adattamento
L’adattamento è un fenomeno per cui le parole di origine straniera che entrano a far parte del lessico di un’altra lingua possono subire cambiamenti della loro forma fonologica o di proprietà morfologiche, adeguandosi alle caratteristiche e ai requisiti della lingua ricevente.
Le nuove parole che entrano a far parte del lessico dell’italiano fin dalle sue origini sono il prodotto dei normali processi di ➔ formazione delle parole oppure, per una parte, sono casi di prestito lessicale. Sono prestiti le voci originariamente appartenenti ad altre lingue, che si sono diffuse in italiano perché percepite come utili o particolarmente adatte a esprimere certi significati, o talvolta solo perché preferite, per ragioni di moda, alle forme locali (Gusmani 19862). Nei prestiti è spesso possibile che la parola, per talune caratteristiche di forma, sia per qualche aspetto incompatibile con le strutture della lingua ricevente. È in queste condizioni che si determinano i fenomeni di adattamento.
Ai prestiti propriamente detti possiamo assimilare una classe di parole che, pur non essendo necessariamente dei ➔ forestierismi, sono formazioni lessicali peculiari, dato che presentano una forma morfologica e fonologica estranea alle strutture dell’italiano (➔ parola italiana, struttura della); si tratta delle ➔ sigle (o acronimi), come FIAT, ENEL, UPIM, o di nomi propri, soprattutto commerciali, come Citroën, Dixan, ecc., i quali, al pari dei prestiti, subiscono fenomeni di adattamento.
I prestiti presentano adattamento in grado diverso: nei prestiti integrati, come bistecca (< ingl. beefsteak), manichino (< fr. mannequin), tanto la fonetica quanto la morfologia sono del tutto compatibili con le strutture dell’italiano, mentre parole come sport e film mostrano nelle terminazioni estranee all’italiano segni riconoscibili di un adattamento parziale. Così, garage, pronunciato per lo più [gaˈraʒ], rivela nell’ultima consonante la propria origine straniera. Nell’italiano contemporaneo è prevalente la tendenza a ridurre al minimo il grado di adattamento dei prestiti, e sono numerose le parole, soprattutto provenienti dall’inglese, che, almeno nella forma scritta, si mantengono identiche all’originale (mouse, scanner, boiler, ecc.).
Dal punto di vista morfologico, una parola in italiano può subire adattamento per diversi profili. Nel caso dei verbi, che in italiano sono obbligatoriamente dotati di marche flessive (➔ flessione), l’adattamento consiste nell’assegnarli ad una classe flessiva (o coniugazione), con la conseguente aggiunta di appropriate desinenze. I verbi sottoposti a prestito convergono tutti nella classe in -are (prima coniugazione), sia direttamente (ad es., cliccare, scannare < scan «acquisire immagini attraverso lo scanner», postare «affiggere su un palo (post) un messaggio in uno spazio comune su Internet»), sia attraverso la derivazione con suffissi appositi (ad es., scannerizzare, derivato da scanner, mesciare da mèche).
L’adattamento dei nomi presenta una fenomenologia più complessa, poiché questi devono essere valutati da due punti di vista, quello del genere e quello della classe flessiva (o declinazione). Nei nomi italiani il genere è una proprietà inerente, cioè non necessariamente determinata da altre caratteristiche (ad es., lince è un nome femminile, e ciò è indipendente dal suo significato, in quanto può riferirsi ad un individuo maschio, e dalla sua forma, dato che -e può anche essere desinenza di maschili, come, ad es., in piede). Ciascun nome è quindi assegnato ad una delle due categorie di genere, il ➔ maschile o il ➔ femminile. Le classi flessive raggruppano i nomi in base alla vocale della desinenza che essi presentano al singolare e al plurale, e la maggior parte dei nomi dell’italiano rientra nelle tre classi con desinenze -o/-i (libro/libri), -a/-e (pagina/pagine), -e/-i (lince/linci, piede/piedi). Esistono però anche nomi invariabili, sia che mantengano immutata la vocale finale (ad es., serie, crisi, gru), sia che risultino privi di vocale finale (come nei già menzionati sport, film, FIAT). Come si può osservare, esiste una correlazione tra classe flessiva e genere per molti nomi dell’italiano, benché essa non sia assoluta, come mostrano gli esempi relativi alla classe -e/-i.
Per le ragioni appena viste, un nome che entra nel lessico italiano deve ricevere l’indicazione di genere, indipendentemente dal fatto che questo sia reso evidente da una desinenza; la proprietà del genere, infatti, si trasmette dal nome alle parole che con esso si accordano (come articoli e aggettivi), e diventa quindi manifesta nei sintagmi (ad es., un bel film, uno sport faticoso, una FIAT nuova). L’attribuzione ad una classe flessiva, invece, e l’assegnazione stessa di una desinenza non sono passi obbligati del processo di adattamento, visto che molti prestiti sono privi di desinenza e quindi invariabili (lo sport/gli sport). Da questo punto di vista possiamo contrapporre gli esempi appena riportati ai prestiti completamente integrati come bistecca che, a parte gli aspetti fonologici, è stato adattato attraverso l’attribuzione del genere femminile, con l’aggiunta della vocale desinenziale e l’assegnazione a una classe flessiva (bistecca/bistecche).
Rispetto al genere, i prestiti in entrata nel lessico italiano si trovano spesso ad essere privi di informazioni morfologiche. Ciò può essere dovuto al fatto che nella lingua d’origine la categoria di genere manca, come in giapponese, o è diversamente strutturata rispetto all’italiano, come in inglese. Il problema può presentarsi, tuttavia, anche per lingue più simili, da questo punto di vista, all’italiano, come lo spagnolo o il francese, perché molti dei parlanti che usano prestiti non ne conoscono il genere nella lingua d’origine. In questi casi l’attribuzione del genere avviene sulla base di diversi criteri (Thornton 2003).
Le strategie più usate sono quelle che tengono conto del significato del nome. Per i nomi che indicano esseri umani, il genere assegnato corrisponde al sesso del referente: il mister «allenatore», la nurse «bambinaia», il ras (< amarico ras «testa, capo») anche nel senso figurato di «capo dispotico». Il genere è variabile se il nome può riferirsi a persone di entrambi i sessi, ad es., il/la teenager, il/la baby-sitter. Un altro criterio semantico è quello che assegna al prestito lo stesso genere di un iperonimo (➔ iperonimi) esistente in italiano: un esempio tipico è il femminile dei nomi che indicano automobili: jeep, spider, station wagon. Un caso analogo è quello di prestiti che prendono il genere di un nome italiano percepito come corrispondente, come nel caso di playstation, workstation, che sono femminili perché collegate a stazione, o che è percepito come appartenente alla stessa area semantica, come probabilmente nel caso di bistecca, affine a cotoletta, braciola, fettina. In alcuni casi è la forma della parola che può indurre la scelta del genere: la /a/ finale in coca-cola (che è invece maschile in francese e in spagnolo), la /o/ nella voce di origine giapponese kimono (o chimono) e i suffissi riconoscibili in utility (-ità) e performance (-anza) sono probabilmente l’elemento che determina il genere. Resta da osservare che, soprattutto nei prestiti più recenti, il genere può essere oscillante (ad es. un/una mail «messaggio di posta elettronica») e che, in assenza di altri criteri, è adottata la strategia di assegnare il genere maschile.
Dal punto di vista fonologico, le strategie dell’adattamento dei prestiti nell’italiano contemporaneo corrispondono sostanzialmente a quelle che molti parlanti mettono in atto nella pronuncia di lingue straniere, producendo, ad es., /fut/ in luogo di /f[ʊ]t/ per l’ingl. foot. Si osserva però che anche i parlanti con buona pronuncia di una lingua straniera, usando i prestiti all’interno del parlato in italiano, preferiscono ricorrere alle forme adattate, evitando pronunce ‛troppo accurate’ come f[ʊ]tball, o br[eɪ]k per l’ingl. break (invece del più comune /br[ɛ]k/), perché le considerano affettate. Ciò dimostra che i forestierismi tendono a lessicalizzarsi nella forma fonologica adattata.
Sul piano dei singoli suoni, i fenomeni di adattamento sono chiari e facilmente spiegabili: i suoni ‛stranieri’ sono generalmente sostituiti con (sequenze di) suoni percepiti come simili o per qualche ragione suggeriti dalla grafia. Ad es., /y/→/u/ in brochure, /ã/→/an/ in coll[an]t, /ɪ/→/i/ in cl[i]p, [ŋ]→[ŋg] in meeti[ng].
Più interessanti sono i fenomeni che dipendono da proprietà della struttura fonologica dell’italiano. Rientra in questa tipologia il caso delle consonanti e dei gruppi consonantici finali di parola. L’italiano, in specie nelle varietà centro-meridionali, ammette generalmente in questa posizione solo /n, l, r/ in parole con funzioni grammaticali, come gli articoli (il, un), le preposizioni (per, con), ecc. In altre condizioni, come nel caso dei prestiti bar, bus, FIAT, sport, film, la presenza di consonanti finali innesca un processo di adattamento che produce forme del tipo [ˈbarrə] [ˈbussə] [ˈfiattə] [ˈspɔrtə] [ˈfilmə], con prostesi di una vocale finale centralizzata e di scarsa intensità. Non si tratta semplicemente del ricorso ad una vocale ‛di appoggio’ eufonica, che produrrebbe le forme * [barə], * [busə], ecc., ma di una strategia di conservazione della struttura sillabica grazie al raddoppiamento della consonante finale, attraverso il quale tale consonante conserva il suo status di elemento finale della sillaba.
L’adattamento coinvolge anche le proprietà accentuali dei prestiti. Qui la strategia prevalente è quella di assimilare le nuove entrate agli schemi dell’italiano, che prevedono (con poche eccezioni) l’accento su una delle tre sillabe finali, con nettissima preferenza per le forme parossitone, in primo luogo, e poi per quelle proparossitone. In questa chiave sono da interpretare gli spostamenti di accento che si osservano frequentemente rispetto alle forme della lingua originale, ad es., nei francesismi cognac, (crème) caramel, dépliant, spesso pronunciati con accento sulla sillaba iniziale anziché su quella finale. Nella pronuncia degli anglicismi si osserva inoltre una diffusa tendenza alla massima ritrazione possibile, che porta a collocare l’accento sulla terzultima sillaba anche ritraendolo rispetto all’accentazione originale: ad es., performance /ˈpɛrformans/ invece di /pəˈfɔːməns/, continental /konˈtinental/ invece di /ˌkɒntɪˈnentl/.
Gusmani, Roberto (19862), Saggi sull’interferenza linguistica, Firenze, Le Lettere (1ª ed. 1981-1983).
Thornton, Anna Maria (2003), L’assegnazione del genere ai prestiti inglesi in italiano, in Italiano e inglese a confronto. Atti del convegno Italiano e inglese a confronto: problemi di interferenza linguistica (Venezia, 12-13 aprile 2002), a cura di A.-V. Sullam Calimani, Firenze, Cesati, pp. 57-86.