ACTINOMICOSI
. L'actinomicosi o discomicosi, secondo la denominazione del Rivolta, cui spetta il meriio di avere scoperto nel 1863 e bene studiato il parassita che ne è causa, da lui denominato Discomyces, è una malattia frequente negli animali, specialmente i bovini, ma che non di rado colpisce anche l'uomo, determinata da un microrganismo appartenente alla classe degli ifomiceti o funghi, il quale si presenta in forma raggiata, donde il nome di fungo raggiato o actinomyces (ἀκτίς, -ίνος, "raggio" e μύκης "fungo") (v. actinomyces).
Nei tessuti si presenta, infatti, sotto forma di masse rotondeggianti, denominate per il loro aspetto rosette actinomicotiche, con una parte centrale filamentosa, circondata alla periferia da una corona, festonata, di delicatissime clave, disposte come tanti raggi lungo il contorno della massa filamentosa.
L'uomo può contrarre la malattia o per contatto con animali infetti, ovvero in seguito ad abrasioni o ferite causate da corpi contenenti il parassita, di solito steli di graminacee (spighe, paglia, fieno) o di altre piante; grani di cereali; frammenti di corteccia di alberi, dove il parassita non di rado si annida; o per ingestione di carni crude di animali infetti da actinomicosi.
Non si può escludere che in alcuni casi il fungo actinomicotico possa vivere allo stato saprofitico nella bocca e specialmente nelle anfrattuosità dei denti cariati, nell'intestino, nella cavità vaginale.
Le più frequenti vie di penetrazione del germe sono pertanto le lesioni della mucosa boccale, della faringe e dell'esofago, ovvero le vie respiratorie ed anche il tubo intestinale; più raramente la superficie cutanea.
Sono stati pure osservati casi di actinomicosi della tromba uterina e dell'ovaia.
Il parassita, penetrato nei tessuti, determina quella reazione che è propria dei processi infiammatorî cronici, caratterizzata cioè da intensa proliferazione delle cellule connettivali del tessuto, accompagnata da iperemia, con immigrazione dei leucociti e di cellule plasmatiche.
In questo tessuto infiammatorio di neoformazione, detto anche tessuto di granulazione actinomicotico, si trovano numerose rosette actinomicotiche, le quali, moltiplicandosi ed invadendo per contiguità i tessuti vicini, determinano la progressiva diffusione dell'infiltrazione actinomicotica, con tumefazione, talora a placche, ovvero a noduli o a cordoni, della cute, che è arrossata, con tendenza talora al bluastro, ispessita, indurita, aderente e con formazione di fistole, dovute al rammollimento e colliquazione cui, qua e là, va incontro il tessuto di granulazione actinomicotico (ascessi actinomicotici).
Da queste fistole fuoriesce un liquido purulento contenente dei granellini caratteristici per il loro colorito che va dal grigiastro al giallo-zolfo, costituiti dal parassita. Tali suppurazioni spesso sono lunghe ed ostinate. La malattia ha evoluzione lenta, talvolta di anni, e la infiltrazione actinomicotica ulcera la pelle, e si diffonde profondamente alle aponevrosi, ai muscoli, ai vasi, alle ossa (costole, colonna vertebrale, ecc.), ai visceri (polmoni, intestino, fegato).
Mancano di solito, a differenza che negli altri processi infiammatori, tumefazioni delle glandole linfatiche.
La malattia all'inizio può essere limitata alla cute o alle mucose (actinomicosi labiale, dentaria, linguale, della mucosa orale, specialmente della guancia; actinomicosi oculare e delle vie lacrimali: nasale, auricolare, laringea), e diffondersi gradatamente per continuità alle ossa, specialmente ai mascellari (periostite ed osteiti), ma anche all'orbita, alla regione temporale (actinomicosi temporofacciale), provocando vivi dolori e trisma, talora disturbi nella deglutizione e nella respirazione; tal'altra alla regione sottomascellare e al collo (actinomicosi cervico-facciale). Si può avere, benché raramente, una actinomicosi localizzata nelle glandole salivari (parotide, glandole sottomascellari e glandole sottolinguali). In altri casi colpisce la parete toracica, la pleura, i polmoni, specialmente i lobi inferiori (actinomicosi toracica), ovvero l'addome (actinomicosi addominale), dando luogo a formazione nella cavità addominale, più frequentemente nella regione ileo-ciecale, di masse più o meno dure, che possono simulare dei veri tumori e coinvolgere, oltre il cieco, l'intestino tenue, e diffondersi alla vescica, al retto, alla parete addominale.
La malattia può evolvere senza accentuato aumento della temperatura; talvolta però si ha febbre elevata.
Può aversi la morte o per diffusione ad organi vitali (meningi, centri nervosi, pericardio), o per le gravi alterazioni che si stabiliscono in quasi tutti gli organi, sia per la possibile generalizzazione della malattia (piemia actinomicotica), sia a causa del prolungarsi delle suppurazioni.
La diagnosi viene accertata dalla presenza del caratteristico parassita nel pus o nel tessuto di granulazione, ovvero anche nell'espettorato e nelle feci, quando si tratta di forme polmonari o intestinali.
La cura consiste nell'escissione del focolaio actinomicotico, se poco esteso e ben delimitato; nella somministrazione di ioduro di potassio ad alte dosi, sia per bocca sia per iniezioni (soluzione iodo-iodurata, iodipina, sospensioni oleose od eteree di iodoformio) nel focolaio actinomicotico; nella somministrazione anche di preparati arsenicali; in iniezioni endovenose di collargolo, ovvero iniezioni locali di nitrato d'argento, di solfato di rame, di sublimato, di bleu di metilene; ed in tutti quegli interventi chirurgici che possono essere richiesti, sia per evitare ristagni purulenti, sia per aggredire i focolai actinomicotici profondi, asportando le masse granulomatose e gli eventuali sequestri ossei, e trattando localmente i focolai con soluzioni iodo-iodurate.
Utile anche la cura con i raggi Röntgen e col radio.