Acquamanile
Prezioso recipiente destinato a contenere l'acqua per lavarsi le mani, foggiato a forma di animale, creatura leggendaria, cavaliere, testa o busto umano. Nel moderno uso linguistico per a. si intende specificatamente questo tipo di vaso figurato, ma nelle fonti scritte medievali il termine era riferito in senso generico al corredo da toletta, costituito da una brocca e da un catino, dove si raccoglieva l'acqua. Talvolta indicava solo la brocca e genericamente, a partire dai secc. 11° e 12°, qualsiasi recipiente usato per versare liquidi.
Nel Lib. Pont. (I, p. 221) è documentato già dal sec. 5°, quando Innocenzo I (401-417) donò un aquamanilis argenteus alla basilica dei Ss. Gervasio e Protasio (attuale S. Vitale) a Roma.
Manufatti di questo tipo apparvero contemporaneamente così in Occidente come in Russia e nel mondo islamico, ma mentre nel primo caso gli a. pervenuti sono databili solamente tra i secc. 12° e 15°-16°, nell'ultimo risalgono all'8° secolo.
Il termine in origine più usato per indicare gli a. era urceus, urceolus e anche vas manuale e manile, per tutti i tipi di recipiente, semplici o figurati, indipendentemente dalla loro forma. Venivano usati tanto per esigenze domestiche, quanto per le abluzioni rituali e facevano parte di una categoria di oggetti - candelieri oppure manici, versatoi, coperchi o piedi di recipienti più grandi - dalle forme molto varie: animali e creature fantastiche, uccelli, leoni, personaggi a cavallo, teste umane, grifoni, centauri, sīmurgh, arpie e così via.Poiché molti di questi oggetti erano prodotti a Dinant in Belgio, finirono per essere chiamati comunemente, nel loro insieme, anche dinanderie. *
di U. Mende
Numerose fonti scritte ricordano, tra gli oggetti appartenenti ai tesori delle chiese, l'a. destinato all'abluzione rituale delle mani del sacerdote sull'altare. Una menzione risalente al 1100 riguarda un recipiente a forma di colomba nel monastero di Saint-Trond (vescovado di Liegi) di rame con incrostazioni d'oro e argento. Una fonte della metà del sec. 13° (Chronicon Moguntinum) cita a. d'argento in gran numero nel tesoro del duomo di Magonza, in foggia di leone, drago e grifone, nonché di altri animali non meglio specificati e ornitomorfi. Nei tesori delle chiese si sono conservati molti a. in bronzo nonché alcuni in ceramica (nessuno in argento); altri provengono da municipi e castelli. Esemplari meno preziosi, in ceramica, vengono frequentemente alla luce negli scavi di borghi e città: menzionati insieme a quelli in metallo negli inventari e nei testamenti di principi e borghesi, essi confermano anche l'uso profano dell'a., adoperato per lavarsi le mani durante i banchetti, come dimostra l'immagine di un a. in foggia di drago, usato da Pilato, nel Salterio di Bonmont (Besançon, Bibl. Mun., 54, c. 11v) del 1230 circa.
Non si sono conservati catini di raccolta dell'acqua, riferibili per materiale e tecnica ad a. medievali di bronzo o di ceramica, poiché evidentemente la loro produzione artigianale era di tipo diverso. Tuttavia per l'epoca romanica è provato che catini in lamina di bronzo battuto, sul tipo delle c.d. 'coppe anseatiche', completavano gli a. ceramici e bronzei.
Questi ultimi sono tra i migliori esempi della produzione in bronzo medievale, fantasiosi nelle fogge, raffinati nella tecnica di esecuzione, piccole opere d'arte plastica e al tempo stesso utensili quotidiani. Come oggetti di lusso, venivano esportati ovunque, tanto che se ne sono trovati esemplari prodotti da una stessa bottega anche in regioni assai distanti tra loro, tra Magdeburgo e il Gotland, tra l'Ungheria e la Scandinavia e tra Norimberga e l'Italia settentrionale.
Gli a. sono prevalentemente zoomorfi e particolarmente frequente è la foggia a leone, spesso associato ad altri animali o a figure umane; diffusi sono anche gli a. a forma di cavallo, cane, cervo e quelli ornitomorfi, nonché di animali leggendari come draghi, grifoni, unicorni, centauri e altre creature fantastiche; la figura umana, busto o testa, s'incontra nel tipo del cavaliere armato o del cacciatore.
Realizzati con la tecnica della fusione a cera persa, gli a. sono cavi e per lo più con pareti sottili, lavorate successivamente e solo di rado completate da una doratura. Altrettanto raro e per lo più limitato alla fase iniziale della produzione, sembra l'uso di impreziosire gli a. decorandoli a niello, con placcatura d'argento o paste vitree incastonate (in età tardogotica appaiono anche parziali dipinture). Il materiale di fusione era costituito da una lega di rame e stagno e, più frequentemente, di rame e zinco. Data la loro destinazione, gli a. erano provvisti di aperture per essere riempiti d'acqua e per poterla versare, nonché di un manico per la presa.Il problema della datazione delle rappresentazioni zoomorfe degli a., per lo più fortemente stilizzate, e dell'ubicazione delle fonderie presenta ancora molte questioni aperte, riguardo soprattutto agli inizi e allo sviluppo della produzione nel 12° secolo. Importanti influssi che poterono favorire la creazione di questo tipo di recipiente e determinarne anche la configurazione specifica sono riconducibili all'arte islamica, in particolare alle figure in bronzo di catini, incensieri e fontane.
Uno dei primissimi esempi di a. occidentale è probabilmente l'esemplare a forma di drago (Londra, Vict. and Alb. Mus.), il cui materiale - bronzo dorato, placcato d'argento e decorato a niello - è di particolare interesse come termine di confronto con le notizie sulla colomba di Saint-Trond del 1100 ca.; è possibile ipotizzarne la fabbricazione nei primi anni del sec. 12° in una officina del territorio della Mosa. Tuttavia, sebbene in tale regione si sia avuta una particolare fioritura dell'arte della fusione in bronzo e dell'oreficeria, non sono molti gli a. romanici che si possono ritenere prodotti in questa zona. I più importanti centri di produzione di a. medievali erano concentrati nelle regioni della Germania settentrionale; numerosi esemplari provengono da fonderie della Bassa Sassonia e, a partire dalla metà del sec. 12°, assunse particolare importanza la città di Magdeburgo, dove si realizzavano a. dalle forme particolarmente fantasiose, per es. quello a forma di leone a Minden (Schatzkammer). In officine della Bassa Sassonia e della Germania settentrionale, fra cui di grande importanza furono Hildesheim e in seguito anche Lubecca, vennero prodotti numerosi a. a partire dal 13° e 14° secolo. Tipici di quest'epoca sono gli a. a forma di cavallo e cavaliere; non mancano peraltro figure di animali, tra cui sono relativamente diffuse varianti del leone particolarmente slanciate; dal sec. 15° le forme delle rappresentazioni di animali subirono una nuova tendenza alla stilizzazione. In quel periodo ebbe una notevole importanza, come sede di fonderie, anche Braunschweig, dove venne realizzato il più recente a. noto, a forma di leone, appartenente alla gilda dei fabbri della città e recante la data votiva del 1568. Nella Germania meridionale non sembra venissero prodotti a., con l'eccezione di Norimberga, dove intorno al 1400 venne fuso uno dei più bei gruppi di a. gotici, con figure di leoni, cavalli, cani ed esseri leggendari, di grande effetto decorativo, cui seguì una ricca produzione durante il 15° secolo.
Sul significato delle diverse forme di a. in rapporto alla funzione lustrale, soprattutto nell'uso liturgico, c'è ancora oggi incertezza. I singoli animali, gli esseri leggendari e gli altri motivi figurativi sono usuali nella simbologia cristiana del Medioevo ma, avendo ciascuno più di un significato possibile, è difficile risalire a quello specifico relativo agli acquamanili.
Anche nei diversi centri di produzione di terracotte dell'Europa centrale venivano realizzati a. figurati, in forme che imitavano quelle dei preziosi esemplari in bronzo. Più modesti non solo nel materiale usato, ma anche nella forma, venivano prodotti evidentemente solo per l'uso regionale, come si può dedurre dagli esemplari noti, provenienti in larga parte da scavi, che costituiscono da un punto di vista formale complessi omogenei.
Gli a. di ceramica, rinvenuti soprattutto in castelli e aree urbane, sono documentabili per un periodo che dal sec. 12° arriva al sec. 16°; raffigurazioni di cavalli e cavalieri costituivano le forme più diffuse, ma erano presenti anche esemplari ornitomorfi e in foggia di leone, cane, cervo, ariete e gallo.
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di E. Cruikshank Dodd
La fonte di ispirazione di tutti e tre i gruppi di a. medievali noti - spagnoli, occidentali e russi - è stata fatta risalire a modelli islamici, che pare giungessero in Europa in notevole quantità, come viene documentato frequentemente negli inventari medievali. Per es. fra i tesori di Carlo V il Saggio, re di Francia dal 1337 al 1380, sono enumerate varie opere "fatte dai saraceni" (opus sarracenum), fra cui una statuetta di cammello (Labarte, 1879), simile a quella bronzea di Cambridge (MA), Fogg Art Mus. (Grabar, 1959). In realtà sono pervenute dinanderie a imitazione di modelli islamici in una varietà assai maggiore rispetto agli originali conservati.
L'a. ha in Oriente una lunga storia. Recipienti in forma di uccelli, leoni e bestie fantastiche passarono attraverso l'arte sasanide all'Islam (Orbeli, Trever, 1935; Orbeli, 1938; Shepherd, 1966). Il più antico vaso metallico islamico, conosciuto e documentato ha la forma di un falcone (Leningrado, Ermitage) e dovrebbe trattarsi di un incensiere, piuttosto che di un a., dal momento che presenta inferiormente un'apertura per introdurre l'incenso e per svuotare la cenere. Un'iscrizione lo data al 180 a.E./796-797 (Orbeli, 1938; Meyer, 1959; Scerrato, 1966; Melikian-Chirvani, 1973; Baer, 1983), anche se Diakonov (1947) lesse l'anno come il 105 a.E./723-724. Un altro antico recipiente di bronzo, islamico, noto come 'brocca di Marwān' (Cairo, Mus. of Islamic Art), del sec. 8°, ha il versatoio a forma di gallo (Orbeli, 1938; Scerrato, 1966; Melikian-Chirvani, 1973; Baer, 1983) e appartiene a un gruppo di opere simili, tutte con versatoi ornitomorfi.
Degli a. islamici solo il recipiente in bronzo (Leningrado, Ermitage), raffigurante una femmina di zebù che allatta il suo piccolo, assalita da un leone che forma il manico (Diakonov, 1935; 1947; Harari, 1939; Melikian-Chirvani, 1968), è datato da un'iscrizione al Muḥarram 603 a. E./8 agosto 1206 (Giuzalian, 1968).Il leone è la figura più comune negli a. islamici, come mostra per es. un bronzetto fatimide (Kassel, Staatl. Kunstsammlungen) con un'iscrizione cufica (Migeon, 19272; Mayer, 1959; Cruikshank Dodd, 1969) che somiglia notevolmente a due leoni occidentali - uno dei quali, ritenuto del sec. 12°, è conservato a Oslo (Univ. Oldsaksamling; von Falke, Meyer, 1935; Cruikshank Dodd, 1969) mentre il secondo, splendidamente decorato, è stato acquistato dal Nationalmus. di Copenaghen (Suger, 1959; Sept mille, 1961; Cruikshank Dodd, 1969), - nonché a numerosi altri esemplari (von Falke, Meyer, 1935). Alcuni dei piccoli leoni islamici di questo tipo erano forse pertinenti piuttosto a fontane, come l'esemplare in bronzo del Mus. of Islamic Art del Cairo (Cruikshank Dodd, 1969, fig. 7; Melikian-Chirvani, 1973, nr. 195); un leone proveniente dalla Spagna, oggi al Louvre (Migeon, 19272; Gomez-Moreno, 1951; Cruikshank Dodd, 1969) o l'esemplare, forse un leone, conservato a Firenze (Mus. Naz. del Bargello; Migeon, 19272, p. 379, fig. 186; Scerrato, 1966, p. 72, tav. 30). A loro volta questi piccoli animali di bronzo imitano i leoni, di maggiori dimensioni, delle fontane (per es. quelli del palazzo dell'Alhambra a Granada) o anche scoiattoli, cavalli e altri animali, secondo un uso che ha radici profonde nella tradizione del Vicino Oriente (Cruikshank Dodd, 1972).
A. islamici in forma di daino con corna sono conservati a Napoli (Mus. Archeologico Naz.), a Monaco (Staatl. Mus. für Völkerkunde; Kühnel, 1912; Erdmann, 1938; Scerrato, 1966) e a Leningrado (Ermitage; Kühnel, 1912; Sarre, 1922; Erdmann, 1938; Diakonov, 1947; Trever, 1959). I daini di Napoli e di Monaco (ai quali sono simili gli a. occidentali di questa forma; von Falke, Meyer, 1935, nrr. 536, 545) sono stilisticamente legati all'arte fatimide dei secc. 11° e 12°, mentre la datazione della gazzella, o daino, priva di corna, dell'Ermitage è incerta, poiché è pervenuto pochissimo materiale con cui porla in rapporto stilistico. Sebbene Smirnov (1902) e Orbeli, Trever (1935) la definiscano 'sasanide', essa potrebbe appartenere invece all'arte islamica (Melikian-Chirvani, 1968). Alla gazzella dell'Ermitage vanno accostati due arieti occidentali, uno a Kiev (Kievskij muz. zapadnogo i vostočnogo iskusstva; Darkevitch, 1966) e uno a Copenaghen (Nationalmus.; von Falke, Meyer, 1935, nr. 507) vicini peraltro anche a due a. fatimidi di stessa forma, nel Mus. of Islamic Art al Cairo (Cruikshank Dodd, 1972) e a Berlino (Staatl. Mus.; Erdmann, 1938), analoghi, per loro conto, ad a. della Spagna (Gomez-Moreno, 1951); ma è in ogni caso probabile che i due arieti occidentali imitassero esemplari islamici perduti.
Fra i più antichi a. islamici sono da segnalare quelli ornitomorfi, come l'a. a forma di gallo dell'Ermitage, non datato e generalmente attribuito al periodo islamico 'sotto influenza sasanide' (Kühnel, 1912; Sarre, 1922; Orbeli, Trever, 1935; Orbeli, 1938; Diakonov, 1947); nello stesso museo è conservato un a., raffigurante un'oca, che si ritiene risalga anch'esso ai primi secoli della storia dell'Islam piuttosto che a età più tarda (Kühnel, 1912; Sarre, 1922; Orbeli, Trever, 1935; Diakonov, 1947; Trever, 1959). Due a. occidentali in forma di gallo (Reifferscheid, 1912; von Falke, Meyer, 1935) dal becco spalancato che forma il versatoio del recipiente, somigliano ai galli del gruppo islamico cui appartiene l'esemplare di Marwān; uno dei due, ora a Francoforte, reca un'iscrizione in latino con la data 1155: per quanto non vi siano a. islamici ornitomorfi attribuibili alla stessa epoca, è probabile che queste figure medievali fossero copie di esemplari andati perduti. Un altro recipiente documenta i contatti fra i laboratori orientali e occidentali: un a. a forma di pavone (Parigi, Louvre) reca le iscrizioni "Opus Salomonis erat" e, in arabo, "fatto da 'Abd al-Malik il Cristiano" (Migeon, 19272). L'a. potrebbe essere stato prodotto in Sicilia nel sec. 11° o 12° (Longperier, 1883); esso non può essere definito islamico in senso proprio, in quanto l'artigiano che lo eseguì era un cristiano; peraltro costui era certamente arabo e lo realizzò in stile orientale. In definitiva, questo oggetto rivela con chiarezza l'epoca e la via di diffusione dell'uso degli a. in Europa.
È difficile trovare nella produzione islamica esempi di a. contemporanei al gallo e all'oca occidentali in precedenza citati; tuttavia nel monastero di S. Caterina sul Sinai se ne conserva uno in forma di falcone che Baer (1983) attribuisce al sec. 8° o al 9°, ma che potrebbe essere stato realizzato nel Cairo fatimide. Stilisticamente appare posteriore al falcone datato dell'Ermitage (Sarre, 1930; Erdmann, 1941; Diakonov, 1947), vicino a sua volta a un altro a Berlino (Staatl. Mus.). Questi ultimi esemplari peraltro sembrano piuttosto incensieri: la forma dei recipienti ornitomorfi, infatti, appare usata nell'Islam più per gli incensieri che per gli a. (Baer, 1983; Atil, Chase, Paul, 1985).Secondo una tradizione risalente al mondo classico, per secoli i volatili continuarono infatti ad apparire in qualche modo associati allo spirito o all'anima, e (anche nella Chiesa cristiana l'incensiere valeva a indicare la presenza dello Spirito Santo) per questo sono rari i recipienti per bere di questa forma, tanto nell'Islam quanto in Europa.
Esistono altre forme di a. occidentali che non trovano corrispettivi con opere islamiche conservate, ma che, ciò nonostante, furono certamente copiate da modelli successivamente scomparsi. Le decorazioni, infatti, sono caratteristiche della tradizione islamica, come mostra per es. un drago della Coll. von Thyssen Bornémisza a Lugano (von Falke, Meyer, 1935; Cruikshank Dodd, 1969); del resto anche le forme di altri a. europei riproducono quelle di animali favolosi originari del Vicino Oriente (Turner, 1980), come il sīmurgh (von Falke, Meyer, 1935), il drago, la sfinge, il centauro (Cruikshank Dodd, 1969) e l'unicorno (Ettinghausen, 1950), dei quali tuttavia non è rimasta traccia fra gli a. islamici in bronzo. Le stesse tipologie ricorrono in oggetti realizzati in ceramica (Grube, 1966; Cruikshank Dodd, 1969; Rogers, 1969; Watson, 1981), alcuni dei quali (così l'esemplare nel Mus. of Islamic Art al Cairo) usati per l'acqua. La maggior parte di essi peraltro non sembra avesse alcuna funzione particolare: erano semplicemente oggetti curiosi od ornamentali. A questa categoria appartengono varie figure equestri in ceramica (Cruikshank Dodd, 1969).
A. a forma di cavallo sembrano essere stati particolarmente diffusi fra le dinanderie medievali (von Falke, Meyer, 1935), ispirati anch'essi a modelli islamici scomparsi. Un bel cavallo in bronzo all'Ermitage (Kühnel, 1912; Migeon, 19272; Sarre, 1930; Orbeli, Trever, 1935; Orbeli, 1938; Cruikshank Dodd, 1969) viene generalmente considerato precedente alle dinanderie di età medievale; usato per bruciare l'incenso, in origine portava in groppa il cavaliere, sicché deve essere considerato fra i modelli di una vasta categoria di a. medievali in forma di figura equestre (von Falke, Meyer, 1935; Cruikshank Dodd, 1969). Data la vasta diffusione di questa tipologia fra gli a. europei, stupisce che non ne sia rimasto invece alcun esemplare islamico in bronzo: esiste infatti un unico incensiere sasanide bronzeo di questa forma all'Ermitage (Orbeli, Trever, 1935; Orbeli, 1938; Trever, 1959; Cruikshank Dodd, 1969). Ciononostante è ugualmente possibile che la presenza del motivo tra gli a. occidentali sia dovuta a un influsso dell'arte islamica, dato che esso vi appare di fatto ampiamente diffuso (Cruikshank Dodd, 1969).
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