ACQUAVIVA D'ARAGONA, Giovanni Antonio Donato
Nacque a Cellino nel 1485, terzogenito di Andrea Matteo e di Isabella Piccolomini d'Aragona. Al momento della rivolta di Atri contro il duca (1504), trovò rifugio prima nella fortezza di Cellino e poi a Ripatransone, vivendo all'ombra paterna dopo la liberazione di Andrea Matteo. Questi, ripartendo nel 1511 i suoi feudi, assegnò a Giovanni quelli di Gioia, Acquaviva, Casamassima e Cassano, col titolo di conte di Gioia.
Animo alieno da avventure, accettò senza riluttanza la dominazione degli Spagnoli, rimanendo loro fedele al momento della invasione del Lautrec (1528), anzi cooperando alla difesa di Taranto sia con la partecipazione personale alle operazioni militari, sia con un contributo di 13.000 ducati. Dopo la morte del fratello maggiore Gian Francesco e del padre Andrea Matteo e la ribellione di suo nipote Giulio Antonio conte di Conversano, rimasto unico erede del patrimonio degli Acquaviva, riuscì, dopo una difficile e costosissima causa col fisco, a vedere riconosciuti i propri diritti, per cui divenne duca d'Atri e conte di Conversano.
Per quanto si ricordino di lui fatti d'arme come la difesa di Cellino contro Ascanio Colonna, che ne era stato investito da Carlo V, e l'approntamento difensivo di Conversano in previsione d'un attacco turco, l'attività più cara all'A. fu quella letteraria; egli continuava così la tradizione del padre e dello zio. Musico, poeta latino, di non comune cultura, curò a Napoli nel 1526 l'edizione della traduzione paterna di Plutarco, con i commentari. Dalla moglie Isabella Spinelli di Canati, sposata nel 1520, ebbe tredici figli, tra cui il famoso Claudio.
Morì il 21 sett. 1554.
Bibl.: P. Litta, Fam. cel. ital., Acquaviva, tav. V; V. Bindi, Castel S. Flaviano. Studi storici archeologici ed artistici, III, Napoli 1881, pp. 140-144, a cui possono aggiungersi le indicazioni che dà G. Bolognini, Storia di Conversano, Bari 1935, pp. 127 s., 264. Per l'attività e la cultura letteraria di questo A. si veda V. Bindi, Di G. A. A. conte di Gioia e di una rara edizione napoletana del principio del sec. XVI, in Riv. delle Biblioteche, IV (1891), pp. 157-159.