ADELMANNO (Adelmannus, Almannus)
Originario della diocesi se non della città di Liegi (la chiama urbs nostra Legia): compì la sua educazione in Liegi e poi a Chartres, ove da suddiacono studiò sotto il celebre Fulberto (morto nel 1028) avendo condiscepolo tra gli altri Berengario di Tours. Tornato in patria sotto il vescovo Reginardo, e scholasticus, dal 1031 insegnò grammatica e filosofia dimostrandosi, dice Sigberto (Script. eccl., 153), vir in omni varietate scripturarum doctissimus. Tra il 1048 e il 1050, da Spira (in Nemeti littore), indirizzò a Berengario una vigorosa Epistula per indurlo a ricredersi dai suoi errori intorno all'Eucarestia e gli accompagnò la seconda recensione dei suoi Rhythmi alphabetici de viris illustribus sui temporis già composti verso il 1030. Fu poi vescovo di Brescia e si adoperò molto contro il clero simoniaco e concubinario. L'Ughelli (Italia sacra, IV, 540) pone la sua morte dopo il 1061, giudicando a lui diretta una lettera di Niccolò II , in cui il papa incoraggia un vescovo a proseguire la sua lotta contro il clero concubinario; il Gams invece, meno attendibilmente, colloca il suo episcopato tra il 1053 e il 1057. Fu sepolto nella basilica dei Ss. Faustino e Giovita in Brescia.
La lettera a Berengario è uno dei migliori testi letterarî del tempo e congiunge molto bene la vigoria degli argomenti teologici alla serenità di una cordiale amicizia nel nome del comune maestro esortando Berengario per suavissimam memoriam Fulberti ut pacem catholicam diligas; gli ricorda la triste fine degli eretici e gli inculca l'umiltà di cuore nello studio del mistero. La dimostrazione è fatta con l'analisi delle parole della promessa e della istituzione, col ricorso all'onnipotenza divina per la sostentazione delle specie, col parallelo tra il battesimo e l'eucarestia. Sebbene incompleta, non giustifica punto il disprezzo col quale, giusta la testimonianza del codice che la riporta (Bruxell, 5576-5604), l'accolse Berengario. Minore importanza hanno i Rhythmi alphabetici, in cui sono semplici e troppo concise allusioni a condiscepoli del poeta, dei quali non si ha per lo più altra notizia.
Bibl.: Gli scritti sono in Migne, Patrologia latina, CXLIII, coll. 1289 segg. e 1295 segg.: cfr. Havet, Notices et documentes, Parigi 1884, pp. 72-92; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelaltern, II, Monaco 1923, pp. 558-561.