Hitler, Adolf
Politico tedesco (Braunau, Austria Superiore, 1889-Berlino 1945). Fondatore e Führer del nazionalsocialismo, per dodici anni cancelliere del Terzo Reich, il suo nome e la sua politica hanno lasciato segni indelebili nella storia del 20º sec., per la totalitaria e sanguinosa sopraffazione dei Paesi occupati prima e durante la Seconda guerra mondiale e per la politica razziale, in nome di una presunta razza ariana, che ebbe programmaticamente come primo e principale obiettivo il genocidio del popolo ebreo (Shoah), con l’eliminazione nei campi di sterminio di circa sei milioni di ebrei europei. Figlio di un doganiere austriaco, H. frequentò a Linz la scuola tecnica fino alla morte del padre; quindi fu a Vienna, dove, disilluso nella sua aspirazione a seguire gli studi di architettura, fu invece costretto a esercitare, per vivere, il mestiere di aiutante decoratore. Già in quegli anni, per l’influsso dell’antisemitismo di K. Lueger e delle ideologie nazionaliste e pangermaniste, maturò un atteggiamento ostile all’internazionalismo dei socialisti. Trasferitosi a Monaco nel 1912, vi lavorò come operaio edile; nel 1914 si arruolò come volontario in un reggimento bavarese: ferito nella battaglia della Somme (1916), alla fine della Prima guerra mondiale si trovava degente all’ospedale per una malattia agli occhi causatagli dai gas, nella battaglia di Ypres. H. attribuiva al tradimento interno fomentato dal marxismo e dal giudaismo la responsabilità della catastrofe militare tedesca; e con determinazione si gettò fin d’allora nella politica, per riedificare, in odio agli artefici del Diktat di Versailles e ai loro «complici» interni, la Grande Germania. Nel sett. 1919 entrò nel Partito tedesco dei lavoratori (Deutsche Arbeiterpartei), trasformato l’anno seguente in Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (National-sozialistiche deutsche Arbeiterpartei); nel luglio 1921 ne divenne il capo indiscusso, affiancato tuttavia da personaggi che esercitavano una profonda influenza sulla base del partito. L’abbandono da parte del governo della politica di «resistenza passiva», prima opposta all’occupazione francese della Ruhr, lo spinse, in alleanza con E. Ludendorff, a organizzare il Putsch di Monaco per abbattere la Repubblica di Weimar (8-9 ott. 1923). Il tentativo fallì e H. fu condannato a cinque anni di fortezza, ma già nel dic. 1924 fu dimesso, per amnistia, dalla prigione di Landsberg. Qui aveva concepito e in parte redatto l’opera programmatica fondamentale, Mein Kampf (1ª parte, 1925; 2ª, 1927): associazione di teorie sociali superficialmente elaborate attraverso il mito della superiorità ariana. Qui per la prima volta H. assunse per iscritto come autentici i Protocolli dei savi anziani di Sion, il falso costruito dalla sezione francese dell’Ochrana zarista alla fine dell’Ottocento e simbolo dell’antisemitismo moderno, per colpire a largo raggio il mondo ebraico con l’accusa di avere ordito, insieme alla massoneria, una ramificata cospirazione mondiale. Ricostituito nel 1925 il partito, ne fece lo strumento fedele ed efficace della sua volontà organizzandolo militarmente con le SA e le SS, truppe d’assalto per la battaglia politica interna. Questa doveva peraltro essergli facilitata grandemente dalle conseguenze sociali, su vasti strati della popolazione, della crisi economico-finanziaria e della disoccupazione. Nelle elezioni per il Reichstag del sett. 1930 la ferrea organizzazione di partito e l’abile, demagogica oratoria gli fecero cogliere un primo grande successo per il suo movimento, che guadagnò oltre sei milioni di voti. D’accordo con i tedeschi nazionali e i gruppi politici reazionari riuniti quello stesso anno nel Fronte di Harzburg, H. iniziò allora una lotta triennale per la presa del potere; e, mentre protestava pubblicamente di volersi servire solo di mezzi legali per modificare la Costituzione, in effetti impegnò il partito in un’azione spregiudicata e violenta di squadrismo terroristico; finché con le elezioni al Reichstag del luglio 1932 (in quelle presidenziali dell’aprile era stato sconfitto da Hindenburg, cui si era contrapposto) colse la vittoria politica risolutiva. Nominato cancelliere del Reich il 30 genn. 1933, costituì dapprima un ministero di coalizione; ma, ottenuti già nel marzo seguente i pieni poteri, attraverso la soppressione delle libertà democratiche impose al Paese una ferrea dittatura di partito. Già in questa prima fase H. propose l’inserimento nella legislazione del pubblico impiego di norme discriminatorie nei confronti degli ebrei, più di due anni prima della promulgazione delle leggi di Norimberga (sett. 1935), che sancivano l’abolizione dei diritti per i non ariani. Con la «notte dei lunghi coltelli», tra il 30 giugno e il 1º luglio 1934, H. diede l’ordine di effettuare una sanguinosa epurazione degli elementi più radicali del partito, E. Röhm e i fautori della cosiddetta «seconda rivoluzione»; contemporaneamente arginò l’opposizione di destra, che si era manifestata nel discorso di Marburgo di F. von Papen. Il 2 ag. di quell’anno, per effetto di una legge deliberata dal Consiglio dei ministri, le cariche di presidente del Reich e di cancelliere furono unificate e i poteri del presidente attribuiti a H. (da allora ufficialmente chiamato Führer und Reichskanzler, avendo egli dichiarato di rifiutare, in omaggio alla memoria di Hindenburg, il titolo presidenziale). Impadronitosi ormai, come confermò un plebiscito il 19 agosto, del vertice dello Stato, fondò il suo potere personale su un difficile equilibrio tra le forze rappresentate dal partito e dall’esercito. L’ascesa di H. aveva costituito anche il punto di rottura per l’affermazione in Europa e nel mondo del fascismo: attraverso il succedersi incalzante degli atti di una politica indirizzata a distruggere le clausole del Trattato di Versailles, H. pose le basi per la Seconda guerra mondiale. Nel 1936: militarizzazione della Renania; aiuti contro il governo repubblicano nella guerra di Spagna; costituzione dell’asse Roma-Berlino; patto anticomintern. Nel 1938: annessione dell’Austria alla Germania (Anschluss); primo campo di concentramento e sterminio di Mauthausen; cessione dei Sudeti da parte della Cecoslovacchia decisa alla Conferenza di Monaco; «notte dei cristalli» contro gli ebrei in Germania. Nel 1939: occupazione di Boemia e Moravia; patto d’acciaio tra Italia e Germania; patto di non aggressione tra Germania e Russia. Il 1º sett. 1939 la Germania di H. invase la Polonia: fu lo scoppio della Seconda guerra mondiale. H. la considerò il mezzo atto a realizzare il suo sogno di un «nuovo ordine» germanico; autonominatosi nel 1941 comandante in capo dell’esercito, trascinò invece il nazionalsocialismo e il popolo tedesco a una comune rovina. Il malcontento presente nelle file della Wehrmacht dopo le sconfitte di el-‛Alamein e di Stalingrado (genn. 1943) trovò espressione in tentativi, sfortunati, di sopprimere il dittatore: così con l’attentato compiuto il 23 marzo 1943 da F. von Schlabrendorff e con quello, del 20 luglio 1944, che determinò invece l’eccidio dei suoi promotori. Dinanzi al dilagare dell’avanzata nemica H. si ritirò a Berlino e qui, nel palazzo della Cancelleria, morì suicida il 30 apr. 1945. La Seconda guerra mondiale, scatenata da H., è costata più di cinquanta milioni di vite umane, tra le morti in battaglia, l’eliminazione delle comunità ebraiche europee, degli zingari e dei deportati politici nei campi di sterminio, oltre agli eccidi dei combattenti della Resistenza e delle popolazioni civili nei Paesi occupati.