PIZZI, Adionilla
PIZZI, Adionilla (Nilla). – Nacque il 16 aprile 1919 a Sant’Agata Bolognese, prima di tre sorelle, da Angelo, contadino, e da Maria Casarini, sarta a domicilio. Dovette il suo nome all’errore di un impiegato comunale: avrebbe dovuto chiamarsi Dionilla, come la vittima di un delitto che aveva sconvolto le terre emiliane. Per tutti gli italiani divenne semplicemente Nilla, «la Nillapizzi tutto attaccato», come disse Mina.
Cresciuta in una famiglia di estrazione modesta, iniziò a lavorare giovanissima. A differenza delle sorelle Liliana e Denisa, che scelsero di seguire le orme della madre, cercò una strada sua: dopo l’avviamento professionale e un primo lavoro come ‘piccinina’ in una sartoria, trovò impiego in un panificio militare e poi come collaudatrice di apparecchi radio alla Ducati di Bologna. Era una gran bella ragazza, procace e sensuale: cominciò a prendere parte a diversi concorsi di bellezza compreso Cinquemila lire per un sorriso (l’antesignano di Miss Italia), ideato per la réclame di un dentifricio, che le dette un’iniziale notorietà.
Il 24 settembre 1940 andò in sposa a Guido, un muratore che portava il suo stesso cognome, da cui si separò poco dopo le nozze complice la guerra e l’immediata partenza di lui per il fronte. Non si sarebbero mai più riuniti. Dodici anni dopo, durante l’udienza istruita per l’annullamento di quell’unione – completato nel 1972 – i legali della Pizzi sostennero che non si era trattato di un matrimonio d’amore: preoccupato per il suo temperamento da giovinetta il padre si era rivolto a un avvocato che gli aveva consigliato di farla interdire; ma Angelo aveva preferito trovarle un buon marito (La Stampa, 25 e 26 novembre 1952).
Grazie ai primi successi fu invitata a esibirsi in alcuni spettacoli organizzati per i militari e infine fu scelta come madrina del 35° reggimento di fanteria di Bologna. Oltre all’aspetto e alla simpatia, cominciò a esserne apprezzata anche la voce, calda e melodiosa. Nel 1942 fu invitata a partecipare a un concorso indetto a Montecatini dall’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Rafiofoniche, antesignano della RAI). Risultò prima su diecimila concorrenti, sebbene avesse preso solo qualche lezione di canto.
A intuire l’originalità del suo timbro vocale era stato Carlo Zeme, che la volle nella sua orchestra. Il primo brano di successo fu Casetta tra le rose. Al 1944 risale il primo disco, inciso con Bruna Rattani ed Elsa Peyrone, poi arrivarono le prime canzoni da solista, Alba della vita, Verrà, Quel mazzolin di fiori.
La crescente popolarità di cui godeva non impedì che nella primavera del 1944 fosse allontanata dai microfoni dell’EIAR: il regime giudicò la sua voce troppo moderna, esotica e sensuale per i costumi dell’epoca. Cominciò allora a girare per l’Italia fra teatri e balere con l’orchestra del maestro Cinico Angelini, a cui per qualche tempo si legò: fu la prima di alcune molto intense e molto pubbliche relazioni sentimentali (oltre a un matrimonio lampo celebrato in gran segreto ad Acapulco con il chitarrista Carlo Porti, tra le più chiacchierate furono quelle con Achille Togliani e con Gino Latilla).
Alla radio tornò nel 1946 con un contratto che la legava alla casa discografica Voce del Padrone, lasciata nel 1947 per approdare alla Cetra (in quegli anni cantò anche sotto gli pseudonimi di Carmen Isa, Conchita Velez e Ilda Tulli). Tra i tanti successi di allora La vie en rose, La rumba del Cocoricò e Bongo Bongo, oltre a un ricco repertorio di motivetti allegri (come La samba del tranvai).
Nel 1951, alla prima edizione del festival di Sanremo (trasmessa in diretta radio) al pubblico in sala furono sottoposte venti canzoni e tre interpreti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e le gemelle del Duo Fasano, Dina e Delfina. A dirigere l’orchestra il maestro Angelini. La Pizzi arrivò prima con Grazie dei fiori (che giunse a vendere la cifra record di 36.000 copie) e si aggiudicò anche il secondo posto con La luna si veste d’argento.
L’edizione dell’anno successivo ebbe come sfondo la tragedia del Polesine: nonostante fossero in molti a chiedere il rinvio della manifestazione, il suo mancato annullamento le regalò un primato rimasto imbattuto – il primo, il secondo e il terzo posto sul palco, con Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega –, oltre al titolo con il quale sarebbe passata alla storia, quello di ‘regina della canzone italiana’. Mentre sulla stampa piovevano critiche riguardo alle selezioni e alla qualità delle canzoni presentate (bollate come «versetti di cui rammaricarsi», La Stampa Sera, 31 gennaio 1952), grazie alla radio le note dei suoi ‘motivetti’ si propagarono per il Paese e divennero la colonna sonora della ricostruzione.
Era l’Italia di Fausto Coppi e di Gino Bartali, di don Camillo e dell’onorevole Peppone, ma dove gli altri dividevano, le melodie di Nilla Pizzi sembravano capaci di unire. La canzone con cui trionfò fu un inno al ricongiungimento di Trieste all’Italia e suscitò un’ondata di commozione (sulla scia di quel successo, puntualizzarono i giornali, i suoi compensi passarono da 10.000 a 18.000 lire). Altrettanto accattivante era la favola surreale dei papaveri e delle papere, che portava la firma di Mario Panzeri (autore di celebri successi, quali Maramao perché sei morto o Pippo Pippo non lo sa, che la censura fascista giudicò oltraggiosi per i loro allusivi riferimenti ad alcune figure del regime) e divenne il primo successo internazionale di Sanremo, tradotta in quaranta lingue, cantata da Bing Crosby e da Yves Montand e amata persino dal Partito comunista, che se ne servì in chiave di satira politica e sociale.
Mentre i critici si dividevano sul valore delle canzoni di Sanremo, il 1952 riservò a Nilla Pizzi anche il podio del primo festival della canzone napoletana (festival di Napoli), in cui si aggiudicò il primo e il terzo posto (con Desiderio ’e sole e Mergellina). Da allora ogni suo disco fu un successo (come Inganno e Tradimento – fu sua la voce di Silvana Pampanini quando canta questa canzone nel film di Luigi Zampa Processo alla città, 1952). La sua consacrazione a prima star della musica leggera italiana favorì anche nuovi fenomeni di costume: a Torino nacquero i primi fan clubs (i ‘salottini’ di Nilla Pizzi) e si diffusero le ‘cartoNille’, cartoncini con le sue immagini che gli ammiratori si scambiavano per gli auguri di Natale. Cominciarono allora anche i duetti con Gino Latilla, le gelosie del maestro Angelini, le prime pagine di Sorrisi e Canzoni e le prime delusioni; Carla Boni e Lina Torrielli erano le sue rivali (non solo melodiche), Flo Sandon’s e Jula De Palma le sofisticate cantanti che rischiavano di farle ombra. Al terzo festival (1953) il suo brano Campanaro arrivò secondo: i cinegiornali della Settimana Incom la ritrassero impietosi mentre premiava la vincitrice, Carla Boni. A quell’insuccesso rispose con altri dischi e con la partecipazione ad alcuni film musicali (fu accanto a Sofia Loren in Ci troviamo in galleria). L’anno successivo, travolta dal tentato suicidio di Latilla, si vide costretta ad abbandonare Sanremo. Lasciò anche la RAI e la sua casa discografica. Diventò magrissima e da rossa si fece bionda. Scritturata dalla RCA, continuò a raccogliere consensi: partì in tournée per l’America, poi per la Russia.
Al festival di Sanremo fece ritorno nel 1958. Arrivò seconda e terza con L’edera (con cui poi vinse anche Canzonissima) e Amare un altro. Subito dopo si aggiudicò anche il festival della canzone di Barcellona, con il ‘reuccio’ Claudio Villa e Binario.
La vittoria di Domenico Modugno (Nel blu dipinto di blu) nel 1958 rappresentò uno spartiacque per la musica leggera italiana: come i 78 giri che avrebbero lasciato il posto ai 45, la canzone melodica lasciava il posto a nuovi ritmi e nuovi toni, e sarebbero arrivati gli ‘urlatori’, gli eroi del rock and roll, il beat e i primi cantautori.
Nei due anni successivi Nilla Pizzi tornò al festival: nel 1959 ottenne il premio della critica con Adorami e l’anno seguente il quarto posto con il brano Colpevole. Ma la musica era cambiata. L’Italia degli anni Sessanta si interessò molto meno a lei. Così emigrò e aprì un nightclub per miliardari ad Acapulco, frequentato da personaggi del calibro di Frank Sinatra. Non rinunciò a esibirsi e intraprese tournées in tutto il mondo, sempre amatissima dalle comunità italiane che in lei trovavano la testimone di una continuità non solo musicale con luoghi e tempi che avevano lasciato (nel 2002 la comunità italiana di Chicago la insignì di un premio alla carriera). In Italia continuò a partecipare a competizioni canore (fu protagonista della prima edizione del Cantagiro e di Un disco per l’estate) e a fare film (da La Mandragola di Alberto Lattuada nel 1965, con Totò, a Melodrammore di Maurizio Costanzo del 1977). A Sanremo tornò nel 1981, in veste di presentatrice, e le prime pagine dei giornali furono nuovamente sue. Da cantante vi fece ritorno nel 1994 (con Squadra Italia e il brano Una vecchia canzone italiana). Nel corso degli anni Novanta non smise mai di cantare e divertirsi: partecipò a diversi programmi televisivi (in veste di ospite e opinionista) e cominciò a registrare le versioni rap di alcuni tra i suoi più grandi successi, come Papaveri e papere, Vola colomba e Grazie dei fiori, che ripropose nel 2001 insieme al gruppo 2080; nell’estate di quell’anno fu anche la star del Gay Pride a Torre del Lago (Lucca).
Nel 2002 fu nominata dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, grande ufficiale della Repubblica. L’anno successivo fu insignita a Sanremo di un premio alla carriera. Il 2003 la vide impegnata anche in un tour con la drag queen Platinette, interrotto per problemi di salute, che la costrinsero lontana dalle scene per un biennio. Nonostante qualche strascico lasciato dalla malattia fu ancora sul palco dell’Ariston (ospite per i festeggiamenti dei sessant’anni anni del festival) nel 2009, con i suoi grandi occhiali da sole sfumati e la stessa verve, ironia e impronta nella voce, bella, popolana e vitale, stretta in un lungo abito bianco in omaggio ai suoi più grandi successi.
Fino agli ultimi mesi di vita fu impegnata nella registrazione di un nuovo album di inediti. Morì prima di terminare il suo progetto, in una clinica di Milano, la mattina del 12 marzo 2011.
Fonti e Bibl.: Una raccolta di materiali e di testimonianze inedite è stata presentata nella mostra Nilla Pizzi. Il nome di una regina, Sant’Agata Bolognese, 12 marzo-16 aprile 2012, ora nel catalogo a opera del servizio cultura del Comune. Tra le numerosissime pagine in cui è ricordata, per G. Borgna si veda L’Italia di Sanremo: cinquant’anni di canzoni, cinquant’anni della nostra storia, Milano 1998, ad ind.; Id., Storia della canzone italiana, Milano 2004. Cfr. inoltre G. Baldazzi, La canzone italiana del Novecento, Roma 1989, ad ind.; E. Giannelli, N. P., in G. Castaldo, Dizionario della canzone italiana, Milano 1990, pp. 1359-1366; G. Vesigna, Sanremo racconta: 1951-1989, Milano 1990; G. Zunino, N. P. la regina, in Raro!, 1999, n. 102, pp. 68-71; G. Vesigna, Sanremo è sempre Sanremo, Milano 2000, ad ind.; D. Salvatori, Il grande dizionario della canzone italiana, Milano 2006, ad vocem; F. Gennaccari - M. Maffei, Sanremo è Sanremo: i retroscena del festival dal 1951 al 2007, Roma 2008; E. Giannelli, N. P. miss Sanremo, in Musica leggera, 2010, n. 9, p. 7; S. Facci - P. Soddu - M.G. Piloni, Il Festival di Sanremo: parole e suoni raccontano la nazione, Roma 2011, passim; F. Liperi, Storia della canzone italiana, Roma 2011, ad ind.; B. Salvarani - O. Semellini, Dio, tu e le rose: il tema religioso nella musica pop italiana da N. P. a Capossela, Trento 2013, ad indicem.