adattamento animale
Il costante adeguarsi della vita ai cambiamenti dell'ambiente
Ogni singolo organismo, che sia un protozoo o un insetto, una medusa o un elefante, ha la capacità di modificare, entro certi limiti, le sue funzioni biologiche e le sue strutture quando cambiano le condizioni di vita. Questo fenomeno, o meglio questa capacità di adeguamento degli individui, si chiama adattamento.
C'è una sola alternativa all'adattamento: morire, se parliamo di un singolo organismo, o estinguersi, se parliamo di intere specie.
Un animale selvatico, un leone, una zebra, un orso, preso dal suo ambiente naturale e chiuso in una gabbia, per grande che sia, è costretto, anche se ben alimentato e curato, a modificare molte delle sue caratteristiche per sopravvivere. I suoi muscoli, per esempio, a causa dell'inattività, perderanno parte della loro tensione originaria. Anche i suoi ritmi di attività, sia per quanto riguarda il comportamento sia per l'alimentazione, si modificheranno perché saranno legati agli orari del pubblico o dei guardiani. Inoltre si abituerà alla presenza degli umani. Insomma si adatterà alle nuove sfortunate condizioni in cui gli toccherà vivere.
Questo tipo di adattamento riguarda, come abbiamo detto, singoli organismi che si trovano a vivere in condizioni non ottimali rispetto alle loro naturali esigenze. Ovviamente tale adattamento avverrà entro certi limiti: se le condizioni saranno troppo diverse, questi organismi deperiranno fino a morire. Non si può nutrire un leone soltanto di insalata, né si può far vivere un organismo a temperature eccessivamente basse, o alte, rispetto a quelle in cui vive normalmente in natura.
Possiamo riscontrare questa capacità adattativa ‒ la capacita cioè di modificare le proprie strutture e funzioni ‒ anche nell'uomo. Per esempio gli sportivi, specialmente i professionisti che passano gran parte del loro tempo ad allenarsi, finiscono per potenziare muscoli diversi a seconda della disciplina praticata, ciclismo, nuoto, tennis o altro. Chi svolge un lavoro in cui bisogna stare seduti, invece, rischia di diventare come un leone in gabbia. È importante però sottolineare che le particolari modificazioni subite da un singolo organismo per adattarsi a una specifica condizione non si possono trasmettere come tali ai figli, non sono cioè ereditabili: i piccoli di un leone tenuto in gabbia non nasceranno con i muscoli indeboliti, come il figlio di un ciclista non nascerà con i muscoli delle gambe particolarmente sviluppati. Perciò diciamo che questo tipo di adattamento riguarda la vita di singoli individui.
La parola adattamento, tuttavia, indica anche un diverso e più ampio fenomeno, che interessa intere specie.
Le condizioni dell'ambiente cambiano con lentezza ma continuamente se si considerano tempi lunghi, in centinaia o migliaia di anni: per esempio, periodi freddi (come quelli che hanno portato lentamente alle grandi glaciazioni) si alternano a periodi caldi (come quello che stiamo vivendo), periodi aridi a periodi umidi.
Gli individui di una qualsiasi specie non sono mai uguali tra loro: ci sono, in realtà, alcuni più adatti a tollerare un particolare cambiamento dell'ambiente, come l'aumento di temperatura, e altri che sopportano meglio, per loro costituzione e quindi senza particolari esercizi, un raffreddamento. Quale che sia il cambiamento, quelli che lo tollerano meglio avranno ovviamente una vita più attiva e, soprattutto, avranno più figli dei secondi. Gli studiosi usano a tal proposito la parola inglese fitness, che sta per "capacità di avere figli fecondi", e dicono che i più adatti hanno maggior fitness degli altri (selezione naturale). È importante parlare dei figli, perché la migliore capacità di sopravvivenza al mutare delle condizioni ambientali viene trasmessa loro dai genitori, ed è quindi ereditabile; i figli, ereditando le capacità funzionali di genitori più adatti, saranno a loro volta più adatti. Così, nel corso del tempo, l'intera specie evolverà (evoluzione) e risulterà costantemente idonea all'ambiente in cui vive, anche se l'ambiente cambierà in modo profondo. Quando si dice che una certa specie animale è 'perfettamente adattata al suo ambiente' si dice una cosa ovvia: grazie al processo di adattamento ogni specie è costantemente adattata all'ambiente, altrimenti si sarebbe estinta.
Questo continuo adattarsi è un fenomeno che riguarda tutte le specie del mondo, in tutti gli ambienti, dal mare alle foreste, dai deserti ai laghi, e non avviene solo in relazione al clima. Le specie predate, per esempio, si adattano per sopravvivere ai predatori e, viceversa, i predatori adattano il loro modo di cacciare alle nuove strategie di sopravvivenza delle loro prede: anche essi fanno di tutto per sopravvivere. E così gli erbivori si adattano alle specie vegetali di cui si nutrono e viceversa, i parassiti si adattano ai loro ospiti e viceversa, i fiori adattano i loro richiami agli insetti che li impollinano e viceversa.
Va sottolineato che l'adattamento non è un fenomeno verificatosi solo nel passato, ma avviene anche ora, nel preciso momento in cui leggiamo queste righe, dappertutto e sempre, anche se non ce ne accorgiamo perché è un fenomeno lento, continuo e silenzioso.
Tutti gli esseri viventi, in quanto tali, compiono adattamenti rispetto alla vita che conducono. Facciamo un esempio per tutti. All'inizio di un lungo periodo glaciale, durante il progressivo irrigidirsi del clima, le specie di insetti che tendevano a rifugiarsi nelle grotte si trovarono, imprevedibilmente, a essere i più fortunati: erano abituati a vivere all'interno di rifugi che in qualche modo li proteggevano dal freddo. Quando le condizioni climatiche divennero proibitive e le popolazioni delle varie specie che vivevano all'esterno, dopo lunghi tentativi di adattarsi, si estinsero lentamente, quegli insetti si salvarono, ma la grotta divenne come una prigione, non si poteva più uscirne, fuori c'era solo ghiaccio. Molte specie quindi si estinsero a loro volta, specialmente quelle che si nutrivano di vegetali, perché nelle grotte non c'è luce. Delle altre specie rimaste (di predatori o quelle che si nutrono di detriti organici) sopravvissero solo alcuni individui, perché le risorse erano comunque molto limitate. Gli esemplari sopravvissuti fecero figli e, di generazione in generazione, si adattarono sempre di più imparando a utilizzare le scarsissime risorse che trovavano nelle profondità della Terra.
Possiamo immaginare che nel corso di questo lungo e difficile processo qualcuno nacque con gli occhi più piccoli, una caratteristica che, all'esterno, sarebbe stata negativa: un animale che non vede non trova cibo e non riesce a sfuggire ai predatori. Ma nel buio delle grotte una progressiva diminuzione delle dimensioni degli occhi poteva essere un vantaggio: costruire e mantenere in funzione questi organi, come tutti gli altri, richiede energia. In tal modo l'animale che si sviluppava senza occhi riusciva a risparmiare energia (quindi cibo) rispetto a quello che aveva occhi normali, e al buio non si trovava comunque svantaggiato. E così per il pigmento: i colori che fuori servivano a camuffarsi, al buio non erano indispensabili. Chi nasceva, per caso, senza pigmenti riusciva a fare economia per sopravvivere. Insomma, nelle grotte di tutto il mondo oggi vivono moltissime specie completamente cieche e prive di pigmento, ma dotate anche di delicati apparati per 'sentire' al buio e di una serie di complicati adattamenti di tutti gli aspetti della loro biologia. Una ricca fauna "perfettamente adattata" alla vita nelle grotte. Sono i sopravvissuti agli antichi eventi che abbiamo descritto: gli studiosi li chiamano troglobi, organismi molto specializzati ma che non possono più uscire per vivere alla luce del sole. Sono particolarmente importanti perché rappresentano la testimonianza della vita del passato, tanto da poter essere considerati veri e propri 'fossili viventi'.