ADAMELLO (A. T., 24-25-26)
Il nome deriva dalla valle dell'Adamè, percorsa dal piccolo affluente dell'Oglio di egual nome; l'Adamello è ricordato per la prima volta nella Carte générale du théâtre de la guerre en Italie et dans le Alpes, pubblicata nel 1797 dal Bacler d'Albe. È un gruppo montuoso delle Alpi Orientali; il passo del Tonale (m. 1884) lo separa dal gruppo dell'Ortler, e il passo della Forcellina (m. 2300) dalle Prealpi Bresciane; è limitato a E. dalla Valle del Chiese e a O. da quella dell'Oglio. Esso divide la Lombardia dal Trentino: per questo durante la guerra fu sede di aspri combattimenti.
Il gruppo viene diviso in due parti dalla valle sorgentifera della Sarca (Val di Genova): l'Adamello propriamente detto (carte italiane m. 3554, carte austriache m. 3548) e la Presanella (m. 3564). Il primo è formato da tre linee di cime pressoché parallele tra loro che hanno direzione NNE. La zona orientale comprende il Carè Alto (m. 3465) e il Corno di Cavento (m. 3400), quella centrale il M. Mandrone (m. 3290) e la Lobbia Alta (m. 3270), la zona occidentale l'Adamello e il Corno Bianco (m. 3368). L'area dell'Adamello è di 689 km., l'area della Presanella di 342.
Il gruppo si trova ad O. della linea tettonica delle Giudicarie, al limite delle rocce cristalline colla zona calcarea meridionale. È formato per la massima parte di tonalite, roccia granitica molto resistente intrusa in epoca post-triassica nella serie delle rocce anteriori (a N. filladi quarzose e gneissiche paleozoiche e scisti argillosi permici, a sud argille e marne del Triassico), che in parte sono state anche metamorfizzate e più tardi demolite dall'erosione. La diversità dei terreni si manifesta nella diversa morfologia, con notevoli differenze anche tra zone vicine a causa della maggiore o minore erodibilità; prevalgono le forme massicce con spalle ampie, versanti a ripidi pareti e spargimento radiale delle acque (Oglio, Sarca, Chiese) in modo che il gruppo, nella zona più alta, ha carattere d'altipiano con grande estensione di pianori che devono la loro forma non all'erosione glaciale, ma a quella normale che vi agì in modo intenso nel Miocene. Il Lehmann, che ha studiato la morfologia preglaciale, ha cercato di ricostruire l'antica superficie nella quale si sono formati i circhi e le valli glaciali. Il glacialismo quaternario ebbe qui grande diffusione; anche attualmente la superficie occupata dai ghiacciai è abbastanza notevole, abbracciando il 7% dell'intera area. Non sempre le aree di alimento di ghiacciai vicini si fondono, per cui piuttosto che di ghiacciai di altipiano è meglio parlare di ghiacciai di pianoro alpino, forma caratteristica a questo gruppo e intermedia tra i ghiacciai di altipiano e i ghiacciai di circo. I ghiacciai del gruppo dell'Adamello sono complessivamente 53; 12 sono tributarî del Chiese, 7 della Sarca, 34 dell'Oglio. Il più grande di tutti è quello del Mandrone; ampio 13,7 kmq., lungo 9,9 km., raggiunge il suo punto più basso a 1665 m. ed è uno dei maggiori delle Alpi Orientali.
Il 36% delle aree del gruppo sono improduttive, l'85% sono inabitate. Scarse sono anche le abitazioni temporanee e scarsa è pure l'estensione del bosco. I limiti altimetrici medî sono di 2850 m. per le nevi permanenti, di 2250 per gli arbusti, di 2070 per gli alberi isolati, 1770 per le casere, 1860 per il bosco, 950 per i cereali, 870 per le abitazioni permanenti, 800 per la vite. Tra i centri prevalgono quelli di pendio (26 su 65). Nella valle del Chiese il centro più alto, Daone, raggiunge appena i 767 metri, in quella della Poglia, che è meglio esposta, Saviore arriva fino a 1210 m. Scomparso lo sfruttamento minerario, l'attività industriale si concentra nei grandiosi impianti elettrici (Società Elettrica Adamello) che utilizzano le acque del Salarno e dell'Adamè. La cima dell'Adamello fu salita per la prima volta da Giulio Payer (1842-1915), il noto esploratore polare austriaco, il 15 settembre 1864 (v. la descrizione in Petermanns Mitteilungen, suppl. 17, 1865); il Carè Alto l'8 agosto dell'anno successivo dagli inglesi Taylor e Montgomery (Alpine Journal, II).
Bibl.: Per la parte geologica è da vedere W. Salomon, Die Adamello Gruppe, in Abhandl. geol. Reichsanst., Vienna XXXI (1908); XXXIII (1910). Lo studio contiene anche una carta geologica all'1 : 75.000. Per la parte morfologica: O. Lehmann, Die Bodenformen der Adamellogruppe und ihre Stellung in der alpinen Morphologie, in Abhandl. geogr. Gesell., Vienna, XI, i (1920). Per la parte glaciologica: G. Merciai, I ghiacciai del gruppo dell'Adamello, in Boll. del Com. Glaciologico, VI (1925). Per le abitazioni: O. Lehmann, Beiträge zur Anthropographie der Alpen. Die ständigen Siedlungen an der Adamellogruppe, in Mitt. des Verein der Geogr., Lipsia 1911. Infine per la parte alpinistica, oltre al Payer: P. Prudenzini, Il gruppo dell'Adamello tra la valle Camonica e il Trentino, in Boll. Club Alpino Ital., XXVIII (1895) e H. Barth, Die Adamello und Presanella Gruppe, in Zeitschr. des deutschen und österr. Alpenverein, XLIII (1912) e XLVIII (1917). Per le carte, oltre a quelle ufficiali, è da vedere quella al 1 : 50.000 pubblicata nel 1903 dall'Alpenverein austro-tedesco.
Operazioni militari sull'Adamello. - Dopo il primo sbalzo offensivo del maggio-giugno 1915, su questa regione impervia e sulle ampie distese di ghiacci che la intersecano, non era stato possibile che migliorare la nostra occupazione, mediante incursioni di audaci pattuglie e scalate di nuclei specializzati per l'alta montagna. Il nemico, tuttavia, a S. del passo del Tonale (tra l'alta Val Camonica e quella del Noce), manteneva l'occupazione non soltanto della conca di Presena e del passo dei Monticelli o del Paradiso, che dominano il fianco meridionale del valico, ma anche della punta del Castellaccio e della cresta che di lì, per il passo del Lago Scuro, si dirige verso il ghiacciaio del Mandrone, in modo da minacciare le nostre difese dell'alta Val Camonica e conservare ottimi osservatorî su tutta la valle.
Più volte durante l'estate e l'autunno del '15 reparti della 5ª divisione (dalla fine di luglio sotto il comando del gen. Cavaciocchi) tentarono di strappare al nemico le posizioni dominanti, ma, soprattutto per le enormi difficoltà del terreno, si riuscì solamente ad assicurare il possesso del Castellaccio, del passo di Lago Scuro e del Corno di Bedole.
Nell'aprile-maggio 1916, poi, fu compiuta tutta una serie di operazioni - uniche forse nella storia in quelle condizioni di altitudine e di clima - per la conquista della cresta Lobbia Alta Dosson di Genova-M. Fumo (ad O. del ghiacciaio della Lobbia), e delle posizioni nemiche alla testata di val Genova, che dominano la sottostante conca di Presena. Lunga ed ardua fu la preparazione tecnica e logistica; basterà ricordare che per la prima volta un cannone di medio calibro venne portato fino a 3.100 m. s. m. (al passo di Venercolo).
Le operazioni, precedute da accurate ricognizioni ed affidate particolarmente a nuclei bene addestrati di sciatori, furono iniziate, sotto una fitta tormenta, nella notte sul 12 aprile, e condussero alla rapida conquista di tutte le posizioni nemiche; solo sul M. Fumo una pattuglia avversaria riuscì a mantenersi fino al giorno 17, ma fu infine costretta a sgomberare. Il giorno 29 le operazioni vennero riprese, per la conquista della seconda linea, dal Crozzon di Fargorida al passo di Cavento, a noi necessaria per dominare l'alta val Genova e per avere libertà di manovra verso la conca del Mandrone. A questa seconda fase presero parte, oltre il cosiddetto battaglione autonomo del Rifugio Garibaldi, sei compagnie alpine dei battaglioni Edolo, Val Baltea e Val d'Intelvi, sotto la direzione del col. Carlo Giordana (più tardi caduto sul campo e decorato di medaglia d'oro). Con magnifico slancio, nelle prime ore del mattino del 29, furono occupati il Crozzon di Lares ed i passi di Lares e di Cavento; più forte resistenza si incontrò al passo di Fargorida, contro cui s'infransero ripetuti nostri attacchi. Ma dopo alcuni giorni, il nemico, minacciato di aggiramento in seguito a mosse ardite e tenaci dei nostri, si vide costretto a sgomberare i passi di Fargorida e di Topete (14 maggio), agevolando cosi l'occupazione della conca del Mandrone, effettuata il giorno 8. Il complesso di queste operazioni dell'Adamello costituisce un vanto altissimo per le truppe italiane da montagna.
Null'altro d'importante avvenne fino alla primavera del '17; il 15 giugno di quell'anno, però, il battaglione alpini Val Baltea, espugnava, con bell'azione, l'importante ed aspra posizione del Corno di Cavento (m. 3.400). Nel maggio 1918, sotto la direzione del nuovo comandante della 5ª divisione, gen. Luigi Piccione, succeduto ai generali E. Alliana (giugno 1916) e A. Albricci (maggio 1917), fu iniziata una complessa azione per la conquista della conca di Presena e della cresta dei Monticelli. Superando difficoltà non lievi, fu predisposto un largo schieramento di artiglierie (circa 200 bocche da fuoco), le quali concorsero mirabilmente al successo dell'azione. Il giorno 26 maggio le nostre truppe (battaglioni Mandrone, Cavento, Edolo, M. Granero e Pallanza e III reparto d'assalto) piantarono la bandiera sui passi del Maroccaro e di Presena, nonché sulla cima Presena (m. 3069) e su quella del M. Zigolon (m. 3040). Lo stesso giorno 26, fu attaccata ed espugnata la cresta dei Monticelli, meno l'estrema quota 3032, che, forte per natura e per apprestamenti difensivi, poté resistere. Quest'azione, che fruttò anche larga cattura di prigionieri (oltre 800) e di armi, tra cui 14 cannoni, valse a liberare l'alta Val Camonica dall'incubo degli osservatorî nemici, che molestavano tutte le nostre retrovie della zona.
Il 14 giugno, iniziandosi la battaglia del Piave, gli Austriaci sferrarono nella zona del passo del Tonale e contro il corno di Cavento un attacco diversivo, cui nel piano della battaglia era stato dato il nome pomposo di "attacco valanga". Respinti nettamente sul passo, riuscirono, attraverso gallerie scavate nel ghiaccio, ad impadronirsi del corno di Cavento e dello Stablel, ma il 19 luglio anche queste posizioni venivano riconquistate; il giorno successivo, però, lo Stablel cadeva nuovamente in mano del nemico.
Il 1° agosto, infine, la 5ª divisione riprendeva nella regione Cevedale-Adamello le operazioni dirette a completare i risultati ottenuti nel maggio, ma, salvo la conquista della punta San Matteo, che fu poi riperduta in seguito ad un contrattacco avversario il 3 settembre, non si conseguirono risultati d'importanza. Tre mesi dopo, però, le truppe della 7a armata dal passo del Tonale e dalle vette dell'Adamello scendevano vittoriose in Val di Sole, e marciavano lungo le vie del Trentino redento.