ADELASIA di Torres
Figlia del giudice di Torres (Logudoro) Mariano (1218-32) e di Agnese di Massa, ebbe parte importante negli avvenimenti sardi della prima metà del sec. XIII, specialmente dopo le sue nozze con Ubaldo Visconti.
In quel periodo iPisani svolgevano in Sardegna un'intensa attività per arginare l'invadenza genovese, a vantaggio della propria. Nel 1215 Lamberto Visconti, console di Pisa, sbarcò a Cagliari con una schiera di armati e, approfittando della debolezza di Benedetta, giudicessa del territorio e zia di A., occupò il colle che domina la città e lo fortificò. Nel 1217 Ubaldo Visconti, fratello di Lamberto, completando l'opera di sottomissione del giudicato, s'impadronì del porto di Cagliari e costrinse la giudicessa a rifugiarsi nella villa di Santa Igia, ai piedi della città. I due avevano così ottenuto il potere assoluto, e a nulla valse l'intervento del pontefice Onorio III a favore di Benedetta.
E poiché avevano occupato anche il giudicato di Gallura, nacque una guerra. Il giudice di Torres, Mariano, che aveva dei diritti sul territorio gallurese, mosso dal pontefice e appoggiato dai Genovesi, andò contro i Visconti e gli armati pisani, ma fu costretto a scendere a patti. La pace fu firmata nel novembre del 1218 e, come pegno, Mariano concesse la mano di A., che era allora giovanissima, al figlio di Lamberto Visconti, Ubaldo.
Il matrimonio fu celebrato poco tempo dopo (1219). Onorio III inviò allora in Sardegna, come suo legato, il cappellano Bartolomeo, con l'ordine di impedirlo o annullarlo qualora fosse già contratto e di opporsi ai Visconti. La missione di Bartolomeo fallì e i Pisani si assicurarono negli anni successivi una maggiore influenza in tutta l'isola. Morto Mariano che, perduta la guerra, era riuscito a dare tranquillità al suo giudicato, il Logudoro passò al figlio decenne Barisone, fratello minore di Adelasia. Il ragazzo ebbe per tutore uno zio, Ithocorre de Serra, il cui governo, coi suoi soprusi ed angherie, suscitò dei tumulti nel giudicato. Barisone, appena quindicenne, fu ucciso (1236) e fu fatto strazio del suo cadavere. Poiché Mariano aveva disposto prima di morire che il Logudoro dovesse passare per diritto ereditario a Barisone e, se questi fosse morto senza figli, a una delle due sorelle, A. e Benedetta, il giudicato passò per elezione ad A. e ad Ubaldo Visconti. Pisa e i Visconti si trovarono così in Sardegna in una posizione di più vasto dominio. Se ne preoccupò il pontefice Gregorio IX, che nel 1237 inviò in Sardegna, come legato, maestro Alessandro, suo cappellano. Questi si stabilì a Torres e ricevette da A. il riconoscimento a favore della Santa Sede della signoria feudale sul giudicato e sui possessi che, per diritto ereditario (dall'avo Guglielmo) potevano appartenerle, tanto in Sardegna quanto in Corsica, Pisa e Massa. Nel palazzo regio di Ardara, alla presenza dell'abate e dei camaldolesi del monastero della S. Trinità di Saccargia, A. prestò giuramento di vassallaggio e di fedeltà al pontefice.
Ubaldo confermò l'atto della moglie, che, a garanzia degli accordi, consegnò al pontefice, rappresentato dal vescovo di Ampurias, il castello di Monte Acuto. Ubaldo riconobbe l'autorità della Chiesa sul Logudoro, ma non sul giudicato di Gallura, per il quale si dichiarava già legato dal giuramento di fedeltà ai Pisani; tuttavia la Santa Sede era riuscita nel suo principale intento di diminuire la potenza dei Visconti e quindi di Pisa. Ubaldo, però, di lì a poco, si ammalò e nel testamento, dettato nella curia di Silki in gennaio, non lasciava disposizioni per Torres - che spettava ad A. - e, secondo il giuramento prestato, destinava la Gallura al cugino, Giovanni Visconti, persona non grata al pontefice, che temeva si determinasse in Sardegna una posizione del tutto sfavorevole agli interessi della Santa Sede, tanto più che gli stessi Visconti avrebbero potuto influire sulla giudicessa.
Morto Ubaldo (1238), il papa pregò il giudice Pietro d'Arborea di proteggere A. e in pari tempo le scrisse, perché volesse unirsi in nuove nozze con una persona devota alla Sede apostolica, il nobile Guelfo dei Porcari. Questa candidatura sollevò molte opposizioni. I Visconti e anche i Doria, che possedevano da molti anni terre nel Logudoro, si dimostrarono, infatti, contrari: il matrimonio, se attuato, avrebbe significato una maggiore autorità della Chiesa in Sardegna a loro svantaggio. I Doria indussero allora Federico II a chiedere per il figlio Enzo la mano di Adelasia. Federico capì che queste nozze potevano essere una delle tante armi nella lotta che conduceva contro la Chiesa e mandò subito in Sardegna alcuni ambasciatori presso la giudicessa, che, pur essendo di molti anni maggiore di Enzo, accettò la proposta. Nell'ottobre del 1238 Enzo raggiunse da Cremona l'isola; le nozze furono celebrate nello stesso mese, ma non riuscirono felici. Enzo, che prese il titolo di re di Sardegna, vi stette solo pochi mesi; nel luglio del 1239 fu chiamato dal padre nella penisola e in Sardegna non tornò più. Nel 1245 il matrimonio fu annullato e A., secondo una cronaca sarda, visse in tristezza i suoi ultimi anni nel castello di Goceano, dove monì dopo il 1255 senza lasciare eredi: l'Elena, infatti, creduta per molto tempo figlia di Enzo e di A. e che andò sposa al conte Guelfo di Donoratico, era in realtà figlia di una concubina del giovane re.
Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1868, docc. del sec. XIII, nn. 57, 58, 59, 60, 61, 63, 70, 72, 73, 76; Liber Iudicurn Turritanorum, a cura di E. Besta, Palermo 1906, pag. 12; Libellus Iudicum Turritanorum, a cura di A. Sanna con introduzione di A. Boscolo, Cagliari 1957, pag. 18; D. Scano, Codice diplomatico delle relazioni fra la S. Sede e la Sardegna, I, Cagliari 1940, Introduzione, pp.XXVIII-XL; D. Scano, Serie cronologica dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI (1939), fasc. 3-4, pp.103 ss., 120; A. Boscolo, La figura di re Enzo, Sassari 1950, pp. 15 ss.; Id., Michele Zanche..., Sassari 1951, pp. 5ss.