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ADALBERTO

di Giovanni Cremaschi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)
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ADALBERTO

Giovanni Cremaschi

Vescovo di Bergamo, nacque di nobile famiglia: il padre Attone, "de Carimalo" (probabilmente Carimate), che possedeva moltissimi beni nel Bergamasco e nel territorio di Como, partecipò attivamente alla vita politica. L'episcopato di A. si iniziò tragicamente: nell'894 Arnolfo re di Germania, dopo barbaro saccheggio e feroci stragi, distrusse Bergamo e fece prigioniero, con i capi delle principali famiglie, il vescovo A., deportandolo quindi a Magonza. Nello stesso anno, però, il re gli concedeva di ritornare in sede, e in prova del suo favore, con diploma del 1 genn. 895, confermava alla Chiesa di Bergamo i privilegi anteriormente ricevuti. L'attività di A. fu volta ad un'alacre opera di ricostruzione. Nell'896 riparò dalle rovine e abbellì la cattedrale di S. Alessandro, costruendovi una nuova confessione, nella quale furono poste le reliquie dei santi Alessandro, Narno e Viatore; altre chiese costruì poi nella diocesi. Per il clero destinato al servizio ordinario dell'altra cattedrale di S. Vincenzo, istituì la vita in comune: a tale scopo nell'897 fece costruire attigua alla chiesa la canonica di S. Vincenzo e la dotò, anche a beneficio dei poveri, di molti beni, aumentati con donativi, consolidati e ancora accresciuti per conferme e concessioni varie di re e imperatori, e infine con i suoi legati testamentari del 928. Con permute e contratti vari riorganizzò il patrimonio suo e delle chiese. L'attività e il prestigio sempre crescente conciliarono ad A. favore e ascendente su re e imperatori.

Verso l'899, Berengario I gli concesse proprietario iure una parte della curtis regia di Murgula (presso il torrente Morla, che ne conserva il nome, e nella zona dell'attuale quartiere di Borgo Palazzo, in Bergamo bassa), nonché i diritti sulla fiera annuale, detta di S. Alessandro: questi ultimi furono nel 908 e di nuovo nel 911 ceduti da A. ai canonici di S. Vincenzo e la cessione confermata da Berengario nel 913. Agli stessi canonici A. lasciò per testamento anche i diritti su un altro mercato che si teneva settimanalmente in città. Nel 901 A. accompagnò Ludovico III nel viaggio a Roma per l'incoronazione imperiale. Del favore del nuovo sovrano è testimonianza un diploma del 25 marzo dello stesso anno, con il quale vengono confermati alla Chiesa di Bergamo i suoi possessi, che risultavano alquanto compromessi per la distruzione dei diplomi causata in quel torno di tempo dall'invasione ungara.

Tra quei possessi sono nominati esplicitamente la chiesa di S. Alessandro in Fara, il monastero di S. Salvatore in Bergamo e il monastero di S. Michele di Cerreto. Altri due analoghi diplomi di Ludovico III, largamente citati dagli storici bergamaschi, sono in realtà falsificazioni, almeno nella forma in cui ci sono pervenuti (I diplomi italiani di Lodovico III..., pp. 69, 71, 91).

Il 21 febbr. 904, Berengario I, tornato al potere, donò alla cattedrale di S. Alessandro la restante parte della corte di Murgula ed il 23 giugno successivo permise al vescovo e ai cittadini di Bergamo di ricostruire le mura, le porte e le torri necessarie per la difesa contro gli Ungari; inoltre, con speciali clausole, il sovrano dispose che, non solo le nuove fortificazioni, ma tutte le proprietà pubbliche fossero poste sotto la protezione e dipendenza di A. e dei vescovi suoi successori. Nello stesso diploma del 23 giugno 904 fu concessa alla Chiesa bergamasca una piena immunità giurisdizionale e fiscale. Da questo momento A. divenne il vero capo della città, in sostituzione del conte.

In un momento non precisato tra il 906 e il 910 troviamo A. come messo regio in Pavia, delegato da Berengario a presenziare un placito; nel novembre 915 interviene a un placito tenuto dal sovrano a Lucca. Sempre dallo stesso Berengario I ottiene tra il 905 e il 915 altri favori per la propria Chiesa, per il vescovo di Novara e per altri suoi amici e protetti. Il 3 clic. 922 il re Rodolfo II di Borgogna gli rinnova le concessioni del diploma di Berengario I del 23 giugno 904; lo stesso Rodolfo, nel novembre del 924, accede ad alcune richieste di A. in favore del monastero di S. Sisto di Piacenza e della Chiesa di Padova. Analoghe richieste accolse, nel 926 e 927, il nuovo re Ugo di Provenza, che tenne A. tra i suoi più autorevoli consiglieri: nostri per omnia fidelissimus, lo chiama in un suo diploma (I diplomi di Ugo..., p. 23).

Nel testamento, del 928, A. dispose che il suo corpo fosse sepolto a S. Vincenzo. Dai suoi legati per messe, luminarie, e in favore dei canonici e dei preti decumani di S. Vincenzo, o di chiese da lui fondate, si rileva ch'egli era proprietario di case e di fondi a Berzo, Villongo, S. Maria di Rosate, Presezzo, Calusco, Parre, Colgiate, presso S.. Andrea, presso la Morla, Gavarno, Sovere, Caleppio e presso il lago di Como. L'ultimo atto nel quale si legge il suo nome è del 929; ma la sua morte, nel necrologio di S. Vincenzo, è segnata al 13 nov. 935.

Fonti e Bibl.: M. Lupi, Codex diplomaticus civitatis et ecclesiae Bergomatis, I, Bergomi 1784, coll. 1009 ss.; II, ibid. 1799, coll. 1-182; I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, in Fonti per la Storia d'Italia, XXXV, pp. 124, 134, 174, 188, 245, 262, 406,412; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1910, ibid., XXXVII, pp. 34, 69, 71, 91, 97, 117, 120; I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1924, ibid., XXXVIII, pp. 3, 6, 17, 20, 22; C. Manaresi, I placiti del "Regnum Italiae", I, Roma 1955, ibid., XCII, n. 122 p. 457, n. 127 p. 475; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia. La Lombardia, II, 1, Bergamo 1929, pp. 29-36; L. Dentella, I vescovi di Bergamo, ibid. 1939, pp. 82-91; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, I, Milano 1940, pp. 127, 206 n., 222 3., 234, 242.

Vedi anche
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