adduarsi
. Parasinteto verbale, con una sola occorrenza in Pd VII 6 Così, volgendosi a la nota sua, / fu biso a me cantare essa sustanza, / sopra la qual doppio lume s'addua. Il verbo, usato riflessivamente, significa " addoppiarsi ", o, forse meglio, " accoppiarsi ", " congiungersi ". Molto si discute, tuttavia, sull'interpretazione da dare al soggetto doppio lume, espressione in sé stessa indeterminata. L'interpretazione più ovvia, difesa dal Torraca e dallo Scartazzini, è quella di riferire il termine alla ‛ claritas ' e al ‛ felix ignis ' della terzina precedente. Ma, poiché il doppio lume sembra proprio una caratteristica di Giustiniano, alcuni commentatori antichi (Ottimo, Benvenuto), seguiti da non pochi moderni (Sapegno, Mattalia) vedono indicata nell'espressione la gloria delle leggi e delle armi, ciò che s'accorda bene con quanto Giustiniano stesso afferma nel proemio delle Istituzioni. E tale interpretazione ci sembra confermata dall'accostamento fatto da altri studiosi con Costanza (Pd III 109-111) e Arrigo (XXX 133-135), anch'essi distinti dagli altri beati. Da notare che a., uno dei sei parasinteti verbali danteschi con radicale numerale, è di conio dantesco. Il Pézard (ad l.) è invece dell'opinione che il verbo non sia derivato di ‛ due ', ma riprenda l'antico francese s'adouer, " accoppiarsi " (detto di animali), a sua volta accostabile etimologicamente a doue, douve, " doga ": a. potrebbe pertanto essere doppione di ‛ addovare ' o ‛ addogare ', " listare a strisce ", e designare due raggi accoppiati.
Bibl. - Parodi, Lingua 203-284; F. Tollemache, Le parole composte nella lingua italiana, Roma 1945, 145.