adolescenza (adolescenzia)
La prima delle quattro età dell'uomo, che nel dantesco ‛ arco della vita ' è quella che precede, montando, a la gioventute (Cv IV XXIV 4; v. anche GIOVENTUTE; SENETTUTE; SENIO). D. stesso dà un'etimologia di a. come accrescimento di vita (XXIV 1) - derivata cioè da adolēre nel senso di " crescere ", e augeri - alla maniera di Censorino (De Die natali 14 " Adulescentes ab adolescendo sic nominatos "), o Isidoro (Etym. XIII 15 " Adolescens dictus, eo quod sit ad gignendum adultus, sive a crescere et augeri "; così pure Uguccione da Pisa). L'a. per D. si estende dall'ottavo mese circa di vita sino al venticinquesimo anno: l'adolescenza non comincia dal principio de la vita, pigliandola per lo modo che detto è, ma presso a otto mesi dopo quell[o] (Cv IV XXIV 5, dove per principio de la vita si deve intendere il concepimento: cfr. XXI 4). L'affermazione secondo cui l'a. si inizia presso a otto mesi dopo il concepimento e termina a 25 anni, si giustifica con la volontà di D. (XXIV 4) di mantenere il principio aristotelico per cui il processo di generazione (l'a.) è di durata pari a quello di corruzione (senettute). Dice infatti Aristotele (Gen. et corr. II X 336 b 10): " Et in aequali tempore corruptio et generatio quae secundum naturam "; e anche Ristoro d'Arezzo (La composizione del mondo I 22): " per ciò che tanto tempo, come l'uomo mette in crescere in forza ed in biltà ed in vigore, conviene che l'uomo metta a invecchiare ed andare a neente " (ciò nonostante il Busnelli ritiene, scostandosi dalla lezione dei manoscritti, che l'a. abbia inizio non già otto mesi ma otto anni dopo l'inizio della vita). Per la durata dell'a. D. afferma: la umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama Adolescenzia, cioè ‛ accrescimento di vita ' ... De la prima nullo dubita, ma ciascuno savio s'accorda ch'ella dura in fino al venticinquesimo anno (IV XXIV 1-2). In realtà i ‛ savi ' cui allude D. avevano espresso opinioni divergenti: Censorino (De Die natali 14) dice fino "ad XXX annum ", Avicenna (Canon I I 3 3) " Aetas adolendi, quae vocatur aetas adolescentiae, et est fere usque ad XXX annos ", mentre nel De Natura animalium (XII 3) dice " fere usque ad 25 annos " (cfr. Pietro d'Abano Conciliator XXVI 1); Alberto Magno pone la questione in modo problematico (Iuvent. et senect. I 3): " usque ad vigesimum quartum, et in quibusdam usque ad trigesimum, vel etiam finis eius est usque ad trigesimum quintum, secundum complexionum diversitatem ".
L'a. - in quanto si svolge secondo il moto alterativo proprio di ogni processo di generazione - è l'età della maturazione fisica e spirituale, durante la quale molte e grandi transmutazioni sono ne la persona (IV XXIV 2), che le impediscono il retto e sereno uso della ragione. Perciò, dice D., il Diritto stabilisce delle limitazioni all'adolescente, imponendogli un curatore, per il disbrigo di determinati affari (cfr. Inst. Imp. I 23 " Masculi quidem puberes et feminae viri potentes usque ad vicesimum quintum annum completum curatores accipiunt: quia licet puberes sint, adhuc tamen eius aetatis sint, ut sua negotia tueri non possint "). Tramite l'a. si entra ne la porta de la gioventute (XXV 1): D., in accordo con Galeno (In libros Hippocratis de salubri victus ratione I 7) e Avicenna (Canon I I 3 3), afferma che la differenza tra le età deriva dalla reciproca combinazione delle quattro qualità: caldo-freddo-secco-umido. La Adolescenza... s'appropria al caldo e a l'umido (XXIII 13), poiché in essa dominano i due principi fondamentali per la generazione e l'accrescimento dell'organismo (Arist. Longit. et brevit. vitae V 466 a 18, b 22 " Oportet enim accipere quod animal est natura humidum et calidum et ipsum vivere tale... Augmenti enim calida umiditas causa et vitae "; un compendio delle idee su espresse dà lo Johannitius nella Isagoge ad Tegni Galieni: " Adolescentia, complexionis videlicet calidae et humidae, est in qua crescit et augetur corpus usque ad XXV vel XXX perveniens annum ", e Alberto Magno Iuvent. et senect. I 2-6). Per dar fondamento all'immagine dell'a. come momento crescente dell'‛ arco della vita ', D. istituisce (XXIII 14-15) la serie analogica primavera = ora terza del giorno = Eoo primo cavallo del carro solare (Eòo, eous, ἑῷος, cioè " mattutino ") anch'esse fasi salienti - e prime di quattro - di ‛ archi ' altrettanto tipici quali l'anno e il giorno. Per quanto precede, v. B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 110-138.
Accanto alle caratteristiche naturali dell'a., D. enumera le qualità morali che nell'a. accompagnano l'anima in cui è presente la divina bontà; l'anima, in questo caso, Ubidente, soave e vergognosa / è ne la prima etate, / e sua persona adorna di bieltate / con le sue parti accorte (Cv IV Le dolci rime 125-128, ripreso in XXIII 4). L'a. è qui porta e via per la quale s'entra ne la nostra buona vita (XXIV 9); questa entrata alla cittade del bene vivere esige quattro cose: obedienza... soavitade... vergogna e adornezza corporale (§ 11). L'obedienza è soprattutto adeguazione alla prudenza senile (cfr. Cic. Off. I 34 " est igitur adolescentis maiores natu vereri exque iis diligere optimos et probatissimos, quorum consilio atque auctoritate nitatur: ineuntis enim aetatis inscitia senum constituenda et regenda prudentia est "), che guida l'adolescente, che entra ne la selva erronea di questa vita, sprovveduto come colui che mai non fosse stato in una cittade, e che perciò non saprebbe tenere le vie (§ 12; cfr. s. Ambrogio Off. I 43 " Si hi qui sunt ignari locorum cum solertibus viarum iter adoriri gestiunt; quanto magis adolescentes cum senibus debent sibi iter vitae aggredi, quo minus errare possint et a vero tramite virtutis deflectere? "). Necessaria pure è la soavitade consistente nel dolce e cortesemente parlare, nel dolce e cortesemente servire e operare (XXV 1), e ancora la passione de la vergogna che è apertissimo segno in adolescenza di nobilitade (§ 3; Cicerone [0ff. I 34] raccomanda che gli adolescenti " caveant intemperantiam, meminerint verecundiae ", ma vedi Arist. Eth. Nic. IV 15 1128 b 18-19 " Et laudamus quidem iuvenum verecundos "). In quest'ultima passione D. vede uno dei tratti tipici dell'a. come la massimamente necessaria al buono fondamento de la nostra vita (IV XXV 3). Ultimo ma non meno importante requisito dell'a. è l'adornezza corporale che D. qualifica come bellezza e snellezza nel corpo (XXV 11; cfr. Cic. 0ff. I 35 " decorum... in corporis denique motu et statu cernitur idque positum est in tribus rebus, formositate, ordine, ornatu ad actionem apto ". V. anche s. Ambrogio Off. I 19). Tale ‛ ornato ' del corpo nell'a. lo rende ordinato e disposto (§ 11) alle buone operazioni dell'anima. Da ricordare che in Cv IV XXVIII 14 Marzia, in quanto vergine, simboleggia l'a. che, come si è visto, è denotata soprattutto dalla vergogna la quale comprende in sé il pudore che è uno ritraimento d'animo da laide cose... si come vedemo ne le vergini e ne le donne buone e ne li adolescenti (XXV 7).
La parola è adoperata ancora in Cv IV XXV 13, XXVI 2, XXVI 12 (in un'integrazione degli editori della '21), XXVII 3. Con valore figurato, in IV V 12, designa il periodo della storia romana che va da Bruto primo consolo infimo a Cesare primo prencipe sommo.