ADALIA (Ānṭāliyah; 'Αττάλεια; Attalēa; A. T., 88-89)
Città dell'Anatolia meridionale, posta in fondo al golfo omonimo, con una rada aperta a tutti i venti. La città è situata sopra un terrazzo calcareo a picco sul mare, con uno strapiombo di 30-40 m.; è attraversata da un fiume, il Dūden Sū. Conta circa 30.000 abitanti, dei quali 18.000 musulmani, gli altri ebrei o levantini. Già capoluogo di sangiaq o mutaṣarrifato nel vilāyet di Qōniah, è dal 1924 sede del vilāyet omonimo, al quale il censimento del 1927 attribuisce 206.270 abitanti; è collegata con l'interno mediante posta e telegrafo. La regione è coltivata a grano, orzo e, in proporzione sensibilmente minore, avena; produce inoltre sesamo, legumi, che, con i prodotti dell'allevamento del bestiame (bovini ed ovini vivi, pellami, burro, uova) e con colori vegetali, oppio, olio di rose, alimentano il commercio d'esportazione del porto, visitato annualmente da circa centocinquanta piroscafi, oltre numerosi velieri che fanno il servizio di cabotaggio. Adalia conserva interessanti monumenti di tutte le epoche della sua storia bimillenaria. Tra le moschee vanno ricordate la Qurqud Giāmi‛ī, già chiesa bizantina, la ‛Alā' ud-Dīn Giāmi‛ī del 774 dell'ègira (1372-73) e la Murad Giāmi‛ī dell'anno 978 (1570-71).
Notizie storiche. - Secondo Strabone (XIV, 667), Attaiea ('Αττάλεια) ha derivato il suo nome da un Attalo, il quale non può essere che Attalo II Filadelfo, perché solo con questo sovrano il regno di Pergamo giunse, in seguito alla battaglia di Magnesia, a toccare le sponde meridionali dell'Asia Minore (G. Cardinali, Il regno di Pergamo, Roma 1905, p. 78). Che la posizione di Attalea corrisponda a quella dell'attuale Adalia e non ad altra più orientale (Eskī Qal‛ehsī presso Lara), come proposero alcuni topografi, è ora sicuro per non pochi monumenti ed iscrizioni.
Data però la felice postura, sia in rapporto ai valichi per gli altipiani della Pisidia, sia per l'adiacenza alla bella pianura di Panfilia, assai copiosamente irrigata, non è improbabile che vi si siano raccolti nuclei di abitatori già prima del tardo periodo ellenistico di Attalo II (asceso al trono nel 158 a. C.), così come non mancò un abitato anche nei secoli più oscuri del Medioevo. Allo stato attuale delle ricerche mancano però memorie archeologiche che attestino una vita remota, anzi non si hanno sicure tracce di costruzioni che precedano quelle di età romana. A far parte dei dominî di Roma, Attalea venne col resto della Panfilia, per il testamento di Attalo III, nell'anno 133 a. C. Durante l'impero la città, che in quell'epoca coniò anche moneta, godé la vita prospera e tranquilla che la pax romana assicurò per secoli alle genti, e gli avvenimenti più memorabili della sua storia sono la visita di S. Paolo (Atti degli Apostoli, XIV, 24) e quella dell'imperatore Adriano. A solennizzare questa visita imperiale fu eretta e ornata la magnifica porta a tre fornici tuttora esistente, e una delle torri vicine fu da una Iulia Sancta, ricca cittadina attaliota, ornata d'iscrizione in onore di Sabina e di Paolina, moglie e sorella dell'imperatore. Dopo la porta di Adriano, il monumento più cospicuo della romana Attalea è il bel mausoleo di personaggio consolare o pretorio, incorporato poi nella cinta delle mura adaliote. Le mura, che costituivano specialmente pel tratto lungo mare un magnifico e caratteristico ornamento della città, e delle quali fu iniziata la completa demolizione nel 1914, erano per gran parte bizantine (iscrizioni di Leone VI e Costantino) con tratti selgiūqidi e franchi dei Lusignani di Cipro.
Dell'impero bizantino, Adalia fece parte fino alla quarta crociata. Ma, fin dalla prima, la città (il cui nome nell'uso latino medievale è Satalia) fu una delle basi militari importanti dei conquistatori cristiani. Luigi VII vi sbarcò nel 1148 e Riccardo Cuor di leone vi pose la sua base per la conquista di Cipro. Nel 1212 Adalia fu presa dall'italiano Aldobrandino ('Αλδερραντῖνος) e poco dopo, non si sa quando, ripresa dal sultano selgiūquide di Qŏniah (secondo Niceta in Réc. des Hist. des Croisades, Hist. grecs, I, p. 434) Intorno al 1299 un emiro turcomanno, Tekkeh, vi costituì una signoria indipendente; da lui venne il nome di Tekkeh Ēlī a tutta la regione. Pietro di Lusignano, re di Cipro, conquistò la città nel 1361 con l'aiuto del papa e dell'ordine di San Giovanni di Rodi; nel 1373 essa fu ripresa dai Turcomanni. L'impero ottomano assorbì anche Adalia e la zona circostante tra il 1387 ed il 1391; ma la conquista ottomana non fu definitiva, per le scorrerie che vi fecero i principi della Qaramania; il qaramano Meḥmed, nel 1424 circa, morì all'assedio di Adalia, difesa dal governatore ottomano Ḥamzah Bey. Dal 1457-58, la dominazione ottomana si affermò saldamente ad Adalia, che non ebbe più a subire vicende notevoli fuor che nel 1472, quando una flotta comandata da Pietro Mocenigo, con navi venete, papali, napoletane e rodiesi, assalì la città, conquistò la prima cinta di mura e saccheggiò il sobborgo; la catena del porto fu asportata e recata a Roma, dove fu appesa in San Pietro (ora nel Museo Petriano).
Ancora all'inizio del sec. XIX (1802-03), la città fu turbata dalla ribellione di un signore locale, tale Qāḍī Pascià; un Ḥāḥ Meḥmed Pascià, per incarico della Sublime Porta, lo combatté ed uccise e si impossessò dei suoi beni; il figlio di Ḥāǵǵ Meḥmed, non volendo consegnare alla Porta quelle ricchezze, si fortificò in Adalia, dove fu bloccato dalla flotta, preso ed ucciso.
A. fu città ricchissima per il commercio con la Siria, la Persia, l'Egitto ed ebbe anche uno sviluppo marinaro; si vuole che Barbarossa compisse ivi le sue prime esperienze piratesche. E quando gli Inglesi svilupparono la loro penetrazione nel Mediterraneo orientale, Adalia fu una delle basi della loro attività: la Compagnia del Levante vi ebbe una fiorente agenzia fino al 1825. Ancor più crebbe la sua importanza nel secolo XIX e dopo la guerra mondiale per le aspirazioni delle potenze europee, che si contendevano la maggior sfera d'influenza nell'Asia Minore.
Gli Italiani vi sbarcarono nel 1919 e la sgombrarono volontariamente due anni dopo (v. sotto).
Questione di Adalia. - Nel 1913 un gruppo finanziario italiano otteneva dall'impero ottomano una concessione di studî per costruzioni portuali e ferrovie nella regione di Adalia.
La detta concessione, cui seguì il progetto di costruzione ferroviaria Adalia-Burdur, incontrò tuttavia l'opposizione di altri stati interessati alla penetrazione economica nell'Anatolia. Concluso al riguardo, il 19 maggio 1914, un accordo transazionale con una società inglese, l'Italia ebbe ad affrontare altre difficoltà da parte principalmente dell'Austria. La questione sembra aver formato uno degli oggetti trattati nel convegno di Abbazia, nell'aprile 1914, fra il marchese di San Giuliano ed il conte Berchtold. Secondo un articolo apparso allora sulla Neue Freie Presse, l'Austria, rinunciando a interessarsi dell'immediata regione di Adalia, avrebbe d'allora in poi dovuto soprattutto curare l'attivazione economica della vicina zona di ‛Alā'iyah.
Ma la guerra mondiale veniva ben presto a troncare l'opera dell'Italia nella regione di Adalia, svolta attraverso le accennate trattative diplomatiche e finanziarie, ma soprattutto a mezzo della civile influenza che esercitavano l'approdo dei primi piroscafi italiani, l'arrivo di missionarî italiani e delle suore salesiane, l'apertura di ambulatorî medici, e l'invio di una missione archeologica, nonché le ripetute visite di navi da guerra italiane.
Il Patto di Londra prevedeva tuttavia nei larghi termini dell'art. 9 la valorizzazione, al momento della pace, di questa attività italiana nella regione di Adalia. Ottenute poi dalla Francia e dalla Gran Bretagna maggiori precisazioni nel convegno di San Giovanni di Moriana (21 aprile 1917), e caduta l'opposizione russa in seguito alla rivoluzione, l'Italia chiedeva alla Conferenza della pace il riconoscimento dei suoi diritti sulla zona di Adalia. E mentre a Parigi si delineava sempre maggiore l'opposizione a questa nostra domanda, e la Grecia riusciva ad ottenere l'autorizzazione a occupare Smirne, l'Italia rapidamente riprendeva ad Adalia la posizione di potenza civilizzatrice, necessariamente abbandonata allo scoppio della guerra, ristabiliva il proprio consolato, le scuole e gli ambulatorî medici. Su richiesta inoltre della popolazione locale il 28 marzo 1919 un contingente di marinai della nave Regina Elena sbarcava ad Adalia. L'occupazione era successivamente allargata a Qōniah e a Scalanova, malgrado le difficoltà create dalla Conferenza della pace.
Di lì a poco il trattato di Sèvres dell'agosto 1920, che seguiva al patto Tittoni-Venizelos del 29 luglio 1919, dava tuttavia alle nostre rivendicazioni nella zona di Adalia carattere di pura influenza economica. Ma neppure questa influenza, garantita dall'accordo tripartito firmato a Sèvres contemporaneamente al primo trattato di pace con la Turchia, era destinata a divenire effettiva. Il risveglio nazionalista turco, infatti, sotto la guida di Kemāl pascià modificava interamente la situazione politica in Anatolia. Il 5 luglio 1921 il presidio italiano di Adalia veniva ritirato, nella speranza forse che questo gesto amichevole facilitasse l'approvazione da parte del parlamento di Angora del nuovo accordo concluso frattanto a Londra, il 13 marzo 1921, fra l'allora ministro degli esteri conte Sforza e Bekir bey ministro degli esteri del governo nazionalista turco, e che tendeva a mantenere ferme, in parte almeno, le clausole dell'accordo tripartito.
Ma già lo sviluppo vittorioso dell'offensiva turca contro l'esercito ellenico in Anatolia incoraggiava il ministro degli esteri turco Yūsuf Kemāl bey, succeduto a Bekir bey, a negar valore all'accordo Sforza-Bekir. Il trattato di pace infine firmato a Losanna in seguito alla vittoriosa offensiva dei nazionalisti turchi contro l'esercito ellenico, escludeva qualsiasi concessione in Anatolia all'Italia così come alle altre potenze dell'Intesa.
Bibl.: Lanckoronski, Städte Pamphyliens und Pisidiens, I, p. 20 seg.; Head, Historia Numorum, p. 583; V. Cuinet, La Turquie d'Asie, Parigi 1894, I, p. 860; G. Heyd, Storia del Commercio del Levante nel Medioevo, trad. italiana, Torino 1913, passim; R. Paribeni e P. Romanelli, in Monumenti dei Lincei, XXIII (1914), pp. 5-274; numerosi scritti di R. Paribeni, B. Pace, G. Moretti, in Ann. della R. Scuola Arch. It. di Atene e delle Missioni all'estero, III (1916-1920) e VI-VII (1923-24), passim; B. Pace, Le due prime campagne della Missione archeologica italiana in Asia Minore, in Boll. della R. Società Geografica Italiana, 1916; Suleimān Fikret, Āṇtāliyah livāsī a'rikhi, Costantinopoli 1923.
Per la "Questione", v. B. Pace, Dalla pianura di Adalia alla valle del Meandro, Milano 1927; Toynbee and Kirkwood, Turkey, Londra 1926; Foreign Office, Historical Section, Anatolia, Peace Handbook, n. 59 (H. M. Stationery Office, Londra, 1920).