Vedi ACQUAROSSA dell'anno: 1973 - 1994
ACQUAROSSA (v. s 1970, p. 7)
Gli scavi dell'Istituto Svedese di Studi Classici di Roma sono stati condotti per dieci stagioni consecutive (1966-1975) con una campagna conclusiva nel 1978. La pubblicazione dei ritrovamenti, iniziata nel 1981, comprende ora una serie di volumi, in particolare monografie riguardanti varie categorie di terrecotte architettoniche. Più in generale і risultati sono illustrati in una mostra inaugurata nel 1986 al Museo Archeologico Nazionale di Viterbo.
Lo studio dell'acropoli è proseguito nelle ultime campagne mediante lo scavo di saggi in trincea per un reticolo complessivamente lungo più di 5 km. Sedici aree di scavo più estese (zone А-R) sono state esaminate con maggior cura. Nonostante і gravi danni provocati dalle mоderne arature è emerso un quadro abbastanza completo dell'estensione e della struttura della città. Si può stabilire con certezza non solo che tutte le parti dell'acropoli erano occupate da edifici, ma anche che l'area destinata alle abitazioni si estendeva molto più a S di quanto non si era immaginato inizialmente. L'estensione totale (c.a 32 ha) con un numero di abitanti difficilmente inferiore alle 5000 unità, prova che non si tratta di un centro minore, come si era pensato inizialmente, ma piuttosto di un sito d'importanza paragonabile a quella di centri come Falerii Veteres.
La città etrusca si sviluppò rapidamente, in apparenza senza una pianificazione urbanistica. Le case sembrano per lo più disposte in ordine sparso, spesso raggruppate intorno a un cortile centrale. La sola testimonianza dell'esistenza di un orientamento Ortogonale si riferisce all'ultimо periodo di vita della città; da un lato è ravvisabile negli edifici monumentali della zona F, dall'altro nel gruppo di case sul Pian del Sale (la parte NO dell'acropoli, situata a un livello leggermente più basso), che presentavano pareti più o meno parallele fra loro. Gli scavi condotti finora sono tuttavia troppo limitati per consentire di giungere a conclusioni significative. Almeno trentanove case sono state scavate completamente o in parte, e nei saggi ne sono state individuate tracce per un numero quasi uguale. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, non è stato possibile definire nei particolari il loro carattere. In molti casi, precedenti proposte di ricostruzione hanno dovuto essere considerevolmente modificate, p. es. quella dei due edifici delle zone B e D che in un primo tempo erano stati paragonati alla casa orientale a iwân. Si ha l'impressione di trovarsi di fronte, anziché a tipi di case ben definiti, a piante progettate di volta in volta a seconda delle esigenze specifiche. Il numero delle stanze varia da uno a tre o forse quattro; le dimensioni da 30 a 75 m2 circa. Sorprende l'assenza di case veramente grandi: forse le differenze in campo sociale non si riflettevano nell'architettura privata; a meno che il gruppo di quattro case raggruppate intorno a un cortile centrale nella zona B non debba essere interpretato come parte di uno stesso complesso.
Tra і rinvenimenti, la classe di materiale più importante è rappresentata dalle terrecotte architettoniche: tegole lisce, dipinte o arricchite da particolari a rilievo con funzione decorativa. I numerosi elementi decorativi che sono stati rinvenuti in quasi tutte le case e che, di conseguenza possono difficilmente essere considerati un segno di differenziazione sociale, hanno reso possibile una classificazione dei tetti in tre fasi distinte. Nella prima, risalente alla fine del VII e agli inizi del VI sec., a.C., artigiani locali adottarono la soluzione del tetto coperto da tegole nelle sue componenti fondamentali, ma realizzando frequenti variazioni nella decorazione e nell'insieme costruttivo. Gli elementi decorativi sono desunti dal repertorio locale della red ware: fregi di cavalli e uccelli, motivi geometrici (losanghe tratteggiate, semicerchi pendenti, ecc.), per lo più accostati senza tener conto di un effetto complessivo coerente. La seconda fase, agli inizi del VI sec., rappresentò il risultato di nuovi e più stretti contatti con la cultura greca. Elementi architettonici come le sime rampanti e quelle laterali, elementi decorativi come le trecce e і fregi a palmette e fiori di loto, svolgono ora un ruolo determinante. La terza fase, posta intorno alla metà del VI sec., comportò un radicale mutamento rispetto alle precedenti tradizioni. Le case private più recenti presentano tetti a tegole con molte innovazioni di carattere tecnico, ma sono prive di ogni genere di decorazione. Dalla metà del VI sec. in poi, la decorazione architettonica è limitata ad antefisse eseguite a stampo e a lastre a bassorilievo utilizzate in edifici monumentali con una funzione sacra più o meno evidente. Frammenti di queste lastre sono stati rinvenuti in varî punti dell'acropoli, ma solo in un caso, quello degli edifici monumentali della zona F, è stato possibile associarli a resti di strutture architettoniche.
Non è possibile stabilire l'esatta funzione di quest'area, che potrebbe tuttavia costituire una sorta di centro con funzione sacra e civile. L'esame particolareggiato delle terrecotte architettoniche ha reso possibile una ricostruzione più sicura degli edifici: il porticato che si estende da N a S era decorato con antefisse a teste femminili e lastre a rilievo del tipo A, mentre la costruzione a N del cortile (dapprima identificata con un tempio) presentava sia le antefisse sia і rilievi di tutti і quattro tipi rinvenuti nella zona. Si potrebbe spiegare abbastanza facilmente tale accostamento con l'ipotesi che l'edificio fosse provvisto di un frontone rivolto verso il cortile, una soluzione in sintonia con і punti di ritrovamento dei circa tremila frammenti in terracotta che si sono raccolti.
A parte le terrecotte architettoniche, il resto della documentazione si presenta modesto dal punto di vista artistico. La ceramica è per lo più di tipo locale, priva di decorazione, mentre esisteva una intensa produzione di red ware. Le importazioni greche sono estremamente rare, la ceramica attica è del tutto assente. Quella etrusco-corinzia è del tipo più semplice, anche se sono attestati sporadicamente alcuni pezzi attribuibili, per fare un esempio, al Pittore dell'Albero e al Gruppo di Monte Abatone. Il bucchero, in quantità limitata, solo in pochi casi presenta decorazioni figurate. Tre fornelli da cottura sono ornati con protomi di ariete. Rari sono gli oggetti metallici: un piccolo vaso di bronzo è stato trovato sull'acropoli, ma, a parte questo, sono attestati soltanto piccole fibule e frammenti informi di bronzo. Le possibilità di pervenire a cronologie assolute sono pertanto assai limitate.
I ritrovamenti della tarda Età del Ferro possono essere attribuiti agli inizi e alla metà del VII secolo. La città etrusca si costituì intorno al 625 o in un momento leggermente anteriore; la sua fine potrebbe risalire al 550/525 a.C. circa. Poiché mancano tracce di devastazioni belliche, si può sospettare che A. sia stata distrutta da un terremoto.
BibL.: A. Emiliozzi, La collezione Rossi Danielli nel Museo Civico di Viterbo, Roma 1974; c. E. Östenberg, Case etrusche di Acquarossa, Roma 1975; Acquarossa (Acta Instituti Romani Regni Sueciae, s. in 4°): I. I-2, Ch. Wikander, The Painted Architectural Terracottas, Stoccolma 1981, 1988; II. 2, Ch. Scheffer, The Cooking Stands, Stoccolma 1982; III. M. B. Lundgren, L Wendt, Zone Α., Stoccolma 1982; IV. E. Rystedt, Early Etruscan Akroteria, Stoccolma 1983; V. I, M. Strandberg Olofsson, The Head Antefixes and Relief Plaques, Stoccolma 1984; VI. I, Ö. Wikander, The Roof-Tiles, Stoccolma 1986; AA.VV., Architettura etrusca nel viterbese (cat.), Roma 1986.
)