acqua
àcqua s. f. – Negli ultimi decenni il concetto di a. è uscito dal campo tradizionale delle scienze naturali per essere sempre più avvicinato a quello di risorsa, entrando così nelle teorie e pratiche sociali, economiche e quindi politiche. Ciò è dovuto principalmente all’emergere del problema della disponibilità delle risorse idriche, sia per il consumo di a. potabile – e perciò in termini di sopravvivenza degli individui – sia per altri consumi legati all’agricoltura, all’industria e ad altre necessità nella gestione dello spazio urbano e domestico. Il problema della disponibilità è più propriamente un problema di distribuzione: le risorse idriche, infatti, sarebbero sufficienti alla soddisfazione del fabbisogno della popolazione mondiale, se non vi fosse naturalmente tra i vari paesi del mondo, ma anche a livello regionale, un’asimmetrica distribuzione territoriale delle a. dolci utilizzabili per gli scopi umani. Si calcola che il 65% di queste si trovino in una decina di paesi (Brasile, Russia, Cina, Canada, Indonesia, Stati Uniti, India, Colombia e Congo), con una disparità che appare ancora più evidente rapportando i dati sulla disponibilità con quelli relativi alla popolazione, soprattutto nel continente asiatico, dove in rapporto alla popolazione si registra una forte carenza di risorse, e all’opposto nell’America meridionale e centrale. A sua volta, il problema della distribuzione va ad intrecciarsi con quello dell’accesso alle risorse: esemplare il caso del Brasile che, pur possedendo circa l’11% delle risorse planetarie, ha una popolazione in gran parte priva d’accesso all’a. potabile. Il problema riguarda, globalmente, circa 1,5 miliardi di persone, con gravi effetti sanitari e aumento delle disparità socioeconomiche, e investe anche l’Europa, dove (secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità) il 16% della popolazione non è connesso all’a. potabile. In tale contesto, appare chiaro che un ruolo fondamentale è giocato dalle pratiche politiche e gestionali messe in campo dagli organi di governo. Ad aggravare il problema della disponibilità interviene, inoltre, la crescita della domanda, connessa con l’aumento di popolazione mondiale e soprattutto con un generale aumento dei consumi sulla spinta dell’urbanizzazione. Anche in questo caso si registra a livello mondiale e regionale forte disparità: l’ineguaglianza scaturisce da fattori quali la necessità o meno di irrigazione artificiale (si calcola che il 70% del consumo sia destinato a questo scopo) sulla base del clima di riferimento, il tasso di crescita demografica delle popolazioni interessate, il grado di sviluppo socioeconomico e perciò gli standard dei consumi. Proprio la crescita della domanda induce il mutamento di prospettiva per cui l’a. viene percepita non più come diritto naturale e risorsa inesauribile, ma come bene scarso e prezioso, su cui poter avviare speculazioni anche economiche, oltre che geostrategiche: è il caso del commercio dell’a. in bottiglia (l’Italia ne è il terzo consumatore mondiale e il primo in Europa) che, facendo leva su una maggiore purezza, del tutto infondata, rispetto all’a. della rete idrica, ha raggiunto un giro d’affari mondiale di 22 miliardi di dollari, con evidenti ripercussioni ecologiche. Inoltre, appare sempre più evidente che l’a., pur avendo un ciclo naturale inesauribile, se utilizzata scorrettamente e oltre le capacità di rigenerazione dei sistemi idrici in cui avvengono i prelievi va incontro a processi di degradazione qualitativa (inquinamento) ed esaurimento. In tale contesto, l’a. diviene sempre più un obiettivo strategico generatore di situazioni conflittuali largamente dominate da rapporti di forza. È il caso delle cosiddette guerre dell’a., conflitti intestini o transfrontalieri generati da motivazioni geopolitiche, economiche ed ecologiche: si calcola che nel periodo 2001-08 siano stati ben 42 i conflitti sorti per il controllo territoriale o gestionale dell’a,, tra i quali rientrano anche quelli, soprattutto urbani, che oppongono cittadini e Stato nei processi di privatizzazione.