo di Sanger, anch'esso proposto intorno al 1977, si basa sulla reazione di replicazione in vitro del DNA, nella quale accanto ai quattro usuali precursori nucleosidi trifosfati, marcati radioattivamente, si utilizza un dideossinucleoside trifosfato per volta, a concentrazione opportuna, in modo da provocare un'interruzione controllata della catena di DNA neosintetizzata a livello del corrispondente nucleotide. Le varie catene interrotte vengono poi analizzate in elettroforesi su gel e autoradiografia, in modo simile al metodo di Maxam e Gilbert. È interessante ricordare che fu lo stesso Sanger, venticinque anni prima, a determinare la prima sequenza di una proteina, l'insulina. Questi metodi di sequenza e loro successive variazioni che prevedono anche l'uso di oligonucleotidi marcati con composti fluorescenti anziché radioattivi, e che hanno portato a una notevole automazione della tecnica, permettono oggi a un ricercatore di sequenziare fino a mille basi in un giorno; si prevede che i nuovi sequenziatori automatici di DNA permetteranno di arrivare fino a un milione di basi al giorno. Esistono oggi progetti di cooperazione internazionale, sulla cui utilità, tuttavia, non esiste un consenso unanime nella comunità scientifica internazionale, che si prefiggono l'obiettivo di arrivare a sequenziare nei prossimi dieci anni il lungo e complesso genoma umano di più di tre miliardi di coppie di basi.
I geni ''interrotti''. - Le scoperte degli ultimi quindici anni e gli studi di sequenze del DNA genomico non hanno sostanzialmente modificato la ben nota relazione diretta tra la sequenza di un gene procariotico, di quella del corrispondente RNA messaggero che si forma dal gene nel processo di trascrizione e la sequenza della proteina ottenuta nel successivo processo di traduzione. Per contro, gli studi recenti sul genoma eucariotico hanno dato risultati sorprendenti: all'interno di molti geni di eucarioti esistono regioni del DNA dette introni che vengono sì trascritte in RNA, ma non vengono tradotte in proteine. Queste zone sono intercalate nella sequenza del gene a zone dette esoni, che invece vengono sia trascritte che tradotte in proteina. Fu poi dimostrato che il trascritto primario di RNA messaggero copiato del gene intero (esoni, introni e altre regioni fiancheggianti) subisce nel nucleo alcune modifiche e un processo di taglio e di saldatura (in inglese splicing) in cui vengono eliminate le zone corrispondenti agli introni; si ottiene così l'RNA messaggero maturo, che viene poi tradotto in proteina nel citoplasma. Molti geni eucariotici risultano quindi interrotti da regioni anche lunghe, che non corrispondono, apparentemente, ad alcuna proteina e la cui funzione è ancora ignota. Per es., il gene dell'ovoalbumina, una proteina del bianco d'uovo di 386 amminoacidi, è lungo 7700 nucleotidi, dei quali solo 1158 (=386 × 3) sarebbero necessari per codificare la proteina stessa. Il gene è in realtà costituito da otto esoni, intervallati da sette introni.
È noto che la maggior parte delle cellule animali o vegetali contiene da cento a diecimila volte (in alcuni casi fino a centomila volte) più DNA delle più semplici cellule procariotiche. Ma la presenza di introni non è la sola ragione di questa grande quantità di DNA eucariotico rispetto a quello procariotico: esistono infatti nel DNA eucariotico sequenze uguali e ripetute anche fino a un milione di volte in una singola cellula. Alcune di queste (DNA satellite) sono corte sequenze ripetute e separate dal resto del DNA; esse rendono conto di circa il 10÷20% del genoma totale. La loro funzione è forse di tipo strutturale. Altre sequenze ripetute sono quelle di geni funzionali presenti in più copie, probabilmente al fine di una più efficiente produzione del loro prodotto di trascrizione; tra questi sono da ricordare i geni per gli RNA ribosomiali, presenti in migliaia di copie, e quelli degli RNA di trasporto presenti in centinaia di copie; anche i geni che codificano alcune proteine, come quelle ribosomiali e gli istoni, sono presenti in molte copie. Esistono altre sequenze di DNA ripetute molte volte, la cui funzione è ancora misteriosa, come per es. le cosiddette sequenze Alu, il cui nome deriva da quelle dell'enzima di restrizione che le taglia; di queste sequenze, lunghe 300 coppie di basi, se ne ritrovano circa un milione distribuite lungo tutto il genoma umano.
Tecnologia del DNA ricombinante. − Questa tecnologia, nota anche come ingegneria genetica (v. in questa Appendice, e v. anche biotecnologia, biologia molecolare), si è sviluppata negli ultimi anni, frutto delle ricerche di base sugli enzimi di restrizione, sui processi enzimatici di duplicazione, trascrizione e sintesi proteica nei procarioti e negli eucarioti; alla base dell'ingegneria genetica è la clonazione, un processo che permette d'isolare un segmento di DNA, e propagarlo in un organismo. Esso consiste nell'isolamento del DNA d'interesse, utilizzando enzimi di restrizione, e nella sua inserzione in un DNA vettore, detto vettore di clonazione, con DNA ligasi. Questo costrutto, chiamato DNA ricombinante, viene introdotto in una cellula ospite, con un processo di ''trasformazione''; la cellula con il DNA ricombinante viene detta cellula trasformante. Le colonie che si formano dopo divisione di queste cellule e che contengono tutte la stessa molecola di DNA ricombinante, vengono dette cloni e sono utilizzate per l'estrazione del DNA clonato e per i successivi processi; vengono dette banche di DNA genomico quell'insieme di vettori di clonazione che contengono tutti i frammenti del DNA genomico d'interesse. Geni così isolati possono oggi venire espressi per ottenere, per es., proteine di origine umana, di difficile reperimento, ma di grande importanza per le applicazioni terapeutiche. Tali geni possono anche venire modificati per produrre nuove molecole (mutagenesi sito-specifica). In tal modo si ottengono di continuo nuovi prodotti, che trovano applicazione in medicina, in agricoltura, oltre che nella ricerca di base. Tra le tante novità tecnologiche è interessante ricordare anche una nuova e potente tecnica, messa a punto nel 1987, nota come la reazione a catena della polimerasi (PCR), che permette l'amplificazione di quantità molto piccole di DNA, di per sé insufficienti a essere analizzate. Questa tecnica richiede solo la conoscenza delle sequenze delle porzioni estreme del DNA da amplificare e permette, utilizzando opportuni inneschi e una DNA polimerasi stabile al calore, isolata da un batterio termofilo (Thermus aquaticus), di effettuare successivi cicli di riscaldamento e raffreddamento, raddoppiando a ogni ciclo la quantità di DNA presente. In tal modo si possono ottenere rapidamente quantità di DNA anche cento volte maggiori di quella iniziale.
Questa potente e rapida tecnica di amplificazione trova sempre più numerose applicazioni; tra queste sono da ricordare gli studi di sequenza a scopo diagnostico per l'identificazione, con opportune sonde oligonucleotidiche, di mutazioni associate a malattie di origine genetica; è oggi possibile, per es., amplificare il DNA di microvilli o delle cellule amniotiche e ottenere quantità sufficienti per la diagnosi prenatale precoce (anche dopo poche settimane dal concepimento) di malattie geneticamente determinate (v. anche genetica medica, in questa Appendice).
Sono anche da ricordare le applicazioni in medicina legale: amplificando il DNA da una macchia di sangue, di sperma, o anche da un singolo capello, ritrovati sul luogo di un crimine, è possibile poi frammentarlo con opportuni enzimi di restrizione, e ottenere, a seconda della lunghezza dei frammenti, un quadro elettroforetico tipico di ogni individuo, facilitandone quindi l'identificazione. La stessa metodica che si basa appunto sul polimorfismo nella lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP), è attualmente molto diffusa ed è impiegata anche per l'accertamento della paternità.
Acidi Ribonucleici (RNA). − Le ricerche sugli acidi ribonucleici (RNA) si sono anch'esse giovate negli ultimi anni dello sviluppo di nuove tecnologie. Tra i risultati principali sono da ricordare soprattutto gli studi sulla struttura tridimensionale degli RNA ribosomiali, sulla forma dei ribosomi, chiarita con i metodi di immunomicroscopia elettronica e soprattutto di diffusione neutronica, gli studi sulla maturazione dell'RNA negli eucarioti (v. sopra: I geni ''interrotti'') e la scoperta recente del ruolo di alcuni RNA come enzimi, detti ribozimi (v. per alcuni cenni anche catalisi: Biochimica, in questa Appendice). A tale proposito, T. Chech (premio Nobel per la chimica 1989) ha dimostrato che alcune molecole precursori degli RNA ribosomiali (pre r-RNA) del protozoo Tetrahymena thermophyla sono in grado di autocatalizzare la rimozione di specifiche sequenze all'interno della propria molecola. La sequenza rimossa è a sua volta in grado di subire ulteriori tagli e saldature, attraverso una serie di reazioni autocatalizzate che avvengono in siti specifici: il prodotto finale è risultato essere una molecola capace di accorciare o di allungare piccoli oligonucleotidi. Inoltre l'RNA della ribonucleasi P, l'enzima che provvede alla maturazione dei precursori di alcuni RNA di trasporto (t-RNA), è esso stesso responsabile di tale attività enzimatica. La scoperta degli enzimi a RNA, oltre ad aprire nuovi campi di studio agli studiosi dei meccanismi della catalisi enzimatica, è di grande importanza per la comprensione del ruolo dell'RNA nell'evoluzione.
Bibl.: J. D. Watson e altri, Biologia molecolare del gene, trad. it., Bologna 1989; L. Stryer, Biochimica, trad. it., ivi 1989; J. D. Rawn, Biochimica, trad. it., Milano 1990.