ADELAIDE di Savoia, elettrice di Baviera
Nata a Torino il 6 nov. 1636 da Vittorio Amedeo I e da Cristina di Francia, fu per qualche tempo, durante le guerre civili, nel monastero dell'Annunziata a Chambéry. Le trattative per un matrimonio sabaudo-bavarese, cui si attribuiva importanza politica, cominciate durante il congresso di Vestfalia, proseguite a Vienna nel 1649 e concluse a San Gallo nel luglio 1650 fra il conte L. Nomis e G. A. Krebs, condussero a stabilire il matrimonio di A. con Ferdinando Maria di Wittelsbach, il quattordicenne figlio di Massimiliano duca di Baviera. Recatosi a Torino il conte Massimiliano Kurtz, l'8 dic. 1650 vennero celebrate le nozze per procura, nella cattedrale di S. Giovanni, seguite da solenni feste pubbliche ideate da Filippo, conte d'Aglié, con epigrafi latine di A. Valsania e disegni di A. di Castellamonte. Della dote di 200.000 scudi fu versata al Kurtz una rata di 50.000, mentre il resto venne pagato da Carlo Emanuele II molti anni dopo. Mentre si attendeva, per la partenza di A., che l'età degli sposi divenisse più matura, il governo bavarese fu assunto, per la morte di Massimiliano, dalla vedova Maria Anna d'Austria in qualità di tutrice del figlio, ed essa ristrinse i legami con casa d'Austria e Spagna. Inviando circa un anno dopo il conte Kurtz e la contessa di Wolkenstein a prendere la sposa, essa diede loro istruzioni severe, che subito riuscirono per A. assai gravose. Questa lasciò Torino il 12 maggio 1652, accompagnata dal gesuita vercellese G. L. Montonaro e dal medico nizzardo Stefano Simeoni, e raggiunse, per Trento e Innsbruck, Monaco il 22 giugno.
Si trovò in un ambiente del tutto diverso da quello della brillante corte materna e rivelò subito nelle lettere alla madre e alla sorella Margherita di soffrire assai per il rigido sistema di vita impostole dalla suocera. Spesso ricevette dalla madre consigli di pazienza e moniti severi ed efficaci, dato il grande attaccamento che sempre A. conservò alla propria famiglia. Tuttavia si adattò assai lentamente alle esigenze dell'ambiente bavarese, conservando una tenace nostalgia dei luoghi nativi.
Prolungandosi la sua sterilità, A. si sottopose a cure termali (a Heilbrunn vi è ancora la Adelheidsquelle) e compì devotamente pratiche religiose specialmente dedicate a s. Gaetano da Thiene. Finalmente, dopo una figlia (17 nov. 1660), nacque Massimiliano Emanuele (11 luglio 1662), cui seguirono molti altri figli. Confermato a corte il suo prestigio e allontanatisi per varie ragioni molti di coloro che aveva condotti seco da Torino, fra cui il padre Montonaro, A. prese più intima parte alla vita e agli interessi della nuova famiglia e dello stato. La sua autorità sul marito andò crescendo: egli la condusse seco alla dieta di Ratisbona del 1663; nel i 666, dopo la morte della madre, la volle a parte del Consiglio di stato, e l'anno seguente soddisfece ad un antico desiderio di A., accompagnandola ai bagni di Battaglia (Padova) e a Venezia, e dandole così modo di rivedere il fratello Carlo Emanuele II, che il 21 giugno 1667 li raggiunse nella villa del Cattaio sui colli Euganei.
La morte della sorella Margherita, della madre Cristina, della giovane cognata Francesca di Valois, di alcuni dei bambini, poi ancora del fratello Carlo Emanuele II, scossero profondamente A., indebolita dalle troppo frequenti maternità. Si spense non ancora quarantenne il 18 marzo 1676. Dei molti figli quattro soli sopravvissero: Massimiliano Emanuele; Anna Maria Cristina, sposa del delfino di Francia, figlio di Luigi XIV; Violante Beatrice, moglie di Ferdinando, figlio di Cosimo III di Toscana; Giuseppe Clemente Gaetano, che fu arcivescovo di Colonia.
Le lettere di A., scritte in francese, senza nessun rispetto dell'ortografia, ma vivaci e colorite, forniscono elementi non privi di interesse per la storia del costume e per la politica degli stati germanici. Fra i non pochi episodi di leggerezza, di ambizione e di eccessiva protezione dei "piemontesi" al suo servizio, la personalità di A. andò maturando con gli anni e si delinearono doti non comuni di intraprendenza e di coraggio, come nell'episodio dell'incendio del palazzo della Residenza il 9 apr. 1674, che provocò l'ira della popolazione contro gli "stranieri" ritenuti colpevoli dell'incendio stesso. Nel campo politico l'azione di A. fu vanamente diretta a favorire l'elezione del marito a re dei Romani, dopo la morte di Ferdinando III; ad appoggiare le pretensioni sabaude all'investitura del Monferrato, scopo raggiunto nella dieta del 1664. L'esistenza di relazioni amichevoli tra Savoia e Baviera è attestata dal consenso dell'elettore al reclutamento di forze bavaresi per la campagna del 1655 contro i Valdesi e all'invio, durante la guerra di Genova del 1672, di millesettecento uomini, che però giunsero a operazioni militari finite. Anche relazioni commerciali, specialmente invii di stoffe e oggetti di lusso, furono rese più frequenti fra i due paesi; e scambi di informazioni, specialmente di architettura militare, avvennero fra l'elettore Ferdinando e Carlo Emanuele II.
Tra le iniziative architettoniche di A. furono in Monaco la chiesa dei teatini, introdotti da lei nel 1662 a scioglimento del voto fatto a s. Gaetano, e la sede estiva di Nymphenburg, per la quale aveva chiesto disegni di Amedeo di Castellamonte, preferendo, però, un progetto di Agostino Barelli e valendosi di suggerimenti dettati dal Tesauro, che probabilmente aveva avuto come istitutore nella sua infanzia. Ebbe al suo servizio l'architetto veneziano F. Santurini, che le costruì una specie di Bucintoro per il lago di Starnberg e molti meccanismi per le feste e il teatro di corte. Dimorò alla corte di A. negli ultimi anni il celebre P. Mignard, che a lei e ai figli fece il ritratto, inviato poi a Carlo Emanuele II.
Studiosi tedeschi riconobbero ad A. il merito di animatrice della vita artistica e letteraria di Monaco. Pur non avendo una cultura profonda, si compiacque di letture varie alternando commedie, romanzi e libri sacri, suggeritile da una devozione fervorosa, che la indusse fra l'altro a raccogliere e pubblicare nel 1656 a Monaco sotto il suo nome un libro di orazioni italiane e nel 1661 le Rime sopra la vita della beata Chiara degli Agolanti (operetta che ebbe nel 1670 una seconda edizione). Organizzatrice di splendide feste, immaginò balletti, commediole, madrigali; accolse a corte compositori teatrali come G. G. Alcaini, G. B. Maccioni, P. P. Bissari, R. Pallavicini, e poeti d'occasione come D. Gisberti. Fu annoverata fra i principi letterati dal Quadrio, dal Rossotti, da T. Vallauri, ecc.
Fonti e Bibl.: Le auguste alleanze fra le case sovrane di Savoia e di Baviera nei secc. XV, XVI e XVII. Documenti e Memorie, Torino 1883, docc. VI-XIII; G. Claretta, A. di S. duchessa di Baviera e i suoi tempi, Torino 1877; A. Fleuret, A. de S. en Bavière; une fondation religieuse, Paris 1889; C. Merkel, A. di S. Elettrice di Baviera, Torino 1892; M. Strich, Kurfürstin A. v. B., in Historisches Jahrbuch, XLVII (1927), pp. 63-96.