ACIDOSI e alcalosi
Nella chimica generale si dà il nome di acidi alle sostanze che in soluzione sono capaci di dissociarsi elettroliticamente in ioni, con liberazione di H-ioni (che si scrivono H•), ossia d'idrogeno allo stato ionico (con carica elettrica positiva); mentre si chiamano basi o alcali le sostanze pure a carattere di elettroliti che liberano OH-ioni (che si scrivono OH′) idrossil-ioni.
L'acido cloridrico si dissocia quasi totalmente nella soluzione acquosa sufficientemente diluita in Cl-ioni e H-ioni; ed ha perciò forti proprietà acide. Ma se l'acido cloridrico è sciolto in cloroformio puro, nel quale solvente esso non si dissocia elettroliticamente e perciò non libera H-ioni, allora non si osserva alcuna delle note proprietà degli acidi: per esempio, l'acido cloridrico non reagisce con una base.
Ora la forza di un acido è misurata dal grado di dissociazione elettrolitica di esso; come la forza di una base è misurata dal grado di dissociazione di essa. Una soluzione è tanto più acida, quanto più H-ioni liberi contiene; ed è tanto più basica o alcalina, quanto più OH-ioni liberi contiene. L'acido cloridrico in soluzione acquosa normale offre un grado di dissociazione che corrisponde al 78%: ossia il 78% delle molecole sono dissociate in ioni; e, se consideriamo normale rispetto agli H-ioni (idrogeno allo stato ionico) una soluzione contenente gr. 1,008 di H ionico in un litro di volume, diremo che quella soluzione di HCl offre una concentrazione in H-ioni eguale a
della normale. Se la soluzione è più diluita, la dissociazione elettrolitica per una nota legge (v. elettrolisi) è maggiore: in una soluzione
di HCl è dissociato ben il 98% dell'acido; e allora la concentrazione in H-ioni sarà eguale a
e potremo scrivere correttamente:
Se consideriamo il grado di acidità riferendoci ad HCl come confronto, e chiamando l il grado di dissociazione di questo acido, avremo, secondo Ostwald:
Si ricava dunque, che, sciogliendo quantità equimolecolari di acido cloridrico (acido forte) e di acido acetico (acido debole) in egual volume di acqua, la dissociazione ionica del secondo (in CH3•COO′ e H•) è circa
di quella del primo: si dice perciò che l'acido acetico è circa 250 volte più debole dell'acido cloridrico.
Ora, coi comuni metodi di titolazione, che consistono in una neutralizzazione delle proprietà acide di una soluzione mediante una soluzione di alcali, o viceversa nella neutralizzazione delle proprietà basiche mediante una soluzione acida (metodi volumetrici), non si ricava alcun indizio sulla forza degli acidi e delle basi, ossia sulla loro attitudine a liberare più o meno ioni attivi in questo senso: quantità equimolecolari tanto di acido cloridrico quanto di acetico, ad esempio, esigono le stesse quantità di soluzione di alcali (potassa caustica: KOH) per essere neutralizzate, ossia per arrivare alla completa saturazione di tutte le valenze acide (atomi di H sostituibili con metalli) mediante il metallo della base aggiunta (K). Infatti, se l'acido è debole, ossia scarsamente dissociato, la base neutralizza prima la porzione dissociata, legando H-ioni ai proprî OH-ioni per fare molecole neutre o indissociate di H2O, mentre il metallo della base stessa diventa il catione del sale che va formandosi; ad esempio: (CH3 COO′ + H•) + (K• + OH′) → (CH•3COO′ + K•) + H2O; ma tosto, e via via che gli K-ioni sono, per così dire consumati, nuove molecole di acido si dissociano, fornendo nuovi H-ioni che entrano in reazione con gli OH-ioni della base e a lor volta scompaiono come ioni attuali; per cui il processo della neutralizzazione è accompagnato dalla successiva progressiva dissociazione - in rapporto alle leggi di massa e degli equilibrî chimici - dell'acido, fino ad impiego dell'ultima molecola di esso. La scomparsa di attività acida dunque coincide, anche per gli acidi deboli come per i forti, con la saturazione dell'ultimo atomo d'idrogeno dissociabile e metallo sostituibile; e ragionamento simile vale per le basi.
In una soluzione acida abbiamo così degli H-ioni attuali che dànno il grado dell'acidità in atto (reazione ionica ed attuale); e, per neutralizzazione di questi con basi, come si fa nei comuni processi di acidimetria per titolazione, sono forniti, via via che la neutralizzazione procede, nuovi ioni potenziali, fino a che ci sono molecole integre ancora dissociabili di acido: la titolazione di un acido ci dice dunque la somma degli H-ioni attuali e dei potenziali; ma non c'informa affatto sul quantitativo dei primi rispetto ai secondi nella soluzione acida originale. In una soluzione alcalina abbiamo pure OH-ioni attuali; e per neutralizzazione di questi, possono essere via via forniti OH-ioni potenziali fino a consumo della disponibilità, rappresentata da molecole indissociate ma dissociabili della base: la alcalimetria per titolazione ci dà il complessivo quantitativo di OH-ioni già presenti come tali, più quelli capaci di essere liberati successivamente.
Per molti problemi di chimica-fisica e specialmente per le applicazioni alla biologia, conta però la conoscenza della reazione attuale o ionica o reale dei liquidi, ossia la determinazione del contenuto in H-ioni e OH-ioni liberi, effettivamente presenti prima di quell'intervento che è la titolazione, la quale di per sé implica lo spostamento dell'equilibrio fra porzione dissociata e porzione non dissociata delle sostanze a carattere acido o basico.
Ricordiamo che nell'acqua pura si ha pure un certo grado di dissociazione ionica: H2O → OH′ + O.; e vale la legge che, a una data temperatura, il prodotto degli H-ioni e degli OH-ioni presenti in una soluzione acquosa qualunque, è dato da una costante:
dove K ha a 18° il valore di 0,0000000000000064, che per brevità si scrive 0,64 × 10-14 (la cosiddetta costante di dissociazione dell'acqua che ha un significato diverso da quello della costante di dissociazione di altri elettroliti).
Se la soluzione è neutra, il quantitativo di H-ioni è eguale a quello degli OH-ioni, e precisamente a 18° avremo una concentrazione degli uni come degli altri espressa da 0,8•10-7 (il che vuol dire che in un litro di soluzione ci sono 0,00000008 gram-equivalenti di H• e altrettanti di OH′).
Se la soluzione è acida, avremo un quantitativo maggiore di H-ioni e proporzionalmente uno minore di OH-ioni; e viceversa, se essa è alcalina; sempre però resultando il prodotto eguale alla costante detta (per quella temperatura). Se la temperatura cresce, cresce il valore della costante, ossia cresce il numero di molecole acquose dissociate, sempre mantenendosi il numero degli H-ioni eguale a quello degli OH-ioni, se la reazione, che ne dipende, deve restare neutra. Ma sempre l'aggiunta di un acido o di una base sposta l'equilibrio nel senso di aumentare l'un tipo di ioni e ridurre proporzionalmente gli altri. A 37°, temperatura del corpo umano, la costante di dissociazione è eguale a 2,56 × 10-14; per cui una soluzione neutra deve contenere una concentrazione di H-ioni (e quindi anche di OH-ioni) eguale a 1,6 × 10-7; e infatti risulta:
Allora è chiaro che la reazione attuale può esprimersi in valori della concentrazione in H-ioni o in OH-ioni; e basterà uno di questi valori, perché l'altro si ricava facilmente, tenendo presente che il prodotto dei due ha un valore costante ad ogni temperatura, dato dalla costante di dissociazione, secondo la formula generale [H•] • [OH′] = K.
A 18° dunque sarà acida ogni soluzione in cui la concentrazione molare degli H-ioni è superiore a 0,8•10-7; e alcalina ogni soluzione nella quale la stessa concentrazione sarà sotto 0,8•10-7; a 37° sarà acida una soluzione in cui la concentrazione molare degli H-ioni superi 1,6•10-7, e alcalina quella che abbia concentrazioni minori. Comunemente si esprime la reazione attuale in valore della concentrazione degli H-ioni; e si scrive per esempio: [H•]180 = 0,8•10-7 ove è indicata anche la temperatura a cui si lavora (questa indicazione spesso si tralascia, facendo nelle determinazioni sperimentali le necessarie correzioni, e intendendosi le concentrazioni a temperatura convenzionale costante di 18° senz'altro). Altri esempî:
Una soluzione di acido acetico
ha l'acidità attuale o reale espressa da: [H•] = 0,42•10-3; una soluzione normale di ammoniaca ha la reazione (fortemente alcalina) data da: [H•] = 1,8•10-12; una normale di NaOH offre: [H•] = 0,99•10-14; una soluzione di acido acetico e acetato sodico fatta con parti uguali di soluzione normale del primo e del secondo (e, se invece che tutt'e due normali, fossero tutt'e due
ed in genere
sarebbe in tal caso lo stesso) offre [H•] = 1,8•10-5; e una soluzione fatta con una parte di soluzione normale di fosfato monosodico e due parti di soluzione normale di fosfato disodico (e se le due soluzioni fossero ambedue
sarebbe in tal caso lo stesso) ha [H•] = 1•10-5, cioè è molto prossima alla neutralità a 18°.
Da alcuni anni si usa esprimere con Sörensen la concentrazione degli H-ioni mediante un simbolo detto pH o numero d'idrogeno (Wasserstoffzahl) secondo Michaelis: si trasforma, se non lo è già, l'espressione matematica della concentrazione degl'idrogenioni in una potenza, che è sempre negativa, di 10; e si prende il solo esponente o logaritmo con base 10, privato del segno negativo. Così ad esempio, invece di scrivere [H•] = 10-8, si dice che il pH della soluzione è 8, e si scrive pH = 8; e se si ha [H•] = 4,5 e 10, si cerca il log. decimale di 4,5, che è 0,653, e si viene così a trasformare quella espressione 4,5•10-4 nell'altra 100,653-4 = 10-3,347; e allora si dice pH = 3,347 (soluzione fortemente acida).
Si ricava che pH = 7,09 circa (a 18°) vuol dire una soluzione neutra; che i valori di pH al disopra (p. es. pH = 8) indicano soluzioni alcaline; quelli al disotto soluzioni acide: dunque il valore assoluto del pH è inverso a quello reale della concentrazione idrogenionica.
La determinazione del pH e quindi della reazione attuale occorre spesso in biologia, nello studio di liquidi organici, come in chimica fisica in generale, pura o applicata ad industrie; anche per la preparazione di terreni colturali per microrganismi varî, come bacterî, lieviti, ecc., ha importanza questa determinazione. Essa può farsi con varî metodi: si può, per esempio, misurare la concentrazione di H-ioni di un liquido dalla sua attitudine a produrre qualche reazione chimica, che è funzione propria della concentrazione stessa (p. es., la inversione del saccarosio). Ma i metodi fondamentali sono due: quello che si basa sull'uso d'indicatori; e quello elettrometrico o potenziometrico (metodo delle pile a gas).
Il metodo degl'indicatori si basa sul seguente principio: vi sono sostanze che hanno colore diverso a seconda del contenuto in H- o OH-ioni (reazione attuale o ionica) del liquido in cui sono sciolte: come, ad es., la fenolftaleina, che è incolora in ambiente acido, rossa in ambiente alcalino, la laccamuffa, che è rossa o bleu a seconda della reazione acida o alcalina del mezzo. In queste sostanze, dette indicatori, il cambiamento di colore (viraggio) accade assai bruscamente, nel passare da una ad altra reazione, ed è in rapporto col fatto che queste sostanze sono acidi o basi deboli esse stesse, che hanno molecole integre di colore diverso da quello degli ioni o di un ione: nella comune fenolftaleina, p. es., la molecola è incolora, e per dissociazione si liberano ioni rossi (indicatore monocromatico); nella laccamuffa si ha molecola rossa, da cui dissociano ioni bleu (indicatore dicromatico). Il contenuto in H• od OH′ del liquido cui l'indicatore è aggiunto, modifica pertanto la dissociazione di questo e quindi il colore. Conoscendo i punti di viraggio di parecchi indicatori, ossia sapendo a quale pH corrisponde il cambiamento di colore di ciascuno, si può, cimentando un liquido in esame con questi indicatori, e stabilendo quali sono modificati e quali no, arrivare a conoscere approssimativamente il pH del liquido. Così si hanno serie d'indicatori (quella di Salm e quella di Sörensen), che permettono una rapida determinazione del pH.
Il metodo elettrometrico si basa sul seguente principio: quando s'immerge un elettrode metallico in una soluzione di un sale dissociato elettroliticamente di questo metallo, si stabilisce una differenza di potenziale fra liquido ed elettrode, perché il metallo ha tendenza maggiore o minore a passare in soluzione allo stato ionico (cosiddetta tensione di soluzione, massima per i metalli meno nobili, come lo zinco, minima per il rame e i metalli nobili in genere), vale a dire ad assumere come ioni metallici una carica positiva, lasciando negativo l'elettrode. A questa tendenza del metallo si oppone la pressione osmotica della soluzione del sale metallico, per la quale piuttosto ioni metallici tenderebbero a scaricarsi e deporsi come particelle metalliche scariche sull'elettrode: i due processi si svolgono fino ad un certo stato di equilibrio; e la differenza di potenziale fra elettrode e soluzione salina dipende a temperatura costante dalla concentrazione dello ione metallico nella soluzione. Ora noi possiamo costruire degli elettrodi di platino rivestiti di nero spugnoso di platino e imbeverli poi d'idrogeno, mantenendoli in una atmosfera d'idrogeno: questi sono i cosiddetti elettrodi d'idrogeno, che si possono considerare come fatti d'idrogeno allo stato metallico, e che, immessi in una soluzione, contenente H-ioni, assumeranno una carica elettrica (negativa) di diverso valore a seconda della concentrazione di H-ioni della soluzione. Misurando dunque con un potenziometro (o coll'elettrometro capillare) la forza elettrometrica di questa vera pila di concentrazione a gas che è data dall'elettrode d'idrogeno immerso nel liquido (per lo più contro un elettrode a forza elettromotrice costante, quale polo positivo; come, p. es., il cosiddetto elettrode a calomelano), si può poi facilmente calcolare la concentrazione idrogenionica e quindi il pH del liquido stesso.
Il protoplasma vivente ha una ben definita concentrazione idrogenionica; esso appare alcalino, se, come si è fatto a lungo, si saggia la reazione con indicatori insensibili a quell'acido debole che è l'acido carbonico, sempre presente nell'ambiente cellulare; ma, secondo determinazioni recenti fatte col metodo elettrometrico (così da Schade, Neukirch e Halpert, che usarono elettrodi speciali aghiformi, da infiggere nel sottocutaneo dell'uomo), o mediante indicatori iniettabili ad animali viventi (Rous, Gräff), si hanno valori di pH attorno a 7,10-7,40, cioè corrispondenti alla neutralità o ad una lievissima alcalinità. Nei tessuti infiammati il pH cala, ossia occorre una certa acidificazione (pH = 6,9-5,4): così nel pus si può avere perfino pH = 5; perché nel focolaio flogistico si formano prodotti disintegrativi a carattere acido.
Il sangue umano normale ha pH = 7,56 (determinazione a 18°); che diventa 7,35, se si fa la determinazione a 37°. Esso può considerarsi come un po' più alcalino dei tessuti. Una esigenza fondamentale per tutti gli organismi è la costanza del pH nei liquidi organici che bagnano le cellule: ossia (Schade) la H-OH-isoionia. Infatti i colloidi protoplasmatici sono sensibilissimi alle minime variazioni del contenuto in ioni del mezzo ambiente; e fra gli ioni più attivi abbiamo proprio gli H• e OH′: onde la reazione attuale ha enorme importanza per la eucolloidità o stato colloidale optimale del protoplasma e quindi per le funzioni cellulari. Se si studia la funzione di organi di animali staccati dal corpo e perfusi con liquidi adatti, si osservano alterazioni funzionali enormi per piccolissime modificazioni del pH del liquido di perfusione; il cuore è fra gli organi più sensibili alla variazione del pH (Spadolini). Anche cellule isolate e perfino i bacterî (v.) sono molto sensibili e richiedono pH optimali. In generale si può dire che le modificazioni del pH nel senso di un'acidificazione (diminuzione di pH, aumento della concentrazione in H•) rallentano i fenomeni ossidativi nelle cellule, forse importando minore dispersione dei colloidi cellulari o tendenza a gelificazione di questi; mentre le modificazioni in senso opposto (aumento di pH e della concentrazione degli OH′) dànno fino ad un certo punto elevazione dei fenomeni ossidativi (Warburg), e favoriscono la eccitabilità cellulare, forse aumentando la dispersione dei colloidi e la permeabilità delle membrane cellulari.
Per la vita cellulare sono meno pericolosi dunque gli spostamenti del pH nel senso alcalino che quelli in senso acido; ma ad ogni modo non sono compatibili con la vita che lievi deroghe alla legge della H-OH-isoionia.
Il fatto che con l'uso dei recenti metodi di studio della reazione attuale il sangue risulta lievissimamente alcalino sembra contrastare con l'osservazione che esso, titolato con soluzioni acide di fronte ad alcuni indicatori (tornasole), può combinarsi con considerevoli quantità di acido prima di far virare l'indicatore stesso verso l'acidità: il sangue o il siero o il plasma hanno una considerevole alcalinità alla titolazione coi metodi consueti. D'altra parte, se questi liquidi vengono titolati contro un alcali in presenza di fenolftaleina, occorre molto alcali prima di arrivare all'arrossamento della fenolftaleina, come se i liquidi avessero anche una certa acidità. Questo comportamento del sangue e di altri liquidi (linfa, latte, liquido cerebro-spinale), specie di quelli che hanno funzione di mezzo interno per le cellule, si spiega con la presenza di quelle che sono state chiamate sostanze tampone (franc. régulateurs, ted. Puffer, o smorzatori, ingl. Buffer-salts). Si tratta di sostanze capaci di combinare quantità notevoli di H• o di OH′ aggiunte a una soluzione, in modo da garantire largamente questa contro modificazioni della reazione attuale. Così un acido debole è già da sé una sostanza tampone, perché oppone una notevole resistenza alla diminuzione della concentrazione degli H.: infatti, se a una soluzione di un acido debole, cioè poco dissociato, si aggiunge un alcali, gli OH′ dell'alcali in primo tempo legano gli H• liberi (con formazione di H2O), e allora molecole prima indissociate dall'acido si dissociano, gli H• liberati vengono a lor volta combinati, in modo che nuovi OH′ sono smaltiti, e così di seguito, finché ci sono molecole dissociabili di acido capaci di fornire H•. Si può dire che un acido debole rappresenta una riserva di H• per opporre resistenza agli aumentì della concentrazione di OH′. D'altra parte, un sale costituito da un acido debole e da una base forte (per esempio: acetato sodico) offre il tipo di una sostanza tampone contro gli aumenti della concentrazione degli H•: infatti il sale in parola è nella soluzione idroliticamente dissociato in acido a base; ma il primo, come acido debole, può esistere solo pochissimo dissociato; e i nuovi H•, via via che arrivano, sono sequestrati dall'azione dell'acido, per costituire molecole indissociate di acido. Secondo la espressione semplice della chimica classica, si può dire, ad esempio, che, quando si aggiunge acido cloridrico a una soluzione di acetato sodico, l'acido forte reagisce col sale, spostando l'acido debole di questo per combinarsi con la base, per cui si forma acido acetico e cloruro sodico; ma l'acido acetico è un acido debole, che implica una ben minore concentrazione idrogenionica di quantità equivalenti di acido forte, e quindi una soluzione di acido cloridrico in acetato sodico avrà una reazione attuale molto meno acida di una soluzione di eguale concentrazione di acido cloridrico in acqua pura. Una miscela dunque di un acido debole e di un sale di acido debole con base forte (p. es., acido acetico + acetato sodico) rappresenta un vero sistema tampone offrente notevoli resistenze alle variazioni del pH nei due sensi, alcalino come acido. Un sistema tampone può essere costituito anche da una base debole associata ad un sale di base debole con un acido forte (p. es., ammoniaca e cloruro di ammonio). I sistemi tampone dei liquidi organici sono parecchi: nel plasma sanguigno abbiamo soprattutto quello costituito dall'acido carbonico e dal bicarbonato sodico; quello costituito dal fosfato monosodico (acido debole) e dal fosfato disodico (sale); quello costituito dalle proteine (acidi deboli al pH del plasma) e dai sali sodici di esse. Nel sangue integrale (con emazie) abbiamo anche il sistema: emoglobina e ossiemoglobina (acidi deboli) e relativi sali sodici. Si vede come nell'organismo - e parliamo soprattutto del mezzo organico universale che è il sangue - si possa parlare di un vero equilibrio fra valenze acide e basiche (il cosiddetto equilibrio acido-base), che implica una notevole costanza del pH, nonostante continui attentati che a questa costanza - necessaria per la vita cellulare - porta lo svolgimento dei fenomeni metabolici, con la formazione di prodotti ossidativi e disintegrativi acidi, con gli scambî incessanti fra sangue e tessuti o fra sangue e ambiente esterno (immissione di alimenti, eliminazione di secreti molto acidi, come il succo gastrico, o molto alcalini, come il succo pancreatico, ecc.). Sono in giuoco meccanismi regolatori delicati e complessi nel mantenimento della costanza del pH del sangue; i quali si ripartiscono in intrinseci ed estrinseci al sangue. Fra i primi abbiamo essenzialmente, oltre certe possibilità di scambî ionici fra corpuscoli rossi e plasma (in ispecie di Cl-ioni contro OH-ioni, sotto l'influenza del CO2), la presenza dei ricordati sistemi tampone, fra cui importantissimo quello acido carbonico-bicarbonato sodico, perché l'acido carbonico è volatile. Ed ecco cosi l'ingranaggio coi mezzi estrinseci di regolazione: il principale è rappresentato dal meccanismo respiratorio, per la grande sensibilità del centro respiratorio bulbare alle elevazioni anche minime della concentrazione idrogenionica del sangue: appena questo centro è irrigato da sangue in cui è aumentata questa concentrazione (aumento di CO2 per aumentata venosid, formazione intermediaria di acidi)′ esso mette in opera un'aumentata ventilazione polmonare, per cui l'acido debole volatile prodotto universale del metabolismo, l'acido carbonico (H2CO3), è eliminato in maggior quantità, in modo da ricondurre alla norma la reazione attuale. Il centro respiratorio ha come stimolo adeguato le variazioni della reazione attuale del sangue, e l'acido carbonico rappresenta l'acido spostabile a seconda delle esigenze della H-OH-isoionia, per fare più o meno posto ad acidi fissi (non volatili) formantisi nell'organismo o introdotti dall'esterno (teoria di Winterstein-Hasselbach-Haldane). Nel plasma deve sussistere un determinato rapporto fra acido carbonico gassoso disciolto e acido carbonico legato agli alcali fissi, costituenti la riserva alcalina del plasma stesso (basi diverse, in ispecie sodio); e, secondo la formula di L. J. Henderson, si ha questo rapporto:
dove è espresso appunto che, se H• non deve modificarsi, nel sistema tampone acido carbonico - bicarbonato sodico deve sussistere un rapporto costante (che è circa di 1 : 20) fra l'acido volatile e il sale alcalino di esso, rapporto costante che è mantenuto proprio in grazia del meccanismo respiratorio, per cui di fronte ad aumento di valenze acide, che sequestrano parte della riserva alcalina e perciò fanno calare la concentrazione del bicarbonato (denominatore del membro sinistro della equazione suddetta), si ha un abbassamento anche della concentrazione dell'acido carbonico (numeratore del detto membro) mediante la maggiore ventilazione polmonare; e quindi il valore del rapporto non cambia e non cambia perciò neppure il valore di [H•], ossia il pH del sangue.
Altri mezzi estrinseci di regolazione sono: la funzione renale, che spesso elimina valenze acide a prevalenza, ma può eliminarne anche delle alcaline in eccesso; la funzione desaminante del fegato per gli aminoacidi con formazione di ammoniaca per neutralizzare acidi in eccesso; la perdita di valenze acide o alcaline per i varî succhi digestivi; scambî di alcali fra sangue e tessuti.
Si parla di acidosi o alcalosi per intendere oggi non più, come un tempo, le variazioni della reazione del sangue alla titolazione, o non solo queste; ma uno spostamento dell'equilibrio acido-base, che può farsi nel senso acido o alcalino, avendo nei due casi effetto o no in una modificazione reale del pH del sangue. Se nel sangue arrivano acidi in eccesso, come accade tutte le volte che ristagnano nell'organismo prodotti metabolici intermediarî a carattere per lo più acido, fintanto che c'è riserva alcalina disponibile, si avrà un più o meno largo sequestro di questa, con conseguente cacciata di acido carbonico dal sangue e diminuzione quindi della sua tensione nell'aria degli alveoli polmonari (ove è in equilibrio con la tensione dello stesso gas nel sangue): si stabilisce una specie di gara fra acidi fissi arrivanti nel sangue e acido carbonico per la conquista della riserva alcalina, e il pH si manterrà costante per la eliminazione compensatoria del CO2 che cede il posto agli acidi sopravvenuti. Anche altri meccanismi regolatori possono naturalmente essere messi in atto; e così le urine appaiono più acide, contengono più sali ammoniacali, ecc. Solo se il quantitativo di acidi in eccesso è tale che questi meccanismi compensatori siano resi insufficienti, allora soltanto si potrà avere una reale acidificazione, un abbassamento del pH (si sono descritti nel coma diabetico ed uremico valori di 7 circa), che non può essere mai molto considerevole, perché ben tosto incompatibile con la vita. Ecco dunque la distinzione fra acidosi compensata e acidosi non compensata: la prima non è un'effettiva acidificazione dei liquidi organici, ma rappresenta solo una riduzione del margine di sicurezza contro l'acidificazione, rappresentato dalla riserva alcalina (R. A.); la seconda è un raro stato, per lo più terminale, di effettiva acidificazione.
Anche riguardo alla opposta variazione dell'equilibrio acido-base, si ha un'alcalosi compensata, per presenza di alcali in eccesso, che non influiscono sul pH, perché l'organismo mette in opera i meccanismi regolatori, in ispecie quelli respiratorî regolanti il rapporto fra acido carbonico libero e combinato; e una non compensata, con reale elevazione del pH: dei valori di pH assai alti si sono ottenuti con respirazione forzata implicante cacciata notevole di CO2 dal sangue (p. es.: pH = 7,9).
L'equilibrio acido-base può studiarsi coi seguenti mezzi associati:
1. Determinazione della R.A. del plasma sanguigno, che si pratica per lo più, secondo v. Slyke e Cullen, dosando l'acido carbonico che si può liberare nel vuoto torricelliano da plasma previamente saturato con CO2 e poi trattato con un acido forte diluito: non si fa in sostanza che determinare il contenuto in bicarbonati alcalini.
2. Determinazione della tensione del CO2 nell'aria alveolare, tenendo presente che l'aumento di questa corrisponde a un orientamento alcalotico, la diminuzione ad uno acidotico (messa in opera del meccanismo regolatore respiratorio).
3. Determinazione (coi metodi ricordati, in ispecie elettrometrici) del pH del sangue: è il metodo più complicato e anche quello meno significativo da solo, perché non può rivelare che le acidosi o alcalosi non compensate.
Le acidosi e alcalosi compensate, consistenti essenzialmente in una riduzione o aumento della R. A., sono assai frequenti. Vi sono intanto oscillazioni fisiologiche della riserva di alcali: così è accertata una tendenza acidotica del ricambio in gravidanza (Hasselbach e Gammeltoft, Bokelmann e Rother, Vozza); e pare che si abbiano oscillazioni stagionali, che potrebbero fornire una base scientifica alle vecchie osservazioni sulle modificazioni organiche e diversa sensibilità alle cause morbigene e ai medicamenti nelle varie stagioni: in primavera si avrebbe una tendenza alcalotica; si ha alcalosi lieve dopo i pasti (perdita di valenze acide col secreto gastrico) e forse nel sonno (Collip).
Una forma frequente di acidosi è quella dovuta ad accumulo di corpi chetonici o acetonici (chetoemia, chetosi, acetonemia), nel sangue, con eventuale loro eliminazione urinaria (chetonuria, acetonuria): si tratta di ossiacidi e chetoacidi (acido β-ossibutirrico e ac. acetacetico o diacetico; da questo ultimo per perdita di CO2 formandosi largamente un corpo volatile, l'acetone), che si formano nei processi intermediarî di demolizione e ossidazione degli acidi grassi e degli aminoacidi, ma vengono in condizioni fisiologiche rapidamente smaltiti per ulteriore ossidazione, tanto che solo tracce se ne ritrovano nel sangue; mentre si accumulano largamente e dànno origine ad un'acidosi (prima compensata, poi eventualmente scompensata), tutte le volte che il ricambio dei grassi e delle proteine subisce un arresto in corrispondenza di questa tappa dei processi demolitori e ossidativi. La condizione fondamentale di questo arresto e conseguente chetoemia è rappresentata dalla scarsa disponibilità di carboidrati attaccabili nell'organismo: i grassi e gli aminoacidi non bruciano completamente nell'organismo, se in questo non bruciano anche largamente carboidrati. Onde troviamo questa acidosi da chetoemia nel digiuno, quando sono state largamente consumate le riserve di carboidrati (glicogeno); nella febbre, in cui il metabolismo proteico è esaltato, mentre pure scarseggiano spesso le disponibilità di carboidrati; e soprattutto nel diabete, cioè in una malattia nella quale l'organismo ha perso i poteri di smaltimento per i carboidrati, tanto che i liquidi organici sono più ricchi di zucchero del normale, ma non sa immetterlo negl'ingranaggi del metabolismo.
Si conosce nei bambini il cosiddetto vomito acetonico, sindrome di chetoemia con acidosi senza glicosuria.
Acidosi si ha spesso nelle avitaminosi e in altre malattie da carenza. Nel rachitismo è ammessa pure un'acidosi (Freudenberg e György). Nel corso di molte cachessie si ha di regola acidosi, per aumentata demolizione di trame cellulari con formazione di derivati acidi. Nelle nefriti gravi con uremia suole aversi acidosi (per ritenzione di derivati metabolici acidi nel sangue).
Alcalosi spiccata si ha nella tetania; onde parrebbe, per le forme infantili di tetania così spesso consociate al rachitismo, doversi ammettere uno stato di acidosi rachitica, che con facilità trapassa nell'alcalosi, attestando una speciale labilità dell'equilibrio ionico del sangue. Sembra da osservazioni di autori americani, che non fanno che completare e precisare le vecchie osservazioni di Mosso e della sua scuola, che in alta montagna, e in genere nella vita in ambiente a ridotta tensione di ossigeno si abbia in seguito ad iperventilazione polmonare una riduzione dell'acido carbonico nel sangue (ipocapnia di Mosso), che implica un'alcalosi (gassosa) transitoria, scomparente con la acclimatazione.
Si può approssimativamente stabilire la regola che gli stati acidosici gravi sono accompagnati da diminuzione della eccitabilità neuro-muscolare (manifestazione estrema: il coma diabetico); quelli di alcalosi da ipereccitabilità (manifestazione estrema: la tetania).
Le acidosi si combattono con le somministrazioni di alcali; e la forma diabetica (da chetoemia) si combatte in particolare mediante la somministrazione dell'insulina (v.), che, permettendo all'organismo diabetico l'immagazzinamento e la utilizzazione dei carboidrati, toglie la condizione fondamentale per l'accumulo dei corpi chetonici. Nelle alcalosi la terapia acidificante è indicata. La dieta con alimenti a ceneri acide (carne, cereali) o basiche (verdure, frutta, latte) influisce sulla consistenza della R.A. e perciò sull'equilibrio acido-base: del che è da tenersi conto nelle prescrizioni dietetiche. L'alcalosi, che occorre in alta montagna ed è probabilmente a base del mal di montagna, si cura con respirazione di miscele di aria e acido carbonico, atte a combattere l'ipocapnia (Mosso, Agazzotti); ed anche i movimenti muscolari implicanti formazione di acidi (lattico e fosforico) hanno effetto favorevole.
Bibl.: Vedere le opere generali di chimica fisica e di chimica biologica ed in ispecie i libri di Höber, Physikalische Chemie der Zelle und der Gewebe e di Schade, Physikal. Chemie in d. inneren Medizin ed in italiano: P. Rondoni, Elementi di Biochimica, Torino 1928; i lavori di L. J. Henderson, in Ergeb. d. Physiol., VIII (1909); Haldane e Pristley, in Journ. of phys., XXXII; Hasselbach, in Bioch. Zeitschr., XXXVIII, XLVI, XLIX; Haggard e Y. Henderson in Journ. of Biol. Chem., XXXIII, XXXVIII, XXXIX, XLIII, per la dottrina fondamentale della regolazione della reazione mediante il meccanismo respiratorio e la concorrenza fra CO2 e prodotti acidi non volatili rispetto agli alcali. Poi per questioni speciali: Freudenberg e György, in Klin. Woch., 1922, nn. 5 e 9, 1923, n. 33; Collip, Journ. of Biol. Chem., XLI; Hasselbach e Gammeltoft, in Bioch. Zeitschr., LXVIII; Bokelmann e Rother, in Zeitschr. f. d. ges. exper. Med., XXXIII (1923), fasc. 3-6; A. Mosso, Fisiologia dell'uomo sulle Alpi, nuova ed., Milano 1898.