Adamo ed Eva
Narrano i testi della Genesi: "Dio creò l'uomo a sua immagine; [...] maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: ''Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate [...] su ogni essere vivente [...]. Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. [...] a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde''" (Gn. 1, 27-30). "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. [...] diede questo comando all'uomo: ''Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti''. E il Signore Dio disse: ''Non è bene che l'uomo sia solo [...]''" (Gn. 2, 15-18), tolse quindi una costola dal fianco di A. e formò la sua compagna (Gn. 2, 21-22). Il serpente però sedusse la donna (Gn. 3, 1-6), che colse il frutto e ne mangiò e ne diede anche a suo marito, il quale ne mangiò con lei (Gn. 3, 6). "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi, intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio [...] e l'uomo con sua moglie si nascosero" (Gn. 3, 7-8). "Allora il Signore Dio disse al serpente: ''Poiché tu hai fatto questo sii tu maledetto [...]. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe''" (Gn. 3, 14-15). "Alla donna disse: ''Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. [...]''. All'uomo disse: ''[...] maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo''" (Gn. 3, 16-17). "[...] fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì" (Gn. 3, 21). "Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto [...] e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita" (Gn. 3, 23-24).
La maggior parte dei cicli figurativi medievali della Genesi si ispirò per le sequenze delle scene a questi passi tratti dai primi tre capitoli.Il canone della successione, in cui furono ripetutamente ripresi anche altri episodi del racconto biblico, venne codificato al tempo di papa Leone I (440-461) secondo le concezioni di s. Agostino. Esso fu utilizzato per la serie di illustrazioni delle bibbie dei monasteri carolingi e, ancor più anticamente e con scelte iconografiche più dettagliate, per i grandi cicli di dipinti parietali delle basiliche romane di S. Pietro e di S. Paolo f.l.m., posti nella navata sul lato dell'epistola, in corrispondenza con le scene della vita di Gesù sul lato del vangelo. Fin dal principio - e dunque già spesso nella pittura delle catacombe e nei rilievi dei sarcofagi cristiani - singole scene della Genesi furono contrapposte ad altre tratte dalla vita di Gesù, non nel senso di una prefigurazione o di una tipologia, ma piuttosto nell'intento di chiarire come la colpa di A. abbia reso necessaria la redenzione dell'umanità da parte di Cristo sulla croce; allo stesso modo la colpa di Eva è contrapposta alla purezza di Maria e, fin dal sec. 8°, il palindromo 'Eva-Ave' conosce una particolare diffusione.I programmi figurativi di Leone I avevano antecedenti che risalivano a illustrazioni bibliche ebraiche e in essi era confluito un vasto patrimonio di leggende di diverse culture. Nella gnosi della tarda età ebraico-ellenistica e ancor più in quella paleocristiana le leggende di A. si mescolarono con le dottrine iranico-persiane della luce di Dio trasmessa in eredità alle sue creature. Esse influenzarono non solo la fede tardoebraica nell'immortalità, in relazione alla quale assumeva un preciso significato il racconto della promessa di Dio ad A., ma anche la concezione dell'aspetto originario dell'uomo, che si credeva gigantesco, circonfuso di luce e di sovrannaturale bellezza.Tra il sec. 5° e il 12° ebbero larga diffusione codici contenenti la narrazione della vita terrena e della morte dei progenitori dalla Genesi e, come conclusione, la genealogia dei profeti che preannunciano il Messia. Quattro grandi bibbie carolinge, tre delle quali della Scuola di Tours (Bibbia di Alcuino, Bamberga, Staatsbibl., Bibl. 1; Bibbia di Moutier-Grandval, Londra, BL, Add. Ms 10546; la c.d. Prima Bibbia di Carlo il Calvo, Parigi, BN, lat. 1) e la quarta della scuola di corte di Carlo il Calvo (Bibbia di S. Paolo f.l.m., Roma, S. Paolo f.l.m.) dedicano un'intera pagina alla storia di Adamo.
La Bibbia di Moutier-Grandval (Tours, dopo l'834) illustra in quattro registri sovrapposti (c. 5v) la scelta che dovette già caratterizzare anche il suo ipotetico modello, una bibbia che si suppone eseguita su commissione di Leone I. Su di un'unica pagina compaiono otto scene, ognuna delle quali è contrassegnata da iscrizioni: nella fascia superiore, la Creazione di A. e l'Asportazione della costola del dormiente; nella seconda, la Presentazione di Eva - "Christus Evam ducit Adae, quam vocat virginem" - e il Divieto di mangiare dell'albero della conoscenza; nel terzo registro compare il Peccato originale in due momenti: Eva prende la mela dal serpente, avvicinandosi poi ad A. per porgergliela; questi viene quindi chiamato da Dio, mentre Eva indica il serpente come colpevole; infine, nel quarto registro, sono raffigurati la Cacciata dal paradiso terrestre e l'Inizio della vita terrena. Quest'ordine nella rappresentazione del racconto della Genesi fu seguito fino al termine del Medioevo e oltre.La fascia di colore dello sfondo aveva certamente importanza già nel modello paleocristiano per l'interpretazione degli avvenimenti intesi come storia del genere umano: solo nella scena della Creazione l'immagine è chiara e serena, mentre nelle altre - dopo la Cacciata - una striscia plumbea, da principio sottile, si allarga partendo dalla linea del terreno fino a riempire cupamente l'intero sfondo. Di questa pagina vanno posti in rilievo alcuni punti fondamentali: il miniatore si attiene nel modo più esatto possibile al modello paleocristiano; i committenti giudicavano talmente importante il racconto della Genesi relativo ai primi uomini da scinderlo dalla storia della creazione, riservandogli una delle quattro miniature a intera pagina: non compaiono infatti altri avvenimenti tratti dal I libro di Mosè; la suddivisione delle scene in quattro registri e la scelta di ognuna appare tanto sicura da far supporre che anche l'esemplare del sec. 5° avesse avuto dei modelli, risalenti a loro volta probabilmente a illustrazioni ebraiche della Bibbia; vanno infine sottolineati particolari evidenti: A. ed Eva nel paradiso terrestre sono sempre nudi e il Creatore ha i tratti del Cristo giovane (rappresentato in seguito anche con la barba e con il nimbo crociato intorno al capo, nei cicli monumentali del Medioevo egli non appare tuttavia mai raffigurato come un vecchio).
Interpretazioni teologiche degli eventi relativi alla storia della salvezza devono avere condizionato, nel modello paleocristiano della Bibbia di Moutier-Grandval, la scelta delle quattro pagine illustrate della Bibbia. Di importanza pari alla storia di A. sono considerate solo la Consegna delle tavole della legge a Mosè, come seconda immagine, e la Maestà divina tra i quattro profeti, a significare l'adempiersi dell'Antico Testamento nel Nuovo, e infine la raffigurazione dei Quattro viventi nella visione dell'Apocalisse.
Nel sec. 6° sia il Genesi di Vienna (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Vind. theol. gr. 31), sia i frammenti del Genesi Cotton (Londra, BL, Cott. Otho B. VI) rimandano a una narrazione per immagini ancora più dettagliata che nell'arte paleocristiana, alla quale si ricollega anche il mosaico della Genesi nell'atrio di S. Marco a Venezia, eseguito verso il 1220. Nella parte centrale della cupola sono rappresentati i primi giorni della creazione, cui si aggiungono, nel secondo cerchio, il quinto e il sesto giorno, comprendenti la creazione degli animali e di A., modellato da Dio dalla scura argilla alla presenza di molti angeli. Segue il settimo giorno, nel quale Dio contempla la propria opera, e solo allora continua la narrazione della Genesi con l'Animazione di A., al quale Dio-Cristo consegna successivamente il paradiso terrestre, particolare in cui sono riconoscibili le allegorie dei Quattro fiumi dell'Eden. Il racconto prosegue quindi nel terzo cerchio con la scena di A. che dà il nome a ogni animale; segue l'Asportazione della costola di A. dormiente e la Creazione di Eva, che, libera e nuda, appare accanto al Creatore e viene poi condotta dal suo compagno; nel Medioevo questa immagine fu considerata come rappresentazione del sacramentum magnum del matrimonio. La scena seguente mostra la Tentazione di Eva da parte del serpente. Come nelle bibbie carolinge, la raffigurazione del peccato originale viene suddivisa in due momenti: Eva riceve la mela dal serpente e la porge ad Adamo. Il racconto qui - come nel Genesi di Vienna del sec. 6° e come nel frammento del Genesi Cotton - si fa più circostanziato: Dio scopre la coppia che prova vergogna e incolpa entrambi; nel riquadro successivo condanna il serpente, mentre A. ed Eva sono caduti in ginocchio, infine dà loro delle tuniche (anziché pelli) e li caccia fuori dalle porte del paradiso; nell'immagine relativa alla vita terrena, Eva è raffigurata con il fuso e A. con la zappa. In quasi tutte le scene domina l'immagine dei progenitori nudi e, accanto a essi, Dio-Cristo che sempre li sovrasta.
Anche nel primo battente della porta del duomo di Hildesheim materiale e tecnica hanno determinato lo stile della narrazione. Le figure furono modellate a parte e fissate alla superficie delle otto formelle dei battenti dopo che queste erano state fuse. Il racconto ha inizio con la Creazione di A. ed Eva e prosegue con il loro incontro; il Peccato originale è qui riprodotto nella forma classica, simmetrica. Oltre all'albero della conoscenza, nel paradiso terrestre se ne trovano altri, le cui forme derivano da modelli precedenti, a loro volta esemplati su rilievi sasanidi; seguono la Condanna e la Vergogna in forma di drago. La scelta rende evidente come il materiale influenzi lo stile e come nell'arte ottoniana ogni figura, nella sua interezza, sia metafora della sua situazione esistenziale; caratteristica, questa, propria dell'arte preromanica. Le ultime due scene del ciclo rappresentano il Sacrificio offerto da Caino e Abele e l'Uccisione di quest'ultimo da parte del fratello.
Il secondo battente della porta di Hildesheim contrappone alla storia di A. quella di Cristo, che ha inizio con l'Annunciazione e termina con l'Apparizione alla Maddalena nell'orto. Il committente, Bernoardo di Hildesheim (993-1022) volle che, proprio di fronte alla figura di Eva che allatta il figlio, venisse a trovarsi - all'altezza della maniglia del portale - la figura di Maria con il Bambino nell'Adorazione dei Magi: ciò che Eva aveva cagionato veniva riscattato dalla Vergine. Il riferimento era intenzionale, benché, probabilmente, le due parti non costituissero i battenti di un'unica porta, ma formassero ciascuna un elemento a sé.
La contrapposizione del Peccato originale (con la Cacciata dal paradiso terrestre ed Eva che allatta il bambino) al corteo dei Magi deve avere radici più antiche e, nello stesso tempo, rispecchia la partecipazione del committente e del pensiero teologico alla realizzazione del programma iconografico. L'accostamento delle due scene esprime un concetto che poteva altrimenti essere illustrato solo con la successione delle immagini che costituiscono il racconto. Sulla porta di S. Ranieri nel duomo di Pisa il corteo dei Magi che cavalcano incontro al nuovo re sopra il sepolcro dei progenitori dimostra con la massima chiarezza questa connessione: nel punto in cui si muovono verso l'alto, le tre scene della Tentazione, del Peccato originale e della Cacciata dal paradiso terrestre sono rappresentate in direzione opposta e in movimento discendente. È ancora lo stesso concetto: ciò che Eva ha provocato in terra con la sua colpa è stato riscattato da Maria e i tre re sono i primi a confermarlo.A differenza dei numerosi esempi di miniature, non si sono conservati cicli monumentali completi delle storie della creazione, anche se singole opere, come gli affreschi dell'Immacolata di Ceri o quelli di S. Giovanni a Porta Latina a Roma, testimoniano per certo che taluni cicli sono esistiti. La raffigurazione, risalente all'ultimo quarto del sec. 12°, di A. che dà il nome agli animali a S. Pietro in Valle a Ferentillo (Terni) dimostra che veniva dato ampio spazio anche alle scene secondarie.Il programma iconografico risulta sempre condizionato anche dalle caratteristiche spaziali dell'ambiente in cui si trova. Sul matroneo occidentale del duomo di Gurk (Carinzia) le pitture parietali di due vani minori sono completate dal Paradiso terrestre nella volta orientale e da quello celeste nella occidentale. Sull'archivolto che divide i due ambienti è rappresentata la Scala di Giacobbe, che dalla terra conduce all'aldilà. Originariamente la campata orientale era munita di costoloni, poi staccati, per dipingere al loro posto l'alveo di ognuno dei quattro fiumi dell'Eden, che sgorgano da anfore tenute da quattro divinità fluviali. Nelle quattro vele della volta sono rappresentati l'Ingresso di A. nel paradiso terrestre, l'Ammonimento dei progenitori, il Peccato originale e probabilmente la Cacciata dall'Eden (quest'ultimo affresco è rovinato); nei pennacchi si trovò ancora spazio per riprodurre i Quattro elementi e gli Evangelisti. La forma del piccolo vano e della sua copertura fece sì che il pittore - d'accordo con il committente - creasse questo compendio di simboli del paradiso terrestre, nel quale non mancano nemmeno i fiori che sbocciano lungo i fiumi e che lo caratterizzano, appunto, come giardino dell'Eden.
In ogni tipo di produzione figurativa compaiono cicli della Genesi incentrati sul racconto delle vicende di A. ed Eva. La più minuziosa tra le narrazioni svolte su pietra si trova scolpita sul primo pilastro sinistro della facciata del duomo di Orvieto (primo quarto del sec. 14°); sugli altri tre pilastri sono rappresentati l'Albero di Iesse, la Vita di Cristo e il Giudizio universale. I tralci di una pianta di vite - l'opulenza dei rami in fiore è simbolo del paradiso terrestre - suddividono il racconto della Genesi, da sinistra in basso a destra in alto, in sei zone: dalla Creazione, attraverso il Peccato originale e la Cacciata dall'Eden, si arriva alla Storia di Caino e Abele e, infine, all'Invenzione delle arti. Questa nuova conclusione è in relazione con le esigenze dell'epoca, delle corporazioni e dei Comuni. Poco tempo dopo (1337-1340 ca.) Andrea Pisano, nel campanile di S. Maria del Fiore a Firenze, iniziava il racconto con la Creazione di A.; seguivano la Creazione di Eva dal fianco di A. e il Lavoro dei progenitori sulla terra, fino alla rappresentazione dettagliata degli inventori delle singole arti. Soltanto tre scene della Genesi si contrappongono ai numerosi rilievi delle Arti, mentre a Orvieto l'ampia narrazione delle vicende di A. ed Eva lascia libera per le artes solo la zona superiore. Una dimensione politica si aggiunge perciò alla storia della creazione: a Orvieto, città legata alla Chiesa, bastava soltanto un accenno alle artes, mentre a Firenze, dove esse detenevano il potere, bisognava che fossero poste in risalto in tutti i dettagli, tanto che, per l'inizio della storia, rimaneva lo spazio di tre soli rilievi. A Perugia, nella fontana di Nicola Pisano (1278), erano riservate alla Genesi, tra le Arti liberali e gli Eroi biblici e romani, due sole immagini: "Eva decepit Adam" ed "Eva fecit me peccare", come spiegano le iscrizioni.Straordinariamente numerose sono le varianti delle rappresentazioni della Genesi nelle bibbie dal sec. 12° al 14°, cui vanno aggiunte le interpretazioni teologiche illustrate del dramma di A. ed Eva nel paradiso terrestre. Un repertorio ancora più vasto nacque dalla volontà di considerare tutti gli avvenimenti dell'Antico Testamento come prefigurazioni del Nuovo (anche per la Genesi bisogna risalire fino all'epoca delle catacombe) e di contrapporre al progenitore Cristo, come il nuovo A., e a Eva la figura di Maria.
L'enumerazione dei grandi temi iconografici di cui A. ed Eva sono i protagonisti offre un quadro generale piuttosto complesso. A. fu il primo uomo, con il quale ebbe inizio tutta la storia terrena; attraverso il peccato originale, cioè la colpa della disobbedienza per aver mangiato dell'albero della conoscenza, tutta l'umanità è divenuta colpevole, ma questa felix culpa ha reso necessaria la morte di Cristo sulla croce e possibile la redenzione.
A. fu raffigurato morente in tardissima età e dalla sua morte trasse origine la leggenda che narra del suo terzo figlio, Set, il quale ottenne il permesso di andare nel paradiso e di staccare un ramo dell'albero della conoscenza, nel frattempo disseccatosi, e porlo nella tomba di A. sul monte Golgota; dal ramo sorse un nuovo poderoso tronco, utilizzato da Giuseppe per ricavare le assi della croce, che venne dunque innalzata sulla tomba del progenitore. Agnolo Gaddi dipinse la Leggenda della vera croce in un grandioso ciclo di affreschi nel coro di Santa Croce a Firenze (1385-1390 ca.).
Molto più antica delle rappresentazioni di questa leggenda era l'usanza di raffigurare il teschio di A. sotto la croce di Cristo e i progenitori come testimoni della Crocifissione. Prima della risurrezione, Cristo disceso nel Limbo libera A., come primo dei patriarchi, ed Eva. Nell'altare di Klosterneuburg presso Vienna, realizzato da Nicola di Verdun (1181 ca.), il Salvatore afferra con la destra A. e con la sinistra Eva, per trarli in alto insieme: l'Anastasis fu uno dei grandi temi figurativi dell'Oriente, diffusosi presto anche in Occidente.
Già la Chiesa primitiva venerava come santi A. ed Eva, i cui nomi compaiono ancora oggi nel calendario al 24 dicembre: la loro colpa era infatti la premessa della nascita di Cristo. Entrambi si trovano anche tra i penitenti del Giudizio universale, scena spesso presente nella controfacciata di alcune chiese (per es. a S. Angelo in Formis, presso Capua, affreschi dell'ultimo quarto del sec. 11°); vengono raffigurati all'esterno, nella zona dell'ingresso, come per es. nel caso della figura di Eva sul portale della cattedrale di Saint-Lazare ad Autun, degli anni quaranta del sec. 12°, presumibilmente in rapporto con l'immagine di A., al quale porge la mela, sull'altra metà del rilievo. La presenza di A. ed Eva ad Autun, dove sarebbe stato sepolto Lazzaro, si spiega con il fatto che già nell'arte paleocristiana il peccato originale, nell'esegesi tipologica, veniva posto in relazione con la risurrezione di Lazzaro.
A. ed Eva sono anche presenti come rappresentanti dell'umanità nel Giudizio universale. Nel mosaico del sec. 12° sulla controfacciata della cattedrale di Torcello essi stanno in ginocchio, tra gli angeli, davanti al trono apprestato per il Giudizio; tuttavia A. guarda in alto, verso il Cristo in trono che appare al di sopra della scena. In alcune raffigurazioni dei progenitori l'uomo è simboleggiato come creatura del mare e la donna, con i due figli Caino e Abele, come creatura della terra, mentre Cristo appare sopra di essi tra il sole e la luna, con un libro e l'agnello: l'Evangeliario di Bernoardo di Hildesheim (Hildesheim, duomo, 1010 ca.), riproduce su un'intera pagina questa interpretazione cosmologica.
Il mosaico di Torcello e la scultura della cattedrale di Autun mostrano chiaramente come la posizione che le figure di A. ed Eva occupano, in una composizione figurativa o in un complesso architettonico illustri sempre con precisione il significato attribuito loro nell'ambito della storia della salvezza. Dall'altro lato, la grande quantità delle immagini e delle tradizioni figurative rende opportuna una esposizione che metta in risalto le opere, che spiccano tanto per la profondità del pensiero teologico quanto per la qualità della rappresentazione.
Nelle chiese medievali era spesso appeso, o poggiato su un pontile o su una trave trasversale posta dietro all'altare maggiore, un crocifisso - per lo più scolpito nell'Europa centrosettentrionale, mentre in Italia era quasi sempre dipinto su tavola - sul quale in moltissimi casi era raffigurato A. sotto la croce. Il gruppo della Crocifissione di Wechselburg, in Sassonia, ne è uno dei più grandiosi esempi: proprio sopra l'altare, A. fu rappresentato come un vegliardo, vestito, in atto di raccogliere in un calice il sangue di Cristo. In tal modo egli, davanti a questo altare, divenne il modello per la comunità e per l'intero genere umano: peccato originale e redenzione venivano posti in evidente rapporto. Nel sec. 14° si attribuì alla croce stessa la forma di albero della vita che sorge dal cranio di Adamo, come mostra un esempio del Württembergische Landesmus. di Stoccarda.
A. ed Eva spesso compaiono all'ingresso delle chiese come penitenti. Nel duomo di Bamberga, il portale di A. (1250 ca.), presso il coro orientale, era il luogo in cui gli esclusi dalla chiesa dovevano attendere il perdono per le loro colpe: i progenitori, rappresentati dopo il peccato originale intenti a coprire le loro nudità con delle foglie, servivano da esempio. Allo stesso modo, questi primi nudi della scultura monumentale - a Reims A. ed Eva sono invece vestiti - si possono intendere come testimoni dell'inizio della storia.Sullo stesso portale sono raffigurati infatti anche Stefano, Pietro, l'imperatore Enrico II (questi ultimi anche patroni del duomo) e la moglie Cunegonda, ognuno dei quali rappresenta un'epoca.
La testa di A. con la benda, raffigurata sul pontile del duomo di Magonza, riunisce in sé, sia per l'espressione, sia per la collocazione originaria, riferimenti cosmologici. Questo pontile, del quale si sono rinvenuti soltanto frammenti, presentava sul lato a vista il Giudizio universale sopra il quale si ergeva una croce trionfale. Il vano di passaggio che nel centro del pontile mette in comunicazione il corpo longitudinale del duomo con il coro è coperto da una volta, sui quattro costoloni della quale sono figurati gli arti di A.; la loro posizione indica che egli simboleggia l'intero cosmo di cui fa parte e sul quale si stende nella forma della lettera greca Χ, l'iniziale di Cristo, in riferimento a colui che domina l'universo; infine, in corrispondenza con il suo capo si innalza la croce, a dimostrare come il nuovo A. e il nuovo patto sorgano dall'antico. Nei lineamenti dell'uomo con la benda si mescolano dolore e speranza, immagine dell'intera umanità prima della redenzione.
Come A. fu inteso quale antitesi di Cristo, così Eva lo fu di Maria. In molte cattedrali francesi, rilievi con motivi della Genesi, per lo più il Peccato originale e la Cacciata dal paradiso terrestre, formano il basamento del trumeau con Maria, nel portale a lei dedicato. Così avviene ad Amiens, nel portale meridionale di facciata, mentre su quello settentrionale S. Firmino, il santo titolare della cattedrale, e nel mezzo Cristo, accoglievano i visitatori: doveva essere ben manifesto il concetto che, per mezzo di Maria e di suo figlio, alla colpa era subentrata la grazia.
Eva era anche spesso raffigurata ai piedi della Madonna in trono, per renderne evidente l'antitesi con Maria: nell'affresco di Ambrogio Lorenzetti a Montesiepi (1345 ca.), nella piccola chiesa a pianta circolare di S. Galgano, meta di pellegrinaggi, Eva è raffigurata davanti ai gradini del trono, con lunghi capelli, un fico (di solito era una mela) dell'albero della conoscenza in mano e, in grembo, il serpente. L'iscrizione sottolinea che il suo peccato ha reso possibile la redenzione: "Fei pecchato perque passione sofferse Christo che questa re(g)ina sorte nel ventro a nostra redentione".
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