ACQUAVIVA
. Famiglia feudale napoletana di origine abruzzese (così denominata, probabilmente, dalla terra di Acquaviva nella Valle Siciliana), una delle sette grandi case del Regno, iscritta nella nobiltà di Napoli (seggio di Nido), di Benevento e di Palermo, oltre che in quella veneziana; imparentata con i re aragonesi, dei quali, per concessione di Ferdinando I, in data 30 aprile 1479, aggiunse ai proprî il nome e lo stemma. Capostipite della casa è ritenuto Rinaldo di Acquaviva, il quale da Enrico VI di Svevia ottenne varie terre comprese nella regione teramana (1195). A tali feudi se ne aggiunsero più tardi molti altri, compresi nella stessa regione e nella contigua marca di Ancona. Antonio di Acquaviva fu il primo a portare i titoli di conte di San Flaviano (Giulianova) e di Montorio, concessigli da Carlo III di Durazzo nel 1382. Egli stesso comprò le città di Atri, di cui i suoi maggiori erano considerati da tempo primarî cittadini, e di Teramo, e fu il primo duca di Atri, per concessione di re Ladislao (1393). Suo figlio, Andrea Matteo I, successogli nel 1395, sostenne re Ladislao, e venne ucciso in Teramo dai Melatini, già alleati di Antonio d'Acquaviva, che con il loro aiuto aveva occupato la città (17 febbraio 1407). Il popolo vendicò la morte del duca, squartando e bruciando gli uccisori. Un figlio di Andrea Matteo I, Giosia, combatté a Ponza contro i Genovesi, e fu fatto prigioniero insieme con Alfonso il Magnanimo. Da lui nacque Giulio Antonio, il quale, da Caterina, figliuola di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, principe di Taranto, ebbe in dote varie terre in Puglia, che costituirono la contea di Conversano. Egli partecipò alla prima congiura dei baroni contro Ferdinando d'Aragona; ma, riconciliatosi col re, lo servì fedelmente, tanto che il sovrano gli concesse di associare al cognome originario della famiglia quello d'Aragona. Giulio Antonio fondò Giulianova, trasportandovi gli abitanti del borgo di San Flaviano (Castrum Divi Flaviani), funestato dalla malaria, e morì all'assedio di Otranto contro i Turchi (7 febbraio 1481).
Abbondano in questa famiglia, nell'età medievale e moderna, uomini d'arme, di chiesa e di lettere. Andrea Matteo III, marchese di Bitonto, figlio e successore di Giulio Antonio, riunì nelle sue mani i feudi paterni di Abruzzo e quelli pugliesi della madre. Accademico pontaniano, traduttore da Plutarco, mecenate e amico di letterati, come il Pontano e il Sannazaro, dei quali stampò le opere in una tipografia da lui stesso fondata, Andrea Matteo congiurò contro Ferdinando d'Aragona (1486), ma fu perdonato e riammesso in grazia del re, che gli concesse l'ufficio di gran siniscalco del regno. Alla discesa dei Francesi, ne seguì le parti, e a Rutigliano venne fatto prigioniero dal gran Capitano, il quale, vedendolo, fu sì lieto della preda da esclamare che la guerra si poteva ormai considerare finita. Aderì poi agli Spagnuoli, e fu tra i baroni che fecero corteo al Re Cattolico, quando questi sbarcò a Napoli (1506); salvo poi schierarsi di nuovo a lato dei Francesi, quando costoro ritornarono nel regno col Lautrec. Visse fino al 1529. Un suo ritratto ad affresco, di Andrea da Lecce, è nel duomo di Atri. Il fratello di lui Belisario, autore di un trattato De principum liberis instituendis, seguì invece costantemente le parti della Spagna, per la quale combatté a Cerignola e al Garigliano, e da Ferdinando il Cattolico fu creato duca di Nardò. Da Giovanni Antonio nacquero Giovan Girolamo I, decimo duca d'Atri, scrittore di versi (accolto dal Boccalini nel suo Parnaso), che partecipò alla battaglia di Lepanto, e Claudio (v.), quinto generale della Compagnia di Gesù.
Dei figli di Giovan Girolamo, Giulio (1546-1574) fu inviato da Pio V a Madrid per presentare a Filippo II le condoglianze per la morte di Don Carlos (1568), e due anni appresso venne creato cardinale; Ottavio (1560-1612), compendiatore della Summa tomistica, fu elevato alla porpora da Gregorio XIV (1591) e nominato arcivescovo di Napoli da Leone XI (1605); Rodolfo (v.) finì martire della fede nelle Indie. Nel sec. XVII, accanto a due cardinali, Ottavio (1609-1674), e Francesco (1665-1725), nunzio presso Filippo V di Spagna, si trova Giovan Girolamo II, XV duca di Atri, il quale visse fino al 1709 e, pur senza fortuna, difese Pescara contro l'esercito austriaco di Carlo VI; nel sec. XVIII, Troiano, cardinale e ambasciatore di Spagna in Roma, dove morì nel 1747. A lui, che per qualche tempo ebbe ai suoi servigi il Casanova, venne dedicata l'edizione del 1744 della Scienza Nuova. Allo stesso secolo appartengono Rodolfo, gesuita e letterato, e Pasquale (1719-1788), ultimo cardinale della famiglia. Bstintosi in questo secolo il ramo dei duchi d'Atri, Ferdinando IV, nel 1790, conferì quel titolo al ramo superstite degli Acquaviva di Conversano, che si era distaccato dall'altro nel 1595, e nel quale si era riunito anche il ramo dei duchi di Nardò.
Nelle vicende politiche successive, gli Acquaviva si mantennero fedeli ai Borboni, tanto che videro distrutta dall'esercito repubblicano la loro casa di Abruzzo, con la ricca biblioteca; e uno di essi fu imprigionato dai giacobini nel castel Sant'Elmo di Napoli. Più tardi, passati ai Francesi, ottennero dal Murat uffici civili e militari. Dopo la restaurazione, la famiglia ridiventò borbonica; ma, caduta la dinastia nel 1860, accettò il nuovo ordine di cose, militando nel partito liberale moderato. Luigi Acquaviva d'Aragona, duca d'Atri e conte di Conversano, fu infatti senatore del regno d'Italia.
Bibl.: A. A. Cosmo de' Bartolomei, Sulla nobilissima famiglia italiana degli Acquaviva, Ascoli 1840; P. Litta, Famiglie celebri italiane: Famiglia Acquaviva, Milano 1843; F. Savini, Le famiglie feudali della regione teramana nel medioevo, Roma 1917. Per Andrea Matteo III, L. Volpicella, Note biografiche al "Liber Instructionum" di Ferdinando I d'Aragona, Napoli 1916; V. Bindi, Gli Acquaviva letterati, Napoli 1881; Hermann, Miniaturhandschriften aus der Bibliothek des Herzogs Andrea Matteo III Acquaviva, Vienna 1898; G. Cherubini, in Il Giambattista Vico, IV (1857), p. 1.