ADORNO
. La famiglia genovese degli A. compare la prima volta con Lanfranco, figlio di A. detto Barisone, eletto anziano nel 1261. Poi, la troviamo fra quelle famiglie che si dissero "popolari", o perché esercitassero la mercatura o perché, già annoverate tra le nobili, si mettessero col popolo al tempo della rivoluzione che portò al dogato Simon Boccanegra (1339). Gli A. cominciarono veramente a primeggiare solo dopo la rivoluzione del 1339, quando il potere, prima esercitato dalle vecchie famiglie feudali (D'Oria, Spinola, Fieschi e Grimaldi), passò ai popolari (Adorno, Fregoso, Montaldo e Guarco) detti i Cappellacci (Capelazi), anch'essi presto gareggianti e discordi fra loro, ed agli altri non rimase se non mescolarsi alle fazioni dei nuovi padroni. Decaduti i Montaldo e i Guarco, rimangono soli gli A. e i Fregoso che, per un secolo e mezzo, si contendono, con alterna vicenda, il potere, appoggiandosi ora ai duchi di Milano, ora ai re di Napoli, ora alla corona di Francia, i quali tutti desiderano di aver dominio in Genova, grande centro di vita mediterranea.
Da A. Barisone derivarono i due stipiti di A. e di Lanfranco. Dal primo discesero Obizzo, capo del ramo di Bruges, e Giacomo, padre di Guglielmo, che fu, a sua volta, padre di Adornino, capo del ramo ducale. Questo ramo, dopo aver dato, nel corso di centocinquant'anni, sei dogi alla repubblica, si estinse con Barnaba Cesare, morto il 25 ottobre 1634. Dallo stipite di Lanfranco discesero Gabriele, primo doge della famiglia, Meliaduce, da cui venne il ramo trapiantatosi in Ispagna, e Baldassarre, dal quale ebbero vita gli A. inscritti nel libro d'oro della nobiltà genovese dopo il 1528, le cui propaggini giunsero fino ai tempi nostri. Per il rivolgimento del 1528, A. e Fregoso perdettero quel primato che avevano tenuto per circa due secoli, scesero al livello degli altri nobili, e si videro negato per legge il diritto di costituire Albergo (v.), perché i loro nomi non continuassero ad essere segnacolo di discordia. Gli A. vennero aggregati all'Albergo dei Pinelli.
Il primo A. che conseguì il dogato fu Gabriele "mercadante, di popolo ghibellino", eletto alla morte di Simon Boccanegra (1363) e rimasto al potere sette anni, in mezzo a difficoltà e contrasti d'ogni genere, provocati dai partiti interni e dalle ambizioni dei Visconti di Milano, che trovavano aiuti nel territorio stesso della repubblica. Nel 1368, il doge ebbe da Carlo IV il titolo di Vicario imperiale. Ma due anni dopo, durante una sommossa popolare, provocata dalle eccessive gravezze e guidata da Domenico Fregoso, Gabriele A., assalito nel suo stesso palazzo, quasi abbandonato dai suoi, rinunciò al potere (13 agosto 1370). Per otto anni resse la repubblica Domenico Fregoso; ad esso seguì Antoniotto I (v.) e il dominio francese, col capitanato di Teodoro II, marchese di Monferrato. Ma, nel marzo 1413, l'irrequieta città, scosso il giogo straniero, elevò al trono ducale Giorgio A., fratello di Antoniotto I, cittadino virtuoso, ricco e assai benvoluto dal popolo. Egli fece pace con i Fiorentini e riebbe Portovenere, Lerici, Sarzanello e Falcinello. Sotto di lui venne riformata la costituzione della repubblica (maggio 1413) e determinata la procedura da seguirsi nell'elezione del doge. Fu inoltre stabilito che nel Consiglio degli Anziani sedesse sempre un rappresentante delle tre valli, e che gli uffici venissero ripartiti in parti uguali tra nobili e popolari. Le lotte di partito provocarono la caduta di Giorgio A. (23 marzo 1415). Ma, nel 1443 dopo 20 anni di signoria viscontea e di prevalenza dei Fregoso, tornarono al potere gli A., con Raffaele, protettore di letterati e letterato egli stesso. Insidiato di fuori da Alfonso d'Aragona e da Filippo Maria Visconti, e all'interno da Giovanni Antonio Fieschi, Raffaele venne ad accomodamento con l'Aragonese, impegnandosi all'omaggio annuo di un bacile d'oro. Ma volendo il re dar forma umiliante a questo omaggio, "ritornarono le parti alla mutua e reciproca offensione". Anche all'interno, nulla valse la conciliazione con Antonio Fieschi (1444); e Raffaele A., abbandonato dai consorti delusi, dovette abdicare. Salì al potere, con raggiri, il cugino Barnaba (4 gennaio 1447). Credé di assicurare la sua posizione circondandosi di armati catalani fornitigli da Alfonso d'Aragona. Ma l'insurrezione dei cittadini sdegnati lo costrinse, dopo 26 giorni, ad andarsene. Prevalsero poi per 10 anni i Fregoso; subentrò la signoria di Carlo VII di Francia, a cui quelli cedettero la città l'11 maggio 1458; infine, dopo nuova ribellione dei cittadini urtati dalle troppe gravezze e dalle esenzioni dei nobili, l'avvento dei capiparte Paolo Fregoso e Prospero A., prima alleati fra di loro e con Francesco Sforza per cacciare i Francesi, poi discordi. Per cui l'A., che era stato eletto doge nel marzo 1461, cedé il posto al Fregoso e costui, dopo poco, a Francesco Sforza, nell'aprile 1464. Tornò l'A., col titolo di governatore sforzesco, dopo l'uccisione di Galeazzo Maria Sforza e la ribellione dei Genovesi al giogo milanese. Ma lavorò a rendersi indipendente, strinse accordi con Ferdinando I di Napoli, assoldò Roberto Sanseverino, armò il popolo a difesa, vinse gli sforzeschi (9 agosto 1478). Ma Fregoso e Fieschi, che pure lo avevano aiutato, gli si volsero poi contro. Battista Fregoso spogliò Prospero A. del dogado; Paolo Fregoso, arcivescovo di Genova e cardinale, suo zio, spogliò Battista (25 novembre 1483); finché Ludovico il Moro costrinse Paolo a cedergli il potere (1487). Agostino A., figlio di Raffaele, fatto governatore di Genova, fu fedelissimo allo Sforza e abbandonò il potere quando Luigi XII conquistò il ducato. Figlio di Agostino fu Antoniotto II (v.).
Due rami degli A. si trapiantarono fuori d'Italia: uno a Bruges, e l'altro in Spagna. Da Obizzo, crociato al seguito di Guido di Dampierre, conte di Fiandra, e morto a Gand nel 1307, nacque un altro Obizzo che si stabilì a Bruges, dove fioriva una colonia di mercanti genovesi. Tra i discendenti di lui, Pietro fu hoostman, cioè borgomastro e tesoriere, del comune di Bruges (morto il 10 febbraio 1399). Ma più di lui s'illustrarono i figli Giacomo e Pietro, che occuparono cariche pubbliche e fondarono la chiesa di Gerusalemme, ad imitazione di quella del S. Sepolcro. Giacomo morì combattendo in Fiandra (22 aprile 1467) e non lasciò prole; Pietro fu padre di Anselmo (1424-1483), hoostman di Bruges e possessore di più signorie. Egli viaggiò nella Siria e nell'Africa, fu ambasciatore di Carlo il Temerario in Persia, ebbe il titolo di consigliere da Giacomo II, re di Scozia, e morì di morte violenta il 23 gennaio 1483. Questo ramo si spense con Arnaldo figlio di Anselmo, signore di Ronsele e di Vive, morto nel 1509. Il ramo spagnuolo si formò da Giacomo A., del ceppo di Meliaduce, trasferitosi laggiù per i suoi commerci e laggiù morto. Tra i discendenti di lui figurano due cavalieri di Calatrava: Lorenzo ed Agostino. Agostino Giuseppe ereditò dalla madre Caterina di Diego Davila il titolo di conte di Montegil, che trasmise ai suoi successori. Tra questi son noti Pietro, brigadiere e colonnello del reggimento di fanteria "Savoia" (1803), Raffaele, tenente generale nell'esercito (1803), Giosuè, capo squadra nella reale armata.
Nel periodo della floridezza, gli A., o per acquisto o per donazione, vennero in possesso di molti feudi. Nel 1391, Antoniotto I acquistb Serravalle Scrivia dai Visconti, per la somma di 23.000 fiorini. Suo figlio Cristoforo ebbe in feudo i luoghi di Pigna, Rocchetta ed altre ville e castelli, nel vescovato di Ventimiglia, da Maria di Châtillon, madre di Luigi I d'Angiò (12 ottobre 1389). Un altro figlio di Antoniotto I, Teramo, fu investito del feudo di Castelletto d'Orba da Teodoro II, marchese di Monferrato, il 4 settembre 1417, e durante le lotte che tenevano agitata e divisa la repubblica s'impadronì di Capriata e di Tagliolo, in provincia d'Alessandria. A Barnaba A., Alfonso I d'Aragona donò, in premio della sua fedeltà, il feudo di Rende in quel di Cosenza (5 marzo 1445), poi confermato al figlio Prospero da Ferdinando I. Giovanni IV Paleologo, marchese di Monferrato, per un debito non pagato, diede a Raffaele, fratello di Barnaba, il feudo di Silvano d'Orba (26 ottobre 1446). Anche il duca di Milano Francesco Sforza, per tenersi amici gli A., banditi da Genova nel 1461 dal doge Paolo Fregoso, conferì a Prospero i feudi di Ovada e Rossiglione. Dopo varie vicende i feudi degli A. pervennero quasi tutti nelle mani di Barnaba Cesare, ultimo rampollo del ramo ducale. Morto lui (25 ottobre 1634), le sostanze, le giurisdizioni ed il cognome di casa A. passarono nella casa Botta per il matrimonio di Maddalena A. con Luigi Botta, nobile lombardo; alla quale apparteneva il generale Botta A., che comandava gli Austriaci quando avvenne a Genova la celebre insurrezione popolare del 1746.
Bibl.: B. Derossi, Istoria genealogica e cronologica delle due nobilissime case Adorno e Botta, Firenze 1719; P. Litta, Famiglie celebri italiane; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1854; M. G. Canale, Nuova istoria della Repubblica di Genova, IV, Firenze 1860; C. Desimoni e L. T. Belgrano, Documenti riguardanti le relazioni di Genova colle Fiandre, in Atti della Società ligure di storia patria, V (1871), fasc. III.