Vedi ACROTERIO dell'anno: 1958 - 1994
ACROTERIO (v. vol. I, p. 55)
Composizioni ornamentali. ―Gli a. centrali a motivi vegetali, già dalla metà del VI sec. a.C., si compongono spesso in unità tripartite, con due sfingi simmetricamente antitetiche alle estremità, come p. es. Tempio di Artemide nel Dèlion di Paro. Queste composizioni raggiungono la loro più completa espressione verso il volgere del secolo, nel Tempio di Aphaia a Egina, dove l'elemento vegetale centrale è affiancato da due figure femminili.
Nel corso del V sec. a.C. le figure femminili, animate dal più generale spirito antropocentrico dell'età classica, rapidamente sostituiscono nelle posizioni di a. laterali gli esseri mitici fantastici, nel Tempio di Posidone a Capo Sunio, nell'Heràion di Argo, nel Tempio di Atena Alèa a Tegea, nel Tempio di Artemide a Epidauro e nello Hieròn di Samotracia. Lo stesso sistema deve aver caratterizzato la disposizione degli a. del Partenone, come pure di altri templi, a giudicare dalle figure femminili conservate, in coppie o in singoli esemplari, senza che sia stata sempre possibile la ricostruzione degli originari complessi di appartenenza, come accade per le Aure dell'ex-Lateranense (Museo Gregoriano Profano) da Palestrina, per le figure che coronavano il frontone dell'Amazzonomachia nel Tempio di Apollo Sosiano a Roma, per le figure frammentarie di Tindari in Sicilia e per altre ancora, note da successive trasformazioni e trasposizioni. Lo stesso vale anche per le Nikai che frequentemente si incontrano come a., pur essendo ignoto il nucleo centrale della composizione, nel Tempio dei Pisistratidi sull'acropoli di Atene, nel Tempio di Apollo e nel thesauròs dei Massalioti a Delfi, nel Tempio di Atena a Siracusa, nell'Hephaistèion di Atene e nel Tempio di Atena a Mazi in Elide. Poiché relativamente poche Nikai occupano la posizione di a. centrali, la ricostruzione di una Nike resta dubbia ― almeno come possibilità teorica ― tanto alla sommità del thesauròs dei Sifni a Delfi (in seguito al corretto accertamento che le due Nikai superstiti erano a. laterali), quanto tra le amazzoni a cavallo poste agli angoli del thesauròs degli Ateniesi.
Temi mitologico-narrativi. ― Composizioni con soggetti in lotta appaiono nel VI sec. a.C., originariamente su antefisse fittili, ma abbastanza presto sono trasferite in marmo, per poi dominare nel repertorio tematico dell'ornamentazione dei templi greci, con una tendenza ad aumentare nel corso del V e del IV sec. a.C. che viene meno successivamente. Tra gli esempi più antichi, intorno al 530 a.C. si annovera un gruppo centrale di menade con sileno da Olimpia, con altre due menadi probabilmente alle estremità. Un'immagine più definita presenta intorno al 490 la raffigurazione di Atena che abbatte un gigante completata da due Nikai, da un ignoto thesauròs di Olimpia che riprendeva probabilmente la formulazione tematica degli a. del Tempio di Atena Prònaia a Delfi. A. centrali in marmo di analogo soggetto, pur rimanendo ignota l'identità di quelli laterali, recavano, intorno al 490 a.C., il c.d. Tempio di Apollo Daphnephòros a Eretria e il Tempio di Atena a Karthaia nell'isola di Keos, sul cui lato orientale erano raffigurati Teseo e Antiope mentre su quello occidentale era il ratto di Cefalo da parte di Eos. Nella Stoà Basìleios dell'agorà di Atene, intorno al 440 a.C., frammenti fittili confermano la testimonianza di Pausania (1, 3, 1) circa la presenza di due gruppi con Teseo e Scirone e con Eos e Cefalo, ma non la restituzione della nota Nike in marmo, di data più recente. Grazie alla collazione di dati epigrafici e allo studio delle basi superstiti è sicuro che intorno al 420 a.C. Nikai in bronzo affiancavano un gruppo, anche questo bronzeo, con Bellerofonte e la Chimera nel Tempio di Nike sull'acropoli di Atene.
La coerenza narrativa delle composizioni acroteriali si fa più evidente in questo periodo nel caso del Tempio degli Ateniesi a Delo, con і ratti di Orizia da parte di Borea e di Cefalo da parte di Eos, affiancati rispettivamente da figure in concitato movimento. Lo stesso si verifica nel tempio B di Imera, datato alla fine del V sec. a.C., benché l'alto indice di frammentarietà delle sculture renda oscura la lettura del quadro tematico. A parte il disaccordo nelle interpretazioni, è più facilmente leggibile, verso il 400 a.C., la disposizione di due gruppi con ratto che coronano il monumento delle Nereidi a Xanthos. Intorno al 360 a.C. l'uccisione di Medusa da parte di Perseo e della Chimera da parte di Bellerofonte costituiscono rispettivamente і soggetti degli a. dell'heròon di Limyra. Il principio dell'unità concettuale delle componenti trova conferma anche nella ricostruzione degli a. del Tempio di Ares ad Atene, con il gruppo di Peleo che rapisce Teti tra due nereidi che cavalcano delfini.
Di natura concettuale sono anche і nessi che possono emergere nella recente ricostruzione degli a. del Tempio di Asclepio a Epidauro, dove le due figure a cavallo ― rivolte verso l'esterno e non verso l'interno ― dovrebbero affiancare una scena di ratto sul lato occidentale, mentre in quello orientale sembra più probabile una composizione, di nuovo concettualmente unitaria, di tre Nikai, in un immediato rapporto con il soggetto del frontone. Non costituiscono un elemento di contraddizione a questo principio і Dioscuri del tempio ionico di Locri Epizefirî, pur rimanendo incerta l'originaria collocazione della figura centrale di Elena, e neppure le Nereidi da Formia, con le quali non faceva gruppo l'Aura di Copenaghen, nonché le figure femminili a cavallo da Sorrento, sulla cui originaria composizione ben poco può dirsi.
Il problema della dipendenza concettuale degli a. dalle raffigurazioni frontonali di cui costituiscono il coronamento è stato ripreso recentemente in occasione dell'esame delle due figure femminili in movimento del Louvre, della Leda di Boston, e di alcuni disiecta membra di un complesso di sculture già nell'antichità rimosso dalla collocazione originaria. Non vi è dubbio che gli a. greci abbiano lasciato un'impronta in epoca romana, come si deduce tanto dai frequenti casi di «abduzioni» quanto dalle repliche di questo periodo. Questa tradizione copistica dovette essere determinata in origine dalla progressiva distruzione degli originali e dalla necessità di riprodurli, come è assicurato dalle sfingi, di epoca più recente, del tempio arcaico di Thermos e da alcune delle Nikai dello Hieròn di Samotracia. Presto, però dovettero prevalere ragioni puramente estetiche, a giudicare dalle repliche delle Nereidi del Tempio di Ares rinvenute a Creta e oggi al Museo Archeologico di Venezia o dalla diffusione che ebbero le Aure del Gregoriano Profano, non solo nella stessa Roma, ma fino a Tolemaide, nell'Africa settentrionale.
Bibl.: In generale: H. Gropengiesser, Die pflanzlichen Akrotere klassischer Tempel, Magonza 1961; U. Wester, Die Akroterfiguren des Tempels der Athener auf Delos (diss.), Heidelberg 1969; A. Delivorrias, Attische Giebelskulpturen und Akrotere des 5. Jhs., Tubinga 1974; M. Y. Goldberg, Types and Distribution of Archaic Greek Akroteria (diss. Bryn Mawr), Ann Arbor 1980 (rec. P. Danner, in Gnomon, LIX, 1987, p. 638 ss.); A. Gulaki, Klassische und klassizistische Nikedarstellungen (diss.), Bonn 1981; M. Y. Goldberg, Archaic Greek Akroteria, in AJA, LXXXVI, 1982, p. 193 SS.; p. Danner, Westgriechische Akrotere, in Römische Historische Mitteilungen, XXX, 1988, p. 17 ss.; id., Die Masse der Akrotere im Verhältnis zur Architektur in der griechischen Baukunst der archaisehen und klassischen Zeit, in OJh, LVIII, 1988, p. 41 ss.; id., Griechische Akrotere der archaischen und klassischen Zeit (RdA, Suppl. 5), Roma 1989.
A. ornamentali: p. Zanker, Zwei Akroterfiguren aus Tyndaris, in RM, LXXII, 1965, p. 93 SS., tavv. XXXVIII-XLII; N. Yalouris, Ta ακρωτηρια του ναου της Αρτεμιδος, in Α Delt, XXII, 1967, A' Mel., p. 25 ss., tavv. ΧΧΙΙ-ΧΧΧVIII; Ph. W. Lehmann, Samothrace, III, I. The Hieron, Princeton 1969, figg. 281-344, tavv. CXI-CXVI; J. Travlos, Bildlexikon zur Topographie des antiken Athen, Tubinga 1971, p. 87, fig. 110; W. W. Wurster, Alt-Ägina, I, I. Der Apollontempel, Magonza 1974, p. 73 s., figg. 114-118, tav. XXIII, I-2; I. Triandi, Η αρχαικη σφιγγα Εθν.Μ.77, in AAA, VIII, 1975, p. 227 ss., fig. 1-10; L Beyer, Die Tempel von Dreros und Prinias A und die Chronologie der kretischen Kunst des 8. und 7. Jhs. v. Chr, Friburgo 1976, pp. 30, 130 ss., nn. 26-28, tavv. XXIII-XXIV; D. Ohiy, Die Aegineten, I, Monaco 1976, allegati B-C, E; M.-F. Billot, Recherches sur le sphinx du Louvre CA 637, in BCH, CI, 1977, p. 383, ss.; H. Bauer, Lysikratesdenkmal. Baubestand und Rekonstruktion, in AM, XCII, 1977, p. 222 ss.; tavv. XCIV-XCVI, allegato 10; E. Epifanio, Nuovi rivestimenti fittili di Himera, in CronAStorArt, XVI, 1977, p. 165, tavv. XLIX, 2; I. S. Mark, New Fragments of the Parthenon Acroteria, in Hesperia, XLVI, 1977, p. 241 ss., tav. XLVI; J. Binder, Acropolis, in Acroterion Fragment. Festschrift für F. Brommer, Magonza 1977, p. 29 s.; tav. XIII; A. F. Stewart, Skopas of Paros, Park Ridge (Ν. J.) 1977, p. 9, nota II, tav. LIII; F. A.Cooper, The Temple of Apollo at Bassai, New York-Londra 1978, p. 3; D. Mertens, Der ionische Tempel von Metapont, in RM, LXXXVI, 1979, p. 110, tav. XX, I-2; M. Schuller, Der Artemistempel im Delion auf Paros, in AA, 1982, p. 238, fig. 9, 243; A. Delivorrias, Zur Akroterkomposition des Parthenon, in Parthenon-Kongress Basel 1982, I, Magonza 1984, p. 289 ss.; U. Knigge, Marmorakroter und Fries von einem attischen Grabbau?, in AM, XCIX, 1984, p. 217 ss., tavv. XXXVI-XXXIX; E.-L. Schwandner, Der ältere Porostempel der Aphaia auf Aegina (Denkmäler antiker Architektur, 16), Berlino 1985, p. 80 ss., figg. 52-54, tavv. XXVIII,3-4, XXX, ΧΧΧΝ,Ι; E. La Rocca, Amazzonomachia. Le sculture frontonali del tempio di Apollo Sostano (cat.), Roma 1985, p. 46, nn. 37-38, tavv. XXXVI-XXXVIII; A.-I. Triandi, Ο γλυπτоς διακοσμος του ναου στο Μαζι της Ηλειας, Salonicco 1985, p. 57 ss.; nn. III, 1-37, 107 s., tavv. L-LVIII; I. Marcadé, Les sculptures décoratives de la Tholos de Marmaria à Delphes, in H. Kyrieleis (ed.), Archaische und klassische griechisehe Plastik, II, Magonza 1986, p. 173, n. 3, tav. CXLVIII, 3-4; W. Schurmann, Die Karlsruher Nike. Ein Rekonstruktionversuch, in JbKuSammlBadWürt, XXV, 1988, p. 16 ss.
Temi mitologico-narrativi: A. De Franciscis, Gli acroteri marmorei del tempio di Marasà a Locri Epizefirii, in RM, LXVII, 1960, p. I ss., tavv. I-VI; S. Karouzou, Ein Akroter klassischer Zeit, in AM, LXXVII, 1962, p. 178 ss., tavv. XLIV-LII; J. Ducat, Fouilles de Delphes, II, La sculpture décorative en terre cuite, Parigi 1967, p. 234 ss., nn. 1-27, tavv. LXXXVI-XCI; E. Bielefeld, Die Nereiden aus Formia, in AntPl, IX, 1969, p. 47 ss., tavv. XXV-XXXVI; P. N. Boulter, The Akroteria of the Nike Temple, in Hesperia, XXXVIII, 1969, p. 133 ss.; N. Bonacasa, L'area sacra, in Himera, I, Roma 1970, pp. 177 ss., 202 ss., tavv. XLV-LV; L. Beschi, Antichità cretesi a Venezia, in ASAtene, L-LI, 1972-1973, p. 479 ss., figg. 5-6; J. C. Carter, The Sculpture of Taras, Filadelfia 1975, p. 39 s., n. I, tav. I, 2a-d; J. Borchardt, Die Bauskulptur des Heroon von Limyra (Istanbuler Forschungen, 32), Istanbul 1976, p. 81 SS., tavv. XXXVIII-XLVII; w. Fuchs, Aus den Museumnotizen einer Stipendiatenreise, in Boreas, II, 1979, p. 59 s., tavv. III-V; L. Guerrini, ‘Tyche della città in Ţolemaide di Cirenaica’, in QuadALibia, X, 1979, p. 15 ss., figg. 3-5, 7-10; E. Östby, The Athenaion of Karthaia, in OpAth, XIII, 1980, p. 206 ss., figg. 18-26; G. N. Szeliga, The Dioskouroi on the Roof. Archaic and Classical Equestrian Acroteria in Sicily and South Italy (diss., Bryn Mawr 1981), Ann Arbor 1982, p. 52 ss.; J. Schilbach, Die Silen-Mänaden-Gruppe aus Olympia. Ein neuer Rekonstruktionsversuch, in AM, XCVII, 1982, p. 25 SS., fig. 2, tavv. VII-X; E. Touloupa, Τα εναετια γλυπτα του ναου του Απολλωνος Δαφνηφορου στην Ερετρια, Giannina 1983, ρ. 109, n. 15, p. 133, tavv. LIII a-b, LVIIII; A. Hermary, La sculpture archaïque et classique, I, Catalogue des sculptures classiques de Délos (Exploration archéologique de Délos, 34), Parigi 1984, p. 23 ss., tavv. XI-XXI; K. Stähler, Klassische Akrotere, in Pro arte antiqua. Festschrift H. Kenner, II, Vienna-Berlino 1985, p. 326 ss., tav. LIV; P. Demargne, Thétis et Pélée: un mythe grec au monument des Néréides de Xanthos, in CRAI, 1987, p. 190 ss., E. Walter-Karydi, Die Äginetische Bildhauerschule. Werke und schriftliche Quellen (Alt-Ägina, II, 2), Magonza 1987, p. 110 s., figg. 182-183; A. Moustaka, Κεντρικо ακρωτηριο με παρασταση Γιγαντομαχιας απο την Ολυμπια, in Πρακτικα XII Διεθνους Συνεδριου Κλασικης Αρχαιολογιας, Αθηνα 1983, III, Atene 1988, p. 194 S., fig. I, tav. XLII; A. Delivorrias, Disiecta membra. The Remarkable History of Some Sculptures from an Unknown Temple, in Marble. Art Historical and Scientific Perspectives on Ancient Sculpture. Symposium J. Paul Getty Museum 1988, Malibu 1990, pp. 11-46.
(A. Delivorrias)
Grecia. ― Gli a. greci non figurati sono і più antichi e si dividono in due tipi, a disco e a volute. Le forme più antiche sono direttamente legate ad altre membrature architettoniche: quelle a disco, alla tegola di colmo più esterna; quelle a volute, alla sima. Gli a. non figurati si svilupparono da elementi decorativi di altre membrature architettoniche in elementi autonomi.
Gli a. a disco sono tipici della Laconia ma provengono anche dal resto del Peloponneso; nella seconda metà del VI . a.C. compaiono anche nella Grecia orientale. Quelli del tipo laconico, attestati per la prima volta a Sparta nella seconda metà del VII sec., sono in terracotta. Per fissare l'a. al tetto, era normalmente praticato nella parte inferiore un taglio per adattarlo al lato obliquo del frontone oppure un taglio semicircolare. La parte anteriore dell'a., che presenta un profilo concavo, negli esemplari più antichi è verniciata, ma nella maggior parte dei casi è decorata con ornamenti disposti a fasce concentriche. Tali ornamenti, soprattutto geometrici, ricorrono anche nella pittura vascolare laconica, a eccezione del motivo a scaglie, di origine corinzia. Al centro degli a. era inserito elemento decorativo non di argilla, probabilmente una rosetta; su questo elemento si raccorda lo spazio centrale, strutturato con corone di foglie e tori, mentre l'orlo è molto piegato in fuori e termina spesso con una serie di punte.
Negli a. a disco la parte posteriore aggettante si attacca alla tegola di colmo. La decorazione è costituita da scanalature a raggiera e concentriche. Gli a. a disco di tipo laconico sono attestati limitatamente all'epoca arcaica; in età tardoarcaica, protoclassica ed ellenistica, soprattutto in Laconia, compaiono dischi di marmo che per il profilo e l'ornamentazione piuttosto semplice si differenziano da quelli in terracotta. In età arcaica, nella Grecia occidentale e in Campania, і dischi che coprono le tegole di colmo più ― decorati in parte a gorgòneia о con maschere di Acheloo, in parte con ornamenti senza figure per le loro piccole dimensioni non vengono ascritti tra gli acroterî.
Poiché in Italia e in Frigia si hanno sviluppi indipendenti degli a. a volute, non si può escludere una tradizione autonoma anche in Grecia. Un modellino di casa dell'VIII sec. da Lemno è già fornito di a. a volute; essi, alla fine del VII sec., sono attestati a Prinias e, nella prima metà del VI, a Egina, Atene, Samo e Selinunte. La loro forma più antica viene ricavata dall'arrotolamento della sima al colmo e agli angoli laterali del frontone. Talvolta і prolungamenti della sima si incrociano alla sommità, creando un mоtivo che può essere fatto risalire alle travi incrociate dell'architettura lignea.
Gli a. centrali sono collegati con palmette, divenute in seguito, per la loro grandezza, importanti elementi degli a. stessi.
Il successivo sviluppo degli a. a volute è costituito, nella seconda metà del VI sec., da coppie di volute doppie, coronate da una palmetta. Questo tipo di a. non è inserito nella sima, ma posto su una base. Dalla fine del VI sec. fino all'età ellenistica gli a. a volute sono costituiti da due o quattro fusti, che si ergono con andamento ondulae sono coronati da una palmetta: da questi fusti si diramano le volute a più livelli.
Già dall'epoca classica gli a. a volute possono essere assimilati ai tipi vegetali, sia per l'impiego di foglie di acanto, fiori e boccioli, sia per la somiglianza di fusti e palmette con forme , sia infine per la concezione organica II loro sviluppo, che si può seguire dagli esemplari tardoarcaici di Egina, attraverso quelli classici di Capo Sunio, del Partenone, di Tegea ed Epidauro, fino a quelli ellenistici di Samotracia, è caratterizzato da un arricchimento gressivo dell'ornamentazione, della concezione organica e della conformazione tridimensionale.
Forme particolari di a. a motivi vegetali sono quelli della thòlos di Epidauro, costituiti da varî fusti disposti a raggiera, nonché gli esemplari, combinati con quelli laconici, dotati di uno zoccolo di marmo, sulla cui faccia sono riprodotti in rilievo fusti ripiegati circolarmente su cui appoggiano altri lavorati a giorno.
In alcuni casi gli a. a volute sono combinati con elementi figurativi. I fusti dell'a. di epoca tardoarcaica di Cirene racchiudono un gorgòneion, quelli dell'a. ellenistico di Magnesia una figura femminile in un calice di foglie; la struttura a volute degli a. di Egina è affiancata da figure femminili. I più antichi a. laterali a voluta sono caratterizzati da volute che si sviluppano dalla sima, cui viene aggiunta in epoca posteriore una palmetta di coronamento. Dall'età tardoarcaica tali a. presentano due facce di conformazione analoga; pur essendo eseguiti con gli stessi elementi presentano urta struttura diversa rispetto a quelli disposti al centro: Difatti questi ultimi formano composizioni vere e proprie con gli a. laterali a volute, oppure con sfingi, con Nikai o con figure femminili.
Gli a. di edifici con destinazione non templare e quelli di sarcofagi si distinguono da quelli dei templi soprattutto per una struttura più semplice.
Bibl.: H. Gropengiesser, Die pflanzlichen Akrotere klassischer Tempel, Magonza 1961; A. Mallwitz, Ein Scheibenakroter aus Olympia, in AM, LXXXIII, 1968, . 124-146; H. Möbius, Die Ornamente der griechischen Grabstelen klassischer und nachklassischer Zeit, Monaco 19682, . 41, 75, figg. 27a, 68b; Ph. W. Lehmann, Samothrace, III, The Hieron, Princeton 1969, pp. 329-364; N. Yalouris, Das Akroter des Heraions in Olympia, in AM, LXXXVII, 1972, pp. 85-98; H. Lauter-Bufé, Entstehung und Entwicklung des kombinierten lakonischen Akroters, ibid., LXXXIX, 1974, pp. 205-230; M. Y. Goldberg, Types and Distribution of Archaic Greek Acroteria, Ann Arbor 1980; id., Archaic Greek Akroteria, in AJA, LXXXVI, 1982, pp. 193-217; U. Knigge, Marmorakroter und Fries von einem attischen Grabbau?, in AM, IС, 1984, pp. 217-234; P. Danner, Die Maße der Akrotere im Verhältnis zur Architektur in der griechischen Baukunst der archaischen und klassischen Zeit, in ÖJh, LVIII, 1988, pp. 41-51; id., Westgriechische Akrotere, in Römische Historische Mitteilungen, XXX, 1988, pp. 17-40; id., Griechische Akrotere der archaischen und klassischen Zeit, Roma 1989; K. Jeppesen, Ikaros. The Hellenistic Settlements III. The Sacred Enclosure in the Early Hellenistic Period, Aarhus 1989, pp. 42-50; V. Kästner, Scheibenförmige Akrotere in Griecheland und Italien, in Hesperia, LIX, 1990, pp. 251-264.
(P. Danner)
Etruria. ― Gli . a volute di modellini di casa da Cerveteri della metà del VII sec. a.C. mostrano in modo evidente che gli a. etruschi più antichi seguono il modello di quelli apposti sui travetti inclinati del soffitto nelle abitazioni della cultura villanoviana, delle quali si può avere un'idea in base alle urne a capanna.
Gli a. attestati fra il 625 e il 575 a.C. ad Acquarossa e Poggio Civitate, che ― contrariamente agli esemplari più tardi ― coronavano abitazioni private, sono ritagliati da lastre di argilla o lavorati in bassorilievo oppure a tutto tondo. Essi erano disposti all'angolo destro rispetto alla tegola di colmo sulla sommità del frontone, oppure in molteplici esemplari lungo tutta la lunghezza del colmo.
Gli a. più antichi collocati sulla cuspide del frontone provengono da Acquarossa. Essi sono composti da un paio di spirali su cui poggiano un ornamento a volute oppure belve in posizione antitetica l'una all'altra. Una parte di queste ad Acquarossa e Poggio Civitate ― dove compare anche una figura umana al centro della composizione sono collegate in modo da formare un ornamencircolare.
Il gruppo acroteriale con Eracle e Atena inquadrati da grandi spirali, riferibile alla seconda metà del VI ., dell'area sacra di S. Omobono a Roma, è la trasposizione a tutto tondo del motivo degli a. figurati connessi con volute. A. tardoarcaici più recenti da Cerveteri, Civita Castellana, Orvieto e Gabi presentano gruppi di ratto o di combattimento oppure figure di arpia inquadrate da grandi spirali.
Ornamenti a volute о a palmette sono legati a spirali in a. della seconda metà del VI . da Populonia e negli affreschi della Tomba della Pulcella a Tarquinia della seconda metà del V . a.C.; in quest'ultima, rispetto alle grandi palmette, le spirali hanno un'importanza minore. In età tardoarcaica, classica ed ellenistica le grandi palmette costituiscono un tipo importante di acroterî. Altri tipi collocati alla sommità del frontone sono dischi con gorgòneia e teste di sileno, dalla forma analoga alle antefisse; inoltre dischi con decorazione geometrica e scene figurate in rilievo. La scena sul disco di Marzabotto del V sec. è interpretata come Proitos con Bellerofonte e Pegaso.
Gli a. disposti lungo il colmo sono limitati all'epoca arcaica. Gli esemplari più antichi, ritrovati a Poggio Civitate, presentano ornamenti a volute, e figure di cavalieri e animali. Dal primo decennio del VI sec. compaiono a. a tutto tondo. Tutti gli esemplari sono realizzati in blocco unico insieme alla tegola di colmo. Si hanno anche, in altri casi, testimonianze di sfingi e tori come acroterî. Quelli del tempio di Portonaccio a Veio, che risalgono alla fine del VI sec., sono statue a grandezza naturale di Apollo, Ercole con la cerva, Latona con Apollo bambino, Hermes e altre figure, che venivano poste su basi lungo il colmo del tetto. Nella stessa posizione una gigantomachia è rappresentata sul tetto del tempio di Satricum.
Gli a. laterali, che compaiono dall'età tardoarcaica, per la maggior parte non sono sculture autonome, bensì aggiunte alle tegole più esterne della sima: solo le parti sporgenti da codeste tegole erano lavorate a tutto tondo, tre il resto era realizzato a rilievo. Sono conservate protomi di cavallo, in parte alate, uccelli o arpie, un demone a tre teste, cavalli marini, volute e palmette.
Analogamente agli a. collocati lungo il colmo, altri erano disposti lungo i lati obliqui del frontone: vi sono figure di guerrieri, cavalieri e amazzoni. Essi formavano un unico blocco con le tegole della sima, oppure erano fissati con perni alla parte superiore della stessa. Tali esemplari provengono da Cerveteri, Veio e Pyrgi.
Quantunque gli a. etruschi, come quelli greci, si possano far derivare dall’abbellimento di elementi costruttivi del tetto, e nonostante la grande influenza esercitata dall’arte greca su quella etrusca, lo sviluppo degli a. etruschi risulta per lo più indipendente da quello dei greci.
Mentre i principi di fondo della decorazione di edifici etruschi con a. sono chiaramente delineati già negli esemplari più antichi di Acquarossa e Poggio Civitate, nell’arte greca si riscontra ciò solamente a partire dall’età tardo-arcaica.
Caratteristiche importanti degli a. etruschi, accanto alla creazione di forme autonome, avvenuta in parte rielaborando influssi fenici e greci, sono: la loro collocazione non solo sugli angoli del frontone, ma anche lungo i suoi lati obliqui e lungo il colmo del tetto; la lavorazione spesso in rilievo, probabilmente dovuta al legame con la sima; la loro disposizione in serie paratattiche, senza che diano luogo a una composizione in cui, come accadde in Grecia, vi sia una precisa rispondenza tra schemi figurativi e struttura architettonica.
Bibl.: F. E. Brown, E. Hill Richardson, l. Richardson jr., Cosa II. The Temples of the Arx,in MemAmAc,XXVI, 1960, pp. 256-257; . A. Staccioli, Modelli di edifici etrusco-italici. I modelli votivi, Firenze 1968; I. Edlund Gantz, The Seated Statue Akroteria from Poggio Civitate (Murlo), in DArch, VI, 1972, pp. 167-235; O. W. von Vacano, Der Tempelgiebel von Telamon, in RM, LXXXII, 1975, pp. 242-249; M. Sprenger, G. Bartoloni, Die Etrusker, Monaco 1977, pp 47, 117-119, 123-124, tavv. CXVIII-CXXIII, CXXVIII, CXXXIX; A. Sommella Mura, L'area sacra di S. Omobono. La decorazione architettonica del tempio arcaico, in PP, XXXII, 1977, p. 94-128 ss.; S. Stopponi, Terrecotte architettoniche dal santuario di Punta della Vipera, in Studi in onore di Filippo Magi, Perugia 1979, pp. 247-283; M. Martelli, Osservazioni sulle «stele» di Populonia, in Studi per Enrico Fiumi, Pisa 1979, p. 33-45 ss.: A. Sommella Mura, La decorazione architettonica, in Enea nel Lazio, Archeologia e mito (cat.), Roma 1981, pp. 117-123; M. D. Fullerton, The Terracotta sphinx Akroteria from Poggio Civitate (Murlo), in RM, LXXXIX, 1982, pp. 1-26; E. Rystedt, Acquarossa IV. Early Etruscan Akroteria from Acquarossa and Poggio Civitate (Murlo), Stoccolma 1983; F. Buranelli, L'urna Calabresi di Cerveteri, Roma 1985; G. Colonna (ed.), Santuari d'Etruria (cat.), Milano 1985, pp. 102-104, 114, 132-133, 150, 154-155; S. Stopponi (ed.), Case e palazzi d'Etruria (cat.), Milano 1985, pp. 41-60, 70-73, 102-114, 177, 190; M. Y. Goldberg, The 'Eos and Kephalos' from Caere. Its Subject and Date, in AJA, XCI, 1987, pp. 605-614; G. Colonna, Note preliminari sui culti del Santuario di Portonaccio a Veio, in Scienze dell'antichità, I, 1987, pp. 419-446; S. Bruni, Attorno alla tomba del Bronzetto d'Offerente di Populonia, in RM, XCVI, 1989, pp. 268-275; К. M. Philips jr., The Architectural Terracottas, in E. M. Steinby (ed.), Lacus Iuturnae I, Roma 1989, pp. 277, 298-300; A. M. Sgubini Moretti, Tomba a casa con portico nella necropoli di Pian di Mola a Tuscania, in Atti del Secondo Congresso Internazionale Etrusco, Roma 1989, pp. 325-326; V. Kästner, Eos und Tithonos. Ein etruskischer Giebelaufsatz aus Caere, in Funde und Berichte, XXVIII, 1990, pp. 47-60; AA.VV., Proceedings of the First International Conference on Central Italic Architectural Terracottas, Stoccolma, in corso di stampa.
(P. Danner)
Roma. ― Le nostre conoscenze sugli a. romani sono dovute in larga parte alle raffigurazioni di architetture su monete, rilievi e alle fonti letterarie, poiché solo pochi resti monumentali sono giunti fino a noi. In epoca arcaica non si può parlare di un arte romana, ma di un'arte etrusca a Roma. Il gruppo acroteriale di Ercole e Atena da Sant'Omobono e la quadriga che coronava il Tempio di Giove Capitolino (Plin., Nat. hist., XXVIII 16) furono creati in terracotta da artisti etruschi. L'a. del Tempio di Giove fu rimosso nel 296 a.C. e sostituito con una statua del dio (Liv., X, 23).
Nella seconda metà del II sec. a.C. a Roma furono eretti і primi templi in marmo sul modello greco. In quest'epoca, in cui sono presenti forti influssi greci accanto a quelli etruschi, bisogna presupporre che anche gli a. fossero in pietra e, soprattutto, in marmo. Inoltre, come si suppone per il Tempio di Apollo Sosiano e come testimoniano le fonti letterarie per quello di Apollo Palatino (Plin., Nat. hist., XXXVI, 13), statue greche vennero impiegate come a. nei templi romani.
Nella maggior parte dei casi gli a. romani, come gli esemplari greci, venivano collocati sui tre angoli del fron, ma talvolta, come p.es. nel Tempio della Concordia e in quello del Divo Augusto, anche sui lati obliqui, secondo il modello etrusco. Non solamente і templi, ma anche edifici profani come la Basilica Giulia e la Curia Iulia erano corredati di acroterî. Gli a. romani figurati in molti casi riflettevano precisi programmi politici, come avveniva in altri settori dell'arte romana; contrariamente a quelli greci ed etruschi, essi avevano un legame diretto con il donatore o con la divinità a cui era dedicato il tempio. Quest'ultimo caso si evidenzia nella frequente raffigurazione degli dei stessi oppure dei loro attributi e anche degli esseri mitologici a essi legati.
Le statue della divinità cui è dedicato il tempio sono collocate spesso come a. centrali, talvolta su una quadriga come nei templi di Giove Capitolino, del Divo Augusto, di Faustina e di Giove Ultore a Roma. Nel Tempio della Concordia a Roma l'a. centrale è un gruppo formato da tre figure muliebri, probabilmente Concordia, Salux e Pax. Oltre la quadriga di Giove, su ognuno dei lati obliqui del frontone del Tempio di Giove Capitolino, erano disposte due figure di divinità, fra cui Marte, e bighe agli angoli laterali del frontone, forse di Giunone e Minerva.
Gli a. laterali del Tempio della Magna Mater a Roma, che raffigurano coribanti che battono con la spada contro uno scudo, sono un riferimento preciso alla dea, esattamente come gli sparvieri del Tempio di Iside a Roma e і delfini sul tetto del Palaimònion a Isthmia. Altri tipi di a. laterali sono tritoni, ippocampi, Nereidi, Aure, Vittorie e Dioscuri. Le Vittorie servirono spesso come a. laterali, ma erano disposte anche sui lati obliqui del frontone e sul colmo del tetto. In taluni casi si riferiscono non tanto alla divinità ma piuttosto al donatore, come p. es. nel Tempio di Marte Ultore a Roma. Ciò vale in particolare per edifici fani come la Basilica Giùlia e la Curia Iulia.
Le Vittorie in relazione ad altri a., rivelano in modo evidente il loro significato politico. L'a. centrale della Curia Iulia, una Vittoria sul globo terrestre, e quelli laterali, probabilmente Dioscuri con remo e ancora, si riferiscono chiaramente alla vittoria di Azio.
Fra gli a. del Tempio del Divo Augusto, la quadriga di Augusto e le Vittorie con і clipei virtutis celebrano l'imperatore divinizzato, mentre quelli laterali, a sinistra Romolo e a destra Enea con Ascanio, rimandano alle connessioni della gens Iulia con la storia di Roma.
Anche gli a. sul Tempio della Concordia, con il gruppo di Concordia, Salus e Pax sul colmo, una figura su ogni lato obliquo del frontone e Vittorie disposte come a. laterali, servivano alla propaganda politica.
Gli elementi di tali composizioni non sono giustificati da un determinato principio compositivo, bensì affiancati paratatticamente e legati fra loro da una precisa funzione programmatica.
Tanto a Roma quanto nelle provincie, ma soprattutto in Asia Minore, sono presenti a. di tipo vegetale. Mentre al di fuori dell'Asia Minore essi hanno perlopiù una conformazione semplice e consistono principalmente di palmette o semipalmette, gli a. attestati a Pergamo, Afrodisiade, Efeso, Antiochia di Pisidia, Aizanoi e Ankara si riconnettono ai modelli ellenistici. Nella struttura dei tralci sono inseriti spesso elementi figurativi, una figura femminile nel calice di foglie, vittorie o un busto di Cibele.
Analogamente altri a., come p.es. le Nereidi nel tempio E di Corinto, forse in relazione con una Venere come a. centrale, ovvero figure femminili senza ali, probabilmente Aure, risalgono a una tradizione greca.
Bibl.: B. Schulz, H. Winnefeld, Baalbek, I,Berlino-Lipsia 1921, pp. 63-64, 66; M. , La scuola di Afrodisia, Roma 1943, p. 48; G. Brusin, P. L. Zovatto, Monumenti romani e cristiani di Julia Concordia, Pordenone 1960, pp. 40-41; L. Fabbrini, Un acroterio di Vittoria rivenuto nella Basilica Iulia, in BullCom, LXXVIII, 1961-62, pp. 37-54; C. Picard, Acrotères, antéfixes, chapiteaux héllenistiques à décor mêlé, humain et végétal: de Samothrace à la vallee du Po et à Glanum, in RA, 1963, pp. 113-187, S. Manière, Découverte de deux nouvelles sculptures galloromaines à l'effigie de Gorgone dans le Comminges, Ogam,XIX, 1967, p. 444; W. Alzinger, Augustëische Architektur in Ephesos, 1974, pp. 104-106; P. Pensabene, in R. Calza (ed.), Antichità di Villa Doria Pamphili, Roma 1977, pp. 325-327; G. Cavalieri Manasse, La decorazione architettonica romana di Aquileia, Trieste, Pola. 1. L'età repubblicana, augustea e giulio-claudia, Padova 1978, pp. 105-109; R. Naumann, Der Zeustempel zu Aizanoi, Berlino 1979, pp. 29-34, 71-73; A. Gulaki, Klassische und klassizistische Nikedarstellungen, Bonn 1981; B. Pettinau, in A. Giuliano (ed.), Museo Nazionale Romano, I, 7, Roma 1984, pp. 453-456; E. La Rocca, Amazzonomachia. Le sculture frontonali del tempio di Apollo Sostano (cat.), Roma 1985, p. 46; A. Goulaki-Voutira, Eine Akroterfigur aus Eleusis, in H. U. Cain, H. Gabelmann, D. Salzmann (ed.), Festschrift für Nikolaus Himmelmann, Magonza 1989, pp. 411-416; A. Olivier, Corniches et couronnements gallo-romains à Alèsia (Alise-Saint-Reine, Côte d'Or), in Gallia, XLVI, 1989, pp. 59-68; D. M. Uz, The Temple of Dionysos at Teos, in W. Hoepfner, E. L. Schwandner (ed.), Hermogenes und die hochhellenistische Architektur, Magonza 1990, pp. 59-60.
Raffigurazioni di edifici con a.: P. Hommel, Studien zu den römischen Figurengiebeln der Kaiserzeit, Berlino 1954; E. Nash, Bildlexikon zur Topographie des antiken Rom, Tubinga 1961; G. Fuchs, Architekturdarstellungen auf römischen Münzen der Republik und der frühen Kaiserzeit (AMuGS, I), Berlino 1969; H. Hänlein-Schäfer, Veneratio Augusti. Eine Studie zu den Tempeln des ersten römischen Kaisers, Roma 1985, pp. 69-76; J. Maier, Architektur im römischen Relief, Bonn 1985; Ph. V. Hill, The Monuments of Ancient Rome as Coin Types, Londra 1989, pp. 9-39.
(P. Danner)