Nicomachum, Ad
Il titolo di ad Nicomachum con cui D. cita talora l'Etica Nicomachea di Aristotele (v. ETICA), si riferisce a colui che nel Medioevo era ritenuto il suo destinatario. La tradizione secondo cui l'Etica Nicomachea sarebbe stata così chiamata per il fatto di essere dedicata a Nicomaco, che nella storia risulta essere il figlio di Aristotele, risale ai commentatori greci della scuola di Olimpiodoro (VI sec. d.C.) e fu ripresa dal bizantino Eustrazio (secc. XI-XII) nel suo commento all'Etica (ediz. G. Heylbut, in Commentaria in Aristotelem graeca XX, pp. 1, 11 e 4, 17-21) e da questo trasmessa, attraverso la traduzione di Roberto Grossatesta, al Medioevo latino.
Dichiara infatti Eustrazio, nella citata traduzione: " Nicomachia autem dicuntur, quia ad quendam Nicomachum prolata sunt, sive filium ipsius Aristotelis, qui ita vocatus, sive ad quendam alium ita nominatum " (cfr. A. Pelzer, Un cours inédit d'Albert le Grand, ecc., in " Revue Néoscolastique de Philosophie " XXIV [1922] 497 n.). La medesima tradizione fu ripresa da Alberto Magno (cfr. Super Ethica Comm. et Quaest. I init. ed Eth. I I 7), dal quale probabilmente l'attinse Dante. In realtà l'opinione prevalente oggi tra gli studiosi è che Nicomaco sia stato non il destinatario, ma il primo editore dell'opera (cfr. R.A. Gauthier, in Aristote, L'Ethique à Nicomaque, I, Lovanio-Parigi 1958, 55).
Il titolo ad N. ricorre in D. dodici volte, di cui undici nella Monarchia, dóv'è l'unico usato per indicare l'opera, e una nella Quaestio. I luoghi sono: Mn I III 1, XI 11, XIII 4, XIV 4, XV 9, Il II 7, III 9, VII 3, X 6, III X 13, XI 7, Quaestio 21. Per tutti si veda la voce ETICA.