CITRICO, ACIDO (tedesco Citronensäure)
In piccole quantità si ritrova libero o salificato in molte piante. In maggiore quantità si ritrova nei frutti delle piante del genere Citrus, specialmente nei limoni, dai quali fu ricavato per la prima volta dallo Scheele nel 1784. E contenuto anche nel latte (1-2‰). In pratica l'acido citrico si ottiene dai limoni, e anche per azione di certe muffe sul glucosio, sulla mannite e sulla glicerina (v. sotto).
L'acido citrico può essere preparato in varî modi anche per sintesi. La più nota è la sintesi di Grimaux e Adam (1881), che viene riferita in tutti i trattati come dimostrazione della formula di costituzione dell'acido citrico. Partendosi dal bicloroacetone simmetrico, si può giungere all'acido citrico con la seguente serie di reazioni:
L'acido citrico C6H8O7 cristallizza dall'acqua in prismi rombici contenenti una molecola di acqua di cristallizzazione che perdono sopra 100°. A 135° fonde nella propria acqua di cristallizzazione e quando è anidro fonde a 153°. A temperatura più elevata si decompone nella maniera che fra poco si vedrà. L'acido citrico è facilmente solubile nell'acqua (135% a 15° e 200% a 100°), si scioglie facilmente anche nell'alcool, poco nell'etere. L'acido citrico è un ossiacido tribasico di cui sono noti numerosi sali: l'ossidrile alcoolico che esso contiene prende parte probabilmente alla formazione di alcuni sali complessi. Specialmente caratteristico è il sale di calcio terziario (C6H5O7)2Ca3 + 4H2O, la cui proprietà di essere più facilmente solubile nell'acqua fredda che nell'acqua bollente viene messa a profitto per la ricerca analitica dell'acido citrico. Questo sale viene utilizzato per la separazione dell'acido citrico dal succo dei limoni. Dell'acido citrico sono anche conosciuti diversi eteri: le sue ammidi sono interessanti per la loro trasformabilità in derivati piridinici.
Interessanti sono le trasformazioni che può subire l'acido citrico quando venga riscaldato a temperatura superiore al suo punto di fusione. Intorno a 175° l'acido citrico perde acqua trasformandosi in acido aconitico (acido non saturo che può addizionare idrogeno e trasformarsi nell'acido saturo corrispondente, l'acido tricarballilico o acido propan-tricarbonico)
L'acido aconitico è importante perché si ritrova diffuso nel regno vegetale, specialmente nelle piante del genere Aconitum. Mantenendo a lungo la temperatura a 180-200°, l'acido aconitico che dapprima si forma si decompone a sua volta perdendo CO2 e dado origine, secondo il modo con cui viene eliminato CO2, ad una miscela di due acidi (insieme con una piccola quantità di acetone). In queste condizioni si formano cioè l'acido itaconico o acido metilen-succinico (I)
e l'acido citraconico (II) o metil-maleico, interessante per la sua trasformabilità nello stereoisomero acido mesaconico o acido metil-fumarico (III)
Riscaldando invece l'acido citrico con acido solforico concentrato, perde prima acido formico (cioè CO + H2O), come fanno tutti gli α-ossiacidi, e dà origine ad acido aceton-dicarbonico, il quale poi si decompone a sua volta in acetone e CO2
L'acido citrico, oltre agli usi farmaceutici ed industriali, viene adoperato nei laboratorî di chimica per l'analisi dei concimi fosfatici e per la separazione dell'acido fosforico solubile.
Fra i derivati dell'acido citrico è importante l'acido agaricinico C22H40O7, chiamato anche agaricina, che è contenuto nel Poliporo bianco (Polyporus laricis) usato in medicina. Thoms e Vogelsang dimostrarono nel 1907 che è un acido esadecil-citrico con la formula
Per l'atomo di carbonio asimmetrico che contiene, l'acido agaricinico è otticamente attivo.
Farmacologia. - L'acido citrico viene usato come dissetante (limonea citrica) negli stati febbrili (infezioni intestinali) o in associazione a bicarbonato sodico in bevande effervescenti. Ma si preferisce il succo di limoni che viene usato come profilattico nello scorbuto e nelle avitaminosi in genere per il suo grande contenuto di vitamina C. Oggidì il limone viene preconizzato nella cura dell'uricemia e dell'arteriosclerosi. Un grosso limone contiene circa 4 grammi d'acido citrico. Più importanti farmacologicamente sono i citrati e specialmente il citrato di sodio che vengono usati come diuretici. La loro azione anticoagulante del sangue e del latte è finora la più studiata. I citrati formano col calcio dei sali doppî fissando lo ione calcio; questa fissazione del calcio, che è tipica anche di altri sali (fluoruri, ossalati, ecc.), avverrebbe anche nell'organismo e spiegherebbe la ritardata o inibita coagulazione del sangue, non solo in vitro ma anche in vivo (Sabbatani). Ma piccole dosi di citrato sodico (10-20 centimetri cubici di una sol. al 10%) iniettate nelle vene di un animale, o dell'uomo, abbreviano notevolmente il tempo di coagulazione, tanto che oggi, in base a numerose ricerche, si deve considerare il citrato sodico come un potente emostatico (Berri e altri). Il meccanismo di quest'azione paradossa è ancora oscuro. Anche nell'emofilia il citrato determinerebbe una più rapida coagulazione del sangue; alcuni autori però ne sconsigliano l'uso in questa affezione.
Il citrato sodico è entrato in clinica nella metodica della trasfusione sanguigna: il sangue del donatore viene reso incoagulabile in vitro col citrato e poi iniettato nelle vene del paziente.
In laboratorio s'usa il citrato tutte le volte che si vogliono ottenere dei globuli rossi integri, isolati dal plasma, o che si vuole studiare il comportamento d'alcune loro proprietà (velocità di sedimentazione); serve parimenti a isolare i leucociti (ricerca dell'indice opsonico) e le piastrine.
Il metilencitrato anidro di sodio, o citarina, è adoperato nella diatesi urica; il citrato neutro di ammidoacetilparafenetidina, o citrocolla, è un antipiretico e un antireumatico; il citrato neutro di parafenetidina, o citrofene, è un antipiretico, antireumatico e antispasmodico; l'anidrometilencitrato d'urotropina (v.), o elmitolo, è un prezioso antisettico.
Fabbricazione industriale dell'acido citrico. - L'acido citrico cristallizzato del commercio un tempo era estratto tutto dal succo o agro dei limoni e di altri frutti del genere Citrus. Dal 1927-28 lo si è fabbricato su larga scala industriale, per via biochimica, dallo zucchero e da altri idrati di carbonio.
Sia che si parta dagli agrumi oppure dagli zuccheri, l'industria separa sempre l'acido citrico dalle impurità che lo accompagnano, precipitandolo dapprima come citrato di calcio e poi scomponendo quest'ultimo con acido solforico, secondo il processo Scheele. In questo processo la formazione del citrato di calcio, se si satura l'acido con carbonato di calcio, avviene secondo l'equazione:
ma se si satura con idrato di calcio avviene secondo:
e la scomposizione del citrato avviene secondo:
Contemporaneamente a queste reazioni, nelle quali intervengono soltanto prodotti puri, altre reazioni, ancora molto mal conosciute, modificano la composizione e i caratteri fisici delle impurità che accompagnano l'acido citrico originario ed anche il citrato di calcio che da esso si forma. In tal modo quelle impurità possono essere facilmente eliminate per lavaggio con acqua, per filtrazione e per adsorbimento. Con questo processo si ottiene uno dei prodotti chimici più puri che esistano in commercio.
Con la speranza di abbassare il costo di fabbricazione, sono stati proposti molti altri processi per estrarre dal succo degli agrumi acido citrico egualmente puro. Quelli che purificano l'acido citrico senza precipitarlo come sale sono stati chiamati processi diretti, e tra questi merita speciale menzione il processo Peratoner-Scarlata, secondo il quale le impurità dell'agro vengono precipitate con alcool ed etere. Altri sono processi indiretti, al pari di quello Scheele; però l'acido citrico è precipitato con basi diverse dalla calce. Nessuno di questi processi è stato applicato industrialmente.
Fabbricazione dell'acido citrico dagli agrumi. - I limoni, nel ventennio 1910-30, hanno fornito l'85% della produzione mondiale di acido citrico; i bergamotti e le limette acide hanno concorso per minori quantità. Le arance e i mandarini, che ne contengono meno di un kg. per quintale, non sono quasi mai utilizzati a questo scopo. I limoni contengono 2-3,5 kg. di acido citrico per quintale; i bergamotti 1,4-2,5 kg.; le limette acide 3,5-5,5 kg.; una piccola parte dell'acido è presente sotto forma di citrati solubili. Gli stessi frutti contengono 0,500-0,750 kg. e più di essenza per quintale; inoltre i loro residui servono da mangime per capre e bestiame bovino. Alcuni fabbricanti estraggono da questi residui la pectina, che serve per la preparazione delle marmellate, e utilizzano il poco zucchero del succo facendolo fermentare e distillandone l'alcool etilico. L'estrazione dell'acido citrico è normalmente associata a quella dell'essenza, che dà al produttore di agrumi un ricavo netto maggiore che non l'acido citrico; la differenza a favore dell'essenza è stata sempre molto forte nel caso del bergamotto; minore nel caso del limone.
La lavorazione industriale dei limoni, dei bergamotti e delle arance era fino al 1908 industria quasi esclusivamente italiana, mentre le limette acide si trovavano soltanto nelle isole della Dominica e Montserrat (Indie Occidentali Inglesi) e nella Guiana. Negli anni seguenti la lavorazione delle arance si diffuse alla Giamaica e ancor più in California, dove si lavorano anche i limoni; ora l'industria tende ad estendersi a tutti i paesi agrumarî, rimanendo però il primato commerciale e tecnico all'Italia e alla California. Per contro, la fabbricazione dell'acido citrico dal citrato di calcio, sorta dapprima in Inghilterra e poi passata in Francia, Germania, Austria e Stati Uniti, dal 1910 ha preso piede anche in Italia, che ora è la maggiore produttrice di acido citrico del mondo. Nel 1930, in tutto il mondo, solo 9 fabbriche producevano acido citrico da citrato proveniente dagli agrumi.
L'agro viene torchiato dai frutti interi quando l'essenza è stata estratta con uno dei tanti processi meccanici moderni oppure col processo a mano della scodella; se però l'essenza è estratta col processo a mano della spugna, la scorza del frutto viene separata dalla polpa e si torchia solo questa per estrarne l'agro. Per la torchiatura, che è normalmente preceduta dal passaggio per una macchina sminuzzatrice, in Italia si usano torchi a vite simili a quelli da olive, oppure presse idrauliche, oppure torchi continui che funzionano automaticamente e perciò sono sempre più preferiti. In California si usano anche macchine in cui l'organo lavorante è una coppia di rulli scanalati, analoghe alle macchine (trapiches o sugar mills) con le quali si spreme il succo dalla canna da zucchero; queste ultime sono usate nelle Indie Occidentali Inglesi quasi ad esclusione di ogni altra.
Un quintale di limoni, bergamotti o limette dà da 35 a 50 litri di succo, o agro crudo, se i frutti sono spremuti a pressione moderata; se torchiati con le loro scorze in presse idrauliche, anche 60 litri e più, senza che la resa in acido citrico aumenti proporzionalmente, perché l'agro che si ottiene per primo è molto più ricco (da limoni non troppo maturi, sotto leggera pressione, si ha un agro contenente 7 kg. di acido citrico per hl.; se vi si mescola l'agro spremuto sotto forte pressione, il contenuto medio risulta di soli 5 kg.). Talvolta si esauriscono i residui già torchiati imbevendoli d'acqua e torchiando di nuovo; alcuni fabbricanti estraggono le ultime frazioni di acido citrico con un processo analogo alla diffusione, usata nell'industria dello zucchero; naturalmente si hanno agri diluiti e molto impuri.
Nelle fabbriche meglio condotte, l'agro crudo è lasciato fermentare tre o più giorni, finché tutto lo zucchero si è trasformato in alcool etilico; i solidi sospesi e molte impurità precipitano e si ottiene un citrato più puro; però la fermentazione va controllata molto accuratamente, perché l'acido citrico non sia alla sua volta attaccato e distrutto. Si può recuperare l'alcool in un'ordinaria colonna di distillazione; dall'agro di limone si ottiene circa 1 litro anidro di alcool etilico per ettolitro. La resa è maggiore se l'agro contiene succhi provenienti dalla scorza; la distillazione è conveniente quando è seguita immediatamente dalla precipitazione del citrato (che deve compiersi a caldo); diversamente il costo riesce troppo elevato. L'agro si satura con carbonato di calcio, oppure con idrato (latte di calce), agitando continuamente in tini riscaldati (a vapore, con serpentini, oppure per gorgogliamento; nelle piccole fabbriche anche a fuoco diretto); precipita a caldo il citrato tricalcico, che si filtra su tela in filtri a tino, talvolta anche in filtripresse; eventualmente si lava con acqua bollente (perché il citrato è solubile a freddo); poi si torchia e si centrifuga per espellerne parte dell'acqua ed infine si essicca, ottenendo un prodotto giallastro, in zolle o polvere, che contiene normalmente 62-65 kg. per quintale di acido citrico monoidrato ed è il citrato di calcio del commercio. Probabilmente, all'elevata temperatura che si raggiunge negli essiccatoi, sono coagulate alcune sostanze che ostacolano la cristallizzazione dell'acido citrico. Le piccole fabbriche siciliane e calabresi per evitare perdite facili in queste operazioni, omettono completamente il lavaggio del citrato e la fermentazione dell'agro, che anzi cercano di saturare appena spremuto, senza alcun trattamento. Alcuni usano cominciare la saturazione con carbonato e finirla con idrato, o viceversa; l'idrato, se aggiunto in eccesso, dà un citrato molto colorato in giallo rossastro.
Questa prima fase della lavorazione si compie nei luoghi stessi di produzione degli agrumi, per la massima parte in fabbriche indipendenti da quelle di acido citrico, fuorché in California; solo da pochi anni le fabbriche di acido citrico della Sicilia producono direttamente parte del loro fabbisogno di citrato. Nell'Italia meridionale anche la prima lavorazione è spesso divisa tra le fabbriche di citrato ed altre più piccole, che producono essenza ed agro crudo. Gli impianti meccanici hanno permesso di creare in Sicilia fabbriche relativamente grandi, che lavorano da 1000 quint. in su di frutti al giorno; però la massima parte della produzione italiana sia di agro sia di citrato è ancora data da piccole fabbriche. Nella speranza di proteggerle, in Italia nel 1908 il commercio del citrato fu affidato ad un consorzio obbligatorio, la Camera Agrumaria, che tuttora ne ha il monopolio.
Anticamente l'agro crudo veniva concentrato a fuoco diretto e se ne otteneva uno sciroppo scuro, detto agrocotto, contenente da 25 a 50 kg. di acido citrico per quintale e dal quale le fabbriche precipitavano poi il citrato. Solo verso il 1860 si cominciò in Sicilia a fabbricare il citrato su larga scala industriale; l'industria dell'agrocotto sparve quasi completamente in Italia dopo il 1910. Nel 1922, in Sicilia si riprese la preparazione dell'agrocotto, perché esente da dazio doganale negli Stati Uniti, mentre il dazio sul citrato era aumentato; ma la ripresa durò poco per la concorrenza del citrato di California e per l'abolizione dell'esenzione.
Nella seconda fase della lavorazione - che è quella normalmente compiuta dalle fabbriche di acido citrico - il citrato di calcio è spappolato in acqua, e scomposto con acido solforico (esente da arsenico) a 50°-60° Bé; si ottiene una soluzione di acido citrico molto impura, nella quale si lascia un leggiero eccesso di acido solforico per mantenere in soluzione le impurità, e che viene filtrata per separarne il precipitato di solfato di calcio (gesso); questo liquido scuro viene poi concentrato nel vuoto fino alla densità di circa 30° Bé, e, dopo una nuova filtrazione a caldo su panni speciali, oppure decantazione, si concentra ancora nel vuoto, alla temperatura di 50°-70°, fino a 50° Bé; si ottiene una massa densa e bruna, che si scarica in tini nei quali, agitandola, si formano cristalli piccoli (cristalli scuri di 1ª), che sono separati dall'acqua madre e lavati in centrifughe a paniere; l'acqua madre, diluita con l'acqua di lavaggio dei cristalli, è concentrata una seconda volta a 50° Bé e se ne ottengono i cristalli scuri di 2ª, che sono centrifugati e lavati come i primi; eventualmente si torna a concentrare e si ottengono allo stesso modo dei cristalli scuri di 3ª. Dalle acque madri, che ormai dànno difficilmente altri cristalli, si precipita l'acido solforico come solfato di calcio; poi esse vengono passate alla rigenerazione, che consiste nel precipitare come citrato l'acido citrico che ancora contengono; questo citrato rigenerato si rimette in lavorazione, mentre la sua acqua madre si manda alla fogna; si eliminano così i fosfati ed altre impurità. Qualcuno usa trattare le acque madri con soda, ottenendo citrato di sodio solubile; dopo filtrazione, con cloruro di calcio si precipita citrato di calcio più puro; però questo processo di rigenerazione è costoso. Questa è la prima parte del diagramma di lavorazione, nella quale si trattano i liquidi scuri.
I cristalli scuri di acido citrico sono inquinati, oltre che da sostanze coloranti, da ferro, da piombo, antimonio, rame, provenienti parte dall'agro crudo, parte dalla calce e dall'acido solforico, parte dagli apparecchi stessi nei quali si è compiuta la lavorazione. Questi cristalli sono sciolti in acqua e la soluzione è trattata con carbone speciale, che, per adsorbimento, la decolora e la libera da alcune impurità. Si precipitano poi il piombo e parte degli altri metalli con idrogeno solforato oppure con un solfuro alcalino-terroso; il ferro, l'antimonio, il rame e quel che rimane del piombo con ferrocianuro di potassio (prussiato giallo) oppure con ferrocianuro di calcio; quindi si filtra. Si ottiene un liquido bianco che, concentrato nel vuoto, dà i cristalli bianchi di 1ª, che vengono centrifugati e lavati; l'acqua madre, diluita con le acque di lavaggio e concentrata di nuovo, dà ancora i cristalli bianchi di 2ª; dopo di che il liquido bianco viene mescolato al liquido scuro che va alla prima concentrazione. I cristalli bianchi sono sciolti in acqua pura e nuovamente decolorati e ulteriormente purificati, come si è detto sopra; la soluzione è poi filtrata in filtripresse e lasciata cristallizzare alla temperatura di circa 5°C. Si ottengono dei cristalli che sono centrifugati e lavati accuratamente, poi essiccati e infine imballati e costituiscono l'acido citrico cristallizzato del commercio. Le acque madri e quelle di lavaggio servono per sciogliere i cristalli bianchi. Qualcuno sposta la purificazione verso il principio del diagramma di lavorazione.
Le fabbriche, quando la lavorazione è a regime, hanno in circolazione una massa di liquido citrico alquanto impuro, che equivale alla produzione di 15 e più giorni. Le perdite, a partire dal citrato, sono generalmente comprese fra il 5 e il 10% dell'acido citrico messo in lavorazione come citrato.
Fabbricazione dell'acido citrico per via biochimica. - La creazione del processo biologico di fabbricazione dell'acido citrico dagli zuccheri si deve al tedesco H. Wehmer, che faceva fermentare il glucosio per mezzo di un fungo molto vicino ai Penicilli, che egli battezzò Cytromyces. Le sue colture, dopo 4 0 5 settimane, avevano una resa corrispondente al 50%, in qualche caso anche al 70% del glucosio. Il processo fu da lui brevettato nel 1893, applicato industrialmente in Alsazia, ma presto abbandonato per l'impossibilità di sostenere la concorrenza dell'acido citrico estratto dagli agrumi.
Nel 1913 lo Zahorski brevettò agli Stati Uniti un processo per cui l'acido citrico veniva fabbricato dal glucosio e dal levulosio per mezzo di colture di Sterigmatocystis nigra, fungo del gruppo dell'Aspergillus niger. Nel 1914 gli americani Currie e Thom riuscirono a selezionare ceppi di Aspergillus niger particolarmente attivi nella formazione di acido citrico e da questi studî prese le mosse il processo industriale. In Europa H. Wehmer, Mazé e Perrier, Butkewitsch, Falck e Van Beyma thoe Kingma ed altri stabilirono le condizioni in cui il fungo dà la massima resa in acido citrico.
Dopo lunghi esperimenti, si cominciò a produrre acido citrico su larga scala industriale col nuovo processo nel 1927-28, quando un tentativo di monopolio da parte di alcune fabbriche europee fece rialzare fortissimamente il prezzo dell'acido citrico. La grande produzione si inziò agli Stati Uniti, dove l'industria dell'acido citrico era fortissimamente protetta; in seguito fu introdotta in Europa.
Per fabbricare industrialmente acido citrico per mezzo dell'Aspergillus, la composizione e la concentrazione del liquido, sul quale si coltiva il fungo, debbono essere accuratamente regolate in modo che il liquido fermentato sia quanto più puro è possibile. L'aerazione, la temperatura e la lunghezza della fermentazione debbono essere regolate in modo da ridurre al minimo lo sviluppo di calore e la formazione di anidride carbonica ed anche da impedire un eccessivo sviluppo dei funghi, perché tutto ciò avviene a spese della materia prima. Il micelio del fungo deve essere torchiato, lavato e torchiato di nuovo per ottenere la massima resa; infine esce dalla lavorazione come cascame inutile. Il problema della purificazione del liquido fermentato è relativamente semplice. Molti ceppi di funghi hanno una vegetazione stentata in un ambiente acido; perciò occorre farle sviluppare in presenza di carbonato di calcio, che neutralizza l'acido man mano che si forma; altre, però, producono buone quantità di acido citrico anche in ambiente alquanto acido. La presenza di azoto favorisce la formazione di acido citrico. Insieme con l'acido citrico si forma anche acido gluconico, in qualche caso anche acido ossalico; però è possibile, controllando opportunamente le condizioni in cui il fungo agisce, ridurre la produzione di questi acidi. Qualcuno, invece del fungo, ha lavorato con l'enzima ricavata dal fungo stesso.
Come materia prima, per aver liquidi più puri, nell'industria si usò dapprima il saccarosio raffinato; altri hanno usato anche il melasso. possibile impiegare anche sostanze amidacee e diversi altri idrati di carbonio, fra cui anche sostanze contenute nei residui di agrumi.
Col processo biochimico si ottiene sempre citrato di calcio, da cui si fabbrica l'acido citrico col processo Scheele; però il citrato, quando è prodotto nelle migliori condizioni, riesce di più facile lavorazione che non quello proveniente dagli agrumi.
Produzione. - Nel triennio 1928-30 la produzione mondiale di acido citrico cristallizzato è stata in media di 7000 tonn. all'anno, delle quali 1500 tonn. ottenute col processo biochimico e il resto dagli agrumi; per 4700 tonn. da agrumi italiani.
Bibl.: Hallerbach, Die Citronensäure und ihre Derivate, Berlino 1911; U. Roux, La grande industrie des acides organiques: bitartrate de potasse, acide tartrique, acide citrique, Parigi 1912; A. Wagner, Die Herstellung von Essigsäure, Gärungsessig, Buttersäure, Zitronensäure und Milchsäure, Vienna e Berlino 1926; C. Rodanò, Industria e commercio dei derivati agrumari, Milano 1930.