ADATTAMENTO (I, p. 482)
La proprietà di rispondere in maniera adattativa al variabile ambiente esterno è una qualità comune a tutte le forme viventi ed è anche una caratteristica indispensabile alla loro sopravvivenza. È quindi di fondamentale importanza, in qualunque studio di biologia, giungere a una comprensione, la più profonda possibile, di come gli organismi si adattano all'ambiente.
Prima d'iniziare una sia pur sintetica rassegna degli ultimi progressi della scienza in questo campo è tuttavia necessario precisare che ogniqualvolta si verifica un fenomeno di a. è bene considerarlo sotto il suo duplice aspetto fisiologico e genetico. L'a. fisiologico descrive infatti la risposta adattativa dell'organismo alla variazione ambientale, ma l'entità della risposta e il modo con cui questa si attua sono geneticamente determinati.
Nella descrizione dei fenomeni adattativi considereremo separatamente i batteri o procarioti dagli organismi superiori o eucarioti poiché evolutivamente, nel passaggio da procarioti a eucarioti, i meccanismi di a. fisiologico si sono profondamente modificati.
I fenomeni di adattamento nei procarioti. - Tutti, o almeno la grandissima maggioranza dei batteri, sono organismi unicellulari e per essi ogni fenomeno di a. deve ovviamente consistere in una risposta a livello cellulare. Per lo più i cambiamenti adattativi consistono in una risposta diretta allo stimolo che li ha suscitati. L'unico caso nei batteri in cui vi è una risposta adattativa molto complessa, con un cambiamento totale della morfologia cellulare, è forse quello della formazione della spora, che è una forma di resistenza dei batteri alle sfavorevoli condizioni ambientali. Qui si attua non solo la costruzione di una cellula assai diversa da quella di partenza, ma si ha al tempo stesso la sintesi di numerose nuove proteine, cioè l'attivazione di un nuovo programma genetico: si ha in definitiva qualcosa che, almeno superficialmente, è simile alla risposta differenziativa dell'organismo superiore.
Nel caso più comune però la risposta adattiva del batterio consiste nel regolare la sintesi o l'attività di uno o più sistemi enzimatici. Così per es. il batterio Escherichia coli è in grado di metabolizzare il lattosio solo se è coltivato in presenza di questo zucchero. La presenza del lattosio induce infatti la sintesi ex novo di un enzima, la β-galattosidasi, che spezza il legame galattosidico fra glucosio e fruttosio rendendo possibile l'utilizzazione di questi zuccheri. Se invece si coltiva lo stesso batterio in un terreno nutritivo arricchito dell'amminoacido triptofano o dell'istidina, la presenza di questi impedisce la sintesi degli enzimi necessari alla loro sintesi. La presenza degli amminoacidi al di sopra di una certa concentrazione critica inibisce anche il funzionamento del primo enzima della catena biosintetica impedendo così la sintesi degli amminoacidi. Questa costituirebbe infatti un inutile spreco di energia dato che gli amminoacidi si trovano già pronti nel terreno. In questo caso la risposta adattiva - sintesi o non sintesi di amminoacidi - si esercita a un duplice livello: bloccando o attivando la sintesi degli enzimi e bloccando o attivando l'attività degli enzimi già formati.
In questi ultimi anni, le ricerche sul sistema genetico che sta alla base del sistema di a. al momento della sintesi enzimatica hanno completamente delucidato, almeno nelle linee generali, la natura dei sistemi adattativi nei batteri. Gran parte del merito per la decifrazione di questo complesso fenomeno va a due ricercatori francesi F. Jacob e J. Monod che già nel 1962, attraverso l'analisi di ceppi in cui il sistema di regolazione era alterato per mutazione, erano riusciti a formulare correttamente lo schema con cui funzionano nei batteri i sistemi regolativi. Come si vede dagli schemi delle figg. 1 e 2 i geni "strutturali" che danno l'informazione genetica per la costruzione degli enzimi nei batteri sono riuniti a gruppi; ogni gruppo è controllato da un solo gene, il gene regolatore. Questo forma una proteina, il repressore, che potrà trovarsi attaccata o staccata dal DNA in un sito adiacente ai geni strutturali, sito chiamato operatore. Se il repressore è attaccato all'operatore non si ha sintesi degli enzimi, se l'operatore è invece libero i geni strutturali possono funzionare e si ha la sintesi degli enzimi. Esiste infine adiacente all'operatore una terza particella genetica, il promotore, il quale non è altro che il punto di attacco della RNA polimerasi che ha il compito di trascrivere in RNA messaggero l'informazione contenuta nei geni strutturali. Poiché tutti i geni interessati a una stessa biosintesi si trovano sul cromosoma adiacenti l'uno all'altro e vengono controllati dallo stesso gene regolatore, si ha che la sintesi o meno degli enzimi avviene in maniera coordinata con un sistema che assicura alla cellula il massimo risparmio di energia. Si conoscono oggi nei batteri sistemi di regolazione un po' differenti da quello sopradescritto, ma tutti possono essere riportati allo stesso schema fondamentale.
Oltre a questo sistema, che è specifico per ogni via metabolica, recentemente nei batteri ne è stato scoperto un altro che ha un significato assai più generale: i fattori (per es. l'alta concentrazione di zucchero) che abbassano il livello intracellulare di un particolare metabolita, l'AMP ciclico, tendono a deprimere tutte le sintesi cellulari, bloccando anche in questo caso la trascrizione, mentre un'elevata concentrazione del metabolita tende a stimolare le sintesi cellulari. Come abbiamo detto, esiste nella cellula batterica anche un sistema immediato di a. che agisce regolando l'attività del primo enzima di ogni catena metabolica. Questo sistema, chiamato "di regolazione allosterica" o "per retroinibizione", agisce in quanto il prodotto terminale della catena metabolica ha affinità per un sito del primo enzima della catena stessa, il sito allosterico. L'enzima, unito al prodotto finale della catena biosintetica modifica la sua conformazione spaziale e perde reversibilmente la sua attività. È chiaro quindi che la concentrazione del prodotto finale regola automaticamente l'attività del primo enzima e quindi la sua stessa concentrazione.
In definitiva la cellula batterica, per quanto riguarda i sistemi adattativi, rispetta le esigenze di un sistema non troppo complesso che vive a stretto contatto con l'ambiente e che deve potersi adeguare con estrema efficienza e velocità alle mutevoli esigenze esterne. La cellula batterica sembra aver risolto il problema in maniera quanto mai razionale assicurando alla cellula il massimo risparmio di energia.
I fenomeni di adattamento negli eucarioti. - Mentre le ricerche degli ultimi anni hanno in larga parte chiarito il funzionamento dei sistemi adattativi al livello della sintesi proteica nei batteri, i successi sono stati molto minori per quanto riguarda lo stesso problema negli eucarioti. Già negli eucarioti inferiori, lieviti e muffe, appare chiaro un profondissimo cambiamento rispetto ai procarioti nei sistemi che presiedono alla sintesi adattativa delle proteine; i sistemi di regolazione dell'attività degli enzimi rimangono invece sostanzialmente inalterati. Nella maggior parte dei casi gli operoni, cioè i sistemi di controllo coordinati dei batteri, sono scomparsi e i geni strutturali degli enzimi di una stessa catena biosintetica non hanno più alcuna relazione topologica fra loro. Aumenta inoltre il numero degli enzimi costitutivi, quelli cioè che vengono sintetizzati indipendentemente dalle variazioni dell'ambiente esterno. Anche quando l'enzima è adattativo l'ambito di variazione è molto minore di quanto non lo sia nei batteri. A questo punto ci si deve porre la domanda perché nel corso dell'evoluzione, nel passaggio dai procarioti agli eucarioti si siano resi necessari cambiamenti nei sistemi adattativi di tanta importanza e come sia strutturato il nuovo sistema di regolazione. La risposta più plausibile alla prima domanda è che il sistema batterico, pur efficientissimo nel reagire prontamente alle variazioni ambientali, non è più adatto per forme di vita in cui è comparso il differenziamento. Se definiamo il differenziamento come un sistema di regolazione del funzionamento del materiale genetico non in relazione alle variazioni ambientali, ma in base a un programma interno all'organismo (e ciò vuol dire che un organo, un ciclo vitale, ecc., devono essere costruiti, portati avanti per quanto possibile indipendentemente dalle variazioni dell'ambiente) comprendiamo facilmente le ragioni per cui negli eucarioti è stato necessario sostituire l'efficiente sistema di risposta alle variazioni esterne che è presente nei batteri. Comprendiamo anche perché in generale l'importanza delle sintesi adattative sia molto diminuita negli eucarioti rispetto ai procarioti. La costruzione di una struttura stabile, entro certi limiti indipendente dall'ambiente, è infatti incompatibile con la fluttuazione continua dell'attività dei geni interessati.
Negli eucarioti quindi il problema della regolazione dell'attività dei geni si complica molto rispetto ai batteri poiché esiste un controllo differenziativo della loro attività oltre che un controllo fisiologico, che è però d'importanza molto più modesta di quanto non sia nei batteri. Sul come si attui quest'ultimo controllo, che più direttamente interessa per i problemi di a., abbiamo a tutt'oggi le idee poco chiare. Negli eucarioti, nonostante anni di sforzi, non è stato ancora chiarito, neanche in un caso, quale sia il sistema genetico che presiede alla regolazione dell'attività dei geni. Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che in molti casi l'attività dei geni è regolata da sostanze apparentemente non correlate con la funzione del gene stesso, sostanze cui viene dato il nome generale di ormoni. Così per es. la sintesi di α amilasi nel seme di grano, sintesi adattativa necessaria allo sviluppo della plantula e che avviene al momento della germinazione del seme, è indotta non dalla presenza dell'amido. ma da quella di un ormone chiamato gibberellina.
È anche probabile che negli eucarioti i fenomeni di a. avvengano oltre che alla trascrizione, come accade nei batteri, anche alla traduzione, cioè nel momento stesso della sintesi della proteina. Finora si conoscono solo pochi casi di controllo durante la traduzione (per es. le proteine muscolari hanno certamente un sistema di controllo su RNA messaggeri preformati), ma poiché gli studi sono appena agl'inizi è probabile che si troveranno altri casi in futuro ed è possibile che questo tipo di controllo abbia un'importanza generale. Negli eucarioti superiori compare un ulteriore sistema di controllo che assume un'importanza preminente e qui l'a. avviene non solo attraverso modificazioni della sintesi all'interno delle cellule, ma anche attraverso modificazioni della crescita cellulare. Questo nuovo sistema coopera con gli altri nel far sì che la risposta adattativa sia la più adeguata possibile alla variazione ambientale cui si vuole far fronte.
Un esempio chiarirà meglio questo concetto. La tensione dell'ossigeno nell'ambiente è evidentemente uno dei fattori essenziali che condizionano in generale quella dell'organismo animale. Un uomo che si sposta verso l'alta montagna si trova a vivere a tensioni di ossigeno più basse di quelle normali e al di sopra di una certa altitudine (per lo più la tensione di ossigeno corrispondente a 3000 m di altezza) mostra segni dì sofferenza a causa della mancata saturazione del sangue al livello polmonare e del conseguente deficit di ossigeno al livello dei tessuti. In capo a qualche giorno l'uomo può tuttavia adattarsi alla vita alle basse tensioni di ossigeno (ovviamente fino a un certo limite, e cioè fino a circa 5000 m di altezza) adottando vari sistemi compensatori. Uno di questi sistemi consiste nel produrre più globuli rossi e quindi aumentare la quantità di eritrociti circolanti. La risposta fisiologica non consiste quindi nell'aumentare la quantità di emoglobina per cellula, ma di aumentare la quantità di cellule per millilitro di sangue. Il meccanismo con cui si attua l'aumento nella produzione dei globuli rossi è il seguente: il diminuito afflusso di sangue ai tessuti stimola la produzione di un ormone, la eritropoietina, che a sua volta stimola il midollo ad aumentare la produzione di cellule rosse. Il risultato finale è che aumentando la quantità delle cellule che trasportano l'ossigeno aumenterà l'afflusso del gas ai tessuti.
Questo meccanismo non è il solo ad assicurare l'a. alle basse tensioni di ossigeno. Opera contemporaneamente uno stimolo al livello nervoso che porta ad aumentare il ritmo respiratorio e opera anche un meccanismo questa volta al livello intracellulare, che stimola la sintesi all'interno del globulo rosso di 2-3 difosfoglicerato. Questa sostanza modifica l'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno in maniera tale da aumentare il rilascio di questo ai tessuti. In definitiva quindi in un organismo complesso come l'uomo l'a. alle basse tensioni di ossigeno è determinato da almeno tre meccanismi diversi: uno che modifica il numero delle cellule interessate al trasporto del gas, uno che modifica le proprietà del trasportatore di ossigeno, e uno che modifica il ritmo di funzionamento dei grandi sistemi organici. Ma è probabile che in realtà la situazione sia molto più complessa. Il momento in cui devono entrare in azione i meccanismi di a. fisiologici e l'entità della risposta allo stimolo sono però determinati da fattori certamente genetici. Fra le popolazioni umane ne esiste per es. una, gli Sherpa dell'Himalaya, che essendo evolutivamente adattata alla vita a grandi altezze non mette in funzione questi meccanismi fisiologici di a. fino all'altezza di 4000 m, cioè fino a tensioni di ossigeno a cui la maggior parte della popolazione caucasica mostra già acuti segni di sofferenza. Non si tratta che di un esempio, ma un esempio che rappresenta bene la situazione prevalente negli organismi superiori: la complessa interrelazione fra diversi meccanismi adattativi che agiscono a diversi livelli costituisce certamente più la regola che l'eccezione.
In questa breve discussione sull'a. abbiamo trascurato un altro aspetto del problema cui per finire accenneremo brevemente. L'a. di una particolare funzione necessita di frequente la sostituzione di una molecola o di una struttura preesistente con una nuova, o più semplicemente può essere necessario diminuire la concentrazione di una particolare molecola. Gli organismi devono quindi essere forniti non solo di sistemi per regolare la costruzione di molecole e strutture nuove, ma anche di sistemi per poterle degradare. Nei batteri (cioè in un sistema che è sempre pronto a reagire alle variazioni ambientali e in cui la massima parte dell'a. avviene regolando la trascrizione) questa possibilità si realizza soprattutto attraverso il fatto che le molecole di RNA messaggero hanno una vita media assai breve, dell'ordine di pochi minuti, così da poter essere sempre sostituite da altre più adatte alla nuova condizione. Negli eucarioti, specie negli eucarioti superiori, la vita media degli RNA messaggeri è certamente molto più lunga. La possibilità di sostituzione si attua o al livello delle proteine o al livello di intere strutture cellulari. Per es., riprendendo l'esempio cui si è accennato prima, se l'uomo acclimatato a grandi altezze discende al livello del mare si ha una rapidissima distruzione dei globuli rossi presenti in eccesso. I fenomeni distruttivi sono, nel processo di a. fisiologico, non meno importanti di quelli costruttivi e ne costituiscono il necessario complemento. La base molecolare di questi processi è però quasi totalmente ignota.
Bibl.: S. D. Wainwright, Control mechanisms and Protein Synthesis, New York 1972; Regulation of Transcription and Traslation in Eukaryotes, a cura di E. K. F. Bautz, P. Karlson, H. Kersten, Berlino e New York 1973; G. Morpurgo, Capire l'evoluzione, Torino 1975.