adattamento genetico
Processo di modificazione che investe gli organismi di una specie a causa della loro interazione con l’ambiente che li circonda. Esso può essere di due tipi: fisiologico o genetico. L’adattamento fisiologico è il cambiamento che subisce il singolo organismo nel corso della sua vita per far fronte a una situazione che richieda particolari caratteristiche. È un cambiamento reversibile, solitamente piuttosto rapido e soprattutto non ereditabile. Un esempio è l’adattamento individuale all’altitudine, che provoca una serie di cambiamenti rapidamente reversibili modificando alcuni parametri fisiologici legati, per es., alla minore quantità di ossigeno disponibile. L’adattamento genetico è invece un cambiamento nel corredo genetico di una specie per opera di un processo evolutivo dovuto a selezione naturale su mutazioni emerse casualmente. Come tale, è ereditario e richiede tempi relativamente lunghi. Il processo prevede infatti l’insorgenza casuale di una mutazione che può risultare positiva in un determinato ambiente. La selezione naturale favorirà dunque gli individui portatori di tale mutazione, così che questi lasceranno un maggior numero di discendenti. Il risultato è la graduale diffusione, nel corso del tempo e di generazione in generazione, del tratto selezionato positivamente.
Nel caso della nostra specie, esistono diversi esempi di adattamento genetico ormai ben documentati:
(a) la prevalenza di alcune mutazioni nei geni per la sintesi dell’emoglobina, legata all’endemia malarica;
(b) l’aumento di frequenza dell’attivazione in età adulta del gene per la digestione del lattosio, correlata all’introduzione dell’allevamento;
(c) l’adattamento dei geni legati al colore della pelle.
Quest’ultimo, per es., assume un importante valore adattativo in relazione all’ambiente in cui si vive. Nelle regioni tropicali è ‘conveniente’ essere scuri di pelle, perché la pigmentazione protegge dalle radiazioni solari e dal rischio di tumori della pelle; nelle regioni nordiche, invece, una forte pigmentazione non è necessaria, anzi risulterebbe dannosa. La nostra specie ha infatti bisogno della vitamina D per fissare il calcio e per favorire il normale accrescimento delle ossa, tanto che la sua deficienza provoca il rachitismo. La produzione di vitamina D avviene negli strati profondi del derma e necessita dell’azione dei raggi solari; a latitudini elevate la quantità di raggi ultravioletti è già scarsa e risulterebbe decisamente insufficiente se fosse anche assorbita dal pigmento presente in elevata quantità negli strati superficiali di una pelle scura. Si ritiene perciò che la minore pigmentazione della pelle che si riscontra a latitudini elevate possa essere un adattamento che favorisce la produzione di vitamina D. La conoscenza delle condizioni ambientali che hanno favorito l’emergere di alcuni adattamenti genetici è dunque di grande importanza per comprendere alcuni meccanismi patogenetici legati a malattie insorte solo di recente ma legati a geni selezionati nelle condizioni ecologiche tipiche dell’evoluzione della specie Homo sapiens. Lo studio degli adattamenti genetici nella nostra specie è quindi alla base della cosiddetta medicina evoluzionista.
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