ADESIVO
(App. II, I, p. 25; III, I, p. 19; IV, I, p. 32)
Il consumo di a. raggiunge nel mondo quantitativi in peso e in valore elevati; non si hanno dati precisi, ma si può ritenere che la produzione sia dell'ordine dei 9 milioni di t/a e il valore sia di circa 9 milioni di dollari. Gli USA da soli ne producono oltre 4 milioni di t/a, l'Europa Occidentale altrettanto (o poco più), il Giappone circa 0,8 milioni di t/a. Negli Stati Uniti circa metà della produzione è rappresentata da prodotti naturali (amido e derivati, gomme, colla animale, ecc.) e l'altra metà da polimeri di sintesi, che sono anche quelli che presentano un tasso di crescita annuo più elevato. Le attività in cui si hanno i maggiori consumi sono quelle della carta e dei cartoni, del legno, delle costruzioni meccaniche (auto, aerei), delle costruzioni strutturali, delle calzature, della pelle, ecc.
Gli a. si possono classificare: in base alla loro natura o alle caratteristiche principali (elastomeri, polimeri termoplastici, termoindurenti, ecc.), al meccanismo d'indurimento (essiccazione, reazione), allo stato fisico (liquidi, paste, solidi), al sistema di applicazione (a spazzola, a rullo, a spruzzo, ecc.).
Gli a. vengono per la maggiore parte applicati sotto forma di liquidi che bagnano le superfici dei materiali da collegare penetrando anche nelle porosità, nelle fessure. Il liquido può provenire dalla dissoluzione o dalla dispersione di un solido in un solvente (organico o acqua), o dalla fusione (o rammollimento) di un solido, o può essere costituito da polimeri a basso peso molecolare (oligomeri) ancora fluidi. In tutti i casi dopo l'applicazione l'a. deve subire un passaggio dallo stato liquido a solido, e questo è il responsabile del collegamento delle parti a contatto. Il passaggio può avvenire per semplice evaporazione del solvente, o per raffreddamento del prodotto fuso, o per reazione degli oligomeri che formano strutture lineari o reticolari, ad alto peso molecolare. Ci sono anche a. che non cambiano stato (quelli sensibili a pressione).
Gli a. in soluzione, in solvente organico, che hanno rappresentato il sistema di formulazione più usato in passato per gli a. polimerici, oggi sono in forte diminuzione e dovrebbero tendere a scomparire per eliminare i pericoli di irritazione, tossicità, ecc., dovuti ad alcuni solventi. Col variare dei polimeri usati si è fatto ricorso a sempre nuovi solventi, il cui uso si è dimostrato in molti casi dannoso, in fase sia di preparazione dei formulati che di applicazione degli a. e talora anche per gli utilizzatori dei manufatti (calzature). Alle soluzioni in solvente organico si tende a sostituire prodotti in dispersione o sospensione acquosa.
Gli a. a solvente organico vengono applicati sulle due superfici da incollare; una volta evaporato, per la gran parte, il solvente, le superfici si sovrappongono e se ne favorisce l'unione esercitando su di esse una debole pressione. Alle soluzioni in solvente organico si tende a sostituire prodotti in dispersione o sospensione acquosa o anche prodotti termofusibili. I prodotti a solvente organico offrono caratteristiche e prestazioni non facilmente rimpiazzabili con prodotti ad acqua che non è solvente per la gran parte dei polimeri; però questa sua caratteristica può essere migliorata modificando la natura dei polimeri (introduzione di gruppi polari) oppure facendo ricorso alla dispersione del polimero in sospensioni acquose stabili. Rispetto alla maggior parte dei solventi organici impiegati, l'acqua presenta anche una maggiore difficoltà a evaporare, ciò che porta a tempi più lunghi di essiccazione all'aria.
Molte sono le dispersioni o le emulsioni acquose oggi usate co me a., a base di polimeri vinilici, acrilici, poliuretanici, di elastome ri, ecc. Disponendo di efficaci sistemi meccanici di dispersione, di additivi particolari, si riesce a ottenere in alcuni casi prodotti ad al ta percentuale di solido (anche 40 ÷ 50%). Molte sono le ricerche in atto per ottenere la preparazione di prodotti dalle caratteristiche migliori in modo da poter incrementare l'impiego di questa forma di adesivi.
Gli a. solidi possono essere di due tipi: termofusibili o termoindurenti (o reattivi); i primi (o termocollanti), che vengono applicati allo stato fuso, sotto forma di 'liquido' viscoso, e induriscono per raffreddamento, si vanno sempre più diffondendo per la loro versatilità, perché non richiedono l'intervento di solventi, per la facilità di applicazione sia manuale (con pistole, ecc.) sia meccanica, specie in operazioni da effettuare anche in forma ripetitiva, meccanizzata, in linea. La temperatura di rammollimento o di fusione può essere variata cambiando il peso molecolare del polimero, aggiungendo additivi e fillers che possono far variare la viscosità del prodotto e abbassarne anche il costo; il tempo d'indurimento, di solito breve, può essere ridotto, per es., con sistemi accelerati di raffreddamento delle giunzioni. Tipi più recenti contengono pure polimeri con gruppi funzionali capaci di portare a una reticolazione, analoga a quella che si ha negli a. reattivi. In questo modo all'atto della loro messa in opera si sfruttano le facilitazioni e i vantaggi offerti dalla termoplasticità del prodotto; ma con la reticolazione, che si sviluppa in seguito, si riduce la possibilità di un nuovo rammollimento della giunzione o di suoi scorrimenti plastici, ottenendo manufatti più resistenti all'azione della temperatura.
Gli a. solidi induriscono, come indica il nome, attraverso una reazione chimica, che di solito è una reticolazione, che può avvenire sotto l'azione del calore, di radiazioni di opportuna lunghezza d'onda, con l'intervento di iniziatori, di catalizzatori. Possono essere a un solo componente o a due componenti; nel primo caso tutte le sostanze che entrano a fare parte del formulato costituiscono una miscela unica, nel secondo caso invece si tiene distinto il catalizzatore, l'induritore, dalle altre sostanze e quindi per l'impiego si richiedono due prodotti distinti che si mescolano al momento dell'uso. Per evitare le complicazioni che l'utilizzatore può incontrare per ottenere una miscelazione omogenea, che gli assicuri risultati ripetibili, si cerca di semplificare l'uso dei sistemi a due componenti o addirittura convertirli in sistemi particolari a un solo componente. Così in alcuni casi i due prodotti possono essere foggiati sotto forma di nastri, che al momento dell'uso sono ritagliati nella misura prescritta e mescolati formando una pasta di facile applicazione. In altri casi il catalizzatore in soluzione è trasformato in microcapsule che, miscelate agli altri componenti, formano una polvere; al momento dell'applicazione il liquido fuoriesce dalle piccole sferette, che si aprono per azione della pressione o del calore, e venendo a contatto con la resina ne provoca l'indurimento.
Agli a. solidi tradizionali si sono aggiunti quelli sotto forma di film, che interposti fra le due superfici da riunire aderiscono a queste e le collegano stabilmente (per lo più con l'aiuto del calore, della pressione, di radiazioni, ecc.). Il film può essere formato dall'a. o può essere distribuito su di un supporto; in questo caso si possono anche distribuire sulle due facce a. diversi, adatti a superfici di differente reattività. I film hanno il vantaggio di assicurare un'omogenea distribuzione dell'a., possono essere prodotti nello spessore, nella forma e nelle misure desiderate.
Gli a. reattivi di solito induriscono attraverso reazioni favorite dal calore; questo però può provocare deformazioni o alterazioni delle superfici da collegare. Per evitare l'inconveniente si ricorre a sistemi di riscaldamento a induzione, che riscaldano solo l'a. e non le superfici da collegare; a questo scopo vengono inglobate nell'a. piccole quantità di polveri magnetiche (ferro, magnetite, ferriti, ecc.).
In questi ultimi anni sono stati studiati, come base per a., nuovi polimeri, mentre alcuni di quelli già usati sono stati modificati per migliorarne le prestazioni.
Nella tab. sono indicate le percentuali delle varie classi di a. sintetici usati in USA in questi ultimi anni e le previsioni per il 1995.
Gli a. elastomerici, che sono fra quelli impiegati da più tempo, forniscono ancora prodotti largamente usati in soluzione, in emulsione e allo stato solido, termofusibili.
La gomma naturale, per le sue caratteristiche di appiccicosità, di aderenza, si può usare da sola, o con altri elastomeri, per prodotti adatti all'incollaggio di superfici diverse (autoadesivo per buste, a. a contatto, a pressione); per aumentarne il potere adesivo si aggiungono sostanze che ne accrescono l'appiccicosità (esteri della colofonia, terpeni, resine del tipo cumarone-indene, ecc.); per migliorare la resistenza delle giunzioni alla temperatura si introducono agenti vulcanizzanti (zolfo, poliisocianati, ecc.).
I lattici di gomma naturale, dispersioni acquose col 40÷70% di sostan za solida, trovano larga applicazione; possono essere addizionati con lattici di gomme sintetiche.
Fra le gomme sintetiche quelle usate da tempo sono le SBR, o BUNA, cioè i polimeri stirene-butadiene; le loro caratteristiche adesive variano notevolmente in funzione delle modalità di preparazione, del rapporto fra i monomeri, del peso molecolare, ecc. Il polimero ottenuto a 'caldo', cioè verso i 50 °C, presenta una più ampia distribuzione dei pesi molecolari: le frazioni a peso molecolare più basso bagnano meglio le superfici da riunire, induriscono più rapidamente, mentre quelle di peso molecolare più alto danno giunzioni più resistenti; al crescere della percentuale di stirene nel polimero aumentano le forze di coesione del prodotto.
Il policloroprene (o neoprene) trova largo impiego in a. a contatto; anche per questo polimero il comportamento e le caratteristiche sono legati alla struttura: una maggiore percentuale di isomero trans 1-4 dà prodotti con maggiore forza di coesione, a più rapido indurimento. Agli a. a contatto in policloroprene si aggiungono resine fenoliche (nella forma lineare), ossido di magnesio e di zinco; in presenza di acqua la resina fenolica reagisce con l'ossido di magnesio, coordinando i propri ossidrili metilolici e sviluppando un reticolo tridimensionale. A. di contatto al neoprene, formati da soluzioni in solvente organico, si usano nell'industria delle calzature; anche in questo caso si cerca di sostituire il solvente con acqua; si usano lattici di neoprene parzialmente reticolati; per migliorare le caratteristiche idrofile si preparano copolimeri cloroprene-carbonato.
Gli a. elastomerici a base di gomma nitrile (copolimero butadiene-acri lonitrile), che contengono spesso anche piccole quantità di altri polimeri, dato il loro carattere polare presentano una solubilità nei solventi organici non polari decrescente all'aumentare della percentuale di acrilonitrile presente nel polimero; la polarità favorisce l'adesione a supporti quali carta, legno, tessuti, ecc. Gli a. a base di gomma nitrile possono essere del tipo attivato col calore (contengono di solito resine fenoliche), o vulcanizzabili (a due componenti), o formati da miscele che induriscono per azione di poliisocianati, di resine epossidiche. Si preparano anche film adesivi usati per collegare metallo a metallo nelle costruzioni aeronautiche, nell'industria dell'auto, ecc. Con gomma butile, per le sue caratteristiche di resistenza all'ossidazione, si preparano sigillanti adatti nelle costruzioni all'esterno.
Una classe di a. elastomerici di più recente introduzione è quella degli elastomeri termoplastici, a base cioè di materiali di tipo gommoso, ma che possono essere lavorati a caldo con sistemi tipici dei prodotti termoplastici (iniezione, trafilatura, ecc.) e non per masticazione, vulcanizzazione, ecc. Questi prodotti risultano da copolimeri con struttura del tipo a blocchi A-B-A; nei primi prodotti i blocchi A e B erano rispettivamente polistirene e polibutadiene; recentemente sono stati prodotti elastomeri termoplastici formati dalla successione di blocchi rigidi di poliammidi bicarbossiliche (nailon) e di blocchi flessibili di polioli (polietere) che trovano impiego anche in incollaggi semistrutturali, di metalli, vetri, materie plastiche.
La classe degli a. che induriscono per reazione di reticolazione a caldo (reattivi, termoindurenti) comprende diversi prodotti: resine fenoliche, ureiche, epossidiche, acriliche, poliestere. Molti formulati sono del tipo a due componenti, ma si tende a produrre sempre più quelli a un solo componente, più semplici da impiegare, e che spesso induriscono a temperatura ambiente o di poco superiore a essa.
Gli a. a base di resine fenoliche continuano a essere applicati nella tecnologia del legno per la loro resistenza all'acqua. Si usano sempre più in a. ibridi (cioè formati da due o più componenti, chimicamente diversi: elastomeri, resine epossidiche, acetato di vinile, ecc.); la presenza negli a. del componente fenolico accresce la resistenza al calore per es. delle giunzioni ottenute con a. termofusibili; in molti casi al fenolo si preferisce la resorcina, più costosa ma più reattiva (contiene due gruppi ossidrilici), che indurisce anche a temperatura ambiente, o di poco superiore; mescolando fenolo e resorcina si ottengono a. che richiedono un tempo d'indurimento minore di quelli a sola base fenolica. Nell'industria del legno, specie nella formazione di agglomerati, largo uso si è fatto di a. a base di resine urea-formaldeide che, rispetto a quelle fenoliche, hanno il vantaggio di essere incolori; nella preparazione di carte decorative per laminati si usano invece a. a base di melammina/formaldeide che forniscono manufatti di aspetto migliore (più lucidi, più brillanti), più duri e più resistenti all'abrasione.
Gli a. epossidici, che rientrano nella classe dei termoindurenti, continuano a essere fra i più usati in pratica per la caratteristica di aderire a quasi tutti i tipi di supporti, dando giunzioni di elevata resistenza (meccanica, al calore, agli agenti atmosferici, ecc.). Molte sono le modifiche apportate ai tipi commerciali di a. epossidici: per facilitarne l'applicazione riducendone la viscosità si fanno aggiunte di resine epossidiche che polimerizzano, ma non reticolano (spesso indicate come diluenti reattivi); per migliorare la resistenza al calore delle giunzioni si usano ibridi con aggiunta di resine fenolo-formaldeide; per rendere più flessibili i prodotti si aggiungono elastomeri o meglio si modifica la catena introducendovi segmenti o blocchi (per es. di polisolfuri, di poliammidi, di oligomeri fra acidi grassi e glicoli) o anche usando plastificanti.
Particolare attenzione hanno ricevuto i co-reattivi indurenti dai quali dipendono in gran parte le caratteristiche dei prodotti (durezza, rigidità, temperatura di reticolazione, ecc.). Per i prepolimeri che possiedono gruppi terminali −OH si usano acidi carbossilici, o loro anidridi, mentre per quelli che possiedono gruppi terminali isocianici si usano ammine (quelle alifatiche esplicano azione reticolante rapida, quelle aromatiche sono più lente, ma danno prodotti che conservano le caratteristiche di resistenza a temperature più alte). Si stanno introducendo, come reticolanti, agenti fotoionizzanti: complessi che sotto l'azione delle radiazioni liberano composti di tipo acido che operano la reticolazione rapidamente.
Per evitare l'uso di a. a due componenti distinti sono stati adottati catalizzatori latenti (diciandiammidi, imidazoli, ecc.) che si mescolano al polimero in quanto la loro azione si esplica solo quando la temperatura supera un certo valore, di solito intorno ai 150 °C, o catalizzatori bloccati costituiti da ammine in forma di addotti che si decompongono liberando l'ammina solo al di sopra di una certa temperatura.
Un gruppo di a. che ha raggiunto pure notevole importanza è quello a base di resine acriliche; si distinguono diversi tipi di prodotti il cui impiego è ancora limitato dal costo relativamente elevato. Gli esteri acrilici o polimetacrilici, specie addizionati di monomeri polari (acido acrilico, acrilammide) o modificati con monomeri vinilici danno a. a pressione. Importanti sono quelli reattivi, capaci di reticolare, e quindi d'indurire, rapidamente; di solito sono a due componenti: oltre al componente acrilico contengono un polimero gommoso, un iniziatore o attivatore, sciolto nel polimero, e un accelerante che viene mantenuto separato e che viene aggiunto al momento dell'uso o può essere applicato su una delle due superfici da collegare (sull'altra si applica l'adesivo). Questi a. sono caratterizzati da un rapido indurimento; i prodotti induriti, contenendo una frazione elastomerica, presentano una ridotta fragilità. Molte le modifiche introdotte alle formulazioni iniziali contenenti come elastomero: metilmetacrilato, politene clorosolfonato; come iniziatore: cumene idroperossido; come attivatore: un'ammina; l'elastomero è stato anche sostituito da un oligomero formato da uretano e dimetilacrilato con aggiunta di monomeri reticolanti.
Anche nel caso degli a. acrilici sono stati realizzati prodotti a un solo componente; oltre ai cianoacrilati (già ricordati in App. IV, i), che nel frattempo hanno subito diversi miglioramenti (aggiunta di monomeri allilici, di polimeri che ne variano la viscosità), vanno ricordati gli a. anaerobici, cosiddetti perché mentre si conservano inalterati, non induriscono, in presenza di aria, lo fanno quando sono portati in un ambiente povero o privo di ossigeno. All'indurimento contribuisce la presenza di tracce di elementi metallici; questi a. si usano principalmente per fissare viti, parti filettate in alloggiamenti in modo che non si allentino sotto l'azione di vibrazioni.
Poliammidi e poliesteri saturi costituiscono polimeri a struttura lineare risultanti dalla policondensazione rispettivamente con diammine o con glicoli; di solito si tratta di co-policondensazione poiché partendo da miscugli di diacidi, aromatici e/o alifatici, e da diammine o glicoli diversi, si riescono a ottenere prodotti con caratteristiche un po' diverse, che meglio possono rispondere alle esigenze delle diverse classi di consumatori.
Le poliammidi, contenendo gruppi polari (ammidici) alternati alle catene idrocarburiche (fornite dagli acidi), presentano un carattere polare che le fa aderire più facilmente a substrati di natura diversa. Per entrambi i tipi di polimeri al variare del peso molecolare cambiano le caratteristiche (quali viscosità allo stato fuso, resistenza meccanica delle giunzioni, ecc.); l'aggiunta di additivi contribuisce a modificare alcune proprietà (adesione ai vari substrati, durata della lavorabilità durante l'applicazione, resistenza delle giunzioni alle temperature alte, ecc.). Gli a. poliammidici si usano nell'imballaggio, nell'industria dei mobili, in quella delle calzature, in elettronica, nell'incollaggio di metalli, di resine (PVC), ecc.; quelli a base di poliesteri soprattutto nell'industria dei tessili e delle calzature.
Gli a. poliolefinici sono prevalentemente quelli a base di polietilene o di polipropilene atattico; si usano sempre più anche per il loro costo relativamente basso. Per migliorarne l'adesività ai vari supporti s'incorporano gruppi polari o si formano copolimeri.
Largamente usato è il copolimero etilenevinilacetato, indicato anche, dalle iniziali, come EVA; si tratta di prodotti ad alto peso molecolare, compatibili con altre resine e anche con cere; i vari prodotti possono contenere fino al 50% di acetato di polivinile; però quelli più usati ne contengono dal 25 al 40% (in peso; poiché il peso molecolare dell'acetato è più che doppio di quello dell'etilene, nella catena del copolimero le unità di etilene saranno prevalenti). Al crescere del contenuto di acetato aumenta la solubilità, l'adesività e l'appiccicosità del prodotto. All'aumentare del peso molecolare aumentano la temperatura di fusione, le proprietà di coesione, di resistenza alle alte temperature; però in pratica si preferiscono prodotti con pesi molecolari in parte alti e in parte più bassi, che risultano di più facile applicabilità.
I formulati in commercio contengono insieme al copolimero anche additivi per migliorare l'appiccicosità (derivati della colofonia, politerpeni, ecc.), oltre ad antiossidanti, plastificanti, ecc. Molte varianti sono state apportate agli a. di questo tipo, soprattutto introduzione di acrilato di etile (migliora la stabilità al calore, l'adesione alle superfici di materiali plastici), di gruppi carbossilici, di polipropilene atattico.
Questi a. copolimerici, termofusibili, si usano specie in cartotecnica, in legatoria, nella fabbricazione di tappeti, di compensati, ecc.
I composti vinilici sono stati fra i polimeri usati per primi, e largamente, nella formulazione di a. e ancora oggi occupano un posto di rilievo, specie sotto forma di copolimeri (con poliolefine, con poliacrilici, ecc.).
L'acetato di polivinile in forma di emulsione si usa nell'incollaggio della carta, negl'imballaggi, nella preparazione di cartoni, nella legatoria di libri, nell'industria dei mobili.
Ai tipi derivati dal solo acetato di vinile si sono aggiunti quelli formati da copolimeri con acidi (acrilico, ecc.), con acrilati. Si preparano emulsioni contenenti anche 50÷60% di solido (contengono spesso alcool polivinilico, come colloide protettore, oltre ad additivi per migliorare l'appiccicosità, la stabilità, ecc.).
Col cloruro di polivinile, data la sua solubilità, si preparano plastisoli o copolimeri per a. a solvente o a emulsione. I plastisoli sono dispersioni di minute particelle di PVC in plastificanti con additivi vari (promotori dell'adesione, induritori, stabilizzanti al calore, ecc.); si usano come sigillanti in edilizia, nell'industria automobilistica, come a. per fissare film vinilici su tessuti, carta, pelli, ecc.
Una classe importante di a., con caratteristiche particolari, è quella degli acetali vinilici, ottenuti per reazione dell'alcool polivinilico con aldeidi (formica, acetica, butirrica). I formali, che in passato si usavano prevalentemente per smalti isolanti, oggi sotto forma di ibridi, con resine fenoliche o epossidiche (come prodotti a 1 o 2 componenti), trovano largo impiego come a. strutturali nell'industria aeronautica (incollaggio di manufatti a nidi d'ape) e in quella elettronica. Il polivinilbutirrale si usa nell'accoppiamento dei vetri (parabrezza, vetri di sicurezza), dove finora non ha trovato prodotti concorrenti. Il polimero adatto è ad alto peso molecolare, col 70÷80% dei gruppi ossidrilici impegnati e circa il 20% liberi; questi ultimi conferiscono al prodotto una particolare adesione a superfici non porose, di vetro, di metallo. Per l'impiego il prodotto viene foggiato sotto forma di fogli trasparenti, incolori, ottenuti per estrusione del polimero addizionato di forti quantità (25 ÷ 30%) di plastificanti, di stabilizzanti (al calore, alla luce); l'incollaggio si realizza riscaldando sotto pressione l'accoppiato.
I poliuretani danno luogo a classi diverse di a.: in soluzione (in solvente organico, in acqua), reattivi (a uno o due componenti). I poliuretani reattivi risultano da prepolimeri formati da un isocianato (di solito toluendiisocianato o difenilmetildiisocianato) e da un poliolo (un polietere o un poliestere), che a seconda del rapporto relativo presentano come gruppo terminale −NCO od −OH. I primi possono formare a. da soli e la reazione d'indurimento può avvenire anche a opera dell'umidità atmosferica che contiene CO2 disciolta; in questo caso essa è lenta e l'anidride carbonica che si libera può rendere la giunzione porosa. Si può accelerare la reazione, ma occorre bloccare i gruppi reattivi (facendoli reagire con fenolo, con chetossima, ecc.); per riscaldamento questi gruppi si liberano, si decompongono e quelli isocianici resi liberi sono così in grado di dare origine all'indurimento.
Non è sempre possibile o facile riscaldare il sandwich formato dalle due superfici da collegare e dall'a. in modo da decomporre il blocco terminale rendendo reattivo il polimero; inoltre occorre disporre di un composto poliossidrilato, solido, da poter disperdere nel prepolimero bloccato. Per collegamenti strutturali, fra materiali plastici o fra materiali plastici e metalli, più usati sono gli a. a due componenti, formati da due prepolimeri, uno con gruppi terminali −NCO e l'altro −OH o −NH2; oppure da un prepolimero risultante dalla combinazione di un poliisocianato con un poliolo. L'indurimento di questi prodotti varia da pochi minuti a qualche ora, a seconda delle modalità d'impiego seguite (temperatura, presenza di catalizzatori, loro natura, ecc.). Quando l'a. viene impiegato in operazioni in linea, ripetitive, occorre l'indurimento più rapido possibile, mentre in altri casi può essere preferibile un intervallo di tempo più lungo.
Si hanno anche a. poliuretanici termoplastici, ottenuti dalla policondensazione di diisocianati con un leggero eccesso di un diolo (poliestere), in modo da ottenere un polimero a struttura lineare con terminazioni −OH e con peso molecolare dell'ordine di 100.000. Il grado di adesione esplicato da questi prodotti dipende largamente dal grado di cristallinità dei polimeri ottenuti; nel caso di prodotti con troppo bassa adesività, questa si può incrementare con introduzione di piccole quantità di isocianati reticolanti. A. di questo tipo si usano largamente in soluzione, per lo più di cloruro di metilene, per collegare pelli fra loro o con superfici di cloruro di polivinile, nella produzione di calzature, ma anche di altri materiali (gomma, metalli, legno, ecc.). Data la pericolosità del cloruro di metilene si cerca di sostituire queste soluzioni con dispersioni acquose. La dispersione si può ottenere usando tensioattivi o introducendo nella catena polimerica funzioni ioniche. Si possono ottenere dispersioni stabili con elevata percentuale di solido (40 ÷ 50%) o dispersioni miste con altri polimeri (ciò che non sempre si può ottenere nel caso di soluzioni in solventi organici); inoltre le dispersioni si possono addensare per aggiunta di fillers in modo da ottenere il grado di viscosità desiderato.
In questi ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi, specie su richiesta o da parte di industrie aeronautiche, aerospaziali, elettroniche, ecc., nella ricerca di a. per giunzioni assoggettabili a temperature anche molto alte e per tempi lunghi. I prodotti più importanti finora ottenuti sono a base di polimeri aromatici eterociclici, poliimmidi, polibenzoimidazoli, capaci di dare giunzioni resistenti a lungo (anche migliaia di ore) a temperature di 300 ÷ 320 °C, ma che per periodi di tempo più brevi possono arrivare a sopportare temperature anche dell'ordine di 500 ÷ 530 °C.
Molti di questi a. non sono in commercio perché prodotti direttamente dalle ditte utilizzatrici. Questi a. sono a base di resine, per lo più sotto forma di prepolimeri, stabili a temperatura ambiente, anche per diverse ore, ma che finiscono di condensare, e quindi d'indurire, per riscaldamento a temperature elevate, 230 ÷ 250 °C, sotto pressione (5 ÷ 10 atm); spesso la fase d'indurimento richiede tempi relativamente lunghi per riuscire a eliminare completamente componenti volatili che si sviluppano nella reazione di policondensazione (vapori d'acqua, di fenolo, ecc.). Per ridurre, o eliminare, lo sviluppo di prodotti volatili, nel caso dell'indurimento di resine poliimmidiche sono stati introdotti nei polimeri composti capaci di portare a catene aventi gruppi terminali insaturi, di tipo acetilenico.
Le polichinossaline hanno struttura amorfa, sono solubili in solventi (per es. m−cresolo) e possono quindi essere applicate in soluzione. Sono state preparate anche fenilchinossaline nelle quali l'introduzione del gruppo fenilico impartisce oltre che buona solubilità anche termoplasticità a polimeri di relativamente elevato peso molecolare. Prodotti di questo tipo si prestano anche a dare film utilizzabili per collegare fra loro lastre metalliche di grande superficie. Introducendo in oligomeri di fenilchimossalina gruppi terminali o laterali insaturi si hanno prodotti suscettibili di dare origine a reticolazione e a giunzioni più resistenti al calore.
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