ZOLI, Adone
ZOLI, Adone. – Nacque a Cesena il 16 dicembre 1887, da Angelo e da Cornelia Sostegni.
La sua famiglia, originaria di Predappio, era animata da senso civico e da solidi sentimenti religiosi. Il padre, gestore di esattoria, svolse la sua attività dapprima a Cesena e poi a Foggia, ove Adone frequentò le scuole elementari. Continuò gli studi a Bologna, ospite di suo zio, Antonio Zoli, la cui figlia, Lucia, sarebbe divenuta sua moglie. Frequentò l’Università di Bologna, dove si laureò in giurisprudenza il 9 luglio 1907, con la votazione di 110 e lode, con una tesi in diritto privato (L’esistenza del contratto a favore di terzi nel diritto nostro), relatore Giacomo Venezian. Nel 1911 sposò Lucia e dal matrimonio nacquero sei figli: Maria Giovanna, Angiolo Maria, Gian Carlo, Maria Grazia, Annalena e Maria Teresa.
Zoli intraprese la professione forense a Genova e poi a Firenze, nello studio dell’avvocato Tommaso Brunelli, che nel 1919 venne eletto deputato del Partito popolare italiano (PPI). A Firenze si affermò come qualificato esponente del mondo forense. Volontario nella prima guerra mondiale, fu decorato con due croci al merito di guerra e una croce al valor militare.
Sin da giovane militò in seno alle organizzazioni cattoliche e nel 1919 aderì al PPI, divenendone figura di primo piano in Toscana. Fu consigliere comunale a Borgo San Lorenzo nel 1920 e si impegnò, in seno alla Federazione nazionale mezzadri e piccoli affittuari, sostenendo le lotte per i patti colonici e a favore dello sviluppo della piccola proprietà contadina. Al Congresso di Venezia del PPI (20-23 ottobre 1921) venne eletto membro del Consiglio nazionale e della Direzione, cariche che conservò fino allo scioglimento del Partito nel 1926.
L’avvento del regime fascista costrinse Zoli ad abbandonare l’impegno politico e a dedicarsi alla professione di avvocato, entrando a far parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Firenze. In contatto con ambienti dell’antifascismo fiorentino fondò, con i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei, il Circolo di cultura politica, nel quale, sino allo scioglimento nel 1924, rappresentò i cattolici assieme a Mario Augusto Martini. Durante il regime mantenne rapporti con ex popolari, quali Giovanni Gronchi, Giovanni Bertini, Giuseppe Spataro, Attilio Piccioni, Mario Scelba, Brunelli e altri. Intensi anche i suoi rapporti con l’Azione cattolica fiorentina, guidata dall’arcivescovo Elia Dalla Costa e animata da un gruppo di dirigenti laici, tra i quali emerge la figura di Giorgio La Pira.
All’inizio del 1942 ebbe una serie di incontri con Spataro – che aveva il compito di riannodare le fila del cattolicesimo democratico italiano – nel corso dei quali vennero gettate le basi per la costituzione della sezione fiorentina della Democrazia cristiana (DC). Il 30 luglio 1943, Zoli comunicò a Spataro la nascita del Partito a Firenze (cfr. G. Fanello Marcucci, Alle origini della DC (1929-1944), Brescia 1982, p. 133).
Dopo il 25 luglio 1943 fu tra i promotori del Comitato interpartitico fiorentino che, a ottobre, si tramutò nel Comitato toscano di liberazione nazionale (CTLN). Il 1° novembre 1943 il Reparto servizi speciali, noto come Banda Carità, arrestò e trasferì Zoli a villa Forti, insieme con i figli Angiolo Maria e Gian Carlo e ad altri componenti del CTLN (tra i quali il giovane magistrato Paolo Barile). Venne poi deciso che gli arrestati passassero sotto la giurisdizione dei tedeschi del Sicherheitsdienst e trasferiti, l’11 novembre, nel carcere della Fortezza da Basso. Il 1° dicembre un tribunale straordinario fascista lo condannò a morte, insieme con altri nove detenuti, per rappresaglia a seguito dell’uccisione del comandante del distretto militare Gino Gobbi. Cinque di essi vennero fucilati, mentre sfuggirono all’esecuzione Zoli e altri quattro detenuti nelle carceri tedesche, che non vennero consegnati ai fascisti. Liberato il 21 dicembre 1943, probabilmente grazie a un intervento del cardinale Dalla Costa, riprese l’attività cospirativa, subendo, nel luglio del 1944, un nuovo tentativo di cattura da parte tedesca, al quale sfuggì senza poter evitare l’arresto della moglie e di tre figli, uno dei quali, Gian Carlo, fu trattenuto per otto giorni come ostaggio e successivamente rilasciato.
Dopo la liberazione di Firenze (11 agosto 1944), fu vicesindaco nella giunta guidata da Gaetano Pieraccini. Nel novembre del 1946 venne eletto consigliere comunale. Dal 1947 al 1950 fu presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Firenze.
Il Congresso della DC dell’Italia liberata, svoltosi a Napoli il 29-30 luglio 1944, elesse Zoli membro del Consiglio nazionale. Confermato al primo Congresso nazionale (Roma 24-28 aprile1946), entrò a far parte della Direzione, dove rimase sino al Congresso di Venezia (2-6 giugno 1949). Tornò a essere eletto consigliere nazionale al Congresso di Napoli (26-30 giugno 1954) e, il 16 luglio 1954, membro della Direzione. Dopo la morte di Alcide De Gasperi, il 24 agosto 1954 fu eletto presidente del Consiglio nazionale, con votazione quasi unanime. Mantenne questa carica sino alla morte.
In seno alla DC si collocò, assieme a esponenti della vecchia guardia, quali Piccioni, Giuseppe Cappi, Spataro e altri, al fianco di De Gasperi, riconoscendone la guida politica. Giudicava essenziale l’unità del Partito attorno ai valori democratici, disapprovando le correnti e i gruppi organizzati.
Nel 1945, su designazione della DC, entrò a far parte della Consulta nazionale. Candidato alla Costituente nel 1946, non venne eletto. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 fu eletto senatore nel collegio di Firenze (con 68.499 voti) e confermato nelle due legislature successive, il 7 giugno 1953 (con 57.157 voti) e il 25 maggio 1958 (con 53.531 voti). La vita politica e parlamentare assorbì completamente gli ultimi anni della sua vita.
Vicepresidente del Senato dal marzo 1950 al luglio 1951, Zoli entrò a far parte del VII governo De Gasperi (26 luglio 1951 - 29 giugno 1953) come ministro di Grazia e Giustizia. Dedicò particolare attenzione all’organizzazione della macchina della giustizia, al fine di renderla più spedita ed efficiente. Si impegnò per dare attuazione alla Costituzione, attraverso una serie di atti normativi che hanno permesso l’entrata in vigore della Corte costituzionale. Al centro della sua attenzione fu anche il problema carcerario, che interpretò con viva sollecitudine per la condizione dei reclusi.
Ministro delle Finanze per pochi giorni (18 gennaio - 9 febbraio 1954) nel primo governo Fanfani, fu presidente della Commissione giustizia e della Giunta per le elezioni in Senato (dal 21 agosto 1953 al 17 gennaio 1954 e dal 24 febbraio 1954 al 18 febbraio 1956). Il 19 febbraio 1956 entrò a far parte del primo governo Segni, subentrando a Ezio Vanoni, scomparso in quei giorni, nella carica di ministro del Bilancio, con il compito di proseguire la linea economica elaborata dal suo predecessore.
Il 15 maggio 1957, dopo la crisi del governo Segni, il presidente della Repubblica Gronchi conferì a Zoli l’incarico di formare il nuovo governo. Il rifiuto dei partiti del centro democratico a partecipare al governo costrinse Zoli a ripiegare su un ‘monocolore democristiano’. Presentatosi in Senato il 29 maggio, illustrò i tentativi falliti per dar vita a una coalizione di centro e riaffermò il dovere della DC, come partito di maggioranza relativa, di assumersi la responsabilità del governo del Paese. Chiese il sostegno delle forze politiche, illustrando il programma di governo e indicando quali punti qualificanti la creazione del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, del Consiglio superiore della magistratura (CSM), la riforma della Pubblica amministrazione, l’istituzione del ministero della Sanità e una politica di pace e di collaborazione, nel quadro della comunità atlantica, dell’unificazione politica europea e di cooperazione economica con i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente.
Oltre alla DC, votarono a favore del governo i monarchici e il Movimento sociale italiano (MSI), che giudicarono opportuno non far fallire il tentativo di Zoli, temendo uno spostamento a sinistra dell’asse politico nazionale. Il 4 giugno Zoli precisò che i voti del MSI non avrebbero modificato la natura del governo e si richiamò ai valori dell’antifascismo, affermando: «Il nostro passato lontano o vicino è troppo noto e troppo coerente, perché si possa dubitare di una nostra deviazione. Noi siamo oggi, e saremo domani, quali ci manifestammo nel 1945, anzi nel luglio del 1943 e, noi più anziani, nel gennaio del 1919 e restammo fino al 1943. La nostra via è quella allora tracciata e sempre seguita» (Discorsi parlamentari, 1989, p. 856). La votazione che seguì diede 132 voti a favore del governo, 93 contrari e 4 astenuti.
Nel corso del dibattito alla Camera, il 7 giugno, Zoli precisò non solo che i voti della destra non erano ‘sollecitati’, ma che avrebbe detratto dal calcolo dei voti validi per la fiducia quelli provenienti dal MSI, traendone le conseguenze. Il risultato vide 305 voti a favore del governo, 255 contrari e 11 astenuti. Detratti i 24 voti del MSI restavano 281 voti, che era la maggioranza minima richiesta. Tuttavia, successivi controlli evidenziarono che due voti (del missino Anfuso e del comunista Amiconi) erano stati conteggiati come astenuti, mentre si trattava di voti espressi, che facevano salire a 282 la maggioranza richiesta. In questo caso un voto del MSI risultava determinante.
La sera del 10 giugno Zoli rassegnò le dimissioni nelle mani del capo dello Stato. Falliti i tentativi di dar vita a un nuovo governo da parte di Merzagora e di Fanfani, Gronchi decise di respingere le dimissioni di Zoli, chiedendogli di iniziare l’attuazione del programma da lui sottoposto alle Camere.
Zoli si ripresentò in Parlamento il 25 giugno, dichiarando di aver aderito all’invito del capo dello Stato come adempimento di un dovere. Ribadì il programma già illustrato e il carattere del suo governo, al di fuori da qualsiasi pregiudiziale politica. In Senato, il 27 giugno, affermò: «Dunque la situazione ritorna alle origini. È un governo monocolore senza maggioranza, anzi a minoranza precostituita, come dissi all’inizio, e che ha soltanto una preoccupazione, quella di mantenere le sue caratteristiche» (Discorsi parlamentari, 1989, pp. 928).
Zoli, che mantenne ad interim il ministero del Bilancio, riuscì a portare il governo indenne fino al termine della legislatura, realizzando alcuni provvedimenti, quali l’estensione del controllo dello Stato alle compagnie telefoniche, la legge che prolungava di dieci anni la vita della Cassa per il Mezzogiorno, l’insediamento del CSM e la ratifica dei trattati che istituivano il Mercato comune europeo e l’Euratom.
Durante il suo governo, si deve a Zoli la concessione dell’autorizzazione per la tumulazione della salma di Mussolini nel cimitero di Predappio, a seguito della richiesta avanzata dalla vedova del duce, Rachele Guidi, i cui genitori erano stati custodi-contadini della famiglia Zoli e nella cui tenuta era nata la stessa Rachele. Si trattò di un gesto di saggezza e di pietà cristiana, senza motivazioni politiche. La traslazione della salma di Mussolini avvenne il 30 agosto 1957.
Dopo le elezioni del 25 maggio 1958, Zoli tornò all’impegno parlamentare in Senato, dedicandosi al lavoro in seno alla Commissione istruzione pubblica e belle arti, e fu relatore del disegno di legge ‘Piano per lo sviluppo della scuola nel decennio dal 1959 al 1969’.
In seno alla DC non condivise l’estromissione di Amintore Fanfani dalla carica di segretario politico, nel Consiglio nazionale della Domus Mariae (14-17 marzo 1959). Al Congresso di Firenze, nell’ottobre del 1959, volle capeggiare la lista fanfaniana in segno di amicizia e solidarietà nei confronti dell’ex segretario del Partito. Al Consiglio nazionale del 18 febbraio 1960, ammonì il partito a evitare il pericolo del ‘qualunquismo’, invitando alla «coerenza delle azioni con gli ideali» (Scritti e discorsi politici, 1987, p. 198).
Morì a Roma il 20 febbraio 1960. La sua salma venne tumulata nella tomba di famiglia, nel cimitero di Predappio.
Opere. Scritti e discorsi politici (1951-1960), a cura di F. Boiardi, Bologna 1987; Discorsi parlamentari, Roma 1989.
Fonti e Bibl.: Le carte di Zoli sono conservate a Firenze, European University Institute, Histor;ical Archives of EU, fondo Private papers of Giancarlo Zoli. Sul ruolo in seno alla Resistenza, Firenze, Archivio dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana, Fondo del CTLN, bb. 31-32; sull’attività svolta nel Comune di Firenze, Archivio storico del Comune, Fondo 1865-1979, Serie 1865-1972, Sottoserie 1944-1972, Riassunti stenografici adunanze di giunta, parte II, nn. 1-3 (13 agosto 1944 - 30 dicembre 1946); Protocolli delle deliberazioni del Consiglio, Atti del consiglio comunale, 1946-47, 1947, 1948; altra documentazione è conservata a Napoli, presso la Fondazione Adone Zoli. Tra le fonti edite: Atti e documenti della Democrazia cristiana (1943-1967), a cura di A. Damilano, Roma 1968, ad ind.; Atti dei Congressi del Partito popolare italiano, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, pp. 357, 521, 554; A. Fanfani, Diari, III, (1956-1959), Soveria Mannelli 2012, ad. ind.; P. Calamandrei, Diario, II, 1942-1945, Roma 2015, ad ind.; tra i necrologi apparsi dopo la sua morte si veda: Una vita di fede e di battaglie affrontate con leale coraggio, in Il Popolo, 21 febbraio 1960; Cattolico nello Stato, in Il Popolo, 23 febbraio 1960; I. Montanelli, I protagonisti. Zoli, in Corriere della sera, 21 febbraio 1960.
Su diversi aspetti della sua figura: E. Brunori, Ricordo di A.Z., Firenze 1961; A. Marazza, A.Z. nella resistenza fiorentina, Firenze 1961; P.L. Ballini, La Democrazia cristiana, in La ricostruzione in Toscana dal CLN ai partiti, II, I partiti politici, a cura di E. Rotelli, Bologna 1981, ad ind.; Id., Z. A., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), II, I protagonisti, Casale Monferrato 1984, pp. 663-666; M. Pignotti, A. Z., in Fiorentini del Novecento, a cura di P.L. Ballini, I, Firenze 2001, pp. 157-166; F. Malgeri, La stagione del centrismo, Soveria Mannelli 2002, ad ind.; Id., A. Z., un politico d’altri tempi, in Id., L’Italia democristiana. Uomini e idee del cattolicesimo democratico nell’Italia repubblicana (1943-1993), Roma 2005, pp. 221-242; A. Z.: un padre della Repubblica, a cura di G. Gambetta - S. Mirabella, Bologna 2010; G. Scirè, A. Z., il mondo cattolico e l’antifascismo fiorentino, in Annali di storia di Firenze, VI (2011), pp. 171-193; P.L. Ballini, A. Z., in Toscani presidenti del Consiglio, presidenti della Repubblica, a cura di P.L. Ballini, Firenze 2013, pp. 73-92; A. Z., cristiano, patriota, avvocato, a cura di G. Conticelli, presentazione di U. De Siervo, Firenze 2014 (con saggi di P.L. Ballini, G. Conticelli, P. Roggi, F. Ariani); G. Conticelli, Amministrazione della giustizia e dignità umana: l’impegno di A. Z. e la Costituzione repubblicana, in La buona Giustizia: in margine a Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, a 250 anni dalla pubblicazione (1764-2014), Panzano in Chianti 2016, pp. 81-105.