adirarsi
. Sempre intransitivo pronominale. Nell'esempio di Pd XVIII 121 si ch'un'altra fïata [la mente di Dio, quindi Dio stesso] ormai s'adiri / del comperare e vender dentro al templo / che si murò di segni e di martìri, il riferimento al testo biblico (" Et intravit Iesus in templum Dei et eiciebat omnes vendentes et ementes in templo et mensas nummulariorum et cathedras vendentium columbas evertit ", Matt. 21, 12; e, con lievi varianti, Marc. 11, 17; Luc. 19, 45; Ioann. 2, 14) convoglia nel verbo il valore di " montare in collera ", o meglio, di " sdegnarsi ", valore del resto comune nella lingua trecentesca (cfr. per es. Giacomo da Lentini S'io doglio no è maraviglia 22 e 29) e strettamente connesso col latino irascor (usato da D. soltanto nella forma del participio iratus), anche se nel caso dantesco allo sdegno deve considerarsi misto il dolore (" si corrucci ", spiega il Buti). Simile il senso in Rime CXVI 24 L'anima folle... / quando ella è ben piena / del gran disio che de li occhi le tira, / incontro a sé s'adira, / c'ha fatto il foco ond'ella trista incende, con l'attenuazione semantica derivante dalla situazione diversa e dal protagonista umano della vicenda, e in Fiore CXIX 1 Chi sen vuol adirar, sì se n'adiri.
Vale più propriamente " affliggersi ", " addolorarsi ", " avvilirsi ", nel passo dell'Inferno in cui Virgilio, dopo aver inutilmente tentato di ottenere dai demoni l'ingresso nella città di Dite, tornando verso D. con passi rari, gli occhi rivolti a terra e il volto privo di baldanza, lo conforta dicendogli: Tu, perch'io m'adiri, non sbigottir, ch'io vincerò la prova (VIII 121); significativo è soprattutto il contrasto con baldanza. Anche questo senso era diffuso nel volgare antico in concomitanza con ‛ ira ' come " affanno ", " afflizione ": " non s'adiri prima che 'l penare / sormonti i llui " (Ser Cione Consiglio bene 3); " va dilettando / finché l'anzide, / tanto lo tira; e, poi la mira, forte s'adira" (Pietro Morovelli Donna amorusa 54); " e piangono con tanto dispiacere che ciascuno ver' l'altro par s'adiri " (Chiaro Davanzati Io non posso madonna 8; e si veda ancora Monte Andrea Or è nel campo entrato 59). Del resto, mentre i commentatori antichi non si mostrano molto espliciti (" era alterato da ira per la offesa a lui fatta ", chiosa il Lana; " mi crucci " il Buti), i moderni (Barbi, Vandelli, Sapegno, per es.) sono per lo più concordi circa il significato più su proposto; dissente in parte il Mattalia per il quale nel passo " c'è ripresa in tono vibrato " e " ira suona maggior sicurezza, più che cruccio ". Analogamente in Fiore CXLVI 11 Or sì mi doglio, quand'i' mi rimiro / dentro a lo specchio, ed i' veggo invecchiarmi ; / molto nel mio cuor e' me n'adiro.
In un'unica occorrenza (Vn XII 11 12) appare il participio passato del verbo, con forte timbro aggettivale e in posizione predicativa: però che quella che ti dee audire, / sì com'io credo, è ver di me adirata.