ADALBERTO di Toscana
Figlio di Bonifacio II conte di Lucca vivente a legge bavara, è documentato quale marchese di Toscana e tutor dell'isola di Corsica dall'846: come tale egli aveva il compito di fronteggiare i Saraceni, coordinando la difesa contro di loro. Il suo nome figura nell'elenco dei chiamati alle armi da Lotario I, nel capitolare emanato nell'846 per organizzare una spedizione contro gli infedeli (Capitularia regum Francorum,in Monumenta Germ. Hist., Capitularia,II, Hannoverae 1897, pp. 65-68), ed è famosa una sua lettera del 10 agosto di quello stesso anno, per avvertire i Romani dell'imminenza di un attacco musulmano.
È stata fatta l'ipotesi che l'autorità del marchese di Toscana si estendesse al di là delle Alpi, lungo le coste della Provenza, formando un solo grande ducato della Marittima: di certo si sa soltanto che in Provenza egli aveva vasti possedimenti fondiari ed esercitava diritti comitali. La sua attività politica si è, però, svolta in Italia e specialmente a Roma.
Nell'855 fu, insieme con un non meglio qualificato Bernardo, a capo di una ambasceria inviata a Roma da Ludovico II, che non voleva ratificare l'elezione di Benedetto III ed avrebbe voluto sostituirgli Anastasio. I messi imperiali ed i loro partigiani imperiali cercarono di imporsi con la forza, arrestarono e maltrattarono i funzionari papali che erano stati inviati da Benedetto III per cercare un accordo, invasero il Laterano, arrestarono il papa in persona, ma non vennero a capo della resistenza del clero romano, né con le minacce né con le lusinghe, e mascherarono allora l'insuccesso facendo rinnovare l'elezione di Benedetto III sotto il loro controllo.
Sposato in prime nozze con una non meglio individuata Anonsuara, già morta nell'875, passò a seconde nozze con Rottilde - o Richilde - sorella di Lamberto marchese di Spoleto. Col matrimonio si cementò la solidarietà di interessi dei due marchesi, che fu ancor più rafforzata quando si aprì la successione dell'imperatore Ludovico II. A. affiancò la politica del cognato, prese con lui posizione per i Carolingi di Germania e ne rimase sostenitore anche dopo che Giovanni VIII si fu dichiarato per Carlo il Calvo; lo dimostra il fatto che accolse (876) alcuni funzionari papali filogermanici fuggiti da Roma in conseguenza della decisione del papa. Alla morte di Carlo il Calvo, A. di Toscana e Lamberto di Spoleto penetrarono, con un colpo di mano, nella città leonina, con il proposito di imporre la candidatura di Carlomanno e la reintegrazione dei funzionari fuorusciti suoi protetti. Falliti i tentativi di accordo, Giovanni VIII fu fatto prigioniero, ma non si piegò, nemmeno quando i Romani si indussero a prestar giuramento di fedeltà a Carlomanno. Dopo una trentina di giorni, uniformandosi forse a sollecitazioni venute dallo stesso Carlomanno, i due marchesi si ritirarono lasciando libero il pontefice, che denunciò a tutti i principi cristiani la violenza che egli e la città avevano subito, scomunicò i colpevoli, e, rifugiatosi in Francia, rinnovò la condanna nel sinodo che riunì a Troyes. Ma l'avvento di Carlo III significò non soltanto la revoca della scomunica, ma la designazione da parte del nuovo imperatore del marchese di Toscana e del marchese di Spoleto quali difensori del patrimonio di S. Pietro.
A., che viveva a legge longobarda, fondò nell'884 presso Aulla in Lunigiana un monastero in onore di Dio e della Vergine, che prese poi nome dal martire s. Caprasio: è questa l'ultima notizia che si ha di lui. Egli lasciò due figli, Adalberto II e Bonifacio.
Fonti e Bibl.: Memorie e documenti per servire all'istoria del ducato di Lucca,V, 2, Lucca 1837, pp. 574, 578, 579, 581, 582, 583;Iohannis VIII papae Registrum, a cura di E. Caspar, in Monumenta Germ. Hist., Epistolae,VIII, 1, Berolini 1912, pp. 20, 22, 30, 31, 79, 82, 85, 90, 99, 100, 139, 219, 235; I placiti del "Regnum Italiae", a cura di C. Manaresi, I, Roma 1955, in Fonti per la storia d'Italia,XCII, pp. 169-173, n. 51, 198-205, n. 57, 265-269, n. 73, 339-344, n. 94; A. Hofmeister, Markgrafen und Markgrafschaften im italischen Königreich,in Mitteilungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung,VII Ergänzungsband (1910), pp. 117 ss.; L. Duchesne, Les premiers temps de l'état pontifical,Paris 1911, pp. 207, 229, 272; P. Brezzi, Roma e l'impero medioevale,Bologna 1947, pp. 52, 60, 73, 77; C. G. Mor, L'età feudale,I, Milano 1952, pp. 90, 104.