ACQUAVIVA D'ARAGONA, Giovan Francesco
Figlio forse di Giulio Antonio, duca d'Atri e conte di Conversano, e di Anna Gambacorta, nel 1528, insieme al padre, avrebbe combattuto a favore dei Francesi contro gli Spagnoli all'assedio di Napoli. Dopo la vittoria di questi ultimi, avrebbe militato nell'armata d'Italia, sotto il comando del conte di Saint-Pol, per poi riparare in Francia. Dichiarato nel 1530 ribelle dagli Spagnoli, insieme con il padre, e privato dei beni e dei titoli aviti (che egli non cessò mai di rivendicare, facendosi tra l'altro chiamare sempre duca d'Atri), visse alla corte francese, godendo di una pensione reale pare di 500 lire tornesi annue, elevate in seguito a 3000, ed infine, nel 1549 da Enrico II, a 6000. Pur non ricoprendo cariche ufficiali, oltre a quella di "gentilhomme de chambre" (non risulta che sia stato membro del Consiglio di stato di Francesco I, come dice il Litta), godette prima del favore di Francesco I, che nel 1546 gli concesse anche la signoria della terra di Briecomte-Robert in Turenna, poi, ancor più, di Enrico II e di Caterina de' Medici.
Questa, raccomandando nel 1585 al cardinale Ippolito d'Este Marcello Acquaviva, ricordava ancora Giovan Francesco e scriveva che egli "estoit du feu roy monseigneur autant aimé que nul prince étranger qui fut au royaume" (Lettres, VIII, p. 235). Una lettera manoscritta dell'A. a Caterina de' Medici, del 24 nov. 1561, in cui egli intercede a favore del principe di Melfi, caduto allora in disgrazia, è conservata alla Bibliothèque Nationale di Parigi (Ms. fr. 3344, f. 17).
L'A., insieme a Giambernardino di Sanseverino duca di Somma, a Giovanni Caracciolo principe di Melfi, del quale sposò la figlia, e a Fernando Sanseverino principe di Salerno, fu uno dei capi del gruppo di rifugiati napoletani che si agitò a corte, sotto Francesco I ed Enrico II, cercando a più riprese di spingere la monarchia francese alla riconquista del Napoletano. Particolarmente nel 1547-48, quando la politica antispagnola del pontefice Paolo III parve dar alimento alle speranze dei fuorusciti, l'A. dovette cercare attivamente di indurre a questa impresa sia il re Enrico II sia il pontefice, alla cui corte egli si trovava nell'ottobre dello stesso anno. L'attività dell'A, e di altri fuorusciti napoletani presso la Curia provocò allora una protesta da parte di Carlo V, che chiese al papa la loro espulsione, ricevendone però un rifiuto. In seguito però l'A. ritornò in Francia, dove intorno al 1554 fu nominato da Enrico II cavaliere di San Michele.
Nel 1557, quando finalmente Enrico II decise di tentare la riconquista del regno di Napoli, l'A., insieme con il principe di Salerno, partecipò alla spedizione guidata da Francesco di Guisa, con il compito di provocare il sollevamento della nobiltà napoletana contro gli Spagnoli. Ma poiché tale sollevamento non ebbe affatto luogo, Francesco di Guisa, poco dopo aver varcato i confini del Regno, decise di porre termine alla spedizione. Tornato in Francia, l'A. trascorse i suoi ultimi anni a corte.
Il Brantôme lo ricorda, insieme con il duca di Somma ed il principe di Salerno, tra i capi dei fuorusciti napoletani che vivevano a corte "faisans à tout le monde plus de pitié que d'envie et qui mouraient quasi defaim". Se, per quanto riguarda la condizione economica dell'A., l'accenno del Brantôme è certo molto esagerato (poiché egli percepì fino alla morte la cospicua pensione di 6000 lire tornesi annue, come dimostrano le ricevute di sua mano conservate alla Bibliothèque Nationale di Parigi, Pièces originales,t. 81, Acquaviva),certo è che egli non esercitò più alcuna influenza politica, e, pur continuando a godere del favore di Caterina de' Medici, dovette rinunciare definitivamente ai piani di riconquista dei suoi feudi.
Morì a Parigi nel 1569. Aveva sposato Camilla Caracciolo, figlia del principe di Melfi. Ebbe un figlio, Giosia, che morì in tenera età, ed una figlia, Anna.
Fonti e Bibl.: P. Litta, Fam. cel. ital., Acquaviva,tav. IV; P. de Bourdelle de Brantôme, Oeuvres complètes, II Paris 1866, p. 28; VII, ibid. 1873, p. 235; Catalogue des Actes de François I, IV, Paris 1890, p. 525;VI, ibid. 1894, pp. 816; VII, ibid. 1896, p. 571, VIII, ibid. 1905, pp. 63 e 109; Lettres de Cathérine de Médicis, a cura di G. Baguenault de Puchesse, VIII. Paris 1901, p. 235; Nuntiaturberichte aus Deutschland 1533-1559, a cura di W. Friedensburg, X, Berlin 1907, p. 573; J. B. L'Hermite de Soliers, Naples Françoise,Paris 1673, pp. 28-29; E. Picot, Les Italiens en France au XVIe siècle, Bordeaux 1901, pp. 21-22, 138-139; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion,Paris 1913, I, pp. 170-172, 188; II, p. 113.