Poeta e drammaturgo danese (Copenaghen 1779 - ivi 1850). Fu il massimo esponente del romanticismo scandinavo, rinnovatore della letteratura danese e il suo poemetto Guldhornene («I corni d'oro», 1802, poi compreso in Digte «Poesie», 1803), ispirato da idee goethiane e schilleriane conosciute per il tramite di H. Steffens, ne divenne quasi il manifesto. Fu incoronato «re dei poeti nordici» a Copenaghen nel 1829.
Di famiglia di origine tedesca, sensibile, impetuoso, entusiasta nella vita come nella poesia, O. è rimasto, nel sentimento del popolo, come la «romantica immagine del poeta». Dopo il successo della raccolta Poetiske Skriften («Scritti poetici», 1805), comprendente fra l'altro la Vaulundurs Saga e la fiaba drammatica Aladdin eller den forunderlige Lampe («Aladino o la lampada miracolosa»), e dopo aver composto la tragedia d'impronta schilleriana Hakon Jarl (1805), viaggiò a lungo in Germania, Francia e Italia, dove conobbe fra gli altri Goethe, Tieck, Fichte, Madame de Staël e Thorvaldsen. A questo periodo risalgono le tragedie Baldur hin gode («Baldur il buono») e Palnatoke. Tornato a Copenaghen nel 1809, ebbe la cattedra di estetica e proseguì la sua attività letteraria componendo tragedie, melodrammi, liriche, ballate, commedie, fiabe, novelle; il valore disuguale di questa produzione fece dell'acceso romanticismo di O., imbevuto di mitologia nordica, il bersaglio di critiche taglienti, cui diede voce soprattutto J. I. Baggesen. Appartengono comunque alla vena migliore di O. i poemi Helge (1814) e Hroars Saga (1817), le liriche di Frederiksborg (1817) e il ciclo di romanze Nordens Guder («Gli dei del Nord», 1819). Negli anni successivi O. si dedicò a un'intensa attività drammatica, soprattutto di genere storico (Langbarderne «I Longobardi», 1826; Karl den Store «Carlo il Grande», 1829; Dronning Margrete «La regina Margherita», 1833; Olaf den Hellige «Olaf il Santo», 1838; Erik Glipping, 1844; Amleth, 1846), ma si trovò superato dall'insorgere del gusto romantico-realistico, rappresentato in Danimarca da J. L. Heiberg. In seguito O. tornò al mondo delle saghe nordiche, come nel poema Ørvarodds Saga (1841) e nella tragedia Kjartan og Gudrun («K. e G.», 1848).