ADANA (τὰ "Αδανα; A. T., 88-89)
Città della Cilicia (Anatolia sud-orientale), capoluogo del vilāyet omonimo. Huezio sostiene che il nome di Adana non è altro che la corruzione di Eden, data la fertilità e la bellezza del suo territorio. È posta a 18 m. s. m. ed occupa il centro della pianura cilicica, oggi conosciuta col nome di Ciukur Ovà, formata dalle alluvioni del Saiḥūn e del Giaiḥūn Irmaq. L'abitato è in parte adagiato sopra un modesto rilievo collinare, in parte in pianura, e si trova a 35 km. dal mare, 32 km. da Ṭarsūs, 240 km. da Qōniah. La città è posta sulle rive del fiume Saihūn (antico Sarus, Σάρος), sul quale sorge un maestoso ponte antico. È circondata da mura e difesa da un castello. Il più antico monumento musulmano è la Ūlū Giāmiẓ, "la grande moschea", di Ramaẓān Ōghlū.
Adana comunica col mare per mezzo del fiume Saiéùn, che è navigabile solo per i piccoli velieri a fondo piatto, poiché alla foce vi è una barra che impedisce l'entrata ai natanti che pescano più di un metro. Ha una popolazione di circa 64.000 abitanti, ma nei suoi dintorni immediati, nella stagione estiva, affluiscono altri 40.000 contadini, mano d'opera avventizia, che si rende indispensabile per la raccolta del cotone e del sesamo. Tutto il vilāyet è assai popolato; si contano (1927) 227.652 abitanti, sopra una superficie di 39.900 kmq. Il clima è mite d'inverno, caldissimo e malarico d'estate. Vi si coltivano il cotone con le varietà yerlī e yaneh, la canna da zucchero, il tabacco, il gelso, l'olivo, il sesamo, i cereali. L'industria ha preso un notevole incremento: nel capoluogo troviamo stabilimenti di tessitura, filatura, tintoria, molini, sgranatoi da cotone, concerie. Vi sono miniere di cromo, manganese, galena, lignite. È situata sulla grande arteria ferroviaria, che da Ḥaidar Pascia sarà prolungata fino a Baghdād ed al Golfo Persico. È in comunicazione ferroviaria con Mersina attraverso Yenīgeh e Ṭarsūs ed è unita ad Alessandretta da una comoda strada carrozzabile a fondo artificiale e dal telegrafo. Si preconizza la costruzione del magnifico porto naturale di Yumurṭaliq, oggi località disabitata, ma che, opportunamente attrezzato, rappresenterebbe una base navale formidabile.
Storia. - Data la favorevole posizione, è ragionevole supporre che Adana sia stata abitata sin da età remota; allo stato però delle nostre conoscenze, ne abbiamo ricordo solo dopo Alessandro Magno, quando cominciano ad avere una storia molte delle città d'Asia Minore, fino allora chiuse in un'oscura e torpida esistenza sotto il dominio dei re persiani. Sembra infatti del tutto dubbia una menzione di Scilace (102). Annessa al regno dei Seleucidi, pare abbia avuto nome di Antiochia ad Sarum, secondo l'uso comune tra i successori di Alessandro di denominare città di nuova fondazione, o in particolar modo beneficate, dal nome di sovrani o dì personaggi della famiglia reale. Vien poi ricordata al tempo della guerra contro i pirati, quando Pompeo vi dedusse dei marinai di Cilicia intinti di pirateria, mutandoli in agricoltori (App., Beil. Mithr., 96). Vi passava la strada per Tarso e per Soli-Pompeiopolis, come è ricordato dagli Itinerarî (It. Hierosol., p. 580), e la vicinanza faceva sì che qualche volta scoppiassero attriti con queste città (Cass. Dio. XLVII, 31). Il materiale epigrafico finora rinvenutovi è scarso. Fu in età cristiana sede episcopale, e del suo vescovo si parla in più di un concilio.
Adana e la Cilicia cominciarono nel sec. VII ad essere contese tra gli Omayyadi di Damasco e i Bizantini; poi gli ‛Abbāsidi vi mantennero il loro dominio fino a che i Bizantini ripresero la città nel 964. Dopo d'allora, Adana divenne, insieme con Mamistra (l'antica Mopsueste), una delle più notevoli città del regno della piccola Armenia, che, fondato da Leone II (1187-1229) con schietti elementi armeni, ai piedi delle catene della Cilicia, si estese, nel momento del suo maggiore sviluppo, dal golfo d'Alessandretta fino a poche miglia dalla baia di Satalia; Adana comunicava, come oggi, col mare, per navi di piccolo tonnellaggio mediante il fiume Saiḥūn, che, unito allora al Giaiḥūn (Pyramus, sul cui corso giaceva Mamistra) in uno sbocco comune, godeva di condizioni di navigabilità più favorevoli delle odierne. Per Adana passavano le strade che dalla Siria, attraverso le Porte di Cilicia, conducevano al Tauro, ad Iconio e Costantinopoli, o alla valle dell'Eufrate. Perciò Adana e Mamistra, punti di passaggio obbligato, erano fiorenti mercati, nei quali Veneziani e Genovesi, già dal principio del sec. XIII, avevano ottenuto vantaggiosi privilegi di traffico. La loro importanza, modesta nel primo scorcio di quel secolo, s'accrebbe gradatamente col crescere delle difficoltà politiche e commerciali, di transito e di scambio, degli stati siriaci.
I sultani mamlūki d'Egitto conquistarono, con la Siria, anche la regione di Adana; ma dal sec. XIV vi si affermò la signoria turcomanna dei Ramaẓān Ōghlū, che, anche dopo la conquista ottomana (1516), vi ebbero a lungo autorità e potere. Nel 1836, le truppe di Moḥammed [Meḥmed] ‛Alī, pascià d'Egitto, rovinarono il castello bizantino che sorge sull'altura ad O. della città. I Francesi occuparono Adana e la circostante regione (Cilicia) dal 1919 al 1921, sgombrandola in seguito al trattato di Angora del 21 ottobre 1921.
Bibl.: N. Maggiore, Adana, città dell'Asia minore, Palermo 1842; Ch. Texier, Asie mineure, Parigi 1862; M. Collignon, Notes d'un voyage en Asie mineure: A., Parigi 1880; V. Cuinet, La Turquie d'Asie, Parigi 1894, II, p. 38; R. Hartmann, Im neuen Anatolien, Lipsia 1928, p. 119.