ADAMO (Mastro Adamo)
Familiare dei conti di Romena, come "magister Adam de Anglia" compare testimonio in un documento rogato a Bologna il 28 ott. 1277 e conservato nell'Arch. capitolare di Ravenna.
In lui i commentatori di Dante hanno riconosciuto il maestro A. di cui si fa menzione in Inf., XXX,vv. 49-129.
Il "de Anglia" diede luogo alle più svariate interpretazioni e supposizioni, potendo indicare genericamente provenienza dall'Inghilterra o dalla Bretagna o da Agna nel Casentino; né a ciò osta l'origine bolognese o bresciana indicata da commentatori antichi: in tal caso il "de Anglia" avrebbe solo significato che A. era da poco venuto a Bologna (per i particolari della discussione, tuttora aperta, v. Livi).
A. sarebbe stato chiamato presso i conti Guidi di Romena, Aghinolfo II, Guido II ed Alessandro, figli di Guido I, i quali, essendo in lotta con Firenze, gli avrebbero fatto coniare fiorini buoni di peso, ma non di lega, diffusi poi largamente, con grave danno di Firenze; ma, nel 1281, essendo andato di persona nella città per spacciarli, A. sarebbe stato scoperto e condannato ad essere arso vivo.
Nell'Inferno A. è posto tra i falsari di moneta, nella decima bolgia dell'ottavo cerchio, puniti con la pena della idropisia; egli fa allusione ai conti Guidi (v. 77), uno dei quali già morto nell'anno della visione dantesca, condannati idealmente dal poeta insieme con lui.
Bibl.: G. Livi, Su mastro A. e la sua patria in particolare,nel vol. dello stesso Dante e Bologna,Bologna 1921, pp. 177-186, e relativa bibliografia.