OEHLENSCHLÄGER, Adam Gottlob
Poeta danese, nato a Frederiksberg il 14 novembre 1779, di famiglia di origine tedesca, morto a Copenaghen il 20 gennaio 1850: massimo rappresentante del romanticismo nei paesi scandinavi e rinnovatore della letteratura danese. Sensibile, impetuoso, entusiasta, nella vita come nella poesia, "eterno fanciullo", è rimasto, nel sentimento del popolo, come la "romantica immagine del poeta". E poesia e romanticismo riunì difatti in sé, fin dalla sua prima rivelazione. Aveva trascorso una giovinezza libera e felice che rievocherà più tardi negli Ungdomserindringer (Ricordi di giovinezza); aveva tentato di far l'attore; era stato accolto negli ambienti letterati di Copenaghen come "l'uomo dai talenti nascosti", "segreta speranza" degl'intimi di Casa Rahbek", la quale, già da J. Ewald in poi, era divenuta in margine a Copenaghen la "casa della poesia"; ma come poeta non era riuscito a trovare la sua via; quando, reduce da Jena, giunse a Copenaghen nell'estate del 1802, H. Steffens, messaggero del pensiero dei romantici tedeschi. La lirica Guldhornene (Grani d'oro, 1802) - "programma del Romanticismo nel Nord" -, nata sotto l'immediata impressione delle conversazioni con lo Steffens, ridà anche oggi viva, nel festante incalzarsi delle immagini e dei ritmi, l'atmosfera di "esplosiva felicità", da cui si sentì avvolto il giovane poeta. Il quale ritirò, dopo l'incontro con lo Steffens, le poesie che aveva dato per la stampa (il racconto Erik og Roller, 1802, e una raccolta di liriche) e vi sostituì già l'anno seguente un volume di poesie nuove (Digte, 1803), dove, in un linguaggio di colorita immediatezza mai prima veduto, è tutto un libero volo di fantasia, una spontanea gioia di canto, un prorompere di giovinezza che scopre con occhi nuovi il miracolo della vita e l'arcana bellezza del mondo. Due anni dopo, in due nuovi volumi di Poetiske Skrifter (1808), comparivano fra il resto la Langelandsrejse (Viaggio al Langeland), la Vaulundurs Saga, l'Aladdin; e mentre nel ciclo di poesie della Langelandsrejse, il linguaggio poetico della lirica era piegato a un tono discorsivo, capace di accogliere le varie e mutevoli impressioni del momento senza perdere la sua aerea e lieve poeticità, nella Vaulundurs Saga era creata una prosa poetica capace di accogliere in romantica intonazione le immagini semplici e potenti della saga antica; nello Aladdin infine lo spirito stesso della nuova poesia divenuta concreta, vivente immagine nella persona del giovane eroe, incarnazione della vita che pienamente si dona a colui che la ama - mentre si nega alla fredda analisi della riflessione (Nureddin) - e, pur conducendo l'uomo attraverso l'errore e il dolore, lo conduce infine alla completa verità e purità di sé stesso. La vita medesima, nell'interno dell'uomo, è, per il giovane, la "lampada meravigliosa" capace d'illuminare il suo cammino ed è, in fondo, questa stessa disposizione di spirito la tonalità dominante anche degli anni seguenti, trascorsi dall'Oe. in Germania (1805-06) - a Halle dove convisse con lo Steffens, a Weimar dove conobbe Goethe, a Berlino dove s'incontrò col Fichte e con lo Schleiermacher, a Dresda dove s'incontrò con J. L. Tieck -, poi a Parigi (1806-08) e a Coppet - dove fu ospite di Madame de Staël (1808) -, e infine in Italia - a Parma, a Firenze, a Roma - dove ebbe consuetudine di vita col Thorwaldsen. Le opere che venne via via componendo rappresentano bensì nuovi tentativi d'arte, nel progressivo ampliarsi delle spirituali esperienze; e mentre Hakon Jarl è una tragedia d'intonazione schilleriana, il dramma mitico-allegorico Baldur hin gode (Baldur il buono) e il poema epico in romanze Thors Rejse til Jotunheim (Il viaggio di Thor a Jotun; tutte e tre le composizioni comparvero riunite in Nordiske Digte "Poesie nordiche", 1807) sono invece d'intonazione classica. Ma la novità è essenzialmente formale: anche nelle nuove forme è sempre la stessa romantica ispirazione che alimenta la poesia - la felicità del poeta a ritrovare sé stesso nel fantastico mondo delle saghe nordiche, al di là di ogni tormento del pensiero, a contatto con una vita che è tutta immediatezza di natura, freschezza d'istinti, potente elementarità di sentimenti. Non solo, mentre il poeta viaggia, il cuore gli è rimasto nella sua Danimarca - e alla storia e alla leggenda danese si volge mentre compone a Parigi le nuove tragedie Palnatoke (ed. 1809) e Axel og Valborg (ed. 1810) e il ciclo di romanze De tvende Kirketaarne (I due campanili, 1806-07) -; ma l'umanesimo, di cui - a Weimar nella vicinanza di Goethe, e poi a Parigi e a Roma - si nutre, rimane un fatto culturale, non giunge alla profondità di un pieno rinnovamento interiore. E nulla è più naturale che il disappunto di Goethe di fronte al nuovo dramma scritto da Oe. a Roma su Correggio (1. ed. danese 1811; ma era stato scritto originariamente in tedesco, 1808), dove ciò che c'è di vivo nella poesia è soltanto romantico colorito, secondo il gusto germanico della poesia d'Italia nel primo Ottocento, oppure è semplice, inerme abbandono del cuore nell'intimità dei domestici affetti.
Nessun romantico, pur continuando a scrivere per decennî, è rimasto compreso e chiuso nel romantico "spirito di giovinezza", come Oehlenschäger. Il quale, tornato nel 1809 a Copenaghen, divenuto professore all'università, accasatosi con Christiane - più tardi, nella tragedia Sokrates (1833), ne farà una Santippe, ma, in fondo, si vollero bene - fu tratto dalla sua posizione stessa di caposcuola a cercar di estendere il campo e i modi della sua poesia, e, in una produzione a getto continuo - solo fra il 1811 e il 1812 uscirono il melodramma Faruk (1811), il volume Digtninger (Poesie 1811), la tragedia Stœrkodder (1812) -, accumulò tragedie, drammi, melodrammi, commedie, prologhi, epiloghi, liriche, ballate, romanze, fiabe, racconti, novelle, saghe, cicli epici, in versi e in prosa; ma, di fronte al disuguale e spesso realmente dubbio valore della nuova opera, persino il già debellato Settecento credette di poter risorgere - con J. Baggesen. Questi, legato da appassionato affetto a una sorella di Oe., Sophie Ørsted, aveva dapprima salutato "il nuovo astro nascente", e, per un momento, nel 1806, s'era persino lasciato convertire dai nuovi tempi a Goethe; ma poi nel 1813 mosse all'assalto in nome di quell'eleganza e grazia della forma in cui era maestro. A cominciare dal melodramma Ludlams Hule (La caverna di L., 1813), tutte le nuove opere di Oe. - le tragedie Hugo von Rheinberg (1813), Hagbarth og Signe (1815), Fostbrødrene (I fratelli carnali, 1817); il melodramma Røverborgen (Il castello dei masnadieri, 1814), le commedie Kanarifuglen (Il canarino, 1813), Ærlighed varer længst (La maggior durata è dell'onestà, 1813), i racconti, la Hroarsaga (1816), la descrizione del nuovo viaggio a Parigi compiuto da Oe. nel 1816 (En Rejse, 1818) - vennero sottoposte a una derisione spietata. La forza di Oe. fu che la giovinezza si schierò quasi compatta dietro di lui e che egli stesso riuscì a ritrovar la vena della giovinezza propria nel grazioso ciclo di liriche Frederiksberg (1817) e soprattutto nel poema romantico Helge (1814), fantastico, immaginoso, il quale riprende il tono e i motivi della sola poesia per la quale egli era nato: nel 1820, dopo lo scherno dei dodici giovani che lo avevano sfidato a una disputa in latino, dopo il nuovo getto di fresca poesia in cui Oe. sembrò ancora una volta risorgere con limpida spontaneità di canto (v. l'idillio Den lille Hyrdedreng, "Il piccolo pastorello", 1818; e il ciclo di romanze Nordens Guder, "Gli dei del Nord", 1819) Baggesen, vinto, lasciava definitivamente Copenaghen.
Si veniva intanto preparando una lotta più dura e, questa volta, disperata: la lotta contro le esigenze spirituali e artistiche nuove, che sorgevano con il sorgere delle nuove generazioni. Quando nel 1827 J. L. Heiberg tornò in patria portando dalla Germania la filosofia di Hegel e dalla Francia il vaudeville parigino e, sulle piccole colonne della Flyvende Post, iniziò una campagna per chiedere al pensiero determinatezza di coerenti sviluppi logici e alla poesia senso di realtà e buon gusto, la nuova lotta incominciò. Fra il 1820 e il 1827 l'Oe. aveva continuato a pubblicare drammi (Erik og Abel, 1820) e melodrammi e racconti e commedie e una nuova raccolta delle liriche (Samlede Digte, 1823-24); dopo il 1827 intensificò ancora i suoi tentativi in tutti i sensi - fra i racconti comparve anche un En italienske Digter bland de Vilde (Un poeta italiano fra i selvaggi, 1833) e fra i drammi un De italienske Røvere (I banditi italiani, 1833) -; e da Carlo Magno (1829) a Oggeri il Danese (1833), da Tordenskjold (1833) a Olao il Santo (1838), da Socrate (1833) a Canuto il Grande (1839), la più diversa storia passò sul suo teatro; e, come fece e rifece senza stancarsi, in tedesco e in danese, il suo romanzo Øen i Sydhavet (L'isola nel Mar del Sud, 1824-25), così non si scoraggiò dell'insuccesso delle commedie: persino nel vaudeville cercò di gareggiare col suo rivale. Ma soltanto in singole liriche, come nella delicatissima Hvor blev I rode Roser dog (Dove restaste o rosse rose, 1832) e, soprattutto nei romantici ritorni alla saga antica (Hrolf Krake, in Poetiske Skrifter, 1828), la sua ispirazione riuscì a ravvivarsi. Ma quando alla fine, lasciata la battaglia, si decise a chiudersi in sé, in quello che - se anche ormai fuori dei tempi - tuttavia era il suo vero mondo, allora la fantasia del poeta sessantenne parve ritrovare a un tratto la sua libertà di volo e la sua potenza con la Ørvarodds Saga (1841), con le tragedie Dina (1842, su Korfitz Ulfelt e Leonora Cristina), Landet fundet og forsvundet (Terra trovata e svanita, 1846), Amleth (1846, secondo la narrazione di Saxo Gramaticus), Kjurtan og Gudrun (1848), e con l'ultimo stanco poema, Regnar Lodbrog (1849).
Opere: L'ed. meno incompleta è quella di F. I. Liebenber,: Poetiske Skrifter, voll. 32, Copenaghen 1857-62. Fra le edizioni moderne scelte, v. quella del Liebenberg stesso, curata da A. Boysen, voll. 14, Copenaghen 1898 segg. e quella di H. Topsøe-Jensen, voll. 5, Copenaghen 1927 segg. E cfr. anche l'antologia di Oe. curata da V. A. Andersen, Copenaghen 1930. Il volume Digte del 1803 è stato ristampato da C. M. Rosenberg, Copenaghen i924. Per quel che riguarda le sue memorie autobiografiche, v. Oe.'s Lev'net, fortalt af ham selv, voll. 2, Copenaghen 1850-51; Ungdomserindringer, a cura di L. Bobé, Copenaghen 1915. Per le lettere v. Breve fra og til Oe., a cura di C. L. N. Munster, Copenaghen 1879. In tedesco: Werke, voll. 18, Lipsia 1829-30, voll. 21, Lipsia 1839; il tedesco è di Oe. e presenta notevoli varianti, e talora, come nell'Aladdin, veri e proprî rifacimenti; Gedichte, 2ª ed., Lipsia 1844; Dramatische Werke, voll. 2, Lipsia 1850; Lebenserinnerungen, voll. 2, Lipsia 1854.
Bibl.: Per la sua influenza letteraria, accanto alle opere di Baggesen e di Heiberg, v. i saggi seguenti: Molbech, Forelæsninger, II, 1832, e Studier over Oe.'s Poesi, 1850; H. Steffens, Was ich erlebte, V, 1842; P. L. Møller, Kritiske Skizzer, I, 1847, e A. Oe., 1876; Ch. Andersen, Mit Livs Eventyr, 1855; Hauch, Æstetiske Afhandlinger, 1861; A. Hostrup, Seks Foredrag, 1869 e Folkelige Foredrag, 1882; H. P. Holst, Fra min Ungdom, 1873; G. Brandes, Essays, 1889 (ora in Samlede Skrifter, I); J. V. Jensen, Introduktion til vor Tidsalder, 1915, e Æstetik og Udvirkling, 1923. - Biografie: J. Le Fevre Deumier, A. Oe., le poète national du Danemarque, Parigi 1834; K. Arentzen, Baggesen og Oe., voll. 8, Copenaghen 1870-78; id., A. Oe. Literaturhistorisk Livsbillede, Copenaghen 1879; V. A. Andersen, A. Oe. Et Livs Poesi, vol. 3, Copenaghen 1899-1900; G. Christensen, A. Oe., Copenaghen 1907; J. P. Jensen, Oe., Copenaghen 1912; P. A. Rosenberg, A. Oe., Copenaghen 1916; Troels-Lund, Bakkchus og Solbjerg, voll. 2, Copenaghen 1920-21; V. Madsen, A. Oe. Nordens Digterkange, Copenaghen 1929. - Fra gli studî critici v.: V. A. Andersen, Guldhornene, Copenaghen 1896; id., Literaturbilleder, Copenaghen 1903; id., Tider og Typer, III, Copenaghen 1915; id., Den danske Litteratur i XIX Aarhundrede, Copenaghen 1924; F. Baldensperger, Quae in Oehlenschlägerii Carmine Aladdin inscripto e germanicis litteris pendeat, Nancy 1899; A. Sergel, Oe. in seinen persönlichen Beziehungen zu Goethe, Tieck und Hebbel, Berlino 1907; O. Hansen, Oe.s Digte 1803, Copenaghen 1903; Topsoe-Jensen, A. Oe., in Edda, 1921; id., Den danske Skueplads, Copenaghen 1922; P. Rubow, Dansk litierær Kritik, ivi 1921; I. Falbe-Hausen, Oe.s nordiske Digtning, ivi 1921.