Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Negli Stati Uniti, nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta, l’action painting avvia una riflessione sull’azione del dipingere come fulcro e cuore della pittura stessa. Esponenti principali, oltre a Jackson Pollock, sono Willem de Kooning e Franz Kline. Con action painting, primo movimento americano internazionalmente riconosciuto, il baricentro dell’avanguardia si sposta da Parigi a New York.
Materia, figura e inconscio
Il termine action painting definisce un tipo di pittura energica, dinamica, impulsiva nella quale l’artista applica il colore sulla tela eseguendo gesti ampi, carichi, enfatici. Nel 1952 Harold Rosenberg – critico newyorkese di grande influenza nell’arte contemporanea dagli anni Cinquanta ai Settanta – scrive un articolo su “ARTnews” (vol. 51, n. 8, dicembre 1952), American Action Painters. Spiega, nel testo, che l’action painting dà piena espressione alla libera creatività, e che l’azione del dipingere è più densa di significato artistico della tela finita. Scrive che la tela “is not a picture but an event” e che l’artista, raggiunto uno stato di piena connessione con l’inconscio, agisce sulla tela come in un’arena. Jackson Pollock, Willem de Kooning , Franz Kline sono le personalità più incisive di questa tendenza. Sono i primi artisti americani internazionalmente riconosciuti in un ruolo di guida e con loro il cuore dell’avanguardia artistica si sposta da Parigi a New York.
Durante la seconda guerra mondiale e per un breve periodo successivo gli artisti americani cercano una propria voce caratteristica. Assimilano in modo originale e innovativo le proposte delle avanguardie europee con una libertà quasi eclettica, senza vincoli di dottrina rispetto alle varie scuole.
Nei dipinti di Pollock, de Kooning, Kline, il percorso stesso di realizzazione del dipinto diventa oggetto artistico. Accolgono il principio della “pittura automatica” surrealista che prescrive l’esplorazione dell’universo del sogno e dell’inconscio. Ma gli action painters vanno oltre; non si limitano, come i surrealisti, ad attingere all’inconscio come repertorio di contenuti, di soggetti da rappresentare, ma tentano, invece, di farlo agire senza filtri né mediazioni, direttamente nel ring della tela, tentando un potenziamento dell’automatismo psichico.
Astrazione e surrealismo
Dopo l’Armory Show del 1913 e l’attività della galleria “291” di Alfred Stieglitz l’America conosce l’arte astratta. Negli anni Venti il “cubo-realismo” di Charles Demuth (1883-1935) e Charles Sheeler (1883-1965) è la prima avanguardia attiva negli Stati Uniti, ma soltanto nella seconda metà degli anni Trenta si costituisce una associazione importante di artisti d’avanguardia, la Abstract Artists Association (AAA), che incoraggia la diffusione delle idee del modernismo, introducendo il pubblico americano delle gallerie all’arte astratta.
In quegli anni va inoltre delinenadosi il sistema newyorkese delle gallerie d’arte e dei musei. Nel 1929 si inaugura il Museum of Modern Art; nel 1939 Solomon R. Guggenheim e Hilla Rebay aprono al pubblico il Museum of Non-Objective Painting, dedicato all’arte astratta; nel 1942 Peggy Guggenheim dà inizio all’attività del museo galleria Art of this Century con cui sostiene l’arte moderna.
Il 1942 è l’anno dei surrealisti. Il Museum of Modern Art, ospita esposizioni di Salvador Dalí, Jean Miró, e a seguire mostre personali di André Masson, Max Ernst, Roberto Matta , Yves Tanguy. L’impatto delle opere di Miró e Masson sulla giovane generazione di artisti americani è sorprendente. I soggetti onirici e legati al mito, il principio della pittura automatica, il suggerimento di una possibilità intermedia tra pittura figurativa e astrazione stimolano la creatività degli artisti americani.
Willem de Kooning
De Kooning, giovane pittore di talento nel mondo artistico newyorkese, stringe legami di collaborazione con Arshile Gorky, per cui prova una aperta ammirazione, Kline, Mark Rothko e Pollock. Insegna al Black Mountain College (North Carolina), che diventerà una delle scuole d’arte più influenti in America, con corsi tenuti da Pollock, Josef Albers, il musicista John Cage.
Nel 1948 la prima personale alla Charles Egan Gallery proietta Willem de Kooning verso il successo. Espone una serie di dipinti astratti bianco e nero di grande formato. Il Museum of Modern Art acquista una tela, Painting (New York, Museum of Modern Art) e i critici più accreditati del momento, Rosenberg e Clement Greenberg (1909-1994) celebrano i suoi dipinti astratti nei quali si mantiene un legame con la figurazione, con forme curve che sembrano organiche e un richiamo ai pittogrammi di Miró. Nel 1950 espone alla XXV Biennale di Venezia Excavation (olio su tela, 206,2 × 257,3 cm, Chicago, The Art Institute of Chicago), il titolo (Scavo) esprime la battaglia che de Kooning ingaggia con la tela. La superficie scabra, forme stravolte dai contorni distorti, come scavate in una superficie aspra, ruvida e minerale, ostentano la lotta di de Kooning con se stesso e i suoi dipinti. Il critico Thomas Hess ricorda come fosse capace di eseguire un dipinto in due giorni per poi raschiarlo e ridipingerlo, in una correzione incessante che poteva durare anche un anno. Le radiografie, eseguite su alcune opere, mostrano il numero illimitato di pentimenti e ripensamenti.
Women
Dal 1950 de Kooning lavora alla serie delle Women che lo consacrerà figura guida nel panorama artistico mondiale. Già negli anni 1938-1949 si era dedicato ad alcune serie di figure femminili. Rappresenta donne in pose seducenti come Pink Lady (1944) ma anche con i denti serrati in un ghigno, i lineamenti distorti ed esasperati come Woman (1948). Dal 1950 al 1953 la ricerca sul soggetto femminile raggiunge il culmine e de Kooning realizza i sei grandi dipinti della serie Women. Per elaborare il soggetto si serve dei mezzi più diversi, ritaglia le immagini di pubblicità dalle riviste, con donne dai sorrisi smaglianti e irreali. Lavora sullo stereotipo esteriore e superficiale di donna, trasmesso dai mass media. Realizza anche uno studio per un ritratto di Marilyn Monroe (1951, pastello e matita su carta, 42,5 × 24,7 cm, Carbondale, CT, Collezione J. e K. Powers). De Kooning aggredisce la tela con strati di colore a olio e smalto, cobalto, rosa sgargiante, rosso acceso, in uno sforzo di astrazione del soggetto femminile che sul volto si arresta. I denti, il naso, gli occhi resistono al processo di riduzione. Il primo dipinto della serie, Woman I (1950-1952, olio su tela, 192,8 × 147,3 cm, New York, Museum of Modern Art), al quale l’artista lavora per due anni con innumerevoli correzioni e ripensamenti, è infine esposto alla Sidney Janis Gallery e successivamente acquistato dal Museum of Modern Art. De Kooning interpreterà questo tema anche negli anni Settanta, in una tensione senza fine tra figura e astrazione.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta de Kooning si dedica alla serie Highway paintings. Sono tele di grande formato che scaturiscono dalle emozioni vissute durante i viaggi in automobile, percorrendo la cintura di periferia desolata al margine estremo della metropoli. Il paesaggio tra città e campagna, solcato dall’asfalto delle grandi strade veloci, i cartelloni pubblicitari smisurati e grotteschi suscitano in de Kooning suggestioni che, rientrato in studio, esprime sulla tela con ampie pennellate sovraccariche di pittura. Montauk Highway del 1958 (olio e materiali vari su carta applicata su tela, 149,9 × 121,9 cm, Los Angeles County Museum of Art) è un’opera astratta dove gesti larghi sostituiscono quelli fitti e minuziosi dei dipinti astratto figurativi delle serie Women. Colore denso, contrasti tra toni abbaglianti e freddi, impastati di bianco, esprimono l’atmosfera innaturale e grandiosa dell’ambiente sopraffatto dal progresso tecnologico.
Franz Kline. Il sublime tecnologico
Mentre de Kooning dipinge gli highway paintings ottenendo successi e riconoscimenti internazionali (il critico Thomas Hess scriveva la prima monografia su di lui nel 1959; nel 1958-1959 il pittore partecipa alla mostra itinerante The new american painting portata dal Museum of Modern Art in numerose capitali, e successivamente alla seconda Documenta di Kassel), a New York si afferma un altro action painter, intimo amico di de Kooning, Franz Kline.
Dipinge su tele di grande formato (mediamente due metri per un metro e mezzo) ampie fasce nere a olio o smalto su fondo bianco eseguite con numerose pennellate affiancate, larghe anche 50 o 60 centimetri ciascuna. Quasi ideogrammi iperbolici, i suoi dipinti sono astrazioni monumentali di strutture urbane, di grandi manufatti tecnologici. Dipinge i ponti (The Bridge, 1955), la ferrovia sopraelevata, i treni, gli isolati maestosi e scagliati verso il cielo di Manhattan (Wanamaker Block, 1955). Le immense pennellate nere riferiscono in pochi segni la potenza della modernità americana.
La visione ideale della vita di città, dell’industria e del progresso aveva trovato sviluppo già negli anni Venti e Trenta in Europa e negli Stati Uniti nelle correnti realiste e presso le avanguardie. Con lo stesso spirito di de Kooning nella serie highways, Kline innova il tema ancora vivo negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, in vigorosa ascesa economica. Strisce nere che sembrano tracciate con gesti veloci, delimitano strutture massicce e imponenti che evocano un senso di energia, immobilità e potenza. Kline rifinisce le forme con piccole pennellate a incrinare l’unità della struttura, che pare così in preda a un sommovimento tellurico, sotto pressione. Queste strutture evocano una umanità fragile, messa in scacco da una tecnologia sempre più invasiva e anticipano così anche uno degli impulsi che animerà l’estetica postmoderna, lo smarrimento della fiducia incondizionata nel progresso che aveva dominato il movimento moderno.
L’opera di Kline, in equilibrio tra fragilità e potenza, ha fatto parlare di poetica del sublime tecnologico americano (D. Anfam, 2004). La poesia e la filosofia tra Sette e Ottocento in Europa avevano approfondito il tema del sublime, l’esperienza umana dello smarrimento interiore e dello sgomento panico suscitati dalla smisurata potenza della natura. Ora, Kline – come de Kooning sulle highways – ritrova quel sentimento di soggezione quasi estatica e dolorosa davanti alla potenza della tecnologia, nella metropoli elettrificata e colossale, e lo esprime nei gesti titanici e screpolati delle sue astrazioni.
Il sublime astratto e i campi di colore
Mentre l’action painting raggiunge il culmine verso il 1950 con le matasse di pigmento versato di Jackson Pollock (Number 1, New York, Museum of Modern Art), l’iconografia erotica delle Women di de Kooning, gli ideogrammi monumentali di Kline, in America prende forma una seconda tendenza artistica, la pittura color field. Rothko, Clyfford Still (1904-1980), Barnett Newman (1905-1970), Ad Reinhardt (1913-1967) sono tra gli interpreti più raffinati di questo aspetto dell’arte americana. I pittori color field mettono in atto un processo di riduzione e di astrazione in cui si propongono di ottenere sullo spettatore un impatto altamente spirituale ed emotivamente travolgente. Ciascuno di questi artisti coltiva interessi che spaziano dalla filosofia tedesca (Rothko è un conoscitore del pensiero di Friedrich Nietzsche), ai miti e i simboli delle culture primitive, alle discipline contemplative orientali (Reinharth). Con campi di colore pieno e uniforme, tele di grande formato, realizzano opere che incombono sullo spettatore avvolgendolo completamente (B. Newman, Vir heroicus sublimis, 1950-1951, New York Museum of Modern Art) . Puntano la ricerca sui valori di intensità del colore e sugli effetti ottici che ne derivano, piuttosto che sull’espressività del gesto e della linea. E giungono ad astrazioni di puro colore.
Robert Rosenblum, tra i critici americani più autorevoli, in un articolo su “ARTnews” (The abstract sublime, LLC, 1961) apre un confronto tra l’arte americana degli anni Cinquanta e i dipinti romantici di William Turner o il Monaco in riva al mare (1808-1810) di Caspar David Friedrich: “Il senso del sublime espresso dalla pittura paesaggista del romanticismo inglese e tedesco è risorto solo dopo il 1945, in America, dove l’autorità dell’arte parigina è stata sfidata in modo del tutto inedito. Noi stessi siamo il Monaco in riva al mare e di fronte a questi quadri rimaniamo muti, assorti, come se contemplassimo un tramonto o una notte immersa nel chiarore lunare”.