PETTINARI, Admeto
PETTINARI, Admeto. – Nacque il 28 agosto 1891 a Pra (oggi parte del Comune di Genova) da Guglielmo, capostazione delle Ferrovie dello Stato, e da Aldemira Zitelli, casalinga. Cinque anni dopo a Ceccano, in provincia di Roma – presumibilmente in occasione di un cambio di residenza di lavoro del padre – nacque il fratello Guglielmo.
Dopo aver conseguito il diploma di ragioniere presso un istituto tecnico di Genova, il 22 novembre 1909 Pettinari fu assunto alla Banca d’Italia, nell’ufficio Contabilità della filiale di Cremona, come volontario (vale a dire in prova senza stipendio, per almeno un anno, con il solo riconoscimento di una gratifica economica). Già nel mese di gennaio 1910 fu tuttavia destinato all’ufficio Sconti e conti correnti di Milano e, immesso in ruolo il 1° dicembre, vi rimase fino al servizio militare.
Dopo la leva rientrò in Banca e, nel dicembre 1912, fu inviato prima a Padova e poi a Massa, per occuparsi di contabilità. Richiamato alle armi con la mobilitazione generale del 1915, operò come sergente d’artiglieria. Durante la guerra ebbe due brevi esoneri, nel 1917 e nel 1918, per seguire l’emissione del Prestito nazionale presso la filiale di Massa. Fu congedato nel gennaio 1919, con il grado di capitano di complemento e il riconoscimento di una Croce di guerra al merito.
Superata la congiuntura bellica e ripreso il lavoro, il 13 settembre 1919 sposò Gilda Milani, figlia di un ristoratore di Massa, dall’unione con la quale nacquero due figli: Enrico (22 luglio 1920) e Carla (23 agosto 1923).
Con il definitivo rientro in Banca d’Italia proseguì la propria formazione consolidando le sue competenze nel settore contabile e amministrativo; come ogni dipendente in carriera, dovette lavorare in diverse rappresentanze periferiche – agenzie, succursali e sedi dislocate su tutto il territorio – per svolgere mansioni via via più importanti. I primi due anni restò all’ufficio Contabilità di Massa; quindi, nel 1921, passò a Roma a occuparsi di sconto bancario presso la Direzione generale. Nella capitale, due mesi dopo l’arrivo, fu promosso sotto capo ufficio e, nel 1924, capo ufficio. Dal novembre 1925 riprese la carriera di filiale e, con essa, un’elevata mobilità. Fino al 1928 diresse l’agenzia di Rovereto (Trento) poi, tra il 1929 e il 1941, le succursali di Pola, Trento e Padova. Nel pieno della guerra approdò alla sede di Bari, la più importante filiale della Puglia, dove nel 1942 divenne direttore di sede.
Fu proprio a Bari che in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 – con il quale l’Italia si spaccava politicamente, militarmente e amministrativamente, tra Repubblica sociale di Salò subordinata ai tedeschi al Nord, e governo del maresciallo Pietro Badoglio sostenuto dagli anglo-americani al Sud – Pettinari si trovò a vivere il periodo più drammatico del conflitto. In tale situazione accadde infatti che, come altre istituzioni pubbliche, anche la Banca d’Italia fosse divisa in due, con le filiali del Sud isolate e lasciate a se stesse.
A complicare il quadro contribuì, nel Mezzogiorno, la diversità di amministrazione tra regioni sottoposte al governo militare alleato (Sicilia, Calabria, Campania, Lucania e Molise), dove le filiali sospesero le operazioni, e regioni rientranti nella sfera di azione del governo italiano (Sardegna e Puglia). Di fatto, dal settembre 1943 la sede di Bari divenne il punto di riferimento per le filiali pugliesi come per le autorità politiche italiane, preoccupate dalla penuria di banconote e dalle conseguenti ricadute sul sistema bancario ed economico.
Pettinari avrebbe più tardi raccontato che il suo suggerimento di eseguire i pagamenti con vaglia e assegni si tradusse in provvedimento governativo e che a esso seguirono altri in materia di finanze, credito e risparmio, emanati su consiglio della sede. Nello stesso periodo, in Sicilia, dopo l’iniziale diffidenza nei confronti della Banca d’Italia, accomunata al regime fascista, il governo militare alleato dispose un coordinamento delle filiali su base regionale. Nel novembre 1943 fu istituito presso la sede di Palermo l’Ufficio ispettorato per la Sicilia della Banca d’Italia, affidato all’ispettore Vincenzo Testa. Due mesi dopo le autorità finanziarie alleate decisero di istituire un unico organo centrale capace di coordinare tutte le filiali della Banca, a dirigere il quale fu chiamato Arturo Atti, presidente del Consiglio di reggenza della sede di Bari. Atti fu nominato commissario straordinario della Banca d’Italia per il territorio liberato il 2 febbraio 1944 e, il giorno 12, Pettinari fu nominato suo vice con il compito di coadiuvarlo e curare, in particolare, l’organizzazione interna e il coordinamento delle filiali del Sud e delle isole.
Il concentramento dei poteri e delle funzioni del governatore e degli organi direttivi della Banca nelle mani di Atti determinò un vivace conflitto con l’Ufficio ispettorato di Palermo – al quale fu poi lasciata la gestione dei servizi di tesoreria per la Sicilia – restio a rinunciare alla propria autonomia e al rapporto diretto con le autorità alleate e di governo.
Dal febbraio 1944 Pettinari, già vicecommissario straordinario della Banca d’Italia per il territorio liberato, assunse anche la reggenza della sede di Napoli, lasciata dal collega Arturo Rossignoli. Da quella data, avendo mantenuto la direzione di Bari, viaggiò quindicinalmente tra le due sedi, provvedendo al collegamento delle filiali con le autorità alleate per l’invio di dati e segnalazioni sulla circolazione monetaria. Le disposizioni emanate durante il regime commissariale, chiuso a fine luglio 1944, rispettarono lo status quo e la struttura organizzativa: le filiali furono inquadrate nell’ambito di direttive uniformi tese a governare i rapporti con gli alleati e il governo e le attività di ordinaria amministrazione e di gestione del personale.
Nei già citati rapporti volti a illustrare ai vertici della Banca gli eventi accaduti a Sud, tra l’8 settembre 1943 e il 29 luglio 1944, Pettinari ricostruì il ruolo svolto dall’Istituto: di fatto, il governo della moneta fu esercitato facendo fronte alle occorrenze finanziarie del Tesoro e alla smisurata circolazione monetaria causata dall’emissione incontrollata di biglietti anglo-americani, le Amlire, che aveva svalutato la lira e provocato un forte aumento dei prezzi.
Alla liberazione della capitale, il 4 giugno 1944, seguita di lì a poco dall’arresto del governatore della Banca, Vincenzo Azzolini, per collaborazionismo e alto tradimento, la Banca rimase spaccata in due tronconi e acefala. A metà luglio, la Repubblica sociale italiana nominò commissario straordinario della Banca Giovanni Orgera. A Roma, morto improvvisamente il commissario Atti, fu nominato al suo posto il vecchio vicedirettore generale, Niccolò Introna, al quale avevano da subito fatto riferimento le autorità finanziarie, alleate e di governo, giunte nella capitale. Pettinari fu confermato nelle funzioni di vice. A gennaio del 1945 Luigi Einaudi, divenuto governatore della Banca d’Italia, avviò l’Istituto verso una condizione di normalità.
Nella prima riunione governatoriale, Pettinari fu nominato segretario generale della Banca d’Italia, il massimo grado della carriera amministrativa. La promozione sollevò malumori e risentimenti specie da parte di quanti si sentirono ‘scavalcati’ nel grado e convinti di avere subito torti sotto il regime fascista. L’incarico, tuttavia, da un lato confermava una precedente delibera commissariale di Atti e, dall’altro, era il risultato di «una situazione di fatto determinatasi per motivi di carattere contingente» che aveva portato a nominare «chi era stato investito della carica di Vice Commissario della nostra Banca dalle Autorità Alleate» (Roma, Archivio storico della Banca d’Italia, Direttorio Einaudi, cart. 32, f. 2).
Collocato a riposo per raggiunti limiti di età nel 1952, Pettinari rimase legato all’Istituto occupandosi a tempo pieno della Cassa sovvenzioni e risparmio tra il personale della Banca d’Italia, una società di credito cooperativo della quale era stato eletto presidente il 6 maggio 1945 e che continuò a guidare per ventinove anni, ininterrottamente.
Sotto la sua direzione, la Cassa fu ristrutturata e risanata, aumentò gli interventi mutualistici e riformò lo statuto, estendendo la possibilità di adesione al personale operaio e istituendo il voto per corrispondenza. Nei primi anni Sessanta intervenne soprattutto a sostegno del problema casa con agevolazioni creditizie ai soci ma, pochi anni dopo, complici le prime avvisaglie di difficoltà economiche del Paese, si ebbe un’inversione di tendenza.
La fine della presidenza di Pettinari fu resa amara dal fallimento di alcune operazioni bancarie (all’origine di una riforma dei depositi e dei conti correnti); quando lasciò la carica, il 23 aprile 1974, fu nominato presidente onorario.
Due gravi lutti funestarono quei suoi anni: la morte, nel giugno 1955, del fratello Guglielmo, anch’egli dipendente della Banca d’Italia e, nel giugno 1971, quella del figlio Enrico.
Morì a Massa il 10 luglio 1974.
In sua memoria, la Cassa istituì borse di studio in favore dei figli e degli orfani dei soci.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico della Banca d’Italia (ASBI), Carte Baffi, Servizio Studi, 22, f. 1, 6, f. 2, 28, ff. 7-8; Governatore onorario, 7, f. 22; Monte Oppio, 10, f. 20, 128, f. 3,129, f. 1/56, 130, f. 1/52, 131, f. 2/45, 138, f. 112, 141, f. 63; Banca d’Italia, Verbali del Consiglio Superiore, regg. 573, 582; Direttorio Introna, 11, f. 1/8, 15, f. 1,16, f. 1/1, 50, f. 1/3, 4; Direttorio Einaudi, 23, f. 4/14, 32, f. 2, 115, ff.1-7; Direttorio Menichella, 8, f. 9, 9, f. 11, 38, ff. 15-16; Direttorio Carli, 54, f. 63; Segreteria particolare, n. 499, f. 2; Segretariato, nn. 491-494, 1132, f. 1/1; n. 1138, f.1; Ufficio speciale di coordinamento, n. 94, f.1/1; ibid., Vigilanza su le aziende di credito, nn. 3876, f.1, 3877, f. 1, 878, f. 1; Personale, regg. 17; Raccolte diverse, Normativa interna, n. 4; Cassa di sovvenzioni e risparmio fra il personale della Banca d’Italia, Assemblea ordinaria degli azionisti, Roma 1946-74; Notiziario CSR, Roma anni vari (dal giugno 1963); Luigi Einaudi. Diario 1945-1947, a cura di P. Soddu, Roma-Bari 1993, ad ind.; Cassa di sovvenzioni e risparmio fra il personale della Banca d’Italia, Indirizzo di saluto del governatore, pp. 5-6, http://www. bancaditalia.it/interventi/integov/2003 (agosto 2014).
La Banca d’Italia tra l’autarchia e la guerra (1936-1945), a cura di A. Caracciolo, Roma-Bari 1992, pp. 75-82, 431-435, 496-498, 502-506, 558;E. Tuccimei, La Banca d’Italia durante il regime commissariale (1943-1945), in Ricerche per la storia della Banca d’Italia, serie contributi, IV, Roma-Bari 1993, pp. 232-241; Breve storia della Cassa di Sovvenzioni e Risparmio fra il personale della Banca d’Italia, a cura di P. Rossi, Roma 1993, pp. 42-59; A. Gigliobianco, Via Nazionale. Banca d’Italia e classe dirigente. Cento anni di storia, Roma 2006, pp. 173-178.