CROSARA, Adolfo Aldo
Nacque a Vicenza il 25 marzo 1899 da Adolfò e da Margherita De Angelis. Laureatosi in giurisprudenza presso l'università di Padova, si dedicò alla ricerca scientifica, ma fu anche membro della sezione economica della segreteria della Società delle Nazioni. Un volume sul meccanismo dello scambio e l'accumulazione di capitale in Smith fu lo scritto più significativo che presentò per il conseguimento della libera docenza in storia delle dottrine economiche. A ventisette anni iniziò ad insegnare economia politica nell'istituto universitario Ca' Foscari di Venezia. Successivamente passò all'insegnamento della politica economica nell'università di Padova. Nel 1934 divenne professore di ruolo di storia delle dottrine economiche nell'università di Perugia, sede in cui insegnò per circa venticinque anni anche economia politica.
Medaglia d'oro nel 1960 quale benemerito della scuola della cultura e dell'arte, l'anno successivo al collocamento a riposo, avvenuto nel 1974, fu nominato professore emerito.
Il C. morì a Perugia l'11 apr. 1976.
Nel 1935 il C. pubblicò una monografia nella quale sosteneva che l'equilibrio concorrenziale è una pura astrazione perché la realtà è dominata dalle coalizioni di imprese che, in luogo delle configurazioni ottimali dell'equilibrio economico generale, determinano situazioni inefficienti e conflitti fra imprese che possono assumere aspetti più indesiderabili di quelli fra imprenditori e lavoratori. La lotta fra gruppi industriali, sosteneva, può comportare restrizioni della produzione con conseguente inutilizzazione degli impianti e, poiché gli impianti costituiscono la parte più rilevante degli investimenti, grandi sprechi. D'altra parte le imprese che agiscono in ordine sparso non sono in grado di allargare il loro mercato e raggiungere quelle dimensioni che permetterebbero minori costi, maggiore produzione, maggiore occupazione ed anche maggiori profitti. In una società dove lo Stato protegge i cittadini contro la violenza materiale, a giudizio dei C., i rapporti fra i grandi gruppi industriali non possono essere lasciati a se stessi perché non necessariamente prevale il migliore, ma chi è più subdolo, più corrotto e più capace di corrompere pur nel rispetto meramente formale della legislazione vigente, salvaguardando in tal modo la propria rispettabilità. Lo Stato, in quanto rappresentante della tradizione ed espressione di una gerarchia di persone portatrici di valori morali, non può, senza immiserirsi, as;umere responsabilità imprenditoriali e tecniche. Si impone perciò la necessità di un ordinamento che prefiguri un elemento intermedio tra lo Stato ed il mondo economico. Tale ordinamento è quello corporativo: la corporazione infatti è concepita dal C. come l'organo che decide avendo presenti valori che si antepongono a quelli monetari, pur sulla base dello studio dei mercati e del calcolo di convenienza conimerciale svolto, però, nel rispetto dei vincoli posti dalle esigenze della vita nazionale.
A giudizio del Bertolino, per coerenza di principi il C. è forse lo scrittore più rappresentativo fra coloro che cercarono di inserire l'economia corporativa nella vecchia dottrina del corporativismo cattolico in contrapposizione alla corrente laica, il cui massimo rappresentante è Ugo Spirito, che ne identificò i fondamenti nella filosofia idealistica.
Sulla scorta di Pareto, del quale si considerava un seguace, il C. si occupò in vari scritti della distribuzione della ricchezza; concentrando l'analisi sul reddito familiare, invece che su quello personale, poté sviluppare i risultati della curva paretiana di distribuzione dei redditi. Si interessò anche di questioni monetarie: i suoi studi in materia partono da una adesione incondizionata alla teoria quantitativa della moneta e si distinguono per la tesi della necessità di un abbandono dei biglietto, della moneta legale, per tornare ad una moneta merce, cioè ad una moneta rappresentativa dell'oro.
Studioso di storia e capace di servirsi dello strumento matematico, riteneva non potesse esservi dissidio tra teoria economica e storia. Come agli storici diceva che l'economia rappresenta uno schema razionale degli avvenimenti, così esortava i teorici dell'economia all'uso critico del dato storico per dare fondamento a certi enunciati con pretesa universale, ma privi di ogni valore. Ritenendo l'economia una scienza di carattere operativo, in alcuni suoi scritti esplicitamente affermava di aspirare ad una analisi rigorosamente scientifica, ma che fosse utile al tempo stesso per gli studiosi di economia. e per gli uomini d'affari.
Uomo di profonda erudizione, oltre alle lingue moderne, parlava con facilità il greco ed il latino che gli avevano consentito uno studio diretto dei testi sacri, dei padri della Chiesa e della tomistica. Del resto la vastità dei suoi interessi è documentata dalla diversità degli argomenti sui quali ha scritto. Fra i molti si ricorda la monografia sul domenicano s. Antonino di Firenze.
Nel 1969 fondò la Rivista di economia politica e di storia contemporanea, che cessò le pubblicazioni dopo venti numeri, nel dicembre 1975, poco prima della morte del Crosara. La rivista (edita dalle Edizioni di storia e letteratura, avente come sottotitolo International Review of Economics and Contemporary History) pubblicava articoli in italiano e inglese nonché testi in latino. Di questo periodico il C. era proprietario, direttore ed unico redattore. Oltre agli articoli siglati A. C., che riguardavano gli argomenti più disparati, vi pubblicò testi, documenti e scritti di varia natura. 1 primi quattro numeri furono interamente dedicati alla riproduzione del De mensura sortis di Daniel Bernoulli. Successivamente vi apparvero un testo di s. Tommaso sul pensiero economico di Aristotele; uno di M. Pantaleoni sul pensiero economico di Cavour; cinque articoli di Cavour, pubblicati sul Risorgimento, sulla rivoluzione del 1848 in Francia; un testo postumo di Manzoni sulla Rivoluzione francese e sul Risorgimento. Il C. scrisse in merito ad una disputa tra Carducci e Fogazzaro sul teologo Margotti e sui rapporti. di quest'ultimo con Cavour; sul pensiero economico del gesuita Luigi Taparelli d'Azeglio, fermamente avverso al pensiero liberale; ma scrisse anche sulla vita e la lezione politica dei suoi parenti ed amici caduti nella prima guerra mondiale.
Tutti questi scritti sono per il C. una occasione per riproporre un mondo al quale guardava con nostalgia, guidato, più che dal rigore dello studioso, da una visione religiosa, morale ed ideologica tutta personale. Per questa ragione negli ultimi anni della sua vita, come già nella maturità, fu un uomo completamente isolato, che, pur restando laico, trovò nella vita conventuale la possibilità di continuare a coltivare il suo mondo fino alla fine dei suoi giorni.
Fra i numerosi scritti del C. si ricordano: Saggio sulle teorie dello scambio e della capitalizzazione con particolare riguardo alla dottrina di Adam Smith e alla attuale situazione economica italiana, Bologna 1926; Smercio e prezzo. Ricerca di alcuni principi economici condotta con metodo storico-dialettico su premesse scientifiche, Padova 1932; Concorrenza e corporazione. Storia di un fondamentale pregiudizio economistico svolta nella parte speciale (II semestre) del corso di storia delle dottrine economiche 1933-34, XII, Perugia 1935; Teoria descrittiva della ripartizione della ricchezza, Città di Castello 1945; La dottrina di s. Antonino di Firenze, perito di alta finanza e di economia per amor di Dio e a vero beneficio degli uomini, Roma 1960; Teoria della moneta come potere d'acquisto nell'ordine economico a credito sviluppato, 3ª ediz., Roma 1961; La distribuzione dei redditi familiari nel pregiudizio e nel fatto, contrapposti mediante modelli classici, 2a ediz., I-II, ibid. 1966-1967.
Fonti e Bibl.: G. Calzoni, A. A. C., in Annuario dell'università di Perugia, a.a. 1975-76, pp. 453-455; A. Bertolino, Il pensiero economico italiano dal Risorgimento ai nostri giorni, in Scritti e azioni di storia dei pensiero economico, a cura di P. Barucci, Milano 1979, p. 353.