ADELAIDE
La sua vita è compresa all'incirca tra il 1020 ed il 1091. Figlia di Olderico Manfredi, marchese di Torino, e di Berta, figlia del marchese obertengo Oberto II, nel 1036 fu sposata dall'imperatore Corrado II al figliastro Ermanno, duca di Svevia, che ebbe in quella occasione l'investitura della marca di Torino. A. portò in dote una parte dei beni allodiali e feudali paterni; il matrimonio rappresentava per l'impero un mezzo pratico per equilibrare la potenza di Bonifacio, marchese di Tuscia. Quasi contemporaneamente una sorella di A., Immila, venne sposata ad un fedele di Corrado II, Ottone di Schweinfurth, che fu fatto duca di Svevia. Questo matrimonio di A. ebbe breve durata: il marchese tedesco di Torino, dopo avere partecipato alla lotta dell'imperatore contro Milano, mori durante la ritirata, il 28 luglio 1038.
A., che aveva perduto il padre già nel 1035 e verso il 1040 anche la madre, ci appare il 29 genn. 1042 sposata al marchese aleramico Enrico: non sappiamo se il matrimonio sia stato voluto ed approvato dal nuovo imperatore Enrico III e se lo sposo di A. abbia ricevuto l'investitura della marca di Torino. Questo marchese Enrico compare ancora in un documento del giugno 1044, ma deve essere morto poco dopo; verso il 1045 A. infatti passa a nozze con Oddone di Savoia, figlio cadetto di Umberto Biancamano, che nel 1046 riceve da Enrico III la marca di Torino.
Questi tre matrimoni della contessa A. hanno provocato molti dubbi negli storici moderni e più d'uno pensò alla esistenza contemporanea di due Adelaide. Così il Provana di Collegno, il Gerbaix-Sonnaz, il Labruzzi, il Renaux, il Gabotto sostennero la distinzione tra l'A., che avrebbe sposato Ermanno di Svevia ed Enrico l'aleramico, e l'A. che avrebbe sposato già nel 1034 Oddone di Savoia, rimanendone vedova nel 1057. All'incontro, il Terraneo nel sec. XVIII e nel sec. XIX il Carutti ed il Cipolla non dubitarono della unicità della contessa A., seguiti recentemente dal Previté-Orton, che riconobbe come falso indiscutibile il documento, detto di Frossasco, del 1034, in cui compaiono "Odo marchio et Adalegia comitissa eius coniux". Il Previté-Orton dimostrò che la consorte di Ermanno di Svevia è sicuramente la figlia di Olderico Manfredi e che la contessa di Torino è la sposa del marchese aleramico. Inoltre, Pier Damiani, scrivendo ad A. una famosa lettera, la conforta a non temere della clemenza divina di cui dubitava per essere "de iterata coniugii geminatione suspectam", significando "iterata geminatio coniugii", non il secondo, ma il terzo matrimonio. Si può quindi ritenere con sicurezza che A. sia passata per tre matrimoni, tutti e tre della giovinezza: la marca di Torino ed il patrimonio della stirpe arduinica di Torino rendevano desiderabile l'unione con la giovane principessa.
Enrico III facendo sposare A. ad Oddone di Savoia, non ancora erede del comitato paterno, intendeva assicurarsi la devozione dei conti di Savoia, padroni, per il possesso della Moriana e della Tarantasia, dei passaggi del Cenisio e del Piccolo San Bernardo. Questi legami con la casa di Savoia-Torino diventarono più preziosi quando Enrico III nel 1055 ruppe con la casa marchionale di Canossa e spedì prigioniere in Germania le due contesse Beatrice e Matilde. Di quello stesso anno è l'accordo dell'imperatore per sposare l'"infantula" figlia di A. di Torino, Berta, al proprio figlio pure "infantulus", Enrico. Ritornando in Germania, Enrico III portò con sé la piccola Berta: lo sposalizio impegnativo avvenne a Zurigo nel Natale del 1055.
A. rimase vedova di Oddone, ora conte di Savoia, prima del 21 maggio 1060, con cinque figli, Pietro, Amedeo, Oddone, Berta, Adelaide. Nel 1064 A. ottenne per il suo primogenito Pietro, conte di Savoia, la marca di Torino, ma continuò a governare i domini di Savoia e d'Italia con la saggezza che tutti gli scrittori dell'epoca le riconoscono. Le sue relazioni familiari e politiche con la casa imperiale di Franconia non disturbarono le parallele relazioni con i personaggi più importanti della Chiesa romana. San Pier Damiani, recandosi nel 1063 in legazione apostolica in Francia, fu alla corte subalpina di A., ed attorno alla contessa ed al legato papale si riunirono i vescovi e gli abati della regione. Forse solo allora incominciarono le relazioni tra la contessa e Pier Damiani. Questi, l'anno seguente, indirizzò alla "duchessa e marchesa delle Alpi Cozie" una lettera per invitarla a prendere provvedimenti contro il clero concubinario, aderendo al piano di riforma della Chiesa.
A. aveva già mostrato i suoi sentimenti di pietà con molteplici donazioni a chiese e monasteri dei suoi domini; nel 1064, fondò con questo spirito la grande abbazia di Santa Maria nel borgo di Pinerolo. Il suo atteggiamento nelle lotte religiose è chiarito dal fatto che il vescovo di Torino Cuniberto fu sostenitore del papa Alessandro II contro l'antipapa Cadalo; verso il 1066, poi, il secondogenito di A., Amedeo di Savoia, si recò a Roma in pellegrinaggio e prestò giuramento, sulla tomba dell'Apostolo, di proteggere la Santa Sede.
Il prestigio di A. e il suo influsso sugli affari politici salirono quando nel 1066 il giovane imperatore Enrico IV, uscito di minorità, celebrò le sue nozze con la sposa Berta di Savoia a Tribur e la fece incoronare a Wurzburg. Il conte di Savoia e marchese di Torino, Pietro I, verso il 1064 aveva sposato la nipote dell'imperatrice madre, Agnese, figlia di Guglielmo VII di Aquitania; in quegli stessi anni la più giovane figlia della contessa A., di nome pure Adelaide, andava sposa al cognato dell'imperatore, Rodolfo di Rheinfelden, duca di Svevia, rimasto vedovo, e così la sorella della contessa, Immila, vedova di Ottone di Schweinfurth, sposava Ekbert di Brunswick, margravio di Meissen.
Ma dopo il compiacimento per tanta felicità politica, vennero per A. le ore dolorose. Per motivi che ignoriamo, si ebbe alla corte imperiale una reazione contro l'influsso di A. e della famiglia sabauda. Se la morte di Ekbert salvò Immila dal ripudio già deciso, nel 1069 Adelaide di Savoia fu ripudiata dal marito duca Rodolfo; ed anche Enrico IV, che già di malavoglia aveva mantenuto fede alle promesse matrimoniali per lui pattuite dal padre, chiese al concilio di Worms lo scioglimento del matrimonio con Berta di Savoia. Intervenne in quel momento Pier Damiani, quale legato pontificio, a minacciare l'imperatore delle pene canoniche, ed anche i principi tedeschi dissuasero Enrico dal recare tanta offesa alla contessa Adelaide. La conservazione dei buoni rapporti con A. fu preziosa ad Enrico IV quando, dopo la rottura clamorosa con Gregorio VII, fu dalla scomunica costretto a scendere in Italia per tentare la riconciliazione con il papa. Poiché le vie delle Alpi centrali gli erano chiuse dai principi nemici, l'imperatore con la consorte Berta, accompagnato dall'abate di Cluny, Ugo, venne in Savoia a intendersi con A.: questa col figlio Amedeo conte di Savoia, dopo averlo ospitato, lo scortò nel passaggio del Cenisio, verso la pianura lombarda. La contessa però seppe abilmente costringere il genero a concederle dei diritti in cinque vescovadi d'Italia, attigui ai suoi domini; concessione che non si capisce bene quale sia in realtà stata. A. ed il figlio acconsentirono ad accompagnare l'imperatore e Berta a Canossa; nelle trattative tra Gregorio VII ed Enrico IV A. partecipò attivamente, d'accordo con la cugina contessa Matilde, il marchese Azzo degli Obertenghi e l'abate di Cluny, Ugo. Negli anni seguenti si trovò di nuovo in imbarazzo per il conflitto tra i due generi, Enrico IV e Rodolfo di Svevia che aveva ripresa sotto la pressione papale l'abbandonata sposa Adelaide di Savoia. Pare, però, che essa sia rimasta neutrale; del resto la figlia Adelaide mori già nel 1079, e anche Rodolfo morì, in battaglia, nel 1080. Le relazioni della contessa con Enrico IV ripresero tranquille. Nella campagna combattuta da Enrico IV contro la contessa Matilde, A. sostenne l'imperatore, ma cercò di farsi mediatrice di pace tra lui e la cugina. Le relazioni con Enrico IV e le esigenze della politica indussero spesso A. ad assumere un atteggiamento verso i suoi vescovi che da Roma le venne rimproverato. Così quando ad Asti aveva riconosciuto come vescovo Ingone consacrato da Guido di Velate, arcivescovo di parte imperiale di Milano, simoniaco e scomunicato, il papa Alessandro II scrisse ad A. rimproverandola; ma essa sostenne Ingone nella sede di Asti, dal 1072 al 1079. Così quando il vescovo di Torino, Cuniberto, venne a lotta con i monaci di San Michele della Chiusa, zelanti seguaci della riforma, il marchese di Torino, Pietro I, appoggiò il vescovo nell'espellere l'abate; però quando l'abate cadde nelle mani di Enrico IV, fu A. che intercedette per lui.
Gli ultimi anni della grande contessa non furono lieti. Il primogenito Pietro I era morto il 9 ag. 1078 lasciando, dalla sua unione con Agnese di Poitiers, solo una figlia, Agnese; la marca di Torino passò così con la contea di Savoia al secondogenito Amedeo, che morì già il 26 genn. 1080, lasciando un figlio ancora giovane, Umberto II. Avvenimenti che non conosciamo portarono la vecchia contessa a sposare la nipote Agnese, figlia di Pietro I, ad un suo lontano congiunto, Federico, conte di Montbéliard, il quale ricevette da Enrico IV l'investitura della marca di Torino; ma anche il conte di Montbéliard morì il 29 giugno 1091.
A. venne a morte nel dicembre del 1091 a Canischio, presso Cuorgnè, nel Canavese.
Bibl.: L. Cibrario, Storia della monarchia di Savoia, Torino 1840, pp. 90-130; C. A. de Gerbaix-Sonnaz, Studi storici sul contado di Savoia e marchesato in Italia, I, 2, Torino 1884, pp. 209-284; C. W. Previté-Orton, The early History of the House of Savoy (1000-1233), Cambridge 1912, pp.189-251; F. Cognasso, Umberto Biancamano, Torino 1929, pp. 36, 45, 69, 88, 91, 111, 112, 116-120, 122-134, 140, 141, 143-146, 150, 152, 179; Maria José di Savoia, Amedeo VI e Amedeo VII di Savoia, Milano 1956, pp. 38, 49.