ACQUA (I, p. 339; App. I, p. 15; II, 1, p. 16; III, 1, p. 12)
L'a. presente sulla crosta terrestre è molto abbondante, però risulta distribuita irregolarmente, tanto da scarseggiare in molti punti ove sarebbe necessaria per lo svolgimento delle attività agricole e industriali dell'uomo e talora anche per i suoi bisogni alimentari.
Secondo valutazioni, approssimate, le riserve di a. nel mondo sarebbero di 500 milioni di km3 (5 • 1017m3).
Poiché la superficie della terra è coperta per oltre il 70% dagli oceani, assumendo per la profondità media di questi il valore di 3500 ÷ 4000 m, ne viene che oltre il 97% delle a. sono rappresentate da a. salate (mari, oceani, laghi salati), così che poco più del 2% si ritrova sotto forma di a. dolce presente nei fiumi, nei laghi, nei ghiacciai o sotto forma di vapore nell'atmosfera.
Attraverso l'azione delle radiazioni solari e dei venti si calcola che ogni anno 3,5 • 1014 m3 di a. evaporino; parte del vapore formatosi ritorna sotto forma di pioggia (v. XXVII, p. 374) o di neve sulla terra, sulla quale la media annua delle precipitazioni è dell'ordine di 700 mm. Tale media risulta però formata da valori estremamente diversi, da quelli delle zone ove le precipitazioni non raggiungono 200 mm annui (parte dell'Africa, dell'Australia, ecc.) a quelli delle zone dove si superano anche largamente 2000 mm (parte dell'America meridionale).
Il servizio idrografico del ministero dei Lavori Pubblici ha pubblicato una carta della precipitazione media annua in Italia per il trentennio 1921-50, analoga alla figura di XIX, p. 725 (v. italia); i valori indicati possono essere considerati delle medie normali tenuto conto dell'ampio intervallo di tempo dal quale sono state ricavate. Nella carta sono tracciate le linee isoiete (v. XIX, p. 637).
Il valore aggiornato dell'altezza media annua delle precipitazioni riferita all'intero territorio nazionale è di 990 mm, quella della zona peninsulare di 1020 mm, quella della Sicilia 730 e quella della Sardegna 780 mm. Dai valori medi delle singole zone moltiplicati per l'estensione delle medesime si ricava il valore medio degli afflussi meteorici (v. tab.1).
Dalla carta si può rilevare l'irregolare distribuzione delle precipitazioni, che passano dai 660 mm della regione pugliese ai 1300 mm della Liguria.
Interessante risulta anche l'esame della tabella 2, sempre riferentesi ad afflussi acquei meteorici medi nell'anno (vedi anche XIV, p. 592 segg.).
Indice significativo per i riflessi sociali ed economici delle risorse idriche di un territorio è quello che si ottiene dividendo le risorse idriche per il numero degli abitanti. Nella carta in figura sono riportati tali valori per le varie zone dell'Europa; si vede che essi variano da valori inferiori a 500 fino a valori superiori a 100.000; per l'Italia è di 2870 m3/anno abitante.
Le precipitazioni atmosferiche alimentano le a. superficiali e sotterranee; infatti, delle a. che arrivano sulla terra parte alimenta i fiumi, parte affluisce alle falde sotterranee e parte va perduta.
Nella tab. 3 sono riportate le a. che alimentano i fiumi, cioè i deflussi.
Confrontando i valori dati dalla tab. 3 con quelli riportati nella tab. 1 si possono ricavare i coefficienti di deflusso. Essi variano sensibilmente da una zona all'altra, da un bacino all'altro, in funzione di diversi fattori (afflussi, quote altimetriche, permeabilità dei bacini, grado di vegetazione, ecc.).
A queste a. superficiali occorre aggiungere quelle delle sorgenti, importanti per le loro peculiari caratteristiche di potabilità e di perennità.
La loro entità però è di difficile valutazione; finora in Italia (limitatamente a quella meridionale e alle isole) sono state censite 45.000 sorgenti; in base alle loro portate (di magra) si può calcolare che rappresentino una risorsa utilizzabile di 8,5 miliardi di m3.
Causa la notevole variabilità delle portate dei fiumi durante l'anno, la frazione utilizzabile di queste a. superficiali è modesta, pari al 16% circa (cioè 18 miliardi di m3). Il grado di utilizzazione può essere accresciuto mediante regolazione dei corsi d'a. e creazione di serbatoi di accumulo per far fluire una frazione regolata di acqua. In Italia i serbatoi artificiali finora esistenti per utilizzazioni idropotabili, irrigue, idroelettriche possono raccogliere 7,7 miliardi di m3.
La disponibilità di a. è di fondamentale importanza per lo sviluppo agricolo, industriale, turistico delle varie località. Va poi tenuto conto del fatto che i consumi vanno continuamente crescendo per l'incremento sia della popolazione sia delle attività agricole e industriali, e per queste ultime per l'avvento di lavorazioni ad alto consumo specifico di acqua. Per far fronte a questa situazione sono state studiate varie possibilità: trasporto di a. da zone anche distanti, ove essa abbonda; reimpiego di a. già usate; dissalazione dell'a. di mare o di a. salmastre (v. dissalazione, in questa App.); eliminazione degli sprechi; impiego di a. di diversa qualità in relazione alle varie necessità.
La differenza tra i vari paesi deriva dal diverso grado d'industrializzazione, dal diverso tipo di agricoltura, dal differente addensamento della popolazione, dalle abitudini di vita, ecc. (v. tab. 4).
I valori di tali consumi per l'Italia sono (in miliardi di m3): circa 6 (7) per gli usi civili, circa 9 (13) per quelli industriali e circa 25,6 (32) per quelli agricoli (tra parentesi le previsioni per il 1980).
In realtà questi non sono i consumi ma i prelievi, che sono maggiori dei consumi effettivi, poiché parte dell'a. usata viene riciclata.
La disponibilità attuale italiana di a. dolce è appena sufficiente a coprire i prelievi; per il 1980 tale disponibilità non sarà più sufficiente e sarà necessario ricorrere ad una migliore utilizzazione delle a. superficiali, per es. mediante la creazione di serbatoi di accumulo.
Acque per uso civile. - Secondo la "Conferenza nazionale delle acque", le previsioni per i fabbisogni medi annui nel 1980 di a. per uso civile sono:
400 ÷ 500 l/persona • giorno, per i grossi centri (Roma, Milano, Torino);
300 ÷ 450 l/persona • giorno, per i capoluoghi di regione con popolazione futura superiore a 250.000 unità;
250 ÷ 300 l/persona • giorno, per capoluoghi di provincia;
150 ÷ 200 l/persona • giorno, per comuni ordinari.
I valori minori si riferiscono a una migliorata distribuzione e a una riduzione degli sprechi e degli usi impropri dell'a. potabile.
Dell'a. consumata per usi potabili circa i 2/3 vengono restituiti come a. di scarico.
Per gli usi potabili e domestici l'a. deve avere composizione tale da risultare accetta e tollerata dall'organismo, adatta alla cottura degli alimenti, al lavaggio dei panni, e batteriologicamente pura.
L'accettabilità e la tollerabilità dipendono dalla sua composizione chimica e. dalle caratteristiche fisiche. L'Organizzazione mondiale della sanità fissa i limiti massimi consentiti per le sostanze presenti in un'a. affinché essa possa essere considerata ancora adatta al consumo. Alcuni di tali limiti sono riportati nella tab. 5.
Acque per usi industriali. - I fabbisogni variano notevolmente con il tipo di attività, con la potenzialità degl'impianti, con il grado di utilizzazione.
Le a. per usi industriali comprendono quelle di processo, che intervengono nella lavorazione vera e propria dei prodotti, e quelle per servizi ausiliari.
Un rilevamento condotto negli SUA ha indicato le attività industriali maggiori consumatrici: industria siderurgica 33%, chimica 22%, cartaria 15%, petrolifera 10%, alimentare 5,5%, altre 14,5%; negli stabilimenti con consumo di a. superiore a 0,5 m3/sec i consumi si ripartiscono all'incirca nel modo seguente: 23% per raffreddamento, 36% per processo, 12% per caldaie, 26% per servizi e usi sanitari, 3% altri usi.
In Italia una recente indagine parziale del CNR ha portato ai valori che sono indicati nella tab. 6 per l'a. impegnata in alcune lavorazioni. Nell'ultima colonna è indicato il rapporto fra a. impiegata e prelevata, cioè il grado di ricircolo; con appropriati provvedimenti si può ridurre notevolmente il quantitativo di a. prelevata. Il valore medio del grado di ricircolo risulterebbe in Italia prossimo a 2, che è basso e suscettibile di essere aumentato: in altri paesi esso è sensibilmente maggiore.
Il fabbisogno di a. dolce nell'industria per il raffreddamento può essere ridotto utilizzando in alcuni casi a. di mare, o ricorrendo a sistemi alternativi (per es., raffreddamento ad aria).
L'acqua usata negl'impieghi industriali viene per la gran parte (circa 95%) restituita sotto forma di a. di scarico.
Circa le caratteristiche richieste alle a. per usi industriali non è possibile dare valori poiché essi cambiano notevolmente in funzione degl'impieghi a seconda delle sostanze con le quali le a. debbono venire a contatto.
Nella gran parte dei casi le a. destinate all'industria debbono subire trattamenti di depurazione (App. III, 1, p. 12).
Acqua per usi agricoli. - Le previsioni della "Conferenza nazionale delle acque" per il 1980 fanno ascendere il consumo di a. per l'agricoltura a 32,2 miliardi di m3 (22,5 per l'Italia settentrionale, 2,1 per l'Italia centrale e 7,6 per quella meridionale e insulare), destinati all'irrigazione di 4.690.000 ettari circa.
L'a. per irrigazione attualmente proviene per il 67% da fiumi, per il 6% da serbatoi d'invaso, dal 27% da pozzi o fontanili.
Il consumo di a. d'irrigazione è prevalentemente concentrato in pochi mesi (meno della metà dell'anno); di tale a. buona parte va perduta per evaporazione e traspirazione (circa il 30 ÷ 35% nell'Italia settentrionale, 55 ÷ 65% nelle altre regioni), parte ritorna disponibile in quanto va a ravvivare le falde sotterranee o affluisce negli alvei vallivi dei corsi d'acqua.
Acque di scarico. - Il problema delle a. di scarico domestiche o industriali ha assunto notevole importanza con la crescita subìta dai consumi civili e industriali, a causa anche delle forti concentrazioni di popolazione in alcune località, dell'abbandono di piccoli centri e delle campagne, della creazione di zone a forte concentrazione industriale.
Mancando le necessarie attrezzature di smaltimento le notevoli quantità di a. usate hanno finito per essere riversate liberamente nei terreni circostanti, nei corsi d'a., nel mare, ecc., provocando localmente inquinamenti, talora di rilevante entità. Inoltre la rapida crescita di attività industriali o di altre attività a esse collegate ha portato, in mancanza di un'adeguata legislazione e di idonei strumenti repressivi, a possibilità di scarichi incontrollati di a. inquinate. Solo recentemente è stata approvata una legge (n. 319 del 10 maggio 1976) che tutela le acque dall'inquinamento.
Tutto ciò ha creato situazioni alle quali si è cercato da più parti di porre riparo o un freno per contenere e limitare i danni.
Riversando a. di scarico, per es., in un corso d'a., in quantità limitata rispetto alla portata o alla velocità di deflusso o alla turbolenza del moto delle a., queste risultano alterate, ma dopo un percorso più o meno breve tornano a riacquistare le caratteristiche che avevano prima di ricevere lo scarico; ciò perché i microorganismi che vivono nelle a. sono in grado di operare la decomposizione delle sostanze organiche presenti nello scarico (autodepurazione). Ciò avviene se le sostanze inquinanti sono in quantità proporzionata alla portata del corso d'a., perché tali microorganismi aerobici necessitano per l'esplicazione delle loro funzioni di ossigeno che non possono prendere direttamente dall'atmosfera essendo in grado di utilizzare solo quello che si discioglie nell'a.; questa quantità è modesta per il basso tenore di ossigeno nell'aria (21%), e per la modesta solubilità dell'aria nell'a., solubilità che diminuisce al crescere della temperatura e per la presenza di altre sostanze disciolte.
Ciò provoca il permanere delle sostanze estranee, la distruzione per asfissia dei microorganismi aerobici e il prevalere di quelli anaerobici, sempre presenti, che sono pure in grado di decomporre le sostanze organiche ma con sviluppo di sostanze maleodoranti (idrogeno solforato, ammoniaca, ecc.), che impartiscono sapore sgradevole all'a. e inquinano l'atmosfera circostante.
Perciò le a. usate, civili o industriali, prima di essere scaricate nei corsi d'a., nei laghi, nel mare, ecc., debbono subire trattamenti depurativi che separano o distruggono gran parte delle sostanze che contengono sia in sospensione sia in soluzione.
La situazione peggiora ancora quando le a. di scarico contengono, anche in modeste percentuali, componenti tossici per i microorganismi destinati alla depurazione, che a contatto di tali sostanze vengono uccisi.
Per avere un criterio per la valutazione dell'ossidabilità delle sostanze organiche presenti in un'a. a opera dei microorganismi aerobici con l'ossigeno presente nell'a. si determina il cosiddetto BOD (dall'ingl. Biochemical oxygen demand). Tale criterio, largamente adottato in pratica, non è privo d'inconvenienti e non dà l'effettivo valore dell'ossigeno necessario ma piuttosto un indice della relativa ossidabilità dei diversi composti presenti. Si determinano anche altri indici, quali il COD (Chemical oxygen demand), che fornisce la quantità di ossigeno necessario all'ossidazione dei composti organici presenti a mezzo di processi chimici (anziché biochimici): esso è di facile e rapida determinazione. Per le a. di scarico domestiche e anche per molte di quelle industriali, il valore del COD è 2÷3 volte quello del BOD.
I trattamenti di depurazione che si possono operare sono diversi: essi vengono comunemente distinti in primari, secondari e terziari; ciascun gruppo comprende trattamenti capaci di eliminare inquinanti diversi e di dare a. a grado sempre più elevato di depurazione. L'adozione di tali gruppi di trattamenti dipende oltre che dal tipo di a. da trattare (cioè dal suo grado d'inquinamento), dalle condizioni dell'ambiente che le deve ricevere o dall'uso che se ne vuole fare (ricircolazione, riutilizzo, ecc.).
I trattamenti primari, di solito preliminari agli altri, comprendono operazioni meccaniche quali setacciatura, sedimentazione, flottazione, separazione per affioramento, destinate prevalentemente all'eliminazione delle sostanze in sospensione; quelli secondari comprendono i trattamenti biologici atti a ossidare i composti organici disciolti e a stabilizzare l'a.; i trattamenti terziari mirano all'eliminazione delle impurezze ancora presenti dopo i trattamenti secondari e a operare depurazioni capaci di fornire un'a. riutilizzabile non solo per gli usi industriali ma anche per quelli potabili.
I trattamenti primari comprendono:
grigliatura e setacciatura attraverso griglie fisse o mobili, verticali o curve, attraverso tamburi filtranti orizzontali chiusi a una estremità e aperti all'altra, allo scopo di separare i materiali più grossolani in sospensione nell'a. e che possono essere allontanati o, dopo triturazione, reimmessi nell'acqua;
dissabbiazione, per eliminare particelle pesanti (sabbia, ceneri, ecc.) capaci di esercitare azione abrasiva sulle condutture e sulle pompe, e che aggravano il lavoro dei decantatori, effettuata mediante canali (dissabbiatori) percorsi dall'a. a velocità ridotta in modo da consentire alle particelle pesanti di depositarsi sul fondo; si hanno anche dissabbiatori verticali, formati da cilindri a fondo conico nei quali l'a. arriva attraverso una serie di condotti anulari, scende al basso e risale per uscire attraverso un condotto centrale con velocità ascensionale inferiore a quella di sedimentazione dei granuli sabbiosi;
sedimentazione, per eliminare le sostanze in sospensione non allontanate con i trattamenti precedenti; può effettuarsi in chiarificatori a funzionamento per lo più continuo, costituiti da vasche rettangolari o circolari (decantatori del tipo Dorr: XII, p. 454) o in chiarificatori ad azione accelerata; per rendere più efficace l'azione della sedimentazione si può accoppiare a essa l'azione di flocculanti o di coagulanti (App. III, 1, p. 12), che favoriscono la formazione di fiocchi voluminosi, piu facili da separare (come flocculanti si possono usare sali di alluminio, solfato ferroso, polielettroliti, ecc.);
sgrassatura, che si esegue in vasche munite di diaframmi sommersi per una limitata profondità, in grado di arrestare le sostanze oleose che galleggiano;
flottazione, che serve ad allontanare particelle di difficile o di troppo lenta sedimentazione (di piccole dimensioni, oleose, ecc.); si realizza creando all'interno della massa una sviluppata serie di bollicine di aria che attaccandosi alle particelle disperse ne favoriscono l'innalzamento in modo da portarle in superficie e poterle poi allontanare.
I trattamenti chimici che si possono operare oltre a quelli di coagulazione e flocculazione comprendono la neutralizzazione per portare il pH nell'intervallo 6 ÷ 8,5: a seconda dei casi si aggiungono acidi per abbassare il pH delle a. troppo alcaline, o calce, ecc., per innalzare quello di a. troppo acide.
I trattamenti secondari comprendono i trattamenti biologici, effettuati in prevalenza con sistemi a letti percolatori o a fanghi attivi.
Il primo tipo di trattamento si esegue prevalentemente in percolatori ad azione intensiva (App. II, 1, p. 17); questi oggi si avvalgono dell'uso, come materiale di riempimento, di sostanze plastiche foggiate per lo più a nido d'ape, che accoppiano a una notevole leggerezza un'ampia superficie di contatto fra a. e aria.
I sistemi a fanghi attivi sono stati pure notevolmente migliorati soprattutto per quanto riguarda l'utilizzazione dell'ossigeno, che anziché essere soffiato può essere fissato mediante rotazione di spazzole formate da lamelle fissate a un albero rotante che pesca parzialmente nell'a. e anche a mezzo di piccole turbine che proiettano parte del liquido nell'atmosfera, dove le goccioline si saturano di aria.
Al posto dei sistemi a fanghi attivi si possono usare bacini di stabilizzazione poco profondi, ricavati nel terreno e dove le a. da smaltire rimangono più o meno a lungo (anche mesi) prima di essere riversate nei corsi d'acqua. La stabilizzazione è operata dai microorganismi aerobici che vivono a spese dell'ossigeno atmosferico (che si scioglie lentamente nell'a. e vi è immesso con sistemi meccanici) e di quello sviluppato da alghe o da piante acquatiche.
Le "fosse di ossidazione" sono un abbinamento dei bacini di stabilizzazione e del sistema a fanghi attivi. Sono costituite da canali, di forma circolare o ellittica, ricavati da scavi nel terreno, e ripetutamente percorsi dall'a. da trattare; la circolazione è operata dal moto di spazzole rotanti del tipo sopra ricordato, che assicurano anche l'ossigenazione. L'a. dopo una permanenza di alcuni giorni passa a un sedimentatore nel quale si separa il fango che in parte rientra nella fossa di ossidazione. Recentemente è stato proposto un sistema, che va rapidamente diffondendosi, costituito (fig. 1) da un pozzo verticale profondo scavato nel terreno e nel quale si realizza una circolazione dell'a. da trattare in presenza di fango attivo e di ossigeno. Il pozzo, in metallo o in calcestruzzo, ha profondità di 100 ÷ 300 m e diametro di 0,4 ÷ 10 m, a seconda del volume dell'a. da trattare. All'interno un cilindro metallico si estende quasi fino al fondo del pozzo. L'a. da depurare scende attraverso il condotto centrale e risale nello spazio anulare creato fra condotto centrale e parete del pozzo. Una corrente d'aria (o di aria sovraossigenata) immessa a una certa altezza nel cilindro centrale assicura la circolazione dell'a. e fornisce l'ossigeno necessario ai microorganismi aerobici per la demolizione delle sostanze organiche. Il tempo di permanenza dell'a. dipende dal grado d'inquinamento dell'a.; di solito è di alcune ore; all'uscita l'a. abbandona in un decantatore il fango attivo che trasporta.
Il sistema è caratterizzato da un basso costo d'installazione e di esercizio, da un'elevata utilizzazione dell'ossigeno dell'aria immessa, da una ridotta presenza di fango attivo.
La diffusione dei sistemi a fanghi attivi ha posto il problema dello smaltimento dei fanghi che rappresentano una massa di notevole volume (sono ricchi di acqua). Sono stati considerati numerosi sistemi: essiccazione parziale all'aria o disidratazione per centrifugazione o per filtrazione e utilizzazione come concimi; ossidazione con aria in autoclave a 15 ÷ 20 atm e 150 ÷ 200 °C, così da decomporre tutta la sostanza organica (formazione di CO2, N2, H2O vapore): il calore sensibile dei gas e vapori uscenti si può utilizzare per preriscaldare i fanghi e l'aria; dispersione in mare, lontano dalle coste, in zone profonde; digestione anaerobica, in modo da produrre un gas ricco di metano (70%) utilizzabile come combustibile (App. II, 11, p. 300); il fango che resta (circa metà di quello iniziale) è utilizzabile come fertilizzante.
Il crescente impiego di tensioattivi contenenti sali di fosforo, di fertilizzanti fosfatici, la diffusione dei sistemi di depurazione di fanghi attivi che richiedono per lo sviluppo dei microorganismi l'aggiunta all'a. di sostanze nutritive (composti azotati e fosforati), parte delle quali alla fine del trattamento rimangono nell'a. stabilizzata e insieme con questa vengono versate nei corsi d'a. dove agiscono da "fertilizzante", provocano e favoriscono la crescita di alghe e di piante acquatiche, talora in maniera notevole, ciò che provoca fastidi e danni (eutrofizzazione o eutroficazione).
Quanto ai trattamenti terziari, essi derivano dal fatto che, data la scarsità di a., in molte zone è necessario utilizzare le a. di scarico per usi industriali e talora anche per usi potabili. In questi casi occorre una depurazione più spinta per allontanare quelle sostanze non eliminate o non eliminabili con trattamenti primari o secondari e la cui concentrazione può accrescersi coi ripetuti ricircoli.
Questi trattamenti terziari variano in funzione dell'efficacia dei trattamenti precedenti, della natura delle a. da trattare e della loro destinazione. Possono comprendere: a) trattamenti di chiarificazione e filtrazione per allontanare le sostanze ancora in sospensione; si usano filtri a sabbia o tamburi filtranti con reti finissime, capaci di trattenere particelle anche di pochi micron; b) trattamenti di precipitazione chimica per favorire la coagulazione di sostanze colloidalmente disperse o per far precipitare fosfati usati come sostanze nutritive nei processi biologici a fanghi attivi, ioni di metalli pesanti, ecc.; c) trattamenti di flottazione per favorire l'allontanamento dei detergenti presenti; per ridurre gl'inconvenienti provocati da queste sostanze oggi si usano detergenti in gran parte biodegradabili; piccole quantità di detergenti non biodegradabili possono rimanere nelle a. di rifiuto e si possono allontanare per flottazione; d) trattamenti con carbone attivo, per eliminare le tracce di sostanze capaci d'impartire all'a. sapore sgradevole, odori o colori, consistenti nel far passare l'a. su filtri contenenti carbone attivo, un materiale dotato di spiccate capacità adsorbenti nei riguardi di queste impurezze.
Nella fig. 2 è schematizzato l'insieme dei trattamenti che si possono eseguire su di un'a. di scarico. Vedi tav. f. t.
Bibl.: G. M. Fair, J. C. Geyer, D. A. Okun, Elements of water supply and wastewater disposal, New York 19582; L. L. Ciaccio, Water and water pollution handbook, ivi 1971; Metcalf and Eddy, incorporated, Wastewater engineering: collection-treatment-disposal, ivi 1972; I problemi delle acque in Italia, relazione e documenti a cura del Senato della Repubblica, Roma 1972; G. Bianucci, E. Ribaldone-Bianucci, Il trattamento delle acque residue industriali ed agricole, Milano 1973; W. Triebel, Lehr- und Handbuch der Abwasser Technik, Berlino 19732; A. C. Twort, R. C. Hoather e F. M. Law, Water supply, Londra 19742; Pubblicazioni dell'IRSA (Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche), Roma.