ADEODATO
Eletto vescovo di Siena tra il 713 ed il 714 (poiché in una deposizione testimoniale dell'agosto del 715 un chierico dichiarava che la sede vescovile, tre anni prima, era vacante), A. è famoso fra i vescovi senesi per aver ripreso la secolare vertenza coi vescovi di Arezzo, per il possesso di diciotto pievi sottratte al vescovado di Siena.
La questione risaliva a molti anni innanzi. Con la discesa dei Longobardi nell'Etruria, le circoscrizioni degli antichi municipi subirono, per le vicende stesse della conquista, profondi mutamenti. Così i Longobardi di Arezzo, arrestandosi forse alcun tempo nella loro marcia attraverso il monte S. Savino verso Siena, annetterono ad Arezzo un vasto distretto, comprendente più tardi diciotto pievi, che prima della loro discesa erano di pertinenza della città di Siena. Questo mutamento territoriale avvenne verso la fine del sec. VI, mentre la controversia tra i vescovi aretini e senesi sorse soltanto, secondo le testimonianze che possediamo, sotto il regno di Cuniperto, quando, per la generale conversione al cattolicesimo, furono possibili i contatti fra i due vescovi, essendo prima uno dei due probabilmente ariano. Nella seconda metà del sec. VII, quando quell'incontro si era reso possibile, i due vescovi, Mauro di Siena e Servando d'Arezzo, erano venuti ad un amichevole compromesso.
A., appena occupata la sede, decise, con l'appoggio di Godiperto giudice di Siena, che era suo cugino, di risollevare la questione. Godiperto assalì Pieve a Pacina, una delle località contese (la data di questo avvenimento è da collocarsi nel 713 o nella prima metà del 714), e ne scacciò gli Aretini, rimanendo però ucciso nello scontro. A. mantenne il possesso della Pieve e vi esercitò atti di giurisdizione vescovile. Il vescovo di Arezzo, Luperziano, sdegnato per questo atto di violenza, ricorse ad Ambrogio, maggiordomo di re Liutprando, che nell'agosto del 714 tenne in Arezzo un giudizio sulla vertenza, confermando i possessi contesi alla Chiesa aretina. Il giudicato di Ambrogio fu confermato da Liutprando il 6 marzo 715 (L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, VI, Mediolani 1742, coll. 383-386). A., però, ottenne che nel giugno del 715 Gunteramo, notaio regio, per incarico di re Liutprando, svolgesse una accurata inchiesta, interrogando il clero delle località contese e raccogliendone le deposizioni. Da questa inquisizione risultò che la giurisdizione sulle parrocchie in questione era stata fino ad allora, a memoria d'uomo, quasi costantemente esercitata dal vescovo di Arezzo. Perciò i vescovi Teobaldo di Fiesole, Massimo di Pisa, Specioso di Firenze e Telesperiano di Lucca, insieme col suddetto Gunteramo, emisero il 5luglio 715 un nuovo giudicato favorevole alla Chiesa aretina.
Si noti tuttavia che il privilegio che A. avrebbe ottenuto in questa occasione dal papa Costantino è stato giudicato dal Pasqui e dal Kehr una falsificazione del sec. XI.
Il giudizio del luglio 715, che fu accettato da A., fissava i confini fra le due diocesi lungo i fiumi Arbia (fino a S. Ansano) e Ombrone (fino a toccare il territorio delle Chiese di Chiusi e di Roselle).
Oltre che per tale questione, il vescovado di A., durato fino al 730, si ricorda per la nascita della celebre abbazia benedettina di S. Eugenio, fondata da Varnefrido gastaldo del re.
Fonti e Bibl.: U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo, I, Firenze 1899, pp. 4-5, 6-7, 8, 9-21, 22-24; P. F. Kehr, Italia Pontificia, III, Berolini 1908, p. 199; F. Schneider, Regestum Senense, Roma 1911, pp. LXXXIV, 1; Codice diplomatico longobardo, a cura di L. Schiaparelli, I, Roma 1929, in Fonti per la Storia d'Italia, LXII, pp. 46-51, 77-84; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, III, Venetiis 1718, coll. 528-530; G. A. Pecci, Storia del vescovado della città di Siena, Lucca 1748, pp. 12-48; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XVII, Venezia 1862, pp. 375 ss.; P. B. Gams, Series episcoporum, Ratisbonae 1873, p. 752; V. Lusini, I confini storici del vescovado di Siena, in Bull. senese di st. patria, V (1898), pp. 343 ss.