ACQUA,
(I, p. 339; App. I, p. 15; II, I, p. 16; III, I, p. 12; IV, I, p. 21)
Risorse idriche e loro utilizzazione. − Una recente valutazione del bilancio delle risorse idriche delle terre emerse, basata sui calcoli dell'idrologo sovietico M. I. L'vovič, è riportata nella tab. 1.
Le figg. nella tav. f.t. forniscono indicazioni più precise sulla disponibilità di risorse idriche nei singoli stati del mondo, in rapporto al numero dei rispettivi abitanti. La prima si riferisce all'ammontare dei deflussi superficiali (che non possono essere convenientemente utilizzati senza la preventiva regolazione a mezzo di serbatoi artificiali o di altre opere analoghe); la seconda all'ammontare dei deflussi sotterranei, cioè alle a. che s'infiltrano e si muovono in zone permeabili del sottosuolo (falde acquifere), la cui importanza economica deriva dal fatto che si tratta della parte più stabile del deflusso continentale. Essa infatti non risente di quelle irregolarità di portata che sono invece tipiche della rete idrica superficiale e quindi, ai fini dell'utilizzazione pratica, non ha bisogno di regolazione. Le figg. nella tav. f.t., costruite in base ai dati della popolazione forniti dall'Annuario demografico delle Nazioni Unite del 1980, sono puramente indicative delle possibilità potenziali di utilizzazione, sulle quali influiscono poi in misura determinante le forme di organizzazione sociale e il livello di sviluppo economico dei vari stati.
Per quanto riguarda l'utilizzazione delle risorse idriche, non esistono dati statistici che consentano di comporre un quadro della situazione mondiale. Sono ben pochi finora i paesi che si sono posti il problema d'individuare con un certo grado di precisione l'entità e la composizione dei consumi, disaggregando e analizzando la complessa casistica dei modi di prelievo, di distribuzione e utilizzazione delle a. superficiali e sotterranee: forniture tramite reti di distribuzione pubbliche sottoposte a conteggi, prelievi incontrollati per bisogni individuali in ambiente rurale, prelievi a fini industriali sulle reti di distribuzione pubblica, prelievi dell'industria da sistemi di alimentazione propri, a. restituita dall'industria alle reti pubbliche, a. destinata al bestiame, alla piscicoltura, all'irrigazione, a. adibita alla regolarizzazione dei livelli di vari tipi di bacini artificiali, al funzionamento delle centrali idroelettriche, all'alimentazione delle vie di navigazione interna, ecc. I dati qui di seguito riportati sono stati valutati induttivamente, a partire da valori medi normalizzati in funzione delle strutture sociali ed economiche dei vari paesi del mondo: fabbisogno idrico medio per abitante (tenendo conto non solo della consistenza numerica della popolazione, ma della sua distribuzione territoriale e in particolare del livello di urbanizzazione); fabbisogno idrico medio per ettaro coltivato e per unità di prodotto industriale finito.
Le modalità dell'utilizzazione delle risorse vengono definite da tre parametri: l'entità del prelievo, il consumo irreversibile, l'emissione di a. inquinate. Il primo termine non richiede spiegazioni. Il consumo irreversibile è costituito dall'a. prelevata e non restituita a valle, e quindi provvisoriamente sottratta al ciclo generale dell'a. (è il caso dell'a. adibita all'irrigazione, che viene in gran parte evapotraspirata, oppure quella usata nei cicli di raffreddamento di varie lavorazioni industriali che si disperde in parte nell'atmosfera sotto forma di vapore). Le a. di scarico inquinate, prima di essere reimmesse nei corpi idrici di superficie, andrebbero depurate; ciò avviene tuttavia solo con la metà delle a. di scarico mondiali, soprattutto nei paesi sviluppati. Le tabb. 2-4 riportano i dati inerenti i tre parametri indicati riguardanti l'impiego dell'a. in questo secolo.
Nel corso del 19° sec. i prelievi di a. si sono accresciuti di 400 km3, cioè di circa 2,7 volte, fino a raggiungere l'ammontare di 650 km3 all'anno nel 1900. In questa fase, a influire sull'aumento dei prelievi è stata soprattutto la diffusione dell'irrigazione in Cina e in India, e anche la diffusione delle macchine a vapore, utilizzate nell'industria e nei trasporti. Nei primi 80 anni del 20° sec. il volume dei prelievi annuali è cresciuto di 3000 km3, cioè di 5 ÷ 6 volte, ed è impressionante come più di due terzi di questo balzo si riferiscano al trentennio precedente il 1980.
I dati riportati nella prima sezione della tab. 2 sono stati calcolati tenendo conto non solo dell'entità numerica della popolazione dei vari paesi nei tre momenti considerati, ma anche di come questa è ripartita sul territorio (popolazione urbana, popolazione rurale), nonché delle modalità tecniche di captazione, di distribuzione e di smaltimento dell'acqua. Dal 1900 a oggi i prelievi per usi civili nel mondo sono cresciuti di 8 volte, raggiungendo i 195 km3, e il consumo irreversibile di 5 volte, fino a circa 100 km3. In questo stesso periodo il volume delle a. di scarico è cresciuto di 13 ÷ 14 volte raggiungendo i 95 km3. Un altro dato caratteristico del periodo attuale è che quasi la metà dei prelievi di a. per usi civili viene consumata irreversibilmente.
La seconda parte della tab. 2 sintetizza l'evoluzione degli impieghi idrici per usi industriali ed energetici in questo secolo. I dati sono riportati fino al 1980, per continente e su scala mondiale. Nell'arco di 80 anni i prelievi idrici e l'emissione di a. di scarico sono cresciuti di 10 volte, e il consumo irreversibile di 5 volte. Questa differenza è dovuta al fatto che i quantitativi di a. consumati nei processi di produzione industriale sono relativamente modesti. I dati riportati si riferiscono solo a settori industriali particolarmente esigenti in fatto di a., per es. quelli metallurgici, della cellulosa e della carta, e vari rami dell'industria alimentare. L'impiego di a. delle centrali termiche ed elettronucleari è valutato in base alla produzione di energia elettrica e al consumo di a. per kWh. In questo modo si è stabilito che nel 1980 il consumo irreversibile nelle centrali elettriche dei tipi indicati è stato di 20 km3 all'anno e il volume delle a. di scarico di 300 km3. L'inquinamento termico delle a. di scarico, non sempre innocuo perché può causare sensibili alterazioni all'equilibrio ecologico dei corpi ricettori, è suscettibile di essere utilizzato per il riscaldamento delle case e per l'allevamento ittico.
L'irrigazione delle terre coltivate (tab. 3) costituisce il settore d'impiego prevalente dell'acqua. Nel 1980 nel mondo venivano irrigati più di 240 milioni di ha, anche se questo dato non quantifica precisamente l'estensione complessiva delle terre irrigue, dato che nelle zone tropicali e subtropicali vengono prodotti due e, a volte, tre raccolti di riso. Ai primi del Novecento i prelievi di a. per uso irriguo ammontavano a 550 km3, il consumo irreversibile (evaporazione, traspirazione) a 478 km3, e le a. di ritorno a 72 km3. Nel 1950 i prelievi e i consumi risultavano raddoppiati, e nel 1980 erano aumentati di 5 volte. L'immensa quantità di a. consumata per l'irrigazione si giustifica soprattutto con la necessità di evitare che, a causa delle inadeguate precipitazioni atmosferiche, si ottengano raccolti insufficienti. Ciononostante questo consumo eccessivo andrà diminuito, e questo sarà possibile impiegando tecnologie più avanzate, in grado di contenere i consumi di acqua. Un indice significativo è il consumo di a. d'irrigazione per tonnellata di prodotto ottenuto. Ai nostri giorni questo è, in media, per tutte le colture, di 2640 m3/t; nel prossimo decennio, con ogni probabilità, è possibile un suo abbassamento fino a 1740 m3/t e, nel lungo periodo, il consumo irreversibile per unità di prodotto potrà diminuire fino a 1000 m3 per tonnellata.
Fino all'inizio del 20° secolo l'inquinamento delle a. naturali non creava particolari problemi: le a. inquinate venivano neutralizzate scaricandole nei fiumi e nei bacini dove avveniva una naturale ossigenazione delle impurità. Così per es. le a. di scarico urbane erano rese inoffensive con una diluizione in un volume di a. pulita di 15 ÷ 20 volte maggiore.
Oggi, per alcune a. di scarico industriale, occorre una diluizione di 40 ÷ 60 e persino più multipli del loro volume. In media, per le varie a. di scarico, abbiamo considerato una diluizione minima di 6 ÷ 8 multipli del loro volume, per cui tutte le attuali a. di scarico richiedono, per essere diluite, un volume di a. pulita pari a 7500 ÷ 8000 km3 all'anno. Questo volume costituisce circa il 20% di tutte le riserve mondiali di a. dolce; tale dato indica quanto sia diventato grave il problema dell'inquinamento idrico. Inoltre, la lotta contro questa forma d'impatto ambientale costituisce un problema che, pur non essendo paragonabile a quello dell'eliminazione dell'insufficienza delle risorse naturali, appare assai lontano dalla soluzione.
Quando si è a conoscenza dell'evoluzione dei consumi di a. nei diversi settori dell'economia, si è in grado di valutare come tutto ciò si rifletta sulle risorse idriche a scala planetaria. Le risorse globali, rappresentate dal deflusso continentale, ammontano a 38.830 km3 all'anno (tab. 1), mentre il consumo mondiale irreversibile nel 1980 era di 2570 km3 all'anno (6,6% delle riserve globali), e nel 2000 si accrescerà fino a 3050 km3 pari al 7,8% (tab. 4). All'inizio del secolo l'incidenza del consumo irreversibile sulle risorse globali era dell'1,4%. In conclusione le risorse idriche terrestri mostrano una preoccupante tendenza alla riduzione quantitativa, tendenza che si è accentuata fortemente nel corso degli ultimi decenni. Il rischio maggiore tuttavia risiede nella riduzione qualitativa delle risorse idriche, dovuta all'uso che dei corpi idrici si fa per smaltire le a. di scarico. Vedi tav. f. t.
Bibl.: M.I. L'vovič, The world's water, Mosca 1973; J. Béthemont, De l'eau et des hommes, Parigi 1977; S. Durand-Dastès, Systèmes d'utilisation de l'eau dans le monde, ivi 1977; L.B. Leopold, L'acqua. Introduzione all'idrologia, Bologna 1978; M.I. L'vovič, Voda i žizn ("L'acqua e la vita"), Mosca 1986; J.W.M. La Rivière, Water quality: present status, future trends, in Resources and world development, a cura di D.J. McLaren e D.J. Skinner, Chichester 1987; P. Rogers, Assessment of water resources: technology for supply, ibid.; M.I. L'vovič, Ecological foundations of global water resources conservation, ibidem.
Chimica e tecnologia. − Il decennio 1980-90 è stato caratterizzato, per ciò che riguarda la tutela e l'utilizzazione delle a., da un adeguamento delle tecnologie industriali rispetto a regolamenti e limiti sempre più restrittivi (v. anche inquinamento, in questa App.).
Secondo una classificazione ormai comunemente accettata le a. vengono suddivise in: a) a. per usi civili; b) a. per usi industriali; c) a. per uso agricolo. Nel primo gruppo sono comprese, come noto, sia le a. potabili per uso domestico sia quelle per uso pubblico; nel secondo sono comprese tutte quelle usate nelle industrie per scopi di processo, di raffreddamento e di produzione di vapore; nel terzo gruppo sono comprese tutte quelle destinate all'agricoltura, per lo più all'irrigazione.
Secondo stime ufficiali in Italia (tra parentesi si riportano le previsioni per il 2015) la situazione dei consumi di a. in miliardi di m3 per anno è stata nel 1980 di circa 7 (11) per usi civili, circa 13 (18) per usi industriali e circa 32 (60) per usi agricoli. Una problematica del tutto particolare, invece, è quella connessa alle a. di scarico (a. di rifiuto) che raccolgono i residui dei processi di utilizzazione delle a. per uso civile e per uso industriale.
Acque per usi civili. − Solitamente s'intendono come a. per uso civile le a. potabili, tali quindi da possedere particolari caratteri organolettici, da essere esenti da microorganismi patogeni e da composti chimici provenienti da fenomeni putrefattivi. I criteri di accettabilità di tali a. sono regolati in Italia dal d.P.R. del 24 maggio 1988 n. 236, attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle a. destinate al consumo umano.
Com'è noto, i principali trattamenti per le a. destinate a usi civili sono: la coagulazione, la filtrazione, la sterilizzazione, la deferrizzazione, l'adsorbimento, l'addolcimento e la demineralizzazione. I processi di demineralizzazione basati sull'impiego di membrane (elettrodialisi e osmosi inversa), per altro derivati dalla tecnologia della dissalazione, sono quelli che in quest'ultimo decennio hanno mostrato gli sviluppi e le applicazioni più interessanti (v. anche dissalazione; osmosi inversa e ultrafiltrazione, in App. IV, i e ii). Gli altri trattamenti, invece, sono rimasti legati a tecnologie tradizionali.
Acque per usi industriali. − La complessa natura dei processi industriali esige la disponibilità di a. con caratteristiche specifiche in relazione all'utenza. Al riguardo è stata proposta una classificazione di uso generale riportata in tab. 5, che consente di avere un'indicazione di massima circa i criteri di qualità delle a. di uso industriale: tale tabella è stata formulata sulla base di riferimenti specifici relativi alle diverse tipologie industriali. Le specifiche più restrittive sono richieste dall'industria della pasta e della carta, quelle meno rigorose dall'industria chimica. Per quanto riguarda l'industria alimentare, l'a. che viene utilizzata deve avere le stesse caratteristiche di quella destinata alla potabilizzazione. Una posizione particolare riguarda l'industria per la produzione di vapore che, per l'alimentazione delle caldaie, richiede a. non incrostanti.
Considerando inoltre i numerosi fattori che influiscono su un impianto e ne determinano il rendimento, si possono calcolare soltanto valori approssimativi dei consumi specifici di a. richiesti per la produzione unitaria di un determinato manufatto. In tab. 6 sono riportati gli indici dei consumi medi delle a. per alcune tra le produzioni industriali più significative.
Per ciò che riguarda i trattamenti si può dire che le a. impiegate per scopi di processo utilizzano gli stessi trattamenti di quelle di uso potabile, mentre le a. di raffreddamento e per la produzione di vapore possono richiedere ulteriori processi di condizionamento e di deaerazione che fanno uso di tecnologie tradizionali. Con il condizionamento, che è un trattamento di tipo eminentemente chimico, si ottengono risultati diretti a influire sulle caratteristiche incrostanti o aggressive delle acque. La deaerazione consente, invece, di eliminare per via fisica o chimica quei gas, in particolare anidride carbonica e ossigeno, che causano la corrosione dei materiali metallici con i quali l'a. viene in contatto.
Acque per usi agricoli. − Le a. superficiali costituiscono la fonte principale di approvvigionamento per il settore agricolo; tali a. sono soggette a essere contaminate da parte di scarichi urbani e industriali e da parte di sostanze chimiche inorganiche e organiche impiegate per migliorare la resa dei terreni. Le a. per uso agricolo non vengono generalmente trattate prima dell'uso, per cui non si prevedono processi di depurazione specifici.
In attesa che il progresso tecnico-scientifico fornisca elementi di giudizio sicuri e validi sul ruolo tossico esercitato dalle sostanze organiche, sono stati chiariti gli aspetti che riguardano l'azione delle sostanze inorganiche, in particolare quelli relativi al sodio e al boro.
Il sodio svolge la sua influenza negativa sulla permeabilità dei terreni: un arricchimento di sodio li rende impermeabili. Recentemente è stato dimostrato che a questo fenomeno di impermeabilizzazione concorrono altri fattori, tra cui le relazioni di equilibrio tra cationi monovalenti (sodio) e bivalenti (calcio e magnesio). Il boro svolge la sua azione specifica sulla crescita delle piante; se tale elemento è presente nelle a. d'irrigazione in basse concentrazioni (0,2 ÷ 0,5 mg/l), svolge un'azione positiva nei processi di crescita, in quantità superiori provoca danni crescenti fino a un limite di tollerabilità massima di 4 mg/l, oltre il quale è pericoloso per tutte le colture.
Acque di scarico. − Le a. di scarico, o rifiuto, sono quelle provenienti principalmente dallo scarico di abitazioni (acque civili) e di industrie (acque industriali). La depurazione delle a. di scarico civili è generalmente realizzata in tre fasi successive: il trattamento primario, che consente di allontanare dai liquami la maggior parte delle sostanze in sospensione; il trattamento secondario, di natura biologica, che consente di eliminare le sostanze organiche disciolte; il trattamento terziario, che consente di eliminare le sostanze non abbattute nei trattamenti precedenti, in particolare composti azotati e fosfati.
I trattamenti primari non hanno subito particolari innovazioni e sono rimasti quelli tradizionali, mentre per ciò che riguarda i trattamenti secondari, i processi biologici aerobici che utilizzano i sistemi a fanghi attivi e a filtri percolatori sono ancora i più utilizzati (v. anche acqua, in App. IV, i). I sistemi a fanghi attivi sono migliorati per ciò che riguarda il trasferimento dell'ossigeno; infatti, oltre ai tradizionali sistemi che immettono aria nella vasca di aerazione, hanno trovato qualche applicazione i sistemi che utilizzano ossigeno allo stato puro. Lo schema di funzionamento di tale processo è riportato in fig.: l'ossigeno, immesso tramite aeratori superficiali o turbine sommerse nel reattore a fanghi attivi del tipo a vasca chiusa, fluisce attraverso i vari comparti in cui è suddiviso il reattore stesso. Gli impianti a ossigeno puro sono caratterizzati, rispetto agli impianti ad aria, da una maggiore concentrazione di ossigeno disciolto nella vasca a fanghi attivi, e ciò consente di migliorare il trasferimento dell'ossigeno e, quindi, di ridurre i volumi delle vasche. Inoltre i fanghi ottenuti sembrano presentare migliori qualità di sedimentabilità e capacità d'ispessimento.
Un altro promettente processo di depurazione biologica aerobica adotta dischi rotanti parzialmente immersi nel liquame da trattare. Sulla superficie dei dischi, detti biodischi, aderisce il film biologico che per effetto della rotazione è alternativamente a contatto dell'aria (durante l'emersione) e dei liquami (durante l'immersione).
Per ciò che riguarda i trattamenti terziari, sono stati recentemente sviluppati sistemi di rimozione delle sostanze azotate mediante processi di nitrificazione-denitrificazione. La nitrificazione è la trasformazione per ossidazione biologica dell'azoto ammoniacale, la denitrificazione invece è la riduzione biochimica dei composti dell'azoto ossidato in azoto gassoso. La denitrificazione avviene in assenza di ossigeno; come fonte di carbonio per il metabolismo batterico si può utilizzare il carbonio organico dell'a. di scarico (sistemi integrati) o una fonte di carbonio esterna, quale, per es., il metanolo (sistemi separati). I sistemi integrati sono nettamente preferiti a quelli separati, non soltanto perché non richiedono l'aggiunta dall'esterno di una fonte carboniosa spesso di costo elevato, ma anche perché sono caratterizzati da un minore consumo di ossigeno in quanto una parte del carbonio organico contenuto nelle a. di scarico non dev'essere ossidata aerobicamente, ma viene utilizzata per la denitrificazione: al minore consumo di ossigeno dei sistemi integrati corrisponde, quindi, un risparmio nei costi per l'aerazione. Con i processi di nitrificazione-denitrificazione si raggiungono, negli impianti di trattamento, rimozioni totali di sostanze azotate pari a circa il 90%. Le a. di scarico industriali contengono, invece, i residui delle materie prime, dei prodotti intermedi e finali delle lavorazioni. La composizione di tali scarichi varia in funzione del tipo d'industria che li produce; in tab. 7 sono riportati, per i principali tipi di industrie, i parametri analitici prioritari da controllare per un loro corretto smaltimento. Fra le tecnologie che in questi anni hanno trovato maggior sviluppo nella depurazione delle a. di scarico industriali, si ricordano quelle relative ai processi anaerobici e alla rimozione dei metalli pesanti.
La digestione anaerobica è un processo biologico impiegato per il trattamento dei fanghi organici degli impianti di depurazione e degli scarichi industriali organici molto concentrati, che consente, in assenza di aria, di trasformare la sostanza organica in prodotti gassosi. La digestione anaerobica è più lenta di quella aerobica e permette di ottenere una limitata produzione di fanghi di supero, un elevato grado di stabilizzazione di questi e una produzione di un gas ricco di metano (60 ÷ 70%). I processi anaerobici richiedono un controllo rigoroso di alcuni parametri operativi quali il pH e la temperatura. In Italia in questo ambito si sono sviluppate applicazioni riguardo la digestione anaerobica di scarichi che presentano caratteristiche di variabilità stagionale (acque di vegetazione, borlande di distilleria), tali da incidere sull'efficienza dei tradizionali processi di depurazione.
Per quanto riguarda, invece, gli scarichi contenenti metalli pesanti, la tecnica di eliminazione più usata consiste nella loro precipitazione chimica sotto forma di idrossidi, carbonati o solfuri, seguita da decantazione del fango e filtrazione. Poiché l'utilizzo della tecnologia della precipitazione rende difficile raggiungere le concentrazioni richieste dalla normativa vigente, sono stati proposti procedimenti di eliminazione selettiva dei metalli mediante l'impiego di complessanti che coadiuvano l'azione adsorbente del carbone attivo. Difatti per aumentare la capacità adsorbente, in generale molto bassa, del carbone attivo nei confronti dei metalli, questi ultimi vengono complessati in soluzione, aggiungendo sostanze organiche in grado di funzionare da sequestranti.
Bibl.: L. Masotti, Tecniche ed impianti di depurazione, Bologna 1978; S. E. Jorgensen, Industrial wastewater management, Amsterdam 1979; R. Passino, La conduzione degli impianti di depurazione delle acque di scarico, Roma 1980; N. Sell, Industrial pollution control: issues and techniques, New York 1980; R. Vismara, Depurazione biologica, Milano 1982; R. Urbistondo, L. R. Bays, Water quality and treatment, Oxford 1985.
Biochimica. − Alle singolari caratteristiche fisico-chimiche dell'a. si deve tutta quella rete di interazioni con gli altri biocostituenti sia organici che inorganici che rivestono un ruolo assolutamente prioritario per l'esistenza di tutto ciò che vive. Per le sue caratteristiche strutturali l'a. è il mezzo ideale per quasi tutte le reazioni del metabolismo, per il trasporto delle sostanze nutritive e per il trasferimento dell'energia chimica. Se poi si pensa che la vita sia cominciata nell'a., allora si può dire che le cellule dei vari organismi si siano evolute costruendo le loro proprietà strutturali e funzionali sulla base delle proprietà chimiche e fisiche dell'acqua. In altre parole la vita, così come noi la conosciamo, è stata determinata dalle informazioni contenute nella struttura molecolare di questo composto solo apparentemente semplice.
A questo riguardo si può affermare che le proprietà dell'a. che rivestono un maggior significato biologico sono rappresentate dalla polarità e dalla conseguente coesività delle sue molecole. Infatti, sebbene la molecola d'a. sia elettricamente neutra, le sue cariche positive e negative non hanno lo stesso baricentro e la molecola risulta quindi un dipolo elettrico. La separazione intramolecolare di cariche è determinata dalla elettronegatività dell'atomo di ossigeno che attira parzialmente su di sé le due coppie di elettroni che formano i legami con gli atomi d'idrogeno. Di conseguenza i due atomi d'idrogeno possiedono una parziale carica positiva (ῆ+) e l'atomo di ossigeno due cariche parziali negative (2ῆ−). La molecola è caratterizzata quindi da un momento dipolare che dipende anche dall'angolo di legame, dall'angolo formato dai due orbitali ibridi che legano i due atomi d'idrogeno. L'atomo di ossigeno nell'a. ha infatti un'ibridazione di tipo sp3 con una disposizione tetraedrica degli orbitali esterni. Tra le molecole di a. si stabiliscono quindi delle interazioni elettrostatiche che coinvolgono la carica negativa dell'atomo di ossigeno di una molecola e la carica positiva di un atomo d'idrogeno di un'altra molecola.
Questo particolare tipo di attrazione elettrostatica in cui un atomo d'idrogeno fa da ponte tra due atomi elettronegativi che possono essere dello stesso tipo o diversi viene chiamato legame idrogeno e gioca un ruolo biologico di grande importanza. Poiché gli elettroni intorno all'atomo di ossigeno sono distribuiti con una disposizione approssimativamente tetraedrica, ogni molecola d'a. può teoricamente formare legami idrogeno con quattro altre molecole. Allo stato liquido le molecole di a. sono in continuo movimento e i legami idrogeno vengono continuamente a rompersi e a riformarsi, così che una stessa molecola si confronta con sempre nuovi partners.
Le molecole d'a. sono capaci di formare legami idrogeno non solo fra loro ma anche con altri gruppi polari (gruppi −OH, −NH2, ecc.) di altri composti in soluzione. La capacità di formare legami idrogeno comporta quindi fondamentali influenze reciproche, a livello strutturale e funzionale, tra l'a. e gli altri biocomponenti (proteine, acidi nucleici, lipidi, glicidi, ioni inorganici), influenze che sono tra l'altro responsabili della formazione di 'nicchie' dotate di caratteristiche fisico-chimiche specifiche in rapporto alle contingenti necessità distrettuali. È da tenere presente che le interazioni intermolecolari, a livello dei vari compartimenti del protoplasma, non possono essere considerate statiche ma in un'evoluzione dinamica in cui continuamente vengono a essere alterati i rapporti tra soluto e solvente in termini sia quantitativi che qualitativi; tale dinamismo si rende responsabile tra l'altro di quei fondamentali moti del protoplasma che vengono definiti correnti di convezione.
Oltre alla capacità di formare legami idrogeno l'a. possiede altre proprietà inusuali che si rivelano di fondamentale importanza per i processi biologici. Infatti, anche se blandamente, l'a. può dissociare in protoni H+ e ossidrili OH− che influenzano grandemente le proprietà di molti composti cellulari alterando lo stato di ionizzazione dei loro gruppi ionizzabili. Basti pensare per es. all'attività catalitica degli enzimi che viene fortemente modulata dalla concentrazione degli ioni H+ e OH− (generalmente espressa in termini di pH). Tuttavia non si sa ancora con precisione quale sia il meccanismo di azione dell'a., a livello cellulare e sub-cellulare, nella formazione delle diverse strutture biologiche organizzate, e tanto meno si hanno informazioni precise per comprendere come essa, a livello molecolare, determini la struttura conformazionale originaria dei biopolimeri. Probabilmente questa situazione è dovuta anche al fatto che le nostre idee attuali sulla struttura dell'a. allo stato liquido sono ancora incerte, essendo essa un liquido atipico, con proprietà uniche e spesso ambivalenti.
L'unicità del ruolo biologico dell'a. è immediatamente evidente a livello dei processi reattivi del metabolismo vitale. A tale livello infatti l'a. interviene sia come regolatore, per es. attraverso la produzione di ioni idrogeno H+, sia come reagente, potendo rivestire in quest'ultimo caso un ruolo fondamentale sia nella sintesi di composti biorganici che nel catabolismo delle varie sostanze nutritive. Per es. nella respirazione cellulare tutti i passaggi enzimatici della degradazione ossidativa dei carboidrati, dei lipidi e degli amminoacidi che hanno sede nelle cellule aerobiche convergono verso uno stadio finale nel quale l'ossigeno molecolare viene ridotto ad acqua.
Così nell'ossidazione completa del glucosio
l'ossigeno viene ridotto ad a. attraverso una serie di reazioni di ossido-ridu zione che coinvolge molteplici componenti cellulari e che viene chiamata fosforilazione ossidativa o catena respiratoria. Tale processo, infatti, avviene a livello mitocondriale con una notevole liberazione di energia che viene in parte utilizzata per rigenerare il contenuto di ATP mediante la fosforilazione di ADP. Alla fine del processo un atomo di ossigeno viene ridotto da due elettroni e due ioni idrogeno vengono sottratti all'ambiente per dar luogo alla formazione di a. (la cosiddetta a. endogena). È molto importante per la cellula che la molecola di ossigeno venga ridotta completamente a due molecole di a. accettando quattro elettroni. Se per qualche motivo l'ossigeno molecolare viene ridotto solo parzialmente, ricevendo due elettroni si avrà produzione di a. ossigenata (H2O2) anziché di acqua. Inoltre se l'ossigeno molecolare riceve un solo elettrone si ottiene il radicale superossido O2−.
L'a. ossigenata e il superossido sono estremamente tossici per la cellula, in quanto attaccano gli acidi grassi insaturi dei lipidi di membrana danneggiando la membrana stessa. Le cellule aerobiche si proteggono dal superossido e dall'a. ossigenata rispettivamente mediante la superossido-dismutasi, un enzima contenente metalli, che trasforma il radicale superossido in a. ossigenata, e mediante la catalasi che trasforma l'a. ossigenata in a. e ossigeno molecolare. Lo schema di reazione è quindi il seguente:
In linea con la sua ambivalenza, nella fotosintesi clorofilliana l'a. gioca un ruolo completamente opposto. Così mentre nella fosforilazione ossidativa l'a. viene prodotta al termine della catena di reazioni di ossidazione delle sostanze nutritive, nella fotosintesi clorofilliana essa è all'inizio di una serie di reazioni di riduzione che portano alla sintesi di molecole biologiche complesse. L'equazione globale della sintesi del glucosio nel processo fotosintetico può essere schematizzata da
Quando i cloroplasti vengono illuminati da radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d'onda opportuna s'innesca la riduzione dell'anidride carbonica in glucidi; questa riduzione si accompagna a uno sviluppo di ossigeno molecolare il cui volume è uguale a quello dell'anidride carbonica che è stata ridotta. L'impiego di un isotopo dell'ossigeno, O18, per marcare l'anidride carbonica o l'a. ha dimostrato che l'ossigeno che si sprigiona proviene dall'a. e non dalla CO2. Quindi dal momento che si ha sviluppo di 6 molecole di ossigeno, cioè di 12 atomi di ossigeno, e poiché ogni molecola di a. non ne contiene che uno, la reazione globale formulata prima dev'essere precisata come segue:
Sotto l'azione della luce le molecole di a. vengono scisse in ossigeno molecolare e in ioni idrogeno che vengono poi utilizzati per la riduzione.
Si può concludere ricordando il pensiero di A. Szent-Györgyi, secondo il quale la fotosintesi clorofilliana altro non è, in essenza, che una separazione degli elementi costitutivi dell'a., così come la respirazione cellulare si riassume in una riunione degli stessi elementi per riformare la molecola originale. In altre parole, carbonio, ossigeno e a. sono riciclati costantemente tra il mondo animale e vegetale, con l'energia solare che fa da forza motrice per tutto il processo.
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