SACCHI, Ada
SACCHI, Ada. – Nacque il 19 aprile 1874 a Mantova, penultima dei dieci figli di Achille e di Elena Casati.
Ebbe come fratelli Carlo (1859-1950), Attilio (1860-1956), Maria (1863-1957), Maurizio (1864-1897), Rosalino (1866-1924), Michelangelo (1868-1942), Stella (1871-1954), Alberto (1872-1918), Beatrice (1878-1931). Altre tre sorelle – Gelsomina, Jessie e Aurinia – morirono in tenera età. Il padre fu medico e garibaldino; la madre figura di spicco del movimento mazziniano e dell’emancipazionismo ottocentesco.
Ada e i fratelli ricevettero un’educazione improntata alla ‘religione delle memorie’ patrie e familiari, agli ideali di fratellanza e di progresso sociale, all’eguaglianza fra i sessi e a un razionalismo antidogmatico. «Formate [...] un manipolo compatto di combattenti per il bene [...] comune della patria e della società» (Bertolotti, 2012, p. 44), scrisse il padre ai figli un anno prima di morire. Né Ada, né i fratelli furono battezzati.
Assai significativa della Weltanshauung materialista che i coniugi Sacchi trasmisero ai figli è la testimonianza di Beatrice Sacchi: «Fui allevata senza che mi fosse fatto conoscere che altri avevano una fede: credevo che la parola Dio fosse una interiezione di dolore o di meraviglia» (Sega, 2007, p. 57).
Negli anni dell’infanzia e soprattutto dopo la morte della madre, nel 1882, Ada e i fratelli trascorsero lunghi periodi insieme a Jessie White Mario, la quale divenne una sorta di madre putativa soprattutto per Ada, che con lei intrattenne un intenso scambio intellettuale, come testimoniato anche dalla dedica «ai figli e alle figlie» di Elena e Achille premessa da White Mario al volume In memoria di Giovanni Nicotera (Firenze 1894, p. V).
Nel 1890 Ada si diplomò presso il regio ginnasio Virgilio di Mantova; quindi, essendo rimasta orfana di padre, si trasferì a Genova presso la sorella Maria e lì completò gli studi liceali e si laureò in lettere nel 1898 con una tesi sul pessimismo dei poeti greci.
Il suo nome, insieme a quello delle sorelle maggiori Maria e Stella, figura nell’elenco delle prime duecentocinquantasette laureate d’Italia (V. Ravà, Le laureate in Italia, in Bollettino ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione, 1902, n. 14, pp. 640-647).
Nel 1899 sposò il mantovano Quintavalle Simonetta, anch’egli discendente da una famiglia di patrioti e docente del locale liceo ginnasio. La coppia ebbe tre figli: Bono (1903-1992), Elena (1905) e Alberto (1907-1910). Ada si dedicò all’insegnamento nelle scuole normali, a Modena e a Mantova, fino al 1902, quando, a seguito di pubblico concorso, assunse la direzione della Biblioteca e dei Musei civici di Mantova, che avrebbe mantenuto fino al 1925. Fu tra le prime donne a ricoprire questo ruolo. Ancor prima della militanza nel movimento femminista furono le qualità professionali ad attestare l’adesione di Ada al modello della ‘donna nuova’, emancipata e lavoratrice, che nell’Italia prebellica continuava a trovare ostacoli.
Il suo operato in campo bibliotecario fu ispirato alla volontà di trasformare la biblioteca da «aristocratica torre d’avorio» a «laboratorio democratico» (Guerra, 2012, p. 112) che, attraverso la diffusione della cultura scientifica moderna, concorresse alla realizzazione del «grande sogno democratico dei magnanimi confessori e martiri di nostra gente – la libertà vittoriosa della miseria fisica, mentale e morale; la libertà che sgombra di oligarchi la terra e di despoti il cielo» (p. 113): parole nelle quali si coniugavano l’eredità risorgimentale e gli ideali di progresso e di emancipazione. Coerentemente con tale visione Ada Sacchi si adoperò per incrementare il numero dei lettori, delle opere lette, dei prestiti a domicilio, degli acquisti di novità librarie; istituì la sezione popolare della Biblioteca (1912); introdusse innovazioni organizzative e gestionali (apertura domenicale, introduzione del catalogo a schede mobili). Recriminazioni riguardanti l’insufficienza degli investimenti pubblici a garantire l’acquisto di «novità di facile lettura» (p. 113), la carenza di personale e l’inadeguato riconoscimento economico del suo ruolo dirigenziale furono all’origine di aspri contrasti con l’amministrazione comunale di Mantova. La consapevolezza delle deplorevoli condizioni in cui versavano le biblioteche in Italia spinse Sacchi a farsi promotrice della costituzione di un’Associazione nazionale tra i funzionari delle biblioteche e dei musei comunali e provinciali, che lei stessa presiedette fino al 1920. L’appello a stampa che nel 1911 inviò a centoventi direttori, invitandoli a «destarsi» e a prendere ad esempio gli altri lavoratori, i quali «si uniscono e lottano d’accordo per ottenere equi compensi al loro lavoro» (p. 114), documentava un’approvazione per l’azione dei lavoratori organizzati del tutto coerente con la sua adesione al socialismo. L’Associazione non si limitò peraltro alle rivendicazioni sindacali, ma sollecitò un ampio dibattito sull’assetto delle biblioteche civiche e provinciali, non riscuotendo tuttavia da parte del governo l’interesse sperato.
Raccolto il testimone della madre (e della nonna) e di Jessie White Mario, Ada, al pari della sorella Beatrice, fu attivamente impegnata sul fronte dei diritti delle donne, a testimonianza della parte giocata dalle genealogie familiari nella saldatura tra mazzinianesimo femminile ed emancipazionismo novecentesco. Nel 1909 fondò la sezione mantovana dell’Associazione per la donna, che affianccò alle battaglie femministe per il suffragio, per l’abolizione della tratta delle bianche, per il divorzio, per la ricerca della paternità, per l’accesso delle donne alle professioni, «un’azione locale di difesa delle giovani operaie e popolane» (L’Associazione per la donna di Mantova, 1927, p. 4). A tal fine istituì un ricreatorio-scuola festivo intitolato a Elena Casati, una scuola serale per donne adulte, una scuola serale di taglio, una scuola per infermiere e sostenne «ogni iniziativa pubblica o privata relativa alla donna, alla giovinetta, al bambino» (p. 4). Grazie al suo interesse per le realizzazioni concrete, Ada fece di Mantova un centro importante del femminismo pratico lombardo che si contrappose al cosiddetto femminismo scientifico romano, nel cui ambito operò invece la sorella Beatrice. La divergenza tra i due gruppi si rese manifesta nel 1917, allorché il comitato mantovano, Ada in testa, si dissociò dalla piattaforma ufficiale dell’associazione Pro suffragio femminile e si dichiarò contrario all’estensione del voto alle donne nel frangente bellico per timore che «il neutralismo delle donne italiane [arrecasse] dei danni gravi alla nazione» (Camatti, 2012, p. 96), favorendo le forze politiche contrarie alla guerra.
Questa posizione, se da una parte riflette il pragmatismo di Ada, la quale dall’osservatorio mantovano ben vedeva che «le contadine [erano] inferocite contro la guerra» (p. 96), può essere dall’altra compresa alla luce delle idealità patriottiche alle quali era stata educata e in nome delle quali nel 1914 si era schierata tra le file dell’interventismo democratico.
Le aspirazioni nazionaliste non furono tuttavia sufficienti, dopo la guerra, ad assicurare l’adesione di Ada al fascismo; né a ciò bastarono le aperture alla causa del voto femminile fatte da Benito Mussolini nel 1923 in occasione del IX Congresso della Federazione internazionale pro suffragio, al quale lei e la sorella Beatrice avevano preso parte. D’altra parte, Ada non osteggiò apertamente il regime, anzi non esitò ad avvalersi della rete di relazioni di cui disponeva per ottenerne il sostegno alle proprie battaglie in favore dell’emancipazione femminile, dissimulando in parte o del tutto le proprie convinzioni.
La natura opportunistica di talune espressioni di plauso nei confronti del regime – in ragione delle quali vi è chi ha voluto ascrivere Ada Sacchi al novero delle suffragette nere (L. Scaraffia, Voto alle donne, il sogno delle suffragette nere, in Corriere della sera, 8 marzo 2006, p. 47) – non può essere messa in dubbio. Se già in un documento del 1925 di lei si dice che «ha dato prova ininterrotta di antifascismo e di ostilità nei confronti del Governo Nazionale» (Archivio storico comunale di Mantova, cat. IX, cl. 8, art. 6), in una lettera inviata il 18 marzo 1935 al senatore Ugo Scalori, Ada, pur dichiarandosi «tutt’altro che antifascista», avrebbe ammesso di non essere iscritta al partito «per amore della mia libertà» (Camatti, 2012, p. 104).
A riprova della sua indipendenza dal regime, il decreto prefettizio del 4 aprile 1935 ne decretò la destituzione dalla carica di presidente della Federazione italiana per i diritti della donna, che Ada Sacchi ricopriva dal 1928. Del resto fin dal 1925, a seguito dei contrasti con la giunta fascista del sindaco Cesare Genovesi, si era vista costretta a rassegnare le proprie dimissioni dalla direzione della Biblioteca comunale.
Nel 1939 Ada e il marito, al seguito della figlia e del genero Achille Bassi, si trasferirono in Brasile, a Niteròi, dove Ada Sacchi morì il 13 gennaio 1944.
Scritti e discorsi. Tra le pubblicazioni di Ada Sacchi si segnalano: Saggio intorno al pessimismo dei poeti greci, Mantova 1902; Relazioni fra lo Stato e le biblioteche e musei comunali e provinciali in ordine al loro funzionamento, in Bollettino del Museo civico di Padova, n.s., II (1926), 1-4, pp. 115-121; L’Associazione per la donna di Mantova. Cenno riassuntivo (anni 1909-1926), Bologna 1927; Catalogazione e possibilità di consultazione delle tesi universitarie, Roma 1930; Federazione italiana per il suffragio e i diritti civili e politici delle donne. Relazione morale e finanziaria della Presidenza centrale sul biennio 1930-31, Mantova 1932; Federazione italiana per i diritti della donna. Relazione morale e finanziaria sul biennio 1932-33, Mantova s.d.
Fonti e Bibl.: L’Archivio di Ada Sacchi è conservato in parte a Milano, presso l’Unione femminile nazionale, in parte a Firenze presso il nipote Alberto Simonetta. Di quest’ultima porzione di documentazione è conservata copia digitale presso l’Istituto mantovano di storia contemporanea, ove sono custodite anche altre sezioni degli archivi della famiglia Sacchi, che contengono numerose lettere di Ada e Beatrice Sacchi. Un piccolo nucleo di carte riguardanti l’attività bibliotecaria di Ada Sacchi è conservato presso la Biblioteca comunale Teresiana di Mantova. Inoltre: E. Rinaldi, Achille Sacchi, il medico che si batte (1827-1896), Modena 1927, nuova edizione con aggiunte a cura di B. Sacchi e lettere di Giuseppe Mazzini, Mantova 1977; M.T. Sega, A. e Beatrice S., le sorelle del suffragismo italiano, in La nazione dipinta. Storia di una famiglia tra Mazzini e Garibaldi, a cura di M. Bertolotti con la collaborazione di D. Sogliani, Milano 2007, pp. 57-65; M. Bertolotti, La famiglia Sacchi, in La repubblica, la scienza e l’uguaglianza. Una famiglia del Risorgimento tra mazzinianesimo ed emancipazionismo, a cura di C. Bertolotti, Milano 2012, pp. 33-44; P. Camatti, A. S. e il movimento emancipazionista, ibid., pp. 95-110; C. Guerra, La bibliotecaria A. S. Simonetta e l’Associazione nazionale dei funzionari delle biblioteche e dei musei comunali e provinciali, ibid., pp. 111-129; P. Camatti, Una donna dimenticata: A. S., in Id., «Clamoroso ingente furto sacrilego» e altri scritti sulla storia di Mantova tra Ottocento e Novecento, Mantova 2014, pp. 167-182; E. Schiavon, Interventiste nella Grande Guerra. Assistenza, propaganda, lotta per i diritti a Milano e in Italia (1911-1919), Firenze 2015, p. 335; S. Bartoloni, Donne di fronte alla guerra. Pace, diritti e democrazia (1878-1918), Bari-Roma 2017, pp. 117, 131-134, 171 s., 179, 222.