adagiarsi [adage, II singol. pres. indic.]
Questo verbo è adoperato da D. in due soli luoghi della Commedia, in rima, e con costruzione intransitiva pronominale.
In If III 111 Caronte, nell'accogliere le anime dei dannati dentro la sua barca, batte col remo qualunque s'adagia. Scartando subito alcune proposte inaccoglibili, come quella del Senes che interpunge e intende il verso nel modo seguente: batte col remo [le onde]; qualunque [ognuna delle anime] s'adagia [si pone a sedere]; o quella del Bartolucci che intende: " batte col remo qualunque anima si acquatta spaurita fra le altre ", le interpretazioni tradizionali del passo possono restringersi a due.
La prima, che sembra la preferibile, dà al verbo il senso di " prendersela ad agio, comodamente ", " andare a rilento ", " indugiare " e quindi " mostrarsi riluttante " (in tal significato a., collegato con ‛ agio ' come il semplice ‛ agiare ', è largamente attestato nella lingua del sec. XIV): poiché alcune anime tardano a entrare nella barca, Caronte le percuote col remo, come si usa fare con gli animali restii (Benvenuto, Ottimo, Vellutello, Lombardi, Cesari, Tommaseo, Parodi, Casini-Barbi, Porena, Sapegno). Osservano tuttavia alcuni critici che le anime non avrebbero bisogno di codesta sollecitazione dal momento che il loro ‛ costume ' le fa di trapassar parer sì pronte (v. 74); e Virgilio in effetti spiega che i dannati sono impazienti di traghettare l'Acheronte perché spronati dalla giustizia divina a tal segno che il loro timore si volve in disio (vv. 124-126). A tale obbiezione risponde il Parodi: " alla fretta rabbiosa di Caronte anche un'anima un po' meno sollecita delle altre sembra lenta e non gli par vero di poter menare il remo sopra di lei; e d'altra parte è troppo naturale che quella interna lotta fra il desio e il terrore, non solo del tormento annunciato ma dello stesso pauroso demonio, induca l'una o l'altra delle anime a mostrare meno sollecitudine del bisogno ".
L'altra interpretazione assegna al verbo il valore di " mettersi a proprio agio nella barca, cioè in positura comoda ": essa risale al Boccaccio (" s'adagia a sedere o in altra guisa "), seguito dal Lana (" intravano nella dolorosa nave, in la quale s'alcuno s'adagiava era battuto col remo da quel nocchiero") e, fra i moderni, dall'Andreoli, dallo Scartazzini, dal Torraca, dal Chimenz, dal Padoan e dal Nicosia. Il Caronte dantesco, secondo il Torraca, ripeterebbe così, per far posto a nuovi dannati, un gesto simile a quello del Caronte virgiliano, il quale, allo scopo di far sedere Enea nella sua barca, scaccia le anime che avevano occupato gli scanni: " inde alias animas, quae per iuga longa sedebant, / deturbat laxatque foros " (Aen. VI 411-412). Ma la situazione dell'Eneide è sostanzialmente diversa da quella che figura nel testo dantesco, sicché il confronto non sembra offrire definitivi sussidi esegetici.
Il verbo torna in Pg XXV 28 Ma perché dentro a tuo voler t'adage, / ecco qui Stazio, con riferimento all'acquietarsi del volere nella conoscenza della verità: " la tua volontà contenti " (Ottimo); " ti riposi e ti acquieti nella verità che tu vuoi conoscere " (Scartazzini-Vandelli).
Bibl. - O. Antognoni, Saggi di studi sopra la Commedia di D., Livorno 1893 (v. la recensione di V. Rossi, in " Bull. " I [1893] 12); G. Maruffi, " Batte col remo qualunque s'adagia ", in " Giorn. d. " I (1893) 217-218; G. Senes, " Batte col remo qualunque s'adagia ", ibid. 334-335; U. Nottola, " Batte col remo qualunque s'adagia ", ibid. 460-461; P. Luotto, Una parola di D. A., Torino 1894; E. G. Parodi, in " Bull. " XIII (1906) 289; L. Bartolucci, Il Canto III dell'Inferno, Cagliari-Sassari 1907; G. Padoan, Il Canto III dell'Inferno, in Nuove Lett. 167-70; P. Nicosia, Alla ricerca della coerenza, Messina-Firenze 1967, 74 ss.